La microgiungla del mare
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La microgiungla del mare

Le meraviglie del plancton, dal Mediterraneo all'Oceano globale

Domenico D'Alelio

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La microgiungla del mare

Le meraviglie del plancton, dal Mediterraneo all'Oceano globale

Domenico D'Alelio

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La miriade di microscopiche forme di vita che abitano in una sola goccia di mare intesse senza sosta una fitta rete che lega gli elementi chimici e la fotosintesi acquatica, l'origine della vita e i cambiamenti climatici, le risorse ittiche e l'inquinamento umano. Gli esseri del plancton, che si rivelano come luce notturna che brilla sul pelo dell'acqua, costituiscono la base degli ecosistemi marini, producendo ossigeno e alimentando gli animali più piccoli, ma anche quelli più grandi. A partire dalla Stazione Zoologica nel Golfo di Napoli, dove svolge l'attività di ricercatore, l'autore presenta il plancton in maniera multidimensionale, dettaglia l'enorme biodiversità di vegetali e di animali microbici, dalle forme aliene e dai comportamenti singolari, e svela la sua importanza globale.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2020
ISBN
9788820398415
1
Il Golfo di Napoli, l’estate e una storia da svelare
La piccola motonave Vettoria naviga a velocità costante puntando il largo. È salpata solo pochi minuti fa dal porto di Napoli e si dirige verso un punto geografico ben preciso, proprio di fronte al lungomare della città. Il mare ha il colore del cielo, ma di una sfumatura più scura di azzurro. Il sole viene su dalla penisola sorrentina, ammorbidendo la pelle degli scienziati che, tenuta scoperta dagli abiti estivi, a tratti si accappona per il contatto con l’aria in movimento durante la navigazione, in questa radiosa mattina d’estate.
Siamo nel Golfo di Napoli, nella parte meridionale e occidentale della penisola italiana (figura 1.1). Il golfo è una profonda baia i cui canyon raggiungono profondità abissali, pari a circa mille metri al di sotto del livello del mare. Si apre sul mar Tirreno ed è delimitato da due penisole e dal monte Vesuvio, un vulcano attivo ma silente. Le isole d’Ischia, Procida e Capri chiudono parzialmente l’orizzonte del golfo in corrispondenza dei settori geografici nordoccidentale e sudorientale.
I motori della Vettoria rallentano man mano che la motonave posiziona la propria prua sulla coordinata geografica che si trova a 40°48.5′ di latitudine nord e 14°15′ di longitudine est all’incirca a due miglia dalla costa, dove il mare è profondo circa 75 metri.
Questo punto geografico è la stazione di ricerca ecologica di lungo termine MareChiara, attiva dal 1984. A quell’epoca, un pugno di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn, la cui sede centrale è proprio a Napoli, intraprese una ricerca sul mare che continua ancora oggi, in un’area vicina alla costa ma allo stesso tempo proiettata verso il mare aperto. Alla sua fondazione, il nome che fu dato a quella ricerca era frutto della crasi tra le parole “mare” e “Chiara”, la figlia di uno di quegli scienziati fondatori, che nasceva nello stesso anno.
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Figura 1.1 La costa che circonda il Golfo di Napoli, che misura in linea d’aria meno di cinquanta chilometri, rappresenta una delle terre più popolose d’Europa. L’area in grigio indica l’estensione dell’area metropolitana di Napoli.
Giunti al punto di campionamento, rilevato attraverso il GPS della nave, un argano montato a poppa cala in mare un grosso dispositivo, una sorta di gabbia cilindrica chiamata Rosette (figura 1.2). Nella parte esterna della Rosette sono montati dei cilindri di materiale plastico, lunghi circa un metro, dal volume di una decina di litri e aperti a entrambe le estremità. Si tratta di bottiglie oceanografiche del modello Niskin, provviste di un sistema di chiusura controllato da una consolle a bordo della nave. Servono a campionare l’acqua a profondità specifiche. Sul fondo della Rosette, in posizione centrale, si trova poi una sonda multiparametrica, che misura le condizioni ambientali della colonna d’acqua, dalla superficie al fondo.
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Figura 1.2 La motonave Vettoria e la sua Rosette.
Man mano che la Rosette viene calata, sullo schermo del computer di bordo, collegato alla sonda multiparametrica, compaiono delle linee colorate in un grafico corredato da diverse scale graduate (figura 1.3). Sul lato verticale di questo grafico è indicata la profondità. Sul lato orizzontale, invece, si trovano le scale che indicano i parametri ambientali, come la temperatura e la salinità dell’acqua, misurate dalla sonda nel suo percorso verso il fondo del mare. I valori di questi parametri disegnano dei tracciati sullo schermo, raccontando in tempo reale lo stato della colonna d’acqua. Ogni tracciato produce un grafico, a tratti dritto, a tratti curvo, ondulato, zigzagato, che è detto profilo verticale. In pratica, è come se disegnassimo una persona di profilo ricalcandone la sagoma da un solo lato, quello del viso e della pancia.
