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Sociologia della maternità
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La maternità è un vissuto femminile del tutto personale o una questione sociologica di carattere generale? Il volume offre un'attenta disamina delle principali dimensioni sociali interessate da tale esperienza: medicalizzazione, violenza, surrogacy, servizi alla persona, lavoro, Welfare e diritti. Prescindendo da ogni interpretazione moralistica, intimistica, patologica e/o psicologizzante, è possibile fare della maternità un interessante crocevia della teoria sociale a partire dal quale leggere le criticità che investono la condizione delle donne, delle madri e delle lavoratrici nella nostra contemporaneità.
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Information
CAPITOLO III
Riconoscere la violenza ostetrica
Riconoscere la violenza ostetrica
3.1. Il movimento delle madri per i diritti umani nel parto
Nel 1972 alcuni collettivi femministi di Ferrara promossero la campagna “Basta tacere”, cui aderirono diverse donne, raccontando storie di abusi e maltrattamenti subiti durante il parto e la gravidanza. Quei racconti furono raccolti in un opuscolo, poi stampato e ristampato dalle promotrici in più copie104. Nell’aprile del 2016 la stessa campagna di sensibilizzazione è stata rilanciata dai media, con il sostegno di decine di associazioni femminili105. “Basta tacere: le madri hanno voce” è lo slogan lanciato sui social network per offrire alle madri la possibilità di di raccontarsi, attraverso le esperienze di abuso e mancanza di rispetto subite durante l’assistenza alla nascita106. È un invito a far emergere il fenomeno della violenza ostetrica. Le madri possono raccontare le loro esperienze di maltrattamento o violenza nel parto, nella seguente modalità:
[…] scrivere il racconto dell’esperienza in un foglio (anonimo, senza riferimenti alle persone e/o luoghi precisi107) intitolandolo #bastatacere; fare un auto-scatto con il foglio (senza viso); postare la foto sulla pagina Facebook: www.facebook.com/bastatacere (oppure mandarla come messaggio privato alle coordinatrici della campagna); farla girare nei social network con l’hashtag #bastatacere (#SD16 #sessualità #fertilità #mamme #violenze #migranti #lifetime #mentalhealth #lavoro #medicinadigenere #ricerca #comunicazione #healthyageing108) a partire dalla data 4 aprile 2016 per 15 giorni, fino al 19 aprile. In 15 giorni la campagna #bastatacere ha avuto 21.621 like, ha raccolto oltre 1.136 testimonianze in formato foto-cartello e moltissime altre in formato testuale, ha coinvolto più di 700.000 utenti al giorno e ha avuto oltre 70.000 interazioni quotidiane109.
Grazie alla campagna basta tacere, il giorno 20 aprile 2016 è nato in Italia l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica, ente multidisciplinare gestito da madri, che nasce dall’esigenza di monitorare l’incidenza delle pratiche volente agite ai danni di donne durante il percorso di maternità. Attualmente in Italia non esiste un monitoraggio ufficiale del fenomeno della violenza ostetrica. L’osservatorio ha proprio questa finalità, oltre che quella di custodire e diffondere le testimonianze raccolte, dando voce alle madri. La sua gestione (a titolo gratuito e volontario) è affidata ad un Comitato Etico composto da: Elena Skoko, Alessandra Battisti, Michela Cericco, Eleonora Piras, Claudia Ravaldi, Giovanna Riso, Nadia Babani, Annalisa Melis, Luana Vignoli.
Nel settembre 2017 è stata pubblicata la prima ricerca nazionale Doxa110 Le donne e il parto111 condotta su commissione dell’Osservatorio e finanziata dalle associazioni “La Goccia Magica” e “CiaoLapo Onlus”. I risultati della ricerca sono stati presentati a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, alla presenza, tra gli altri, dell’on. Adriano Zaccagnini e del sen. Maurizio Romani. L’iniziativa, che rappresenta il proseguimento e l’evoluzione della campagna mediatica, ha permesso di stimare innanzitutto l’entità del fenomeno: sono circa 1 milione le madri italiane – il 21% del totale – che affermano di essere state vittime di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza.
