David Cronenberg. Un metodo pericoloso
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David Cronenberg. Un metodo pericoloso

About this book

Oramai l'uscita di un film del regista canadese David Cronenberg è un evento culturale la cui portata trascende il campo della storia del cinema. Opere come Crash, eXistenZ o A History of Violence, solo per citarne alcune, sono a buon diritto considerate come dei saggi importanti sulla modernità e, in quanto tali, studiate e commentate da filosofi, sociologi, analisti economici, teorici dei media. La sua influenza sulla contemporaneità è determinata in gran parte dal coraggio e dall'originalità con i quali affronta tematiche che toccano da vicino la condizione dell'essere umano nel nostro mondo iper-tecnologico: la sua riflessione sul corpo, sul soggetto, sul contagio, sulla violenza, sulla tecnica, riprende e rielabora i grandi dibattiti che nel secolo scorso erano dominio della filosofia, della psicologia, della medicina e dell'antropologia. In ogni caso, ciascun film di Cronenberg ha il pregio dell'originalità, la capacità di spostare il punto di vista del senso comune per costringerlo ad assumere posizioni David per esso scomode e spesso inaccettabili.

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Information

ANDREA CHIMENTO
CAMILLA MACCAFERRI

DAL CORPO MUTANTE ALLA PROIEZIONE INCONSCIA:

il tema del doppio nel cinema di David Cronenberg
Basta che fai me
Eliot Mantle in Inseparabili
Come ogni autore che si rispetti, David Cronenberg è, più che interessato, autenticamente ossessionato da una serie di tematiche che ricorrono in maniera quasi compulsiva nelle sue opere. Ma se risulta evidente fin dal primo impatto l’attenzione/attrazione morbosa che il regista canadese riserva al corpo mutante, alla carne mostruosa, alla fusione di reale e visionario, al post-organico e alla sessualità distorta, meno immediata può sembrare la presenza di un tema ugualmente ricorrente, anche se in modo più sfumato e mutevole, nella sua opera: quello del doppio.
Grande rovello della psicanalisi (dall’invenzione del termine «Doppelgänger» formulata da Otto Rank al saggio sul perturbante firmato dal suo maestro Sigmund Freud)1 e argomento di enorme fascinazione, presente in letteratura fin dalla commedia latina di Plauto, il concetto di doppio non può essere ridotto a una definizione univoca, ma occorre distinguere le sue declinazioni categorizzandole. A questo proposito, è interessante citare il contributo di Massimo Fusillo2 che individua tre diverse tipologie di doppio, applicabili, fatte le debite distinzioni, anche al cinema di Cronenberg: l’identità rubata, la somiglianza perturbante e la duplicazione dell’Io.
Partendo dal primo e dal terzo gruppo, i più tradizionali, nei quali rientra la doppia identità di un essere umano in senso magico-demoniaco, o realistico, fino a giungere alla più ambigua categoria di somiglianza perturbante, analizzeremo le presenze del doppio nell’opera cronenberghiana.
Se a un primo sguardo infatti può sembrare che la riflessione di Cronenberg si sia concentrata soprattutto sull’aspetto di una doppia identità interiore, attraverso un’analisi più attenta si disvelerà quanto nell’opera dell’autore sia presente anche un concetto di doppio legato alla somiglianza tra due entità, proiezioni l’una dell’altra, che spesso rappresentano la deriva più “perturbante” sull’argomento.
Il nostro lavoro cercherà allora di analizzare come il tema sia stato sviluppato da Cronenberg nel suo cinema: partendo dal doppio mostruoso che ha caratterizzato buona parte della sua produzione, passeremo per la più recente tematica di una duplicazione dell’Io realistica e funzionale alla ricerca (sia affettiva che professionale) di un nuovo se stesso, arrivando a trattare la deriva di due identità parallele, legate da un rapporto di reciprocità, come nell’ultimo lavoro del regista A Dangerous Method (Id., 2011). La pellicola, vertendo sul rapporto tra Freud e Jung, da sempre accostati per le loro teorie allo studio della tematica protagonista del nostro intervento, verrà quindi individuata come il culmine di un percorso evolutivo cronenberghiano sull’argomento.

