La libertà nel pensiero di Friedrich A. Von Hayek
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La libertà nel pensiero di Friedrich A. Von Hayek

Cultura, etica e politica nell'ambito della Scuola austriaca

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La libertà nel pensiero di Friedrich A. Von Hayek

Cultura, etica e politica nell'ambito della Scuola austriaca

About this book

Il lavoro di ricerca tratta il tema della libertà nell'ambito della Scuola austriaca con particolare riferimento alla figura di uno dei suoi più eminenti rappresentanti, Friedrich A. von Hayek. Tale ambito, sebbene sia di matrice economica, è esaminato dal punto di vista filosofico in relazione al posto che la libertà occupa nello spazio della filosofia pratica intesa nel senso aristotelico classico. La rilevanza del tema della libertà nell'odierna società a base liberale chiama in causa Hayek e la sua Scuola in relazione al fondamentale contributo da essi elaborato a questo tema e quindi a quegli aspetti critici e problematici rintracciabili nella cultura etica e politica della modernità.

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Capitolo quinto
Confronto tra la filosofia politica classica e quella hayekiana
Premessa
Grazie al concetto di natura – di ordine e di gerarchia naturale, insiti nella base metafisica dell’etica aristotelica – è possibile fronteggiare il relativismo che si declina come nichilismo e dunque come negazione stessa dell’etica. Le problematiche etico-politiche suppongono che ci sia un ordinato e perciò ‘giusto’ rapporto dell’uomo con i suoi simili, oltre che con il mondo naturale. Tale rapporto comporta l’istituzione di diritti e di doveri che sono vincolo di responsabilità e criterio di giudizi morali, pensabili necessariamente entro un certo ordine. Ma non tutti gli ordini rispondono adeguatamente all’istanza di “libertà” come elemento costitutivo dell’azione umana, se questa è intesa non solo come naturale tendenza alla convivenza sociale, ma anche come naturale vocazione a oltrepassare la dimensione inframondana per aprirsi alla comunicazione con il divino. In questo orizzonte più ampio il piano storico-secolare costituisce un ordine che non esaurisce il suo destino e perciò non può assolutizzarsi; non per questo il suo valore risulta annullato ma piuttosto si delinea ri-orientato in vista di una “vita terrena le cui strutture sociali abbiano come misura la giustizia, la dignità della persona umana, l’amore fraterno”368.
L’ordine naturale è ciò rispetto a cui si può riconoscere l’‘essenza’ di un essere, distinguerla da quella di un altro e ricavare un orientamento prescrittivo che non sia arbitrario e immotivato. Un’etica così impostata può mettere in evidenza le aporie del relativismo e del nichilismo, il cui radicalismo rende il soggetto inappropriato alla morale, lo spinge a esimersene per restare libero e lo rende pronto a dare precedenza alla sua libertà sulla legge morale.
La conoscenza della natura umana e dell’ordine politico nel quale è posta è compito della filosofia pratica, la quale produce un sapere che verte sulla prassi, cioè su un ambito nel quale a causa della sua strutturale indeterminatezza il discorso vale non in modo apodittico ma “per lo più”. Si tratta di una conoscenza non semplicemente fattuale, ma di uno speciale oggetto che coinvolge il soggetto stesso, perché pone questioni di senso che richiedono il dialogo e la discussione con gli altri. La filosofia pratica adopera specificamente la discussione dialettica allo scopo di esaminare l’ethos vigente e le opinioni più autorevoli (éndoxa) e quindi svolge un ruolo non di giustificazione, ma, almeno potenzialmente, di critica dell’ordine esistente.
Nella visione ‘austriaca’ il rapporto tra gli individui è concepito al di fuori di un ordine naturale rispetto al quale trarre prescrizioni e vincoli. I rapporti derivano così dalla mera preferenzialità individuale e si adattano a quella degli altri indipendentemente da un ordine normativo. Il solo ordine ammesso è quello che risulta dall’interazione tra i soggetti agenti, un ordine di fatto, o empirico, derivante da propensioni e da decisioni individuali; non dunque un ordine di diritto al quale conformarsi in forza del valore per cui le cose preferite dagli individui sono buone e perciò orientate a un debito fine.
Secondo Menger, l’organizzazione moderna della società capitalistica, più che una formazione storica, è da considerarsi soltanto un momento particolare della genesi delle società nella direzione di modi di produzione sempre più “capitalistici”. Questa tendenza escluderebbe quindi di concepire la società come una delle forme possibili di rapporto sociale tra individui, ma la considera piuttosto un ordine basato sul rapporto tra individui e oggetti, spiegabile mediante “una teoria dei valori soggettivi”. In questa prospettiva viene a prevalere l’aspetto economico-funzionale piuttosto che istituzionale-costitutivo della società moderna, la quale risulta da un medesimo processo astorico costituito puramente dall’impiego di mezzi per soddisfare bisogni e le cui istituzioni sono essenzialmente il risultato “irriflesso” di tale processo. In continuità con questa impostazione, uno degli esponenti più importanti della Scuola, Böhm-Bawerk, descrive nel seguente modo ciò che caratterizza la società capitalistica moderna: “Diciamo in generale capitale un insieme di prodotti che servono da mezzi di acquisizione dei beni […] un insieme di prodotti destinati a servire alla produzione ulteriore; o, infine, detto brevemente, un insieme di prodotti intermedi”369. Egli offre l’esempio di un sapere costituito di
principi autenticamente metafisici che l’analisi neoclassica mistifica dietro alle proprie pretese di assoluta positività: l’assunzione a-critica della struttura di mercato ‒ l’immobilità implicita nelle sue forme ‒ il carattere di ‘legge’ che vi assumono i meccanismi interni di regolazione ‒ la ‘sintesi a priori’ che viene operata tra processo produttivo e processo distributivo.370
Questa incapacità di pronunciare giudizi di valore sui fenomeni descritti nell’ambito delle discipline che trattano l’agire umano e le sue produzioni culturali manifesta la crisi dell’idea di sapere propria della modernità, mettendo in luce la sua incapacità a orientare la prassi e il fatto che dalle sue spiegazioni proprio la libertà umana ne esce diminuita e incerta. In seno a queste discipline si è evidenziato l’unilaterale sviluppo della razionalità nel senso obiettivistico della descrittività, dell’avalutatività, della calcolabilità e della strumentalità. Esemplare è il caso della sociologia: le ampie e intense discussioni che caratterizzano i momenti essenziali della sua storia attestano la detta crisi. Questa si mostra come crisi metodologica, come crisi dei fondamenti o anche come crisi della sua autocomprensione e della rappresentazione spirituale di sé.
In tale problematica rientra la disputa sul metodo (Methodenstreit) di Menger, contro Gustav Schmoller, esponente dell’orientamento metodologico della scuola storica di economia. Con Menger la Scuola austriaca adotta una prospettiva soggettiva radicale e in subordine a essa, cioè in base all...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. Capitolo primo La problematica di fondo e il contesto
  3. Capitolo secondo di fronte all’idea di uomo
  4. Capitolo terzo La libertà dell’uomo di fronte alla società
  5. Capitolo quarto Confronto tra la dottrina antropologica classica e quella presupposta dall’idea hayekiana di libertà
  6. Capitolo quinto Confronto tra la filosofia politica classica e quella hayekiana
  7. Conclusioni
  8. Bibliografia