Più precisamente, l’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, di età compresa tra i 20 e i 60 anni, con almeno un figlio da 0-14 anni. Sono stati analizzati i vissuti delle madri, durante le fasi del travaglio e del parto: dal rapporto con gli operatori sanitari, ai trattamenti praticati, dalla comunicazione usata dallo staff medico al consenso informato, dal coinvolgimento della partoriente nelle decisioni relative al parto al rispetto della dignità umana. Alle mamme intervistate è stata posta la seguente domanda: “secondo la seguente definizione di violenza ostetrica: appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico, costringere la donna a subire un cesareo non necessario, costringere la donna a subire una episiotomia non necessaria, costringere la donna a partorire sdraiata con le gambe sulle staffe, esporre la donna nuda di fronte ad una molteplicità di soggetti, separare la madre dal bambino senza una ragione medica, non coinvolgere la donna nei processi decisionali che riguardano il proprio corpo e il proprio parto, umiliare verbalmente la donna prima, durante e dopo il parto, lei ritiene di averla vissuta l’esperienza della durante l’assistenza al suo parto?”. Sebbene il 56% risponda “assolutamente no” e il 23% “credo di no”, emerge un 21% del totale che ritiene di aver subito una qualche forma di violenza ostetrica fisica o verbale, alla prima esperienza di maternità. Di questo 21%, il 17% delle donne risponde alla domanda con “in parte sì”, ma il 4% fornisce la risposta più netta “sicuramente sì”.
La ricerca ha rilevato che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della dignità e integrità psicofisica. In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da 1 donna su 2 (54%). Per il 15% delle donne che hanno vissuto questa pratica, pari a circa 400.000 madri, si è trattato di una menomazione degli organi genitali, mentre il 13% delle mamme, pari a circa 350.000, ha vissuto l’episiotomia come un tradimento della fiducia riposta nel personale ospedaliero: sebbene inizialmente ritenuta necessaria e innocua, in seguito viene percepita sulla base delle conseguenze negative. A registrare il numero più alto di episiotomie sono le regioni del Sud Italia e le Isole con il 58%, seguite dal Centro e Nord-Est Italia 55%, infine il Nord-Ovest con il 49%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’episiotomia una pratica “dannosa, tranne in rari casi”, ma in Italia 3 partorienti su 10, vale a dire 1,6 milioni di donne (il 61% di quelle che l’hanno subita), dichiara di non aver fornito il consenso informato per autorizzarne l’intervento.
Valutando la qualità complessiva dell’assistenza al parto da parte di medici e operatori sanitari, a fronte di un 67% del campione che la ritiene adeguata, 1.350.000 donne (ossia il 27% delle intervistate) dichiarano di essersi sentite assistite solo in parte dall’equipe medica, precisando che avrebbero voluto essere più partecipi su quanto avveniva durante il parto. Il dato viene ulteriormente confermato dal 6% di neomamme che afferma di aver vissuto l’intero parto in solitudine e senza la dovuta assistenza. Insomma, 1 donna su 3 si è sentita in qualche modo tagliata fuori dalle decisioni e dalle scelte fondamentali che hanno riguardato il suo parto. Riguardo alla tipologia di quest’ultimo, in Italia, il 32% delle partorienti ricorre al parto cesareo. Di queste, il 15% racconta che si è trattato di un cesareo d’urgenza. Nel 14% dei casi, rivela l’indagine, si è trattato di un cesareo programmato su indicazione del medico, mentre solamente il 3% di donne ne ha fatto esplicita richiesta. Secondo l’indagine, l’84% del campione partorisce il primo/unico figlio all’interno di un ospedale pubblico. Il 12...
Table of contents
- Introduzione
- I Parte di Irene Strazzeri
- CAPITOLO I La società medicalizzata
- CAPITOLO II La patologizzazione del parto
- CAPITOLO III Riconoscere la violenza ostetrica
- II Parte di Sara Fariello
- Capitolo IV Il post partum tra ipotesi, interventi e contraddizioni
- Capitolo V Maternità, lavoro e Welfare
- Capitolo VI In-differenza sessuale e maternità surrogata
- Conclusioni Il corpo della donna tra genere e potere
- La gestazione di un’utopia: Auguste Comte e la partenogenesi come concepimento positivista
- Bibliografia