Voci d'archivio
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Fonografia e culture dell'ascolto nell'Italia tra le due guerre

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Fonografia e culture dell'ascolto nell'Italia tra le due guerre

About this book

Fissare l'effimerità della voce in una forma permanente è una possibilità portata in dote dalle tecnologie del suono che l'Italia coglie in netto ritardo rispetto agli altri paesi europei, inaugurando la costruzione del "patrimonio fonico nazionale" soltanto nei tardi anni Venti del Novecento. Attraverso uno spoglio di documenti originali e periodici dell'epoca, Voci d'archivio ripercorre l'istituzionalizzazione della fonografia a mezzo archivistico soffermandosi da un lato sulle vicende e sui dibattiti che portarono alla fondazione della Discoteca di Stato e dall'altro sui modi diversi in cui le potenzialità del nuovo medium vennero concepite e messe in opera dalle parti in causa. Uno sguardo ravvicinato a discorsi e pratiche che guidarono le prime applicazioni della fonografia, utile a riconoscere la natura tecnologicamente e culturalmente mediata di quella che chiamiamo memoria sonora.

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Information

Una questione di Stato II. La contesa intorno all’archivio nazionale (1928-1934)
Accanto al resoconto degli incontri con generali, politici e autori letterari, la corrispondenza preservata nei fascicoli del fondo dell’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi testimonia anche un’altra serie di incombenze che De Angelis dovette sobbarcarsi tra il 1924 e il 1926, quelle di carattere economico. Come si nota in uno degli articoli dedicati alla sua discoteca “l’incisione d’un disco costa comunemente dalle 4 alle 5mila lire ma questi sono venuti a costare quattro volte tanto, non solo per il personale impiegato, ma perché la qualità dei personaggi imponeva di andarli a cercare e di mettersi a loro disposizione”260. Per far fronte alle spese vive imposte da queste ultime attività e solo parzialmente coperte dal contratto con la Fonotipia261 De Angelis si trova ben presto costretto a chiedere dei prestiti. Già dell’Agosto del 1925 e per tutto l’anno seguente riceve da tale Riccardo Alberti centomila lire con un tasso di interesse del 6%, una somma che si prepara a restituire nelle annate successive262. La disponibilità di finanze per estinguere il suo debito proverrà da un altro accordo che De Angelis stringe negli stessi anni: già nelle corrispondenze con il creditore datate al Novembre 1926 si fa infatti cenno a “la cessione che ella farà all’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra” quale garanzia per il futuro saldo del prestito263.
Le sorti della discoteca si intrecciano così con quelle dell’ente associativo fondato su iniziativa degli stessi reduci a Milano, il 29 Aprile del 1917, poi riconosciuto quale ente di diritto pubblico nel Giugno dello stesso anno dal decreto del prefetto della città. Nata con l’obiettivo statutario di fornire assistenza economica, legale e anche sanitaria ai propri soci, per coadiuvarne il difficile riassorbimento nella società civile del dopoguerra, l’a.n.m.i.g. muove i propri passi da un retroterra ideologico spesso contraddittorio: nell’ideale di solidarietà che unisce tutti coloro i quali, prestando servizio alla patria, avessero riportato menomazioni o fossero stati colpiti nella persona, si confondono infatti posizioni di matrice socialista e spiccate tendenze nazionaliste, una formale perorazione per la causa di un mondo “in pace” che tuttavia non porta mai a disconoscere la guerra come atto patriottico e, infine, una tendenza polemica contro i partiti che, alla prova dei fatti, si risolverà in prese di posizioni quasi sempre filogovernative. Ambiguo era stato infatti il ruolo dell’Associazione nei confronti della classe dirigente del dopoguerra, offrendosi da un lato quale strumento utile per il riordino sociale e dall’altro palesando tutto il malcontento e la sfiducia verso la politica dei liberali al potere, rei di trascurare le condizioni di quegli ex-combattenti che palesavano il vulnus dell’intervento bellico sulla propria persona. Non è difficile, da quanto premesso, intuire le ragioni che porteranno un progressivo avvicinamento della sigla combattentista alla retorica fascista, proprio nei giorni della sua ascesa al potere. Dalla prospettiva dei reduci, Mussolini si distingue subito dagli uomini politici che l’avevano preceduto, non soltanto perché si qualifica come membro della grande “fratellanza” degli invalidi di guerra (avendo a propria volta riportato una ferita alla spalla causata da un lancio di granate contro il nemico) ma per l’intento, più volte ribadito, di “rimarginare le ferite” della guerra e del dopoguerra, riconoscendo alla condizione di mutilati e invalidi una dignità pubblica che fino a quel momento avevano sentito negata.
Non senza creare strappi e divergenze al proprio interno264, il congresso dell’Associazione finisce per dare la propria adesione formale al fascismo all’indomani della Marcia su Roma nel 1922 per poi ribadire il proprio sostegno partecipando alle celebrazioni per l’anniversario dell’anno seguente. Sono scelte in chiara contraddizione rispetto a uno statuto che dichiarava l’ente come “a-partitico”, dovute al prevalere di una sua fazione interna, quella più orientata verso il nuovo regime. Nell’Aprile del 1924 sei membri della sua Commissione Direttiva sono eletti tra le fila della Lista Nazionale, primo fra tutti il “grande invalido” Carlo Delcroix che quello stesso anno sarebbe stato nominato presidente dell’Associazione con il Congresso di Fiume265.
Questo, in estrema sintesi, è il quadro in cui si muove l’A.N.M.I.G. quando, nel Novembre dello stesso anno, De Angelis incontra il neodeputato Delcroix allo scopo di fargli incidere Il Decalogo del Fante per la sua discoteca. Anche se manca una documentazione che testimoni gli scambi a proposito, è facile immaginare che l’interprete napoletano sia ricorso proprio ai contatti stabiliti in quell’occasione per cercare un sostegno alla sua opera di raccolta. La tensione nostalgica che lega natu...

Table of contents

  1. Introduzione Le condizioni dell’udibile
  2. La cultura epistemica dell’ascolto e l’inscrizione dei suoni come tecnica culturale
  3. Il problema del “suono inscrivibile” negli studi sul folklore
  4. Una questione di Stato I. Il dibattito sulla fonoteca folklorica (1911-1934)
  5. Note sulla costruzione del documento fonografico
  6. L’altra discoteca. Rodolfo De Angelis e La Parola dei Grandi
  7. La voce dei padroni. La fonografia come tecnica culturale di identificazione
  8. Una questione di Stato II. La contesa intorno all’archivio nazionale (1928-1934)
  9. Documentalità vs. monumentalità fonografica. La memoria sonora e le economie della traccia
  10. Conclusioni Come ascoltavamo, come ascoltiamo
  11. Ringraziamenti
  12. Articoli e interventi su fonoteca e discoteca