Cittadinanza e sogno europeo
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Cittadinanza e sogno europeo

Partecipazione e inclusione tra vincoli e opportunità

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Cittadinanza e sogno europeo

Partecipazione e inclusione tra vincoli e opportunità

About this book

I sette contributi qui presentati affrontano da diverse prospettive disciplinari il tema della cittadinanza in relazione al "sogno europeo": non si indugia semplicemente in un'analisi di ciò che il riconoscimento della cittadinanza europea avrebbe dovuto produrre e che, invece, non ha concretamente realizzato. L'intento alla base dei contributi è più problematico: la cittadinanza europea viene esaminata soprattutto in merito alle questioni ancora aperte che sfidano il corretto funzionamento delle istituzioni politiche, economiche e sociali dell'Unione.

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Maurizio Serio
Crisi e utopia
della cittadinanza europea
213
“When the promise is broken you go on living,
but it steals something from down in your soul”.
(B. Springsteen, The Promise)
“Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò
che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. […]
Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone
per cooperare alla diffusione della verità”.
(3Gv, 1,5; 8)
1. Introduzione
L’Europa che verrà, per esistere e resistere davanti ad eterogenee forze disgregatrici di natura sia endogena che esogena, dovrà essere sempre più imperniata sull’istituto della cittadinanza – e su ciò che ne costituisce il cuore a partire dall’ispirazione del Trattato di Maastricht: la libera circolazione delle persone, ciò che rende la cittadinanza europea distinta e genuinamente complementare rispetto alla cittadinanza nazionale214.
Dato che “l’ordine a cui la cittadinanza sembra necessariamente associata è l’ordine statale”215, il Trattato di Maastricht non poteva che far dipendere gli attributi di cittadinanza europea dal prerequisito, per così dire, del possesso di una cittadinanza nazionale, cioè riconosciuta da leggi nazionali, molto spesso di rango costituzionale. Dunque i cittadini dell’Unione sono i cittadini degli Stati membri dell’Ue. Il Trattato sull’Unione europea del 1992 definisce infatti, all’art. 17, che è cittadino dell’Ue “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima”. L’appartenenza degli individui al sistema politico dell’Unione non è determinata dunque né da un diritto di nascita nel suo territorio, né dall’esservi residenti, ma è derivata dal possedere la nazionalità di uno degli Stati membri, cui essa si aggiunge, fino a configurare per alcuni uno status autonomo, in quanto conferirebbe direttamente diritti che ineriscono ad un ordinamento autonomo, quello dell’Ue216.
Tutelando in maniera precipua il cittadino di uno Stato membro che si muova all’interno dello spazio dell’Unione, questo impianto giuridico si applica nei fatti più direttamente agli elementi mobili delle popolazioni europee che a quelli sedentari, ossia coloro che non hanno (ancora) esercitato la libertà di circolazione nel territorio dell’Unione e la cui attività pertanto non possiede rilevanti ricadute sul (ovvero, non è funzionale al) processo di integrazione europea dei mercati. La valorizzazione anche di questa condizione di “staticità”, e delle conseguenti situazioni interne agli Stati è ciò che mancherebbe, secondo alcuni, per “la definitiva consacrazione di una valenza davvero fondamentale allo status di cittadino europeo”217.
Nel frattempo, garantendo i diritti al cittadino che si trovi al di fuori del suo Stato d’origine, tale status ne disciplina più propriamente tutti i rapporti con gli altri Stati membri, i rapporti che cioè coinvolgono tutte le dimensioni della sua esistenza. Pertanto, dal diritto di libera circolazione discendono non solo i diritti di ingresso, soggiorno e accesso all’occupazione ma anche un diritto generale di non discriminazione sulla base della propria nazionalità e i diritti politici218. Si noti come
le garanzie che derivano dalla cittadinanza europea non danno luogo a diritti realmente nuovi, ma integrano il sistema di tutele previste dai singoli Stati membri e offrono ai cittadini l’opportunità di vedere la base di riconoscimento del proprio status ampliata in due direzioni: verticalmente, grazie a nuove forme di sostegno e di monitoraggio dei diritti di cittadinanza a livello sovranazionale, e orizzontalmente, grazie al riconoscimento formale dei propri diritti anche negli altri Stati dell’Unione europea219.
Muovendo da queste considerazioni, è possibile sia delineare la potenziale crisi di una simile cittadinanza fondata su basi “derivate”, sia la sua utopia, qualora la si giunga a concepire come altra, diversa e non dipendente dagli spazi politici nazionali, magari seguendo (e rettificando, ove necessario) la suggestione di quei commentatori che intravvedevano già nei Trattati la possibilità di dissociare la pratica della cittadinanza dall’appartenenza ad una comunità nazionale definita per nascita o territorialità220.
2. Le dimensioni della cittadinanza
La cittadinanza moderna è fondata sull’uguaglianza tra i cittadini e comporta due dimensioni, una identitaria e una funzionale221. Nel caso europeo, la dimensione identitaria reitera il senso di appartenenza ad una “comunità di destino” e in realtà non ha mai ricevuto particolare fortuna se non in brevi congiunture di Eu-foria popolare o nei proclami di leader politici più spesso attenti alle ricadute interne della politica estera; la concezione funzionale, invece, sganciata da un’appartenenza nazionale, ha assolto sin dagli esordi alle necessità di tutelare gli scopi economici della Comunità (poi Unione): mercato comune, libera concorrenza, integrazione economica. A questo proposito la letteratura scientifica parla appunto di “market citizenship”222. Per lungo tempo, e, in misura minore – causa contingenze esterne – anche ai giorni nostri, la cittadinanza europea si è manifestata dunque come una prassi funzionale, legata ai benefici derivanti dalle libertà di movimento concesse nello spazio politico comune.
Se una volta queste due dimensioni, identitaria e funzionale, venivano armonizzate entro la grande costruzione dello Stato nazione, oggi sono messe in crescente tensione tra loro dalla diffusione dei fenomeni globali. Da un lato, infatti, la globalizzazione, oltrepassando i confini nazionali, crea lo spazio politico nel quale si possa affermare tale concezione funzionale della cittadinanza. Dall’altro lato, tuttavia, i vasti trasferimenti di capitali e di lavoro che accompagnano la globalizzazione pongono una sfida apparentemente sempre più minacciosa ad una cittadinanza di tipo...

Table of contents

  1. Flavio Felice* Prefazione
  2. Antonio Campati Introduzione
  3. Giusy Conza, Fabio Giuseppe Angelini La cittadinanza europea attraverso l’uso argomentativo della Corte di Giustizia Europea*
  4. Mauro Bontempi L’Europa e la dimensione identitaria dell’homo religiosus
  5. Antonio Campati Cittadinanza europea e prospettive illiberali
  6. Silvio Cotellessa La cittadinanza europea tra civil association ed enterprise association
  7. Maurizio Serio Crisi e utopia della cittadinanza europea
  8. Emanuele Martinelli, Massimiliano Vatiero Blockchain e democrazia: alcuni spunti di riflessione
  9. Dario Velo Il modello europeo alla prova dell’Unione Economica
  10. Note biografiche