Estetica ecologica
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Estetica ecologica

Percepire saggio, vivere corrispondente

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Estetica ecologica

Percepire saggio, vivere corrispondente

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A partire dall'idea, antica ma sempre nuova, della filosofia come esercizio della sensibilità e della meraviglia, l'estetica ecologica qui affrontata non è un'estetica dell'ambiente naturale, quanto un approccio percettivo complessivo, integrale e non dualistico, alla corrente dell'esperienza. Si tratta di un sentire/pensare con le cose, più che su di esse; si tratta di un conoscere implicato, intimo e partecipato, più che distante e separato. Questo percepire è chiamato saggio perché sempre sperimentale, nel processo e nel passaggio; un saggiare che significa corrispondere col mondo, secondo il ritmo oscillatorio, attivo e passivo, che ci costituisce. Il volume si compone di sette saggi che declinano questa proposta attraverso diversi temi e argomenti: la conoscenza come movimento e relazione, il mondo come meshwork di linee, l'aptico come sentire/pensare consapevole, il tempo come temperatura, la dietetica della cura, il gusto come compito e impegno, l'educazione come "imparare a imparare".

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Information

1
Conoscenza ecologica
e percezione estetica

Tutte le cose sono ne l’universo, e l’universo è in tutte le cose;
noi in quello, quello in noi.
Giordano Bruno
L’urgenza della questione ecologica viene oggi evidenziata da ogni ambito. Non solo dalla filosofia e dalle scienze naturali e sociali, ma anche da parte del corpo politico e sociale che ne riconosce, in modo quasi unanime, una centralità decisa nell’agenda delle emergenze del genere umano, persino dell’intero pianeta. L’ecologia è la questione. Cosa si intende, però, per ecologia? Quali sono i termini in gioco? Spesso, l’ecologia è trattata come ambito settoriale riguardante anzitutto ciò che si chiama “crisi ambientale”, connessa alla progressiva erosione delle “risorse naturali” e all’incremento esponenziale dell’inquinamento atmosferico. In questo ambito, a partire dagli anni Sessanta del XX secolo si è sviluppata una riflessione ampia sul modello socio-economico capitalistico moderno, sui “limiti dello sviluppo” e della crescita indefinita e, d’altra parte, sulle possibili alternative legate in particolare modo alla nozione di “sostenibilità”. Questa massiccia, e spesso convincente, rappresentazione contemporanea del mondo/Pianeta Terra è un sentire/pensare verso il quale occorre essere attenti, aperti, disponibili; nessuna sottovalutazione o, peggio, ridicolizzazione del fenomeno è più ammissibile. Occorre, però, non limitarsi alla pura adesione teorica e sviluppare un livello ulteriore di consapevolezza e coscienza. Si suggerirà di chiamare “conoscenza ecologica” questo livello, proponendo di intendere la conoscenza ecologica come una percezione estetica. Con percezione estetica, si intenderà un atteggiamento, un sentire/pensare complessivo, secondo un modo che dunque non dialoga primariamente con le definizioni tecniche proposte nel dibattito estetologico ma che ne assume i tratti ritenuti più interessanti per la proposta di questo libro.
Molti miti di origine del mondo iniziano in giardini e in spazi verdi e, ancora di recente, si è sottolineata l’importanza filosofica e metafisica della vita vegetale1. Interpretare l’ecologia soltanto dal lato della “natura” ed esclusivamente in chiave vegetale è però riduttivo. Mostrerò qui che l’ecologia ha a che fare, piuttosto, con tutto, e che “tutto” è relazionale e interdipendente; l’ecologia riguarda, di conseguenza, la cultura non meno della natura, la vita umana e animale non meno di quella vegetale. Inoltre, mostrerò che l’ecologia è lo studio – o il discorso, il logos, la ratio del mondo che si conduce nel mondo, perciò l’ecologia è lo studio (e il discorso) col mondo. Ed è attraverso questa primaria consapevolezza che un’ecologia diviene sostanziale e efficace e non puramente retorica e demagogica: il mondo è ciò che accade, cioè ciò che avviene in quanto lo co-abitiamo, essendone immersi e, al contempo, contribuendo incessantemente alla sua continua realizzazione. Il mondo è questo farsi, questo continuo prodursi dove tutto è intrecciato: noi, homo sapiens sapiens, siamo parte di questo intreccio che non dominiamo ma che descriviamo e, al contempo, co-trasformiamo.
