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Coscienza e libertà
Rosmini e l'assoluto realismo. Saggi rosminiani e altri scritti - Volume I
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Coscienza e libertà
Rosmini e l'assoluto realismo. Saggi rosminiani e altri scritti - Volume I
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Il tema di fondo del pensiero di La Via è il contenuto sorgivo della speculazione fi losofi ca; contenuto dal quale scaturisce e al quale si rifà come a un punto di luce, che non può patire limitazione perché è l'inesausta sorgente di quella chiarità di cui s'illumina l'inarrestabile procedere del pensiero speculativo. Questo incoercibile punto di luce è l'autentico universale teoretico: non l'universale teorizzato, ma l'universale in virtù del quale si teorizza. Esso comprende l'intera problematica dell'io: investe il conoscere e il pensare dell'io, insieme all'esserci e al determinarsi dell'io nella conoscenza e nel pensiero, e dunque riguarda l'io conoscente e cosciente, come anche l'io reale, libero, volente e agente.
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Information
Topic
PhilosophySubtopic
Philosophy History & Theory1.1.
La speculazione
filosofico-religiosa nella cultura europea contemporanea*215
La speculazione
filosofico-religiosa nella cultura europea contemporanea*215
Il titolo con cui questa relazione è stata annunciata suona eccessivamente generico e impreciso. Il tema su cui in effetto essa verte può venir formulato così: «L’esigenza metafisico - teologica della filosofia e la speculazione europea contemporanea».
Codesta formulazione abbisogna di un chiarimento. Non è a vedervi invero la pretensione di giudicare (affatto estrinsecamente!) il pensiero europeo d’oggi mettendone la problematica a confronto con una soltanto presupposta concezione della «filosofia». Ciò sarebbe, senza dubbio, vano dommatismo, e condannerebbe sin dall’inizio la proposta disamina a restar priva di validità e d’interesse. Ma sottrarsi a un tal dommatismo importa ridursi a registrare meramente la molteplicità di divergenti e contrastanti indirizzi, onde materialiter consta il filosofare appunto in atto nell’odierna cultura europea? E non si cadrebbe con ciò in un eguale, benché contrario, dommatismo, negando pregiudizialmente (aprioristicamente!) un contenuto necessario della stessa esigenza filosofica, in rapporto al quale quella molteplicità sia logicamente unificabile?
D’altronde, non è difficile mostrare che, al di là dei conflitti particolari e alla base di questi, è il contendere intorno alla positività e alla natura del fondante contenuto della filosofia, precisamente, che caratterizza, in ultimo, nel suo tutto formale, il fatto medesimo del pensiero europeo contemporaneo.
Ciò che dà senso essenzialmente a codesto fatto è insomma l’esservi in questione del contenuto assoluto dell’esigenza filosofica.
In tal nesso è la giustificazione del tema di questo discorso.
* * *
Nessuno potrebbe seriamente accingersi a contestare che in Europa (e non ivi soltanto) oggi la civiltà tutta, e la cultura che la rispecchia, e in special maniera la speculazione, siano nel travaglio di una «crisi»; ma è ragionevole, e quindi desiderabile, che, lungi dall’accomodarsi, come per lo più si fa, ad (e in) essa, e accontentarsi di descriverla, o aggravarla addirittura traendone incentivo a disgregarsi in stati d’animo malsani e malefici, quando non invero (peggio!) a smarrirsi nel falso e vano problema di rinvenirle una spiegazione che la legittimi ragguagliandola a una legge di struttura dell’esistere umano, piuttosto invece ci si volga ad esaminare se tal «crisi» sia (e possa essere!) di dissoluzione o annientamento, sic et simpliciter, e non, insieme e anzi fondamentalmente, di restaurazione o restitutio in integro.
In verità, dopo razionalismo ed empirismo e criticismo e idealismo moderni, la filosofia si trova ad essere, per sé, vincolata, in vista della sua propria possibilità medesima, all’assolvimento di un indeclinabile compito, a un tempo duplice e unico: ricupero ab intrinseco del positivo, ossia del sostanziale, della Ontologia classica; e riscatto del pensiero dalla contraddizione immessa dai «moderni» gratuitamente in esso, per l’appunto, fra affermazione «critica» e affermazione «metafisico-teologica».
Sotto l’illudente parvenza di cotale opposizione – la cui ancor perdurante presunzione di consistenza è la sola materia della multiforme, eppur identica, odierna «crisi della Metafisica»! – non v’è altro, infine, fuorché l’assurda pugna seco stesso d’un pensiero teso nell’inane sforzo di chiudere senza resto in un rapporto che dovrebb’esser posto dalla coscienza, giusto, la «verità», che, in assoluto, è la presenza ponente in essere la coscienza.
Propriamente, lo sforzo della speculazione moderna è rivolto alla conquista di quella «verità» in cui ha adempimento la condizione essenziale stessa della «criticità» e che perciò il filosofare reclama (in ogni tempo!) come il punto dove incentrarsi o donde ripigliarsi: la verità «immanente alla coscienza». Ma che altro può essere l’immanenza della verità alla coscienza – se, alla fine, non ha a convertirsi immediatamente in una immanenza di nulla, e così del tutto annullarsi insieme con la coscienza! – all’infuori, appunto, di quel fondante darsi dell’«essere», onde ogni cosa «è» alla «coscienza» ed, in assoluto, è data la coscienza in quanto «essente a sé stessa»?