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Figura 1.3 Profili tracciati da una sonda multiparametrica durante una giornata estiva, nel Golfo di Napoli.
Guardiamo meglio questo grafico, cominciando dal tracciato relativo alla temperatura. Dall’alto verso il basso, questo tracciato parte dai valori più alti della scala, intorno ai 25 °C, scende dritto per circa 5 metri di profondità, quindi disegna una brusca deviazione verso valori più bassi della scala e torna a decrescere lentamente verso il fondo del mare, fino a raggiungere una temperatura che si assesta sui 15 °C. Lo strato superficiale a temperatura quasi omogenea è detto strato rimescolato superficiale; invece, lo strato entro cui si osserva una brusca variazione di temperatura è detto termoclino.
Per comprendere la forma del tracciato della temperatura, dobbiamo fare un piccolo passo indietro, facendo qualche accenno alla fisica dei fluidi. Il mare scambia continuamente calore con l’atmosfera e il calore si trasmette verticalmente tra i diversi strati d’acqua. Il termoclino si forma perché, man mano che si scende verso il fondo del mare, l’atmosfera è più lontana e il calore viene trasferito più lentamente.
In estate, la colonna d’acqua si stratifica al massimo grado e il termoclino ha la sua massima estensione. Tuttavia, la superficie viene continuamente rimescolata dalla brezza, che gli trasmette energia di movimento; per via dei frequenti scambi di calore con l’atmosfera legati al ciclo giorno-notte, l’acqua superficiale si riscalda e si raffredda continuamente e va su e giù come un pendolo. In estate, quindi, la colonna d’acqua è divisa in tre porzioni principali: uno strato rimescolato superficiale, un termoclino e, al di sotto di quest’ultimo, uno strato profondo a temperatura costante.
Le differenze di temperatura che si ritrovano nel mare lungo la dimensione verticale rendono stabile la colonna d’acqua, limitando il rimescolamento verticale. Ciò è vero soprattutto d’estate, quando il riscaldamento della superficie del mare è maggiore e le condizioni meteo-marine migliorano rispetto alla primavera. Con l’arrivo dell’autunno e poi dell’inverno, lo strato rimescolato superficiale si approfondisce e spinge sempre più in basso il termoclino, fino a raggiungere il fondo del mare al termine dell’inverno, quando la temperatura è la stessa lungo tutta la colonna d’acqua (box Il ciclo annuo della temperatura lungo la colonna d’acqua). Ciò però avviene solo nei bassi fondali costieri; in mare aperto e a grande profondità, invece, la colonna d’acqua può rimescolarsi solo fino a una certa profondità, intorno ai 100 metri, alle nostre latitudini.
Il ciclo annuo della temperatura nella colonna d’acqua
Quello che avviene al mare lungo la dimensione verticale è quanto di più regolare possa esserci nel Golfo di Napoli, comportandosi in maniera analoga a ciò che avviene in altre aree mediterranee e subtropicali.
Durante l’autunno, il mare cede calore all’atmosfera, l’acqua superficiale si raffredda e diventa più densa e pesante rispetto alle acque più profonde e comincia a muoversi verso il basso: ciò innesca il contromovimento dell’acqua profonda, che si sposta dal basso verso l’alto. Questi moti convettivi si ripetono nel corso della stagione invernale, rimescolando l’acqua del mare.
Viceversa, in primavera, il mare assorbe calore dall’atmosfera e le acque superficiali diventano via via meno dense di quelle profonde: questo processo termina con la stratificazione verticale, dovuta alla sovrapposizione di strati a diversa densità. A contatto con l’atmosfera, lo strato d’acqua superficiale continua però a riscaldarsi e a rimescolarsi verticalmente e ciò fa sì che questo diventi omogeneo sul piano della densità, che rimane comunque inferiore a quella degli strati più profondi. Per via del riscaldamento della superficie durante l’estate, lo strato rimescolato superficiale ha una profondità che arriva a ridursi molto e che oscilla tra i 5 e i 10 metri, quando la temperatura della superficie del mare è in media pari a circa 25 °C.
Al di sotto dello strato superficiale, troviamo uno strato detto termoclino, che è in realtà l’insieme di più strati d’acqua sovrapposti, caratterizzati da densità maggiori e temperature inferiori man mano che si procede verso il fondo del mare. Il termoclino è una sorta di barriera di densità che impedisce alle particelle d’acqua superficiali e profonde di venire a contatto. Al di sotto del termoclino, l’acqua ha una temperatura che si aggira intorno ai 15 °C, durante il lungo periodo che va da aprile a ottobre. Da novembre in poi, il raffreddamento progressivo del mare fa sì che l’acqua superficiale cominci a “erodere” il termoclino, spingendosi sempre più in profondità, finché la colonna d’acqua non ritorna a essere completamente rimescolata, e omogenea rispetto alla temperatura, durante la stagione invernale.
