Perché un altro libro sull’influencer marketing
CHIARA FERRAGNI, le bottigliette d’acqua brandizzate da 8,00 euro, un docufilm alla Mostra del Cinema di Venezia, la TV e le riviste.
Anche chi non ha particolare dimestichezza con il mondo digital e dei social media sicuramente avrà sentito almeno una volta (ma scommetteremmo non solo una) parlare degli “influencer”. Alcuni l’hanno definita non solo una professione a tutti gli effetti, ma addirittura la professione del nuovo millennio. Tanto che l’università telematica eCampus1 a ottobre del 2019 ha inaugurato un corso di laurea per formare le future star del web. A oggi di percorsi di studi e formazione ce ne sono già moltissimi, anche in altre università, con addirittura specializzazioni per settore2.
Di conseguenza anche la letteratura su questa materia è, come per tutti i fenomeni legati al mondo digitale, ampia e variegata, ma allora perché un altro libro sul tema? Occupandoci di marketing e web marketing, social media, influencer marketing e lavorando su strategie che coinvolgono queste figure da ormai molto tempo ci siamo sentiti quasi in dovere di mettere a disposizione in un libro ciò che abbiamo appreso in questi anni, creando un piccolo manuale per operatori del settore e non.
Chi si aspettava un testo simile a quello di Giulia De Lellis3 rimarrà quindi deluso. Abbiamo piuttosto voluto creare un volume che mettesse a disposizione di agenzie di marketing, brand e creatori di contenuti gli strumenti e le conoscenze acquisite in materia al fine di potersi districare al meglio nell’attività media più potente, discussa e proficua degli ultimi anni, quella che possiamo definire a più livelli una mania, anzi una “Influencermania”.
Abbiamo scelto di approfondire il tema scavando anche nella storia perché gli influencer esistevano ancora prima della nascita di Internet solo che, molto semplicemente, non venivano chiamati con questo appellativo. Usare la celebrità e la credibilità di alcune figure per influenzare le masse (e le vendite) è arte sfruttata da secoli e lo vedremo più avanti.
Oggi sono solamente cambiati le modalità e i canali; il web ha fornito a molti una possibilità che prima era esclusiva, ma il concetto di base è lo stesso. Il volto, la voce e i valori di una persona influente (nel senso che ha un’influenza su una cerchia più o meno ristretta di persone) vengono impiegati al servizio di un brand e di un prodotto con l’obiettivo di aumentarne notorietà e consapevolezza nel consumatore, nonché per rappresentarne e rafforzarne i valori.
La forza del fenomeno, o meglio della mania, sono appunto le persone, gli influencer stessi nelle caratteristiche che queste figure portano con sé.
Sono le persone a creare le aziende, i brand, i prodotti e sono sempre le persone che li promuovono.
Mezzi come i social media hanno amplificato moltissimo l’impatto di queste icone digitali (e non), ma tutto parte dall’individuo, che era e rimane la più grande risorsa possibile. Sono le persone a creare le aziende, i brand, i prodotti e i servizi e sono sempre le persone che, attraverso la loro immagine e reputazione, li promuovono.
In queste pagine vi racconteremo come il mondo del marketing promozionale abbia avuto uno scossone, un cambiamento e, perché no, una nuova linfa con le star del web, tanto che gli investimenti nel 17% dei casi superano la metà del budget totale che le aziende decidono di allocare nel marketing4.
Inoltre la materia, in generale, è tanto chiacchierata quanto nebulosa in molti dei suoi aspetti. Le domande che gli specialisti del settore e le aziende si pongono sono molteplici e tutte lecite, tuttavia le risposte non sempre sono univoche o di facile reperibilità. Influencermania si pone l’obiettivo di fare chiarezza cercando di rispondere ai quesiti che maggiormente sono stati posti agli autori, affrontando le tematiche etiche e le implicazioni aziendali legate al mondo delle star del web.
Dopo una attenta e dettagliata analisi delle nicchie merceologiche e delle diverse tipologie di influencer – classificazione peraltro doverosa per capire appieno l’ecosistema nel quale si muove l’influencer marketing – abbiamo catalogato i tool, reperibili sul web e non, per caratteristiche e specifiche attività.
Gli strumenti di analisi sono imprescindibili per impostare un’efficace ed efficiente strategia di influencer marketing a livello professionale, perché permettono di esaminare a fondo gli insight dei profili e selezionare le figure appropriate per creare una campagna di successo e con un ROI soddisfacente. Troverete quindi, tra queste pagine, i tool fondamentali per scovare gli influencer più adatti a un determinato progetto, per creare, monitorare e analizzare una campagna in maniera efficace. In altre parole, la cassetta degli attrezzi da avere sempre con voi.
Gli strumenti di analisi sono imprescindibili per impostare un’efficace ed efficiente strategia di influencer marketing a livello professionale.
Casi studio reali e noti vi forniranno poi un esempio tangibile delle teorie descritte. Concluderemo prospettando gli scenari futuri di questo mondo parallelo e complementare ai social media.
Più sono cresciute nel corso degli anni le possibilità di collaborazione della nostra startup dedicata all’influencer marketing, Just X, più sono aumentate le richieste da parte dei nostri colleghi su “chi come dove cosa” in merito agli influencer e alle relative strategie, più abbiamo sentito la responsabilità di mettere “nero su bianco” le definizioni, il modus operandi, il contesto e tutto ciò che vi faceva da contorno.
È nata così l’idea di questo libro, non per salire in cattedra, ma per dare un’idea il più completa possibile di questa materia. L’augurio che ci facciamo è che Influencermania possa essere un testo di riferimento per chi cerca di approcciarsi al mondo dei creatori di contenuti, fornendo le basi per un’attività profittevole e distante dagli errori che si rischia di fare se ci si affida solamente al proprio buon senso. Una bussola per tracciare un sentiero all’interno dell’intricato sistema di definizione di una strategia vincente che, come vedremo, non può basarsi solo sulla percezione, spesso ingenua (“Questo influencer mi piace!”), ma necessita di una strutturazione che poggi su elementi concreti: i numeri e le statistiche.
Il marketing non si basa più sulle cose che fai, ma sulle storie che racconti.
Seth Godin
Un fenomeno attuale o c’è qualcosa di più?
L’IDEA DI UTILIZZARE la celebrità e/o la credibilità di qualcuno di noto per aumentare la consapevolezza, la sperimentazione o la considerazione di prodotti e servizi fa parte della cassetta degli attrezzi del marketer, come già anticipato, da molto più tempo di quanto si pensi.
La nascita dei testimonial
Facciamo quindi un salto indietro nel tempo per tracciare l’evoluzione della figura dell’influencer, nell’Inghilterra del 1700 per la precisione.
Più di 200 anni fa, molto prima che il termine “branding” diventasse di uso comune, l’imprenditore inglese Josiah Wedgwood ebbe la brillante idea di attivare la segnalazione come modalità per distinguere le sue porcellane da quelle dei competitor. E non una segnalazione qualsiasi: nel 1765 Wedgwood creò un servizio da tè color crema per la moglie di re Giorgio III, la regina Charlotte (Figura 2.1). Il servizio fu apprezzato a tal punto che venne nominato ufficialmente “Potter to Her Majesty”, il vasaio di Sua Maestà. Le sue porcellane color crema divennero presto note come Queensware, le porcellane della Regina, determinandone e conferendone quindi l’eleganza e l’indiscussa qualità. Wedgwood non si fermò a questo e decise quindi di prendere la palla al balzo: era necessario capitalizzare rapidamente l’endorsement da ...