Si faccia avanti chi mai, nella sua vita, ha pronunciato le fatidiche parole: ÂŤti amoÂť. Ă raro, infatti, che ci sia qualcuno a cui non è mai capitato. PiĂš facile, anzi, può essere che questa frase lâabbiamo detta tante volte, alla stessa persona o a persone diverse, in piena sinceritĂ o con qualche retropensiero.
Ma quando diciamo ÂŤti amoÂť sappiamo davvero che cosa stiamo dicendo? Siamo davvero consapevoli del significato, dellâimpegno, delle conseguenze che comportano queste parole? Riconosciamo a esse il peso che realmente hanno?
Certo: per parlare non sempre è necessario sapere che cosa si sta dicendo e che cosa si vuol dire. Ma averne consapevolezza, in ogni caso, aiuta. Aiuta magari a evitare qualche problema. Impedisce ad esempio di essere fraintesi. Ci fa capire che certe affermazioni sono importanti, che possono lasciare il segno, che riguardano a volte fenomeni complessi.
Lâamore è certamente uno di questi. E perciò la parola che lo dice va maneggiata con cura. Lâamore è infatti qualcosa di ambiguo. Lo è sotto vari aspetti e in forme per nulla negative.
Il primo aspetto, la prima forma di questâambiguitĂ riguarda il modo in cui lâamore si manifesta. Si tratta di unâemozione, di uno stato dâanimo, di qualcosa che ci accompagna e ci coinvolge, illuminando la nostra vita o gettandovi scompiglio? Oppure è qualcosa che ha a che fare con processi fisiologici, con lâapparato neuronale, e che dunque può essere eventualmente indotto, sviluppato, rafforzato con il ricorso a specifiche sostanze? Lâamore, in altre parole, è ciò che ci prende, dando senso ai nostri rapporti con altri esseri umani, oppure è un fenomeno che può essere spiegato e controllato, riconducendolo a una sua specifica funzione?
Ă chiaro che, a seconda di come si risponde a queste domande, si finisce per privilegiare una delle interpretazioni dellâamore, e degli ambiti del suo manifestarsi, che si sono presentate nella storia del pensiero. Si passa dallâidea per cui lâamore è unâesperienza che coinvolge solo gli esseri umani nei loro vari rapporti, come quella sviluppata nel mondo greco, alla concezione, prevalente nel contesto ebraico-cristiano, che vede nellâamore la forma, anzitutto, del legame con Dio, inteso poi come fondamento e giustificazione dellâamore per il prossimo. Si va dal modo, spregiudicato e predatorio, in cui lâamore sâannuncia nel personaggio di don Giovanni, alle figure della passione romantica, che travolge chi la prova e può spingere, addirittura, al suicidio: come accade al giovane Werther di Goethe e allo Jacopo Ortis di Foscolo. Si oscilla dallâimmagine metaforica di un amore cosmico, che tutto collega in quanto copula mundi, a quella molto concreta che può essere rilevata e fotografata mediante tecniche di risonanza magnetica funzionale.
In ogni caso, giĂ da questi pochi accenni, un primo aspetto dellâambiguitĂ dellâamore risulta evidente: quello, ripeto, che riguarda le modalitĂ della sua manifestazione. Ma, a partire da qui, unâaltra serie di ambiguitĂ emerge. Ciò che esprimiamo con unâunica âparola ombrelloâ, come potremmo dire, è infatti unâesperienza che vogliamo comprendere e con cui cerchiamo di fare i conti attraverso molte definizioni, anche opposte fra loro. LâambiguitĂ di cui ora parlo, insomma, riguarda lâamore non come si manifesta, ma come esso è propriamente.
Che cosâè infatti lâamore? Ă desiderio ed è dono. Ă tentativo di acquisire dallâaltro ciò che mi manca e, insieme, è un impulso che mi spinge ad abbandonarmi a lui (o a lei). Ă qualcosa di fisico, che mi prende fino a farmi star male, e qualcosa di spirituale, che mi eleva a dimensioni superiori. Ă occasione di piacere e nel contempo condizione di rinuncia.
La storia della filosofia, fin dallâantichitĂ , ha messo in luce questi aspetti. Ha cercato di comprenderli. Ha cercato di capire se lâamore, con la sua forza, poteva essere dominato. BisognerĂ dunque ritornare su alcune di queste concezioni. BisognerĂ mostrare come le diverse facce dellâamore che esse individuano si integrano, in realtĂ , e si compenetrano fra loro.
Infine lâultima forma di ambiguitĂ che qui voglio affrontare è quella che intende lâamore â qualunque sia il suo modo di manifestarsi e comunque esso possa venir compreso â come un fenomeno inscindibilmente connesso al suo opposto, a unâesperienza contraria. Mi riferisco al fatto che non si può amare senza essere coinvolti anche in un altro sentimento. Si tratta del nesso paradossale dellâamore con lâodio.
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