Rappresentare mondi di vita
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Rappresentare mondi di vita

Radici storiche e prospettive per il progetto di territorio

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Rappresentare mondi di vita

Radici storiche e prospettive per il progetto di territorio

About this book

L'obiettivo del testo Ăš delineare un "processo di rappresentazione patrimoniale del territorio" che includa la popolazione nella definizione di cartografie utili alla produzione di progetti locali. Progetti volti alla riappropriazione e al rafforzamento della dimensione dell'abitare che la modernizzazione ha reso sempre piĂč passiva.

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Information

Capitolo 1
La concezione dello spazio
nelle territorialitĂ  premoderne
Mi chiedete di lavorare il terreno? Potrei forse prendere un coltello per conficcarlo nel seno di mia madre? Se lo facessi, quando sarĂČ morto ella non mi accoglierebbe piĂč nel suo seno. Volete che vanghi e scavi le pietre? Potrei forse scavare nelle sue carni fino alle sue ossa? Non potrei piĂč, allora, rientrare nel suo corpo per rinascere a nuova vita. Volete che tagli l’erba e il fieno per venderlo, al fine di arricchirmi come fanno i bianchi? Ma potrei forse tagliare i capelli di mia madre?
Smohalla, profeta indiano
La territorialità umana, intesa come la modalità con la quale gli esseri umani plasmano e organizzano il proprio contesto di vita (Dematteis, Governa 2005), ha un’influenza rilevante sulle rappresentazioni spaziali del mondo e viceversa. Giova nel nostro percorso interrogare le forme arcaiche, archetipiche della territorialità umana (Marson 2008), nelle quali esisteva una totale intimità fra comunità e Terra, per comprendere la necessità contemporanea di ricostruire un’esperienza cosmica dell’abitare a partire dalla mediazione fisica del territorio (Berque 2014).
L’esperienza del mondo ù oggi spesso contratta nell’espressione della mera funzionalità. Non capita spesso di pensare al senso che hanno i luoghi che attraversiamo velocemente. Immersi in temporalità esogene percepiamo e viviamo i luoghi spogliati dalla loro sacralità, denudati dei significati che la storia ha loro attribuito. Nella percezione comune lo spazio assume le forme newtoniane di pura estensione, di spazio-contenitore, senza attributi intrinseci.
Nel passato antico invece lo spazio non esisteva di per sĂ©, ma si manifestava nella relazione fra gli esseri umani e il mondo che li circondava attraverso la culturalizzazione mitica della Terra. La trascendenza era presente nell’osservazione e in ogni piccola azione di manipolazione. Una buona organizzazione del territorio significava saper riconoscere quella possibile configurazione fisica che meglio rappresentava quell’idea di mondo culturale. Ambiente naturale e ambiente sociale erano indissolubili, l’uno si accresceva sull’altro in una costruzione circolare e coesa. Gilles ClĂ©ment, in un suo corso al CollĂšge de France, spiega molto bene la necessitĂ  di introdurre l’espressione “milieu ambiant” al posto del semplice “ambiente” per superare questa distanza.
Terme curieusement choisi pour dĂ©signer l’ensemble vivant complexe dans lequel nous Ă©voluons, environnement se rapporte aux environs : ce qui se trouve Ă  distance de nous. La langue espagnole propose medio-ambiente, le “milieu ambiant”, et par-lĂ  suggĂšre un Ă©tat d’immersion plutĂŽt qu’une mise Ă  distance. Alors qu’environnement nous dĂ©solidarise du “vivant alentour”, milieu ambiant nous rend solidaire de celui-ci en incluant d’emblĂ©e le genre humain dans un Ă©cosystĂšme planĂ©taire. S’il est possible de placer les composantes de l’environnement sur le marchĂ©, il semble difficile de procĂ©der de la mĂȘme façon pour le milieu ambiant, Ă  moins d’envisager l’humanitĂ© elle-mĂȘme comme une marchandise (ClĂ©ment 2011).8
Nelle societĂ  antiche era l’interpretazione delle indicazioni divine la guida privilegiata alla scelta del sito adatto per edificare cittĂ  o villaggi. Le stesse teorie vitruviane, relative alla salubritĂ  o alla piacevolezza del luogo, rappresentano soltanto un tardo tentativo di razionalizzazione di abitudini ancestrali, sebbene i loro principi non venissero seguiti alla lettera sia perchĂ© i luoghi dovevano rispondere a ragioni commerciali o militari sia perchĂ© le divinazioni davano altre indicazioni. Il fondatore di una cittĂ  preferiva affidarsi completamente alle potenze divine. Si narra, ad esempio, che il pio Enea seguĂŹ una scrofa incinta fino al luogo dove partorĂŹ per fondare la sua Albalonga, “in un sito che dal punto di vista igienico sarebbe stato senz’altro da scartare” (Rykwert 1981, p. 37).
La culturalizzazione della Terra dipendeva dal trascendente che si manifestava nelle ierofanie dei luoghi, conferendo loro una naturale sacralitĂ , progressivamente cancellata in seguito dalla potenza della tecnica. Le civiltĂ  antiche difficilmente rappresentano in forma strutturata il mondo che le circondava: le rappresentazioni si limitavano a quello che emergeva dallo sfondo immobile della natura,