Tornando al grafico che abbiamo chiamato profilo verticale, un secondo tracciato descrive l’andamento della salinità, che è l’inverso di quello della temperatura. Negli ultimi giorni ha piovuto molto sul Golfo di Napoli e l’acqua più dolce, proveniente dalla costa, è scivolata verso il largo ed è arrivata alla stazione MareChiara, sovrapponendosi all’acqua più salata, di origine marina. L’acqua dolce fa mostra di sé all’interno del grafico generale: la salinità nello strato rimescolato superficiale è più bassa rispetto agli strati d’acqua sottostanti (figura 1.3).
Lo strato rimescolato superficiale è sempre un po’ meno salato di quello profondo, perché in superficie arriva acqua dolce dal cielo, direttamente con la pioggia che cade sul mare e dalle terre emerse attraverso i fiumi o lo scorrimento di acqua piovana a partire dalla costa. L’acqua dolce è meno densa di quella salata, perché contiene meno sali minerali disciolti: per questo motivo si posiziona sempre al di sopra di quella del mare, a parità di temperatura.
In definitiva, la stabilità termica della colonna d’acqua durante l’estate fa sì che ci sia una vera e propria separazione fisica tra lo strato rimescolato superiore, che si estende per pochi metri di profondità, e l’acqua che si trova oltre i 10 metri di profondità al di sotto del termoclino. Le due acque, superficiale e profonda, non si mescolano mai, poiché il gradino di temperatura e salinità fa sì che si sviluppi anche un gradino di densità dell’acqua.
In effetti, la densità dell’acqua di mare dipende soprattutto da due fattori, temperatura e salinità. Se cresce la temperatura, l’acqua diventa meno densa perché i legami chimici tra le molecole all’interno del liquido sono meno compatti e le molecole di acqua occupano un volume maggiore. Viceversa, l’acqua più fredda occupa meno spazio, perché nello stesso volume di liquido ci stanno più molecole. Nel computo della densità però, oltre alla temperatura, nel mare si inserisce anche la salinità, che è il contenuto complessivo di sali disciolti nell’acqua.
La vita marina in diretta
Così come avviene per i profili della temperatura e della densità, anche un terzo profilo forma un gradino lungo la colonna d’acqua (figura 1.3). Si tratta di una linea che parte da valori più alti nella scala orizzontale e scende verso il basso del grafico seguendo l’andamento della temperatura e della densità dell’acqua. È la fluorescenza, che è un indicatore della quantità di pigmenti fotosintetici, come la clorofilla, contenuti nell’acqua di mare. La clorofilla è lo stesso composto chimico che colora le foglie delle piante e che permette agli organismi vegetali di assorbire la luce del sole e trasformarla in energia elettrica, col fine ultimo di realizzare una reazione meravigliosa: la fotosintesi clorofilliana.
La fotosintesi è una delle reazioni fondamentali della natura; è importantissima, perché trasforma il carbonio da una forma inorganica, come l’anidride carbonica, a una forma organica, ovvero gli zuccheri. Il carbonio è il principale elemento chimico tra quelli di cui sono fatti gli esseri viventi. Inoltre, insieme agli zuccheri, la fotosintesi produce ossigeno, sul quale si basa il metabolismo della maggior parte delle forme di vita. Il processo di produzione della sostanza organica e dell’ossigeno partendo dall’anidride carbonica viene detto produzione primaria, perché è da qui che parte tutto il ciclo della vita. Ed è, questo, un affare biogeochimico a carattere planetario, che coinvolge ogni luogo dove la vita vegetale può insediarsi, purché vi sia luce.
Il nostro profilo della fluorescenza ci dice quindi che, anche là dove l’acqua è più blu, lontano dalla costa, c’è qualcosa dotato di clorofilla e che può fare fotosintesi, ovvero produrre materia organica e ossigeno. Quel “qualcosa” è una foresta invisibile di organismi unicellulari la cui presenza in grandi concentrazioni può rendere l’acqua di varie sfumature di verde, marrone, rosso: il fitoplancton. Come se fossero foglie, nel fitto delle fronde di un albero, quelle cellule vegetali si distendono al sole, per captarne la luce. L’acqua diventa verde, ma non solo, perché in aggiunta alla clorofilla le cellule di fitoplancton posseggono anche altri pigmenti, dalle sfumature di colore che vanno dal giallo-marrone al rosso-porpora fino al blu.
Sul monitor della Vettoria appare evidente un segno della presenza di questa “foresta invisibile del mare”: si tratta della fluorescenza rilasciata da quelle cellule in risposta al flash prodotto da uno strumento, il fluorimetro in situ, che è montato sulla nostra sonda multiparametrica. Il fitoplancton, in questa mattina d’estate, è praticamente tutto concentrato nel primo strato della colonna d’acqua, quello rimescolato. Infatti, giacché la fotosintesi è possibile solo in presenza di luce, il fitoplancton è più abbondante dove la luce permette di produrre la sostanza organica, che diventa la sostanza costitutiva di quegli esseri unicellulari.
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Figura 1.4 Il ciclo annuo del fitoplancton nel Golfo di...

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