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Nelle pagine di questo saggio illuminante, il senso del fare memoria acquisisce pieno valore: «Ci rivolgiamo a un passato, per amore del nostro futuro». Con questo avvertimento, che suona già come un insegnamento, l'autore invita a guardare all'anti-mondo della Shoah. Casper, al quale Emmanuel Levinas dedicò uno dei suoi ultimi saggi, Nell'ora delle nazioni, indaga con l'acume che gli è proprio i Carnets de captivité del filosofo ebreo-lituano riuscendo a farne emergere l'elemento cruciale: il fondamento ultimo della nostra umanità sta nel «felice dovere di amare l'altro».
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Information
FARSI-OSTAGGIO-PER-L’ALTRO
1. Mémorial pour l’Avenir
Il senso del fare memoria acquisisce nelle pagine di questo saggio denso e illuminante di Bernhard Casper tutto il valore della sua portata. Un valore che, colto nel suo stesso darsi, è riscattato da un intendimento che, se fosse lasciato soltanto nei confini di un ego trascendentale e totalitario, rischierebbe di non essere inteso e agito fino in fondo, esposto come sarebbe al pericolo sempre possibile di decretarne la vanità. L’Autore prende fenomenologicamente avvio dal «Mémorial pour l’Avenir», che si trova in Costa Azzurra, lungo l’autostrada che si percorre solitamente per andare in vacanza. Che cosa ci dice quel monumento e in che termini si può parlare di «Monumento al futuro»? Esso, con la sua stessa presenza, ha una funzione duplice: per un verso ricordare un terribile incidente stradale nel quale persero la vittima molte persone, per l’altro si erge, se così si può dire, a monito perché quello che è successo non possa più accadere, invitando chiunque pas-
si da quelle parti alla prudenza nella guida. Inter-
rogandoci su questo monumento capiamo come «“il fare memoria” può ottenere un senso di questo tipo e che avrà una ricaduta sulla mia vita intera. Esso infatti consiste, su un piano molto generale e formale, nel fatto che ci rivolgiamo a un passato, per amore del nostro futuro»1. Ed è con questo intendimento che Casper invita a guardare alla Shoah, regalandoci anche ricordi molto personali – certamente non facili da esplicare per il dolore, che nel loro stesso essere richiamati, provocano. L’Autore rammenta i suoi anni d’infanzia a Berlino – siamo nel 1938, l’anno in cui si sarebbe assistito alla promulgazione delle leggi razziali in Italia. Casper narra di negozi sulle cui vetrine campeggiava la scritta: «Gli ebrei sono indesiderati»2 e, in particolare, fa memoria di quella volta in cui, nei pressi di un ristorante, notò insieme ai genitori, un vecchio che non smetteva di tossire e che chiese se qualcuno potesse portargli un bicchiere d’acqua. Lui, in quel ristorante non poteva avere accesso per la sola ragione che era ebreo. Il padre di Casper non esitò ad aiutarlo, ma non poté evitare che dei passanti gliene chiedessero conto, ricordandogli che era proibito avere a che fare con «certe persone».
si da quelle parti alla prudenza nella guida. Inter-
rogandoci su questo monumento capiamo come «“il fare memoria” può ottenere un senso di questo tipo e che avrà una ricaduta sulla mia vita intera. Esso infatti consiste, su un piano molto generale e formale, nel fatto che ci rivolgiamo a un passato, per amore del nostro futuro»1. Ed è con questo intendimento che Casper invita a guardare alla Shoah, regalandoci anche ricordi molto personali – certamente non facili da esplicare per il dolore, che nel loro stesso essere richiamati, provocano. L’Autore rammenta i suoi anni d’infanzia a Berlino – siamo nel 1938, l’anno in cui si sarebbe assistito alla promulgazione delle leggi razziali in Italia. Casper narra di negozi sulle cui vetrine campeggiava la scritta: «Gli ebrei sono indesiderati»2 e, in particolare, fa memoria di quella volta in cui, nei pressi di un ristorante, notò insieme ai genitori, un vecchio che non smetteva di tossire e che chiese se qualcuno potesse portargli un bicchiere d’acqua. Lui, in quel ristorante non poteva avere accesso per la sola ragione che era ebreo. Il padre di Casper non esitò ad aiutarlo, ma non poté evitare che dei passanti gliene chiedessero conto, ricordandogli che era proibito avere a che fare con «certe persone».
2. Felix culpa come fondamento ultimo della mia uma-
nità
Di un ebreo lituano, naturalizzato francese, tra i maggiori filosofi del Novecento, Emmanuel Levinas, tratta Casper in questo saggio. E lo fa affidando la sua riflessione all’esperienza vissuta da Levinas stesso durante i cinque interminabili anni di prigionia nello Stalag 1492 – Stalag che ricorda nel numero l’annus horribilis della cacciata degli ebrei dalla Spagna – all’interno di un campo per prigionieri speciali, situato nella regione di Hannover3. Di ciò che provò, di ciò che sentì in quella condizione, il filosofo ne ha scritto nei preziosissimi Carnets de captivité pubblicati insieme ad altri inediti nel novembre 2009 a Parigi. Di qui, come nota Casper, l’estrema importanza di questi frammenti proprio perché svelano la capacità del filosofo che, con i propri strumenti, cerca di capire che cosa sta succedendo, che cosa si può dire o fare dinanzi a un dolore così grande, qua...
Table of contents
- FARSI-OSTAGGIO-PER-L’ALTRO
- EMMANUEL LEVINAS La scoperta dell’umanità nell’inferno dello Stalag 1492 39
- Bernhard Casper