limitate agli animali, agli alberi, alle figure umane, alle forme mobili, vive, autonome e staccate dallo sfondo di forme immobili (quelle che nel paesaggio rappresentano il risultato della vita geologica o naturale a piĂč lento ritmo di tempo). In questo senso la natura risulta come dissociata nelle rappresentazioni (Turri 1974, p. 56).
Il disegno preistorico non Ăš tanto un’immagine quanto uno schema, che estrae dalla realtĂ  gli elementi che spiegano la forma del particolare rapporto intimo e specifico con l’ambiente circostante, in maniera molto simile al disegno infantile. I bambini rappresentano con difficoltĂ  grandi porzioni di territorio. Nei loro disegni l’ambiente circostante appare come uno sfondo incolore, poco rilevante. Se qualcosa viene ritratto Ăš ciĂČ con cui essi sono venuti in contatto.
Questo capitolo tratteggia per grandi linee il profondo cambiamento nel rapporto fra le comunità insediate e la Terra nel modo antico: dalla Terra come Grande madre, che accoglieva l’Origine e i misteri del Mondo, allo scenario paesaggistico della rappresentazione della nascente borghesia europea, che tanto ha influenzato la successiva rappresentazione cartografica. È un primo spaesamento in un mondo in cui la mediazione fra esseri umani e ambiente ricorreva solo marginalmente all’immagine spaziale.
1. La Tellus mater e la rappresentazione del mondo mitico
La geografia mitica Ăš la geografia dell’origine in cui la Terra rappresenta il tutto: una potenza in cui vivono forze che proteggono o che attaccano gli esseri umani. Nella religiositĂ  della Tellus mater l’uomo Ăš fatto di terra e dalla Terra nasce. Anche il Genesi mostra Adamo fatto di fango e la stessa etimologia latina preservatasi fino a noi mostra la relazione fondativa fra humus e humanus. Nel venire al mondo l’essere umano non stacca mai il cordone ombelicale dalla Madre Terra e a lei, infatti, torna al momento della morte. Nell’immaginario antico la Terra Ăš popolata e riempita della sostanza e del potere di coloro che dovranno nascere o, viceversa, dei morti e degli avi. La Terra rappresenta la patria o, secondo la cultura tedesca, l’Heimat, la matria, luogo di provenienza per eccellenza, Ăš essa stessa un “luogo sacro”, che conferisce potenza e al tempo stesso richiede attenzione e cautela affinchĂ© non venga ferita. La Terra Ăš la madre comune a tutti gli esseri che “sono” e che popolano il mondo. Un legame di parentela lega gli esseri umani allo spazio in cui vivono. I fiumi, le rocce, le montagne, le valli non erano elementi dello sfondo paesaggistico, erano essi stessi “esseri viventi” affratellati agli esseri umani grazie alla comune nascita dalla stessa madre Terra. Il contesto non Ăš qui semplicemente l’ambiente “circostante” (l’environnement francese o l’environment inglese), ma Ăš parte integrante dello stesso mondo, Ăš fatto dello stesso materiale del corpo umano, Ăš una parte centrale del suo essere e della sua storia. Essere in un luogo costituisce per il gruppo sociale dell’antichitĂ  un’esperienza esistenziale, che coinvolge tutta la comunitĂ . Definire le forme dell’insediamento significava creare il mondo terreno, costruirlo in modo perfetto, assumendosi la responsabilitĂ  di mantenerlo e rinnovarlo nel futuro. L’installarsi di un gruppo sulla Terra necessitava di un momento inaugurale in cui la comunitĂ  si raccoglieva e “creava” il Mondo, celebrandolo poi ciclicamente perchĂ© questo potesse continuamente rinnovarsi. Il Mondo, quello che oggi potremmo chiamare realtĂ , natura, territorio, esisteva solo attraverso un rito collettivo, che sanciva la relazione e la promessa di costante attenzione e di cura da parte del gruppo sociale nei confronti della sua madre Terra.
La fertilitĂ  della Terra era un dato fondamentale che andava conservato e mantenuto con riti ciclici non solo perchĂ© necessaria al sostentamento della comunitĂ  che si alimentava dei suoi frutti, ma perchĂ© in quanto origine di tutte le cose avrebbe consentito il perpetuarsi eterno della stirpe umana. Questa discendenza ctonia portava alcuni popoli a individuare gli antenati della loro stirpe nei fenomeni naturali. Come noto, per la civiltĂ  egizia Osiride impersonava anche il fiume Nilo. Si trattava di una spiegazione pre-scientifica, di un racconto genealogico accettato senza necessitĂ  di riferimento ad argomentazioni oggettive e dimostrabili scientificamente. La genealogia ctonia consisteva in una “narrazione localizzata”, riferita a elementi specifici, non esportabile e non raggrup...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. Capitolo 1 La concezione dello spazio nelle territorialitĂ  premoderne
  3. Capitolo 2 Logiche cartografiche
  4. Capitolo 3 La rappresentazione del territorio fra mappa piena e mappa vuota
  5. Capitolo 4 Le cittĂ  nel paesaggio
  6. Capitolo 5 Il cartografo mediatore dei saperi
  7. Capitolo 6 Resistenze all’omologazione positivista
  8. Capitolo 7 Sulla rappresentazione urbanistica
  9. Capitolo 8 Rappresentare mondi di vita
  10. Riferimenti bibliografici
  11. Lista delle fonti delle immagini