1. Demoni sotto la pelle: identità rubate, mostruose, degenerate

La mutazione della carne in senso deformante è presente fin dagli esordi nelle opere di David Cronenberg: la distorsione dell’identità individuale che ne deriva, causata dall’elemento mostruoso, provoca senza dubbio uno sdoppiamento, evidentemente orrorifico, dei protagonisti dei suoi primi film e della loro realtà.
Scrive a tal proposito Renato Venturelli:
sul finire degli anni ’70 i film di Cronenberg irrompono nell’horror innovandone l’iconografia, con i loro temi ossessivi (la carne, la mente, la scienza, le mutazioni, le escrescenze tumorali ecc.), gli interni disadorni e lividi, i ritmi narrativi densi e sofferti, che evitano i tempi incalzanti del nuovo horror anche nell’uso degli effetti gore.3
L’ossessione per la mutazione fisica e morale, oltre all’analisi morbosamente minuziosa dei processi di trasformazione della carne, conducono pertanto a una mitosi del reale, generando una dimensione parallela, spesso inquietante o addirittura terrificante: “a una nuova realtà più ampia deve corrispondere una nuova carne, un nuovo corpo come spazio di manovra, il corpo sul quale sperimentare le proprie inconcepibili visioni”.4
Nuova carne e nuovo corpo dunque, ma a partire da una struttura predefinita: nel Cronenberg degli inizi ci troviamo spesso, come si accennava, ad avere a che fare con un protagonista e con il suo doppio orrorifico, epifanizzazione concreta del male interiore, del lato oscuro (più avanti con Jung diremo dell’Ombra) presente in ciascuno di noi. Del resto, il riflesso speculare ha sempre suscitato inquietudine e sgomento, fin dal mito di Narciso:
Nelle storie di Narciso, lo specchio funziona come operatore di una sorta d’implosione della soggettività nel riflessivo, che si produce attraverso l’esperienza della duplicazione, della geminazione, dell’avvicinamento di due immagini, fino allo schiacciamento dell’alterità nell’identità. Al tempo stesso, esso può operare anche geminazioni mostruose, ibridazioni o deformazioni, che chiamano in campo l’esplorazione di tutte le combinatorie della dualità, fino a produrre una serie di effetti lugubri o comici, che comunque vertono sull’universo patemico5.
Il discorso sull’ibridazione deformante è esplicitato fin dal terzo lungometraggio di Cronenberg, Il demone sotto la pelle (Shivers, 1975), in cui il mondo apparentemente paradisiaco di un residence di lusso viene imbrattato dai folli esperimenti di uno scienziato interessato a studiare l’azione dei parassiti sul corpo umano allo scopo di potenziarne le funzioni: disgraziatamente i parassiti da lui creati, di forma escrementizia, provocano l’abbassamento delle inibizioni trasformando gli esseri umani in creature unicamente affamate di sesso e violenza, prive di alcun controllo etico o morale. Come in un’altra pellicola di molto precedente, L’invasione degli ultracorpi (Invasion of the Bodysnatchers, Don Siegel, 1956), i tranquilli cittadini dalle vite caratterizzate da una medietas soporifera, si trasformano in creature pericolose, la cui alterità è inquietantemente celata dal loro aspetto fisico immutato. Ed esattamente come nel precedente di Siegel (che si concludeva, lo ricordiamo, con il disperato sguardo in macchina del protagonista che urlava: «you are next!», instillando nel pubblico il dubbio di poter diventare presto involontario ospite dei parassiti alieni) il finale non lascia spazio a una riconciliazione positiva, al contrario quelli che ormai sono i doppi demonici degli ex placidi abitanti del residence ne riproducono fedelmente la routine quotidiana, lasciando il complesso per andare a lavorare in città. Contagiando, presumibilmente, tutti coloro che incontreranno sul loro cammino.
Anche nel successivo Rabid, sete di sangue (Rabid, 1977) ricorre il tema del doppio-estrinsecazione del mostruoso che giace nell’inconscio di ciascuno: in seguito ad un grave incidente stradale, Rose subisce un trapianto cutaneo sperimentale, operato dal dottor Keloid. Come accade agli inquilini de Il demone sotto la pelle, anche in questo caso la ragazza sembra trasformarsi in una furia erotica e anche in questo caso è una presenza esterna a governarne la volontà: Rose ha infatti sviluppato un’escrescenza di carne sotto l’ascella attraverso la quale succhia il sangue alle sue vittime, provocando una sorta di epidemia vampiresca che si diffonde a macchia d’olio.
Sono presenti in questi due film, confezionati in stile horror di serie b, tutte le ossessioni che caratterizzeranno l’opera successiva del regista: la pestilenza, il contagio, lo scienziato pazzo alla ricerca di una strada per evadere i limiti naturali del corpo.
Il contagio, in particolare, con la generazione dei doppi malefici che, a loro volta, diffondono il male intorno, diventa una delle tematiche chiave dell’opera cronenberghiana degli inizi.
