Gestualità Leonardesca
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Gestualità Leonardesca

Tra teologia cristiana e virtus pagana: la Vergine delle rocce e la Lucrezia romana di Marco D'Oggiono

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Tra teologia cristiana e virtus pagana: la Vergine delle rocce e la Lucrezia romana di Marco D'Oggiono

About this book

Esiste una relazione sotterranea che l'attiguità storica e stilistica fra due o più opere dissimula e veicola. Per coglierla è necessario pensare che ciò che nasconde svela e che ciò che svela nasconde, ovvero che l'aspetto storico della ricerca nasconde e svela quanto di archetipico la storia stessa racchiude. Lo nasconde perché alla storia in quanto disciplina non è metodologicamente concesso di andare oltre i propri confini epistemologici e di conseguenza essa ignora tutto ciò che le è (apparentemente) estraneo. Al tempo stesso, non potendo nulla essere estraneo alla storia, essa non può che veicolare e svelare ciò che già comprende in sé. Tale svelamento può compiersi attraverso un "montaggio" che permette un relazionarsi di dati storici e stilistici in grado di fare dialogare le opere su un piano più profondo, strutturale, antropologico. Due dipinti di Marco d'Oggiono, la Vergine delle rocce e la Lucrezia romana, firmati in greco sul verso, costituiscono un significativo caso studio rinascimentale su cui esercitare un tipo di storia dell'arte antropologicamente orientata.

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Information

Year
2020
eBook ISBN
9788857566740
Topic
Art
Subtopic
Art General
Capitolo II
Suicidio di Lucrezia
Per sfuggire a un pericolo non peggiore di questo, migliaia prima di me si precipitarono nei flutti, e divennero sante!... Date a me, padre mio, questo pugnale, datelo a me.
G.E. Lessing134
II.1 Descrizione analitica
Se l’intuizione di Marani riguardo alla committenza roveresca della copia della Vergine delle rocce del Castello Sforzesco trova nella variante iconografica del roveto ardente un significativo punto d’appoggio per i motivi sopra riportati, è possibile cercare altri indizi per supportare l’intuizione qui avanzata, che vorrebbe anche il dipinto del Suicidio di Lucrezia (Fig. 14) commissionato da Giulio II.
La specificità della ricerca storico-artistica prevede il formulare delle ipotesi che si basano sul vedere, ovvero sulla possibilità di essere verificate innanzitutto attraverso un riscontro sensibile che passi dallo sguardo. Si tratta cioè di legare un’intuizione teorica a un vedere empirico che la verifichi. “Teoria”, “intuizione” e “vedere” non sono però fasi separate del conoscere ma costituiscono sfaccettature diverse della medesima fase gnoseologica. “Teoria” e “intuizione”, riconosciute essenzialmente come astrazioni mentali legate al pensiero, significano nella loro etimologia greca e latina rispettivamente “osservare” e “guardare dentro con attenzione”, sono cioè attività della mente che fanno del “vedere” i punti di appoggio e di slancio del pensare135. Ciò che si vede con gli occhi può aprire al pensiero, alla formulazione cioè di ipotesi, così come ciò che si ipotizza con la mente può trovare riscontro in quello che si vede con gli occhi. Si tratta di un rapporto dialettico fra i due poli della stessa azione: vedere/pensare, pensare/vedere.
Quasi mai però la sola documentazione visiva è sufficiente a una corretta e completa ricostruzione storica. Quello che serve per avvalorare un’ipotesi ricostruttiva della storia di un’opera d’arte è un riscontro documentario di tipo verbale, una testimonianza scritta che possibilmente confermi quanto si è supposto guardando il dipinto in esame. Tuttavia non sempre ciò che si vede (l’opera) corrisponde a ciò che si legge nella documentazione d’archivio che si suppone la riguardi. Quando la testimonianza scritta non collima con la testimonianza visiva, incrinando l’ipotesi di ricostruzione storica, allora le cose si complicano notevolmente. È il caso della prima versione della Vergine delle rocce che la maggior parte degli studiosi suppone commissionata dalla Confraternita dell’Immacolata Concezione per la chiesa di San Francesco Grande a Milano nonostante il contratto fra committenti e artisti (25 aprile 1483) descriva un soggetto assai diverso da quello realizzato da Leonardo (versione Louvre)136. Quando si è di fronte alla sola testimonianza visiva, come nel caso del Suicidio di Lucrezia, è l’intero impianto culturale che le gravita attorno a poter suggerire un percorso da seguire per inquadrare l’opera nel modo più accurato e preciso possibile fino ad arrivare a un grado di verosimiglianza che sia condivisibile.
Anche in tal caso si impone una duplice scelta da parte del ricercatore. La prima è quella di circoscrivere l’ambito di indagine, selezionando e indirizzando la sua attenzione su quegli elementi che gli sembrano particolarmente pertinenti ai fini di una puntuale contestualizzazione del dipinto in esame. Riguardo alla Vergine delle rocce di Leonardo – per esempio – Alessandro Ballarin punta essenzialmente sull’individuazione del luogo per il quale la pala era stata commissionata, la Cappella Palatina e non la chiesa di San Francesco Grande137; Timothy Verdon punta sulla semantica interna delle figure, sulla loro gestualità e sulle implicazioni psicologiche madre/figlio mutuate da una spiritualità vissuta all’ombra di una concezione profonda della gravitas religiosa specifica dei bambini nella Firenze di fine Quattrocento138; Gabriella Ferri Piccaluga139 e Ricardo de Mambro Santos140 puntano sulle fonti mistico-spirituali legate al Beato Amadeo Mendes da Silva e alle sue visioni, solo per citare alcuni degli studi più significativi. Ogni studioso, in pratica, approfondisce quell’aspetto storico-culturale che ritiene essere più fecondo per la comprensione dell’opera pittorica in esame e su quello basa tutte le sue argomentazioni più o meno convincenti.
L’altra scelta che uno storico dell’arte si trova a dover compiere è quella di individuare il periodo preciso da investigare, limitandolo entro le date che ritiene essere quelle di esecuzione del dipinto in questione. Date che, se non documentate, dovranno essere stabilite in base a elementi stilistici (e talvolta anche iconografici) a loro volta riconosciuti in base al confronto dell’opera in esame con altre opere dello stesso autore documentate ad annum. La ricostruzione storico-artistica di un’opera rimane quindi molto spesso legata alla pura visibilità, ossia all’occhio – per così dire – dello storico dell’arte, che, munito dei suoi specifici attrezzi di lavoro che vanno dalla sensibilità estetica all’erudizione, prova a mettere insieme i pezzi di un puzzle che difficilmente potranno essere tutti a sua disposizione, vuoi per le immancabili lacune che il fluire storico comporta vuoi per un’incapacità di visione o di pensiero imputabile al ricercatore stesso.
Nel caso del Suicidio di Lucrezia è necessario eseguire per prima cosa un’indagine stilistica per stabilire, almeno in via ipotetica, il periodo di esecuzione, così da poter circoscrivere la fase della carriera del pittore in cui collocare la committenza del dipinto. Il secondo passo da compiere sarà quello di individuare gli elementi peculiari che caratterizzano il quadro (come, per esempio, il soggetto profano, tratto dalla letteratura/storia romana; la firma in greco apposta sul retro della tavola; la gestualità della mano sinistra, ripresa dalla Vergi...

Table of contents

  1. Prefazione
  2. Premessa metodologica
  3. Capitolo I Vergine delle rocce
  4. Capitolo II Suicidio di Lucrezia
  5. Capitolo III Costellazioni
  6. Bibliografia
  7. Galleria Iconografica