Il cristianesimo alla prova del racconto evolutivo
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Il cristianesimo alla prova del racconto evolutivo

Un confronto critico necessario

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Il cristianesimo alla prova del racconto evolutivo

Un confronto critico necessario

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Da sempre al centro del dibattito e nell'immaginario comune il confronto tra il cristianesimo e le scienze è stato declinato come un rapporto conflittuale o irenico tra fede e ragione, creazione ed evoluzione. Ma siamo sicuri che sia il modo adeguato di istruire il problema? La teologia è solita interloquire con la fisica, ma cosa succede quando si confronta con la biologia e la sua vicenda? Dall'incontro con la "teoria dell'evoluzione" e il "racconto evolutivo" si aprono questioni filosofiche e teologiche inedite, fondamentali per il senso della storia e della nostra esistenza. La posta in gioco è l'uomo, lo stesso descritto dal racconto biblico. Da questo confronto si ricavano gli elementi necessari alla credibilità del messaggio cristiano, tra cui il valore del racconto biblico e il Dio di Gesù Cristo, una maggiore coscienza verso la storia e l'antropologia fondamentale.

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Information

Capitolo IV
Il naturalismo filosofico

L’intenzione che ha mosso la nostra ricerca parte dall’assunto che il discorso teologico complessivo, per una sua chiarificazione interna, ha bisogno di confrontarsi con proposte che sollecitano a non perdere di vista il momento storico-concreto per qualsiasi proposta ermeneutica sul senso della realtà, della storia e dell’antropologia. Per questo motivo, la teologia deve prendere sul serio il confronto con quella filosofia che ha messo al centro lo studio della concretezza storica muovendosi dall’osservazione scientifica. Alla luce delle implicazioni che abbiamo cercato di esprimere nei capitoli precedenti, intendiamo ricostruire, nei suoi punti nodali, la proposta che in Italia prende il nome di naturalismo filosofico, la quale è sostenuta ed espressa in modo sistematico da due filosofi: Orlando Franceschelli124 e Telmo Pievani125. La nostra attenzione si focalizzerà in particolare su quest’ultimo per via della proposta ontologica complessiva e della promozione di un’antropologia fondamentale filosofica a base scientifica che la teologia non può ignorare.
Il nostro intento è di presentare qualcosa di diverso rispetto al pensiero teologico contemporaneo, dove la diversità risiede nella profondità con cui intendiamo assumere il problema e la proposta che il naturalismo filosofico sviluppa muovendo dal racconto evolutivo. A questo punto, è chiaro che la teologia non può limitarsi ad un approccio apologetico, ma deve lasciarsi sollecitare, per il bene del cristianesimo stesso, dall’incontro con il racconto evolutivo. L’interesse per questa filosofia si precisa nell’attenzione verso la concretezza effettiva, sostenuta dai risultati scientifici, e la sua interpretazione. L’attrattiva per l’ermeneutica proposta da Telmo Pievani si fonda sul fatto che prende seriamente in considerazione il racconto evolutivo, il quale si presta a un’interpretazione filosofica complessiva, restituendo una filosofia della storia, una filosofia della biologia e una filosofia di Homo sapiens. Sul versante antropologico, l’intenzione di Pievani è dare vita ad un «nuovo umanesimo», partendo da un racconto storico a base scientifica. L’autore non intende perdere l’uomo, ma presentare un’antropologia fondamentale filosofica a base scientifica. Stando su questo livello, una proposta antropologica così forte, implica una visione della natura, della sua storia e delle sue dinamiche altrettanto vigorosa. Non a caso, il peso della storia (contingente) ha un posto di rilievo nel suo filosofare.
Su questo sfondo presentiamo la proposta del naturalismo filosofico, cercando, nel capitolo successivo, di riprenderla criticamente soffermandoci sugli aspetti positivi e sui suoi limiti. Limiti che, come vedremo, emergeranno dalla modalità con cui la sua stessa proposta si formula in rapporto alla dinamica evolutivo-storica e alle sue regole ermeneutiche. In particolare, sull’interpretazione del fenomeno Homo sapiens e della forma con cui si manifesta nella storia.
1. Una filosofia a base scientifica
La proposta che Telmo Pievani intende sviluppare è un’interpretazione complessiva del senso della storia della vita e del mondo. Il fondamento del suo progetto filosofico si basa su un concetto alla base della visione darwiniana: la contingenza storica. Questa precisazione è capitale. Infatti, come sappiamo126, non vi è un’unica corrente che trova il consenso di tutti gli operatori in questo campo. Telmo Pievani si inserisce nella corrente dei naturalisti, sostenendo l’assunto che siamo «figli di pura storia»127. A suo modo di vedere, considerare questo aspetto è tutt’oggi uno scoglio che impedisce l’adesione alla teoria dell’evoluzione, comprese le sue implicazioni filosofiche128. Anticipiamo a questo punto una tesi di carattere sintetico: prendere sul serio il peso della storia naturale tocca immediatamente la concezione dell’uomo129. Ripercorrere la storia del mondo e della vita, attraverso un’attenzione genealogica, ha degli effetti sul modo di considerare il posto dell’uomo nell’Universo e, per quanto riguarda più da vicino l’ambito teologico, il suo rapporto con il Dio di Gesù Cristo. Darwin ha consegnato al pensiero umano una possibilità inaudita: concepire le origini di Homo sapiens per via esclusivamente naturale. Di conseguenza, è possibile rivendicare a pieno titolo la possibilità del naturalismo e di un’etica senza Dio130, cioè una sapienza che concepisce i rapporti fondamentali, le speranze e le finalità della vita umana senza alcun riferimento a Dio, tantomeno a quello cristiano.