Tuttavia il tema del doppio si fa ancora più esplicito, diventando reduplicatio del medesimo, spaventoso clone, con BroodLa covata malefica (The Brood) del 1979: è la vicenda di una donna, Nola, che, in seguito a un trattamento psichiatrico sperimentale, incarna i propri sentimenti negativi nei confronti dei suoi familiari e delle persone che la circondano mettendo al mondo degli esseri deformi, sorta di bambini senza ombelico né genitali, dal volto contratto in un ghigno inquietante, tutti identici tra di loro e in qualche modo simili alla bionda figlioletta della protagonista. Le creature si dirigono ad uccidere tutti coloro verso i quali la donna prova rancore, a cominciare dai genitori, fino all’insegnante della figlia, in un gioco al massacro che diventa sempre più violento, man mano che Nola disinibisce la propria capacità di provare rabbia.
Gli esserini rappresentano quindi sia un’incarnazione del lato malevolo della donna che una distorsione in senso diabolico della vera figlia di Nola, una ragazzina molto dolce e passiva nei confronti della furia dei “fratellini” che cercano in tutti i modi di eliminarla.
Particolarmente cruento il finale, in cui il marito assiste al parto dei mostri e in cui il dominio della carne è rappresentato dalla placenta di cui la donna si nutre, in un delirante tentativo di fondersi con il proprio lato oscuro. Ancora una volta, la mostruosità è interiore e non esteriore, diventando praticamente impossibile da riconoscere:
Indubbiamente Brood è anche un film sulla famiglia, la cui struttura tende a ripetersi mostruosamente, con la dinamica familiare di Nola che ritorna esattamente in Candy, e viene ulteriormente riprodotta nella teatralizzazione del dr. Raglan. Nonostante il film sia uno dei più inquietanti sulla famiglia horror variamente presente nel cinema di quegli anni […] il suo nucleo centrale sta però nel rapporto tra corpo e mente, nel processo di mutazione, nella creazione fisica dell’orrore. E se la gravidanza malefica non è neppure, a sua volta, una novità, tutto nuovo è l’orrore corporeo di Cronenberg, in cui il mostro (è stato detto) ‘non è nella propria mente, ma nelle proprie ghiandole’, e l’immagine più forte è quella della placenta […]: il dentro che diventa fuori, la mostruosità non della maschera esterna (tipica del gotico classico) ma dell’organo interno che si sviluppa in modo abnorme, materializzazione sconvolgente di un’angoscia mentale e di una rivolta contro l’unità dell’organismo.6
Per i mostri generati da Nola non c’è nessuna pietà, perché non si tratta che di pseudo-umani, di esseri non senzienti animati solo da un cieco istinto omicida: così il regista non riserva loro alcuna compassione, mostrando la scena dell’autopsia di uno di essi con occhio freddo e impassibile:
La creatura non suscita pietà e nemmeno ribrezzo, c’è e basta, bisogna solo capire da dove proviene. La creatura, peraltro, vede in bianco e nero, dura poco, è creata dall’amore e dal rancore di un essere umano ma non ha ombelico, dunque legami genetici. Praticamente una definizione di cinema7.
L’apice di questa riflessione sul doppio mostruoso in senso carnale è sicuramente raggiunta da Cronenberg con La mosca (The Fly, 1986). Seth Brundle, uno scienziato ambizioso ma solo e teneramente impacciato, sperimenta il teletrasporto con esiti altalenanti finché un giorno esegue l’esperimento su se stesso non accorgendosi di una mosca entrata in una delle due cabine di sua invenzione. A un’iniziale trasformazione caratteriale, da uomo timido e remissivo a fenomeno ginnico aggressivo e prepotente, alla Dr. Jekyll e Mr. Hyde, segue un mutamento fisico sempre più radicale e inquietante: il corpo di Seth decade, si decompone letteralmente perché, come gli svela il suo computer, sta diventando Brundlefly, la sintesi dell’uomo e dell’insetto:
secondo una tipica ossessione del regista, l’intreccio ruota attorno al momento della nascita di un nuovo essere mutante, e può essere letto come riflessione sul cinema in sé e più in generale sulla creazione artistica: qualcuno ha notato come, nonostante la presenza di computer e videocamere, tale momento resti sempre un mistero non filmabile, ma la contaminazione può essere vista anche come una riflessione sull’impossibile ‘purezza’ testuale dell’opera d’arte, sempre destinata a fare i conti con ciò che le è esterno e che la trasforma profondamente nella sua stessa struttura. Il film affronta poi la tematica della ‘carne’ in un crescendo a volte autoironico.8
Quest’opera di Cronenberg si differenzia dalle altre per la prospettiva in cui viene rappresentato il doppio mostruoso: Seth Brundle in comune con gli scienziati delle opere precedentemente citate ha la volontà di lavorare al proprio progetto sperando di contribuire tramite esso al progr...

Table of contents

  1. Copertina
  2. PREFAZIONE
  3. I GUANTI DI FREUD.: LA CARATTERIZZAZIONE MAESTRO/ALLIEVO NELLA BIOGRAFIA IMPOSSIBILE DELLA PSICANALISI
  4. UN METODO PERICOLOSO
  5. DAL CORPO MUTANTE ALLA PROIEZIONE INCONSCIA: IL TEMA DEL DOPPIO NEL CINEMA DI DAVID CRONENBERG
  6. INTERPASSIVITÀ
  7. COLLOQUI CON FREUD: IRONIA E DISTANZA DEL METODO CRONENBERG
  8. UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA: A DANGEROUS METHOD E IL “CANONE” CRONENBERGHIANO
  9. GLI AUTORI
  10. INDICE