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About this book
In un mondo in cui l'occhio e tutti gli altri sensi umani sono sottoposti ogni giorno a una serie di prove psicologiche in forme e modalità accresciute, continue e per lo più inconsapevoli, l'arte di Duchamp rappresenta, ancora oggi, un esercizio per collaudare non solo la nostra capacità di vedere e percepire, ma anche di esistere. Se vivere significa emanciparsi dall'incatenamento a uno scopo determinato, allora l'arte, quando funge da "test", può servire a misurare, di tanto in tanto, quanto siamo davvero consapevoli della nostra libertà. A partire da questo presupposto, Marco Senaldi ci conduce in un inedito e avvincente viaggio "a ritroso" nell?opera di Marcel Duchamp.
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Information
Topic
ArtSubtopic
Art General1.1
“Beauté d’indifférence”.
Duchamp da Pirrone a Griveau
“Beauté d’indifférence”.
Duchamp da Pirrone a Griveau
He said all the time: “cela n’a pas d’importance”.
Beatrice Wood1
1.1.1 Al di là del Bello e del Brutto
Per affrontare i legami di Marcel Duchamp con il retroterra psicofisiologico del suo tempo, e di conseguenza con l’estetica scientifica francese, prima, e con la psicologia sperimentale angloamericana, poi, occorre partire dalle sue fonti scientifiche e letterarie.
Come è noto, il suo incontro con gran parte delle letture scientifiche e letterarie ebbe luogo nel biennio 1913-1915 trascorso alla Bibliothèque de Sainte-Geneviève di Parigi.
Duchamp ha spesso dichiarato, anche a Pierre Cabanne, di aver scelto di diventare bibliotecario presso la parigina Bibliothèque de Sainte-Geneviève nel novembre 1913 come forma di reazione al rifiuto del Nu da parte degli amici del gruppo di Puteaux, dato che “un comportamento simile veniva da artisti che io ritenevo liberi”2. La richiesta di ritirare il suo quadro Nu descendant un escalier n. 2 dalla 28° Esposizione della Societé des Artistes Indépendants, tenutasi dal 20 marzo al 16 maggio 1912 al Quay d’Orsay (che anticipa il rifiuto del comitato organizzatore della Society of Independent Artists di esporre Fountain al Grand Central Palace di New York, nel ’17), dimostra “sperimentalmente” i limiti della presunta “indipendenza” di giudizio e di gusto degli artisti e dei critici coinvolti a vario titolo nell’organizzazione della mostra.
Il carattere provocatorio del Nu doveva già essere in qualche modo previsto o almeno sospettato da Duchamp che, nel descrive il quadro ha sempre ammesso di essersi spinto al di là del cubismo ortodosso3. Ma è chiaro che lo scopo di questa provocazione consisteva nell’elevare il dibattito da un fatto interno a una scuola artistica (sia pur d’avanguardia, come il Cubismo), a un piano di ordine estetico concernente la “libertà” di giudizio, quindi verso considerazioni di tipo etico-deontologico e – considerando che si tratta di forme di rappresentazione del reale – persino ontologico e psicologico.
Questo “passaggio” (un termine intrinsecamente duchampiano) dall’esercizio della “pittura” come tecnica, a un’interrogazione sul suo valore “filosofico”, va posto in relazione alla scelta di dedicarsi all’approfondimento letterario e scientifico, come se la pratica pittorica in sé fosse stata dichiarata insufficiente, non autonoma, incompleta, se non compendiata da una solida preparazione teorica. Sulle numerose letture svolte da Duchamp come assistente bibliotecario a Sainte-Geneviève si sono fatte varie ipotesi, ma è indubbio che è proprio in quella biblioteca che Duchamp ha incontrato (ne restano le tracce nelle Notes e nelle interviste) alcuni capisaldi della sua teoria dell’arte: i trattati sulla prospettiva, il convenzionalismo di Henri Poincaré, le geometrie non-euclidee, certi testi relativi alla quarta dimensione e agli anaglifi geometrici (dai saggi di Esprit Jouffret al romanzo di Gaston Pawlowski)4.
Tra le letture che Duchamp sembra avere incrociato vi è quella relativa alla figura del più antico degli scettici, cioè il filosofo che, stando alla testimonianza di Schwarz, aveva apprezzato di più: Pirrone di Elea5. Il riferimento contemporaneo di Duchamp però, più che i frammenti originali, potrebbe essere il saggio Les Sceptiques grecs, uscito in prima edizione nel 1886 e poi ripubblicato nel 1923, a opera di Victor Brochard, influente pensatore e autore di saggi su una serie di temi (come la credenza, la legge di similarità, la percezione, ecc.) oltremodo vicini agli interessi duchampiani6.
Come ricorda Brochard, Pirrone predicava la sospensione del giudizi...
Table of contents
- Abbreviazioni
- Introduzione Marcel Duchamp, la “science de l’art” e l’arte come test esistenziale
- 1.1 “Beauté d’indifférence”. Duchamp da Pirrone a Griveau
- 1.2 Parole prime. All’origine del ready-made
- 1.3 Tutto ruota. Ready-made come immagine ideomotrice
- 1.4 Stereoscopomania. Duchamp antiretinico
- 1.5 Dall’altro lato. Trasparenza e trasmissione
- 2.1 Il cinema stereo-erotico. Elsa, un “ménage à trois (dimensions)”
- 2.2 Archeologia di una spirale. Duchamp e l’illusione ottica
- 2.3 Eye-Test. Duchamp e la “parola movimento”
- 2.4 Con rumore segreto.
- 2.5 L’impronta mnemonica. Montaggio e sovrapposizione nei progetti filmici di Duchamp
- 3.1 Duchamp e Picabia. La cinemacchina del tempo
- 3.2 Lo sguardo esposto. Duchamp e il dispositivo espositivo
- 3.3 Schermo a specchio. Duchamp e il cinema, da Dreams That Money Can Buy a Dadascope
- 3.4 Una partita a scacchi. Duchamp e l’immagine televisiva
- Bibliografia