La questione è tutta qui: occorre affrancarsi dalla persistente illusione che fa sempre immaginare il «conoscere» a guisa di una relazione nella quale l’«io» abbia da entrare a partire da un «prima» in cui ne sia «fuori». Tale illusione mantiene il «problema della conoscenza» come quello (insolubile, e impensabile) di una comunicazione da stabilire fra «soggetto» ed «essere». Or come assegnare una realtà che non sia meramente fantastica al «soggetto» supposto indipendente dall’attualità della relazione che lo fa conoscente? O vi è modo di dissociare, forse, «soggetto» e «conoscere», senza farli svanire l’uno e l’altro, in uno o a un tempo con la connessione onde son dati insieme e che sola rende possibile di definirli rispettivamente entrambi? Privare della conoscenza l’«io» equivale a farlo affondare nella impossibilità anche di cercarsi, così come levare l’«io» alla conoscenza equivale a farle venir meno il punto in cui essa è o ha realtà. Quando pare che il conoscere, come quel rapporto in cui ha a consistere, non possa se non sopravvenire ad un soggetto per sé già esistente, si dimentica di rilevare che è unicamente per l’essere in atto del rapporto qui in causa che può esserci qual conoscente – o, conoscendo, esistere – il «soggetto». Ma, se è dunque impossibile o senza senso anticipare (di fatto o in concreto!) appunto il «soggetto» al «conoscere», è ugualmente senza senso o impossibile concepire come in funzione del soggetto propriamente l’essere in quanto è quella fondante presenza la quale fa originariamente «essere» al «soggetto» (dandolo a sé stesso) ogni cosa, il soggetto compreso. Il fatto assoluto del conoscere è il punto ove si dà senza mezzo – per mezzo di nient’altro che di sé stesso – l’«essere» onde a un tratto «è» a sé medesimo il soggetto e al soggetto il reale.
Il fatto assoluto, che non va confuso col fatto psicologico, è non uno fra i tanti (particolari) fatti di conoscenza, bensì il – l’unico, condizionante! – fatto della conoscenza, non una (qualsivoglia) determinazione oggettiva della coscienza, ma il contenuto puro o fondante della «oggettività», ch’è identico al contenuto assolutamente determinante dello stesso «essere alla coscienza», ossia del darsi dell’«essere», onde, «essendo» ogni cosa alla coscienza, «è» a sé medesima e così ha realtà la «coscienza». È, pertanto, il fatto assoluto (non quello psicologico, condizionato) della conoscenza, il punto ove l’esserci del «soggetto» e il darsi dell’«essere» avvengono in un solo atto: è un punto (non empirico, certo) che unicamente in astratto potrebbesi pretender di condizionare soggettivamente o sorpassare dal lato del soggetto. Ché questo – il «conoscente», che solo può parlare di «non conoscente» – come potrebbe, esso, condizionare comunque la «relazione» costituente il donante conoscere, o l’evento originale della conoscenza che ogni cosa dando alla «coscienza» dà la «coscienza» a sé stessa o le dà esistenza qual «coscienza» originalmente o assolutamente? È evidente ch...
Table of contents
- Sigle e segni diacritici
- Prefazione
- Biagio Giuseppe Muscherà INTRODUZIONE Vincenzo La Via e la restaurazione della filosofia
- Sezione I: Coscienza e libertà
- 1.1. La speculazione filosofico-religiosa nella cultura europea contemporanea*
- 1.2. Nota su la speculazione filosofico-religiosa nella cultura europea contemporanea*
- Sezione II: La restaurazione della filosofia rosminiana
- 2.1. Avvertenza
- 2.2. Premessa introduttiva sul rosminianesimo di fondo
- 2.3. Il principio della persona e il fondamento della pratica
- 2.4. La componente religiosa della problematica filosofica
- Sezione III: L’idealismo e il conoscere fondante
- 3.1. Avvertenza
- 3.2. L’autocritica dell’idealismo
- 3.2. Il problema dell’esistenza di una dottrina idealistica
- 3.4. Oltre l’antitesi di critica e metafisica
- Sezione IV: Coscienza e metafisica
- 4.1. Avvertenza
- 4.2. La restituzione del realismo
- 4.3. Empirismo e fatto fondante della conoscenza
- 4.4. Agnosticismo e contenuto di trascendenza dell’oggettività immanente
- 4.5. Introduzione alla critica della «critica»
- 4.6. Il conoscere e l’universale
- 4.7. Ragione e irrazionalismo
- 4.8. Istanza «esistenzialistica» e senso fondante dell’idea dello ‘essere’
- 4.9. Il contenuto metafisico della coscienza e il principio del filosofare
- 4.10. L’affermazione necessaria
- Sezione V: I fondamenti teoretici dell’educazione
- 5.1. La problematica pedagogica essenziale
- 5.2. Problematica pedagogica e vincolo di persona e società
- Appendice
- Salvatore Latora 1. Profilo biografico di Vincenzo La Via
- 2. Scritti di Vincenzo La Via