L’ecologia è questo. Essa concerne tutto ciò che facciamo e pensiamo; concerne (il fatto) che viviamo, insieme a ciò che, e a come, viviamo. In ragione di tutto ciò, l’ecologia richiede – come mossa tattica e in funzione strategica, come si dirà meglio – un approccio complessivo e complesso a partire da un paradigma alternativo a quello che viene definito, genericamente, il modello cartesiano-galileiano-newtoniano della conoscenza e della scienza. Se in quest’ultimo predomina la concezione meccanicistica e dualistica della realtà, basata su separazione e distinzione (pensiero/estensione, forma/forza, qualità primarie/qualità secondarie, eccetera), il modello ecologico, invece, si caratterizza per una concezione sistemica e olistica basata su unitarietà e connessioni. Inoltre, nella conoscenza ecologica non sussiste alcuna suddivisione rigida tra sentire e pensare né tra interno ed esterno. Perciò, sosterremo che un’ecologia intesa come qualsivoglia ambito settoriale – dell’ambiente naturale o agricolo, della natura senza uomo o dell’uomo senza natura – è monca e inefficace: l’ecologia, come la sostenibilità, o è di tutto o non è. Precisiamolo: opporre due modelli, o paradigmi, in guisa di opposizioni – meccanicismo versus olismo, riduzionismo versus complessità, dualismo versus monismo, ecc. – è già operare in modo non ecologico, cioè distinguendo e classificando. Come sa bene il filosofo, però, questa apparente contraddizione è inevitabile: i limiti del linguaggio e della concettualizzazione non consentono altrimenti. Si tratterà di suggerire opposizioni temporanee, per indicare un sentire/pensare unitario e dunque ecologico che sfugge alla pura teorizzazione e nel quale, dunque, anche il polo tatticamente rappresentato come “negativo” o da abbandonare viene accolto ed “accettato” come parte di un processo, come evento di un percorso.
Un’estetica ecologica intesa come percepire non frammentato ma continuo e unitario – vedremo meglio, nel prosieguo del testo, non un percepire di ma un percepire con, e non un percepire qualcosa (oggetti) ma un percepire nel flusso (processi) – nasce e si sviluppa su tale presupposto2. In questo approccio all’estetica come percezione integrale, anche le tradizionali suddivisioni filosofiche tra campi disciplinari – ontologia, metafisica, epistemologia, etica – vengono riunificate e ricomprese in un processo di implicazione e di adattamento che mette capo a quanto suggeriamo di nominare percezione ecologica. Non è la notte in cui tutte le vacche sono nere: le differenze si producono e si fanno, creando continue relazioni e corrispondenze che, tuttavia, non rimandano a ipostatiche distinzioni, a regimi ontologici separati e domini non comunicanti. Le differenze si pongono: sono effetti di funzioni occasionate ed emerse, quindi provvisorie, lungo il processo di co-costituzione del mondo, inteso come un tutto. Il mondo è ciò che accade; è l’evento che continuamente partecipiamo, vivendo e corrispondendovi.
Alla base di questa proposta, che verrà articolata in molteplici momenti nel corso dei successivi capitoli di questo libro, sta un assunto tutto sommato piuttosto semplice. Se “ecologia” significa studio dell’ambiente come mondo-ambiente e delle relazioni tra esso e gli organismi che lo abitano, questo studio sull’ambiente e sul mondo, come qualsiasi altro studio e da qualsivoglia prospettiva lo si conduca, non potrà che svolgersi nell’ambiente, nel mondo. In effetti, parlare di conoscenza ecologica è tecnicamente un pleonasmo: ogni conoscenza è ecologica perché nessuna conoscenza, una volta accettato il presupposto cosmocentrico e unitario che guida questa indagine, è al di fuori del mondo (questo vale anche nel caso di prospettive di “uscite dal mondo” e di mistica, le quali possono anzi giustificarsi come estreme tensioni verso fusioni col mondo: non bisogna ridurre il mondo alla mondanità). Possiamo tuttavia riservare all’espressione “conoscenza ecologica” uno spazio preciso con riguardo a un approccio, a un ascolto più disponibile e attento. Conoscenza ecologica significherà, dunque, conoscenza consapevolmente partecipata e implicata; un tipo di pensare che si sente processuale e mai statico – con i flussi e non degli oggetti – secondo un modello che è emerso più volte nella filosofia occidentale, da Eraclito a Whitehead, con differenti sensibilità e posizioni. Se la conoscenza è sempre ecologica, e riserviamo l’espressione “conoscenza ecologica” a una modalità più esplicitamente disponibile e disposta all’ascolto, allo stesso modo, anzi a maggior ragione sarà sempre e comunque ecologica anche l’estetica, in quanto sentire/pensare mai generale ma particolare, mai universale ma lo...

Table of contents

  1. MIMESIS / Eterotopie
  2. Introduzione
  3. 1 Conoscenza ecologica e percezione estetica
  4. 2 Linee, piedi, tempo, labirinto. Per un’estetica ecologica
  5. 3 Dal tatto all’aptico. Un altro approccio all’autentico
  6. 4 L’aptico come tempo, temperatura e alimento
  7. 5 Il gusto non è un senso ma un compito
  8. 6 Per una dietetica della cura: sul mangiare animali
  9. 7 Educarsi senza istruzioni: l’estetica ecologica come “imparare a imparare”
  10. Coda
  11. Bibliografia
  12. Eterotopie