1.1 La filosofia di fronte alla scienza
La spinta impressa dalla rivoluzione darwiniana sul pensiero va oltre l’osservazione empirica, è una rivoluzione culturale e filosofica, oltre che scientifica. Perciò, una filosofia a base scientifica deve chiarire, prima di tutto, il rapporto che la filosofia instaura con le scienze implicate nella teoria dell’evoluzione e nel racconto evolutivo. A questo proposito si possono dare due modelli interpretativi: il naturalismo scientifico e il naturalismo liberalizzato o filosofico131. Le due ermeneutiche prendono forma sul medesimo terreno: la descrizione scientifica dei fenomeni naturali. Su questo substrato comune si sviluppa, da una parte, il naturalismo scientifico, detto anche metodologico, più corrispondente al discorso scientifico stretto. In questa prospettiva, la filosofia è chiamata a portare unità e sistematicità nel discorso scientifico, ma non le è riconosciuto un metodo proprio di indagine oltre «il mero compito di sistematizzare i risultati scientifici»132.
Dall’altra, il naturalismo liberalizzato o filosofico si caratterizza per un approccio critico che si impegna a pensare con rigorosa naturalità il mondo e l’uomo. «Le scienze del vivente sollevano, infatti, questioni filosofiche da sempre al centro della riflessione teoretica»133. Il rapporto tra filosofia e descrizione scientifica dei fenomeno naturali è caratterizzato dalla reciprocità. In altre parole, il momento scientifico, contraddistinto dal suo metodo di studio, restituisce modelli e risultati, ragionevoli e condivisi dalla comunità scientifica, i quali rappresentano il vincolo fattuale irrinunciabile per ogni filosofia. Il naturalismo filosofico, forte del substrato concreto di riferimento, che lo salvaguarda dal cadere nella superficialità del modello metafisico, e ben ancorato al reale, evitando di speculare su un «mondo dietro al mondo», può sviluppare la sua proposta ermeneutica. Così facendo presenta una visione della vita e del mondo plausibile e sostenuta dai risultati scientifici, ma non per questo scientista.
Telmo Pievani illustra in modo chiaro il rapporto tra il momento filosofico e il momento scientifico.
Con ciò non si vuole alludere all’idea che la scienza ci racconti tutta la storia ed esaurisca ogni altro livello di analisi. Non possiamo però nemmeno ignorare i risultati, né piegarla a nostro favore citando casi isolati di opinioni esterne di singoli scienziati che blandiscono le nostre visioni. […] Seguendo un approccio basato su una forma di “naturalismo non scientista” ma “liberalizzato” [filosofico], nel prosieguo non chiederemo alla filosofia di essere assorbita in un rapporto di continuità stretta con la scienza, ma soltanto di elaborare tesi che, senza sudditanze, siano però compatibili con i dati scientifici a disposizione. Nel loro essere fonti legittime di conoscenze di ricerca autonoma, ci chiederemo se alcune filosofie e teologie che affrontano la novità evoluzionistica contemporanea rispettino davvero questa clausola liberante oppure no134.
Il compito della filosofia è di elaborare tesi compatibili con i dati scientifici a nostra disposizione. Su questo presupposto metodologico prende forma il naturalismo filosofico di Pievani e la sfida che il filosofo italiano lancia verso altre interpretazioni: «oggetto di discussione dovranno essere le rispettive argomentazioni (tratte dai documenti) e il loro confronto con i fatti, non invece le simpatie […] La posta in gioco è preziosa»135.
1.2 La naturalizzazione della vita e del mondo
La prima cosa che dobbiamo notare è che la riflessione naturalistica è figlia di una storia di emancipazione rispetto all’interpretazione della metafisica cristiana a lei precedente e concorrente136. Questo aspetto permette una prima chiarificazione: l’emancipazione della scienza moderna dall’interpretazione dominante ha portato il naturalismo a...

Table of contents

  1. Prefazione Un’antropologia teologica «in partibus infidelium»?
  2. Presentazione
  3. Introduzione
  4. PARTE PRIMA
  5. Capitolo I Il problema
  6. Capitolo II La recezione della teoria dell’evoluzione in teologia
  7. PARTE seconda
  8. Capitolo III L’evoluzione: la teoria e il racconto
  9. Capitolo IV Il naturalismo filosofico
  10. PARTE terza
  11. Capitolo V Di fronte al racconto evolutivo
  12. Capitolo VI Un percorso teologico possibile
  13. Conclusione
  14. Bibliografia