Un'etica della personalità
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Un'etica della personalità

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Un'etica della personalità costituisce il volume conclusivo – dopo Etica generale e Filosofia morale – della trilogia Una teoria della morale, con la quale Ágnes Heller ha compiuto il suo "quasi-sistema" fi losofi co. Il libro si apre con l'analisi dell'etica della personalità di Nietzsche, trattata in Genealogia della morale e messa in rapporto con il Parsifal di Wagner, di cui viene proposta una nuova lettura. Seguono tre dialoghi in cui due giovani filosofi immaginari, Joachim e Lawrence, discutono da diversi punti di vista e confrontandosi con una misteriosa figura femminile, Vera, la possibilità di un'etica della personalità. Il libro si chiude con alcune lettere scambiate tra Sophie Meller, la nonna di Ágnes Heller considerata una figura esemplare, e la nipote Fifi (Heller giovane). Una scrittura filosofica che usa differenti stili, anche letterari, corrisponde a un'etica che si ispira esplicitamente più a Shakespeare, a Goethe e a persone reali che a "teorie". L'etica della personalità s'incarna infatti in donne e uomini concreti, con i loro dubbi, le imperfezioni, gli amori e le amicizie e soprattutto la scelta di vivere una vita buona.

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Information

Secondo dialogo:
se esiste, come possiamo descriverla?




(Nel soggiorno di Lawrence e Joachim. Poco prima delle cinque del pomeriggio.)

Lawrence: Faccio del caffè o del tè?
Joachim: Aspetta che arrivi. Chiedilo a lei, non a me.
Lawrence: Cosa ne dici di un po’ di torta?
Joachim: Non sembra una che è a dieta.
Lawrence: Sei tremendo. Lei non ti piace?
Joachim: Non c’è niente che mi possa piacere o non piacere di lei. Non la conosco. Come posso sapere se mi piace?
Lawrence: Sei stato tu, non io, a volere che venisse…
Joachim: La memoria ti inganna. Sei stato tu a invitarla.
Lawrence: Ho realizzato il tuo segreto desiderio.
Joachim: Sai cosa desidero adesso?
Lawrence: Sì. Ispirazione.
Joachim: Desidererei sapere perché volevo continuare la nostra discussione. Ieri ho sentito che c’era qualcosa d’importante su cui riflettere, ma adesso non mi viene in mente nulla. Non ho idea di cosa le chiederò, e nemmeno se devo chiederle qualche cosa.
Lawrence: Non dobbiamo essere intelligenti per forza. Facciamo solo due chiacchere.
Joachim: Con Vera? È fuori discussione. Dobbiamo avere un’idea innovativa. O meglio, tu devi averla. L’etica della personalità è, dopotutto, la tua creatura. Per quanto mi riguarda, ho esaurito gli argomenti.

(Suona il campanello. Lawrence apre la porta. Vera entra.)

Vera: Eccomi, come promesso.
Lawrence: Vuoi del tè o preferisci del caffè?
Vera: Tè e madeleines, per favore.
Lawrence: Per rimettere a posto le idee.
Vera: Per rimettere in scena come si diventa noi stessi.
Lawrence: Per dipingere grigio su grigio, quindi?
Vera: Des Lebens Goldenbaum ist grün, verde è l’albero d’oro della vita.
Lawrence: Questo è uno dei versi più belli di Goethe. La metafora sembra orrenda ma ciononostante è bella. Goethe parla di un albero d’oro, che tuttavia è morto, e non può produrre frutti. Non si può mangiare un frutto d’oro. Cosa significa che un albero d’oro è verde? Come può un albero d’oro essere verde?
Vera: Forse come il bastone di Tannhäuser.
Lawrence: Il bastone di Tannhäuser è legno secco. Solo il miracolo divino della grazia può farlo fiorire. Ma l’albero d’oro è l’albero della vita, che si suppone sia verde. Non ha bisogno della grazia divina per fiorire.
Joachim: La metafora è polemica, e Vera l’ha gettata nella discussione polemicamente. L’albero d’oro della vita viene contrapposto alla “teoria”: Grau sind alle Theorien, tutte le teorie sono grigie. Per contro, il Goldenbaum (scritto in una parola!) della vita è verde. Mi chiedo: perché tutte le teorie sono grigie? Mi chiedo anche perché Hegel abbia deciso di riprendere da Goethe questa metafora inquietante e, inoltre, perché l’abbia applicata alla sua filosofia. Interpretare la filosofia come un ricordare è un trucco vecchio come la filosofia stessa. Anche sostituire il ricordo delle idee con il ricordo della storia ha senso. Ma perché diavolo Hegel ha detto che l’oscurità ha preso il sopravvento proprio adesso? La sua descrizione del mondo moderno resta comunque abbastanza lusinghiera. È vero che, quando ha detto “oscurità”, poteva intendere l’oscurità della redenzione, l’oscurità della luce splendente, del giudizio finale, della salvezza, della fine della storia, sempre che avesse avuto l’intenzione di seguire le orme di alcuni grandi pensatori mistici, che peraltro ammirava. Se però “oscurità” stesse per la luce della redenzione, Hegel non avrebbe ripreso la metafora di Goethe sulla teoria “grigia” che non ha niente a che vedere con l’oscurità splendente dei mistici. Sono d’accordo con te, Lawrence, che la metafora di Goethe, diversamente dalla metafora del bastone secco che fiorisce, non evoca la visione della grazia divina; forse non c’è più spazio per la grazia divina. Lasciami ripetere: la filosofia mette grigio su grigio, è incolore, non conosce l’oro né il verde. Che cos’è la vita se la storia è grigia e dipinta di grigio? Il problema della metafora è più complicato di quanto pensassi.
Lawrence: “L’albero della vita è verde” non si adatterebbe a un verso poetico. Le banalità non sono poetiche. La poesia di Goethe è diventata bella, anzi, è diventata una poesia, in virtù dell’espressione “d’oro”. “L’albero d’oro della vita” – questo è paradossale.
Joachim: L’albero d’oro della vita è un vecchio simbolo mistico – talvolta anche magico. Il paradosso sta nel suo essere verde. Che sia o meno paradossale, tutta la poesia è un pasticcio. Perché la vita è verde? Perché la teoria è grigia? Che cos’è la vita dopotutto? Perché la teoria è contrapposta alla vita? E, per tornare ad Hegel, se la filosofia è ricordo, e ricordare significa dipingere grigio su grigio, dove e come possiamo cogliere dall’albero d’oro qualcosa che sia verde?
Vera: Per esempio, nell’amore.
Joachim: Amiamo la verità, questo è il nostro métier. Ma, secondo i Messieurs Goethe e Hegel, il nostro métier è grigio.
Vera: Le metafore sono polisemiche.
Joachim: Nessuna interpretazione mi indurrebbe a considerare grigia la filosofia, o la teoria in generale. Del resto, non ho ancora capito a che cosa alluda l’albero d’oro della vita contrapposto alla teoria.
Vera: Può darsi che la filosofia non sia grigia, ma è certamente bianca e nera – né oro né verde.
Lawrence: Parli per enigmi…
Vera: Per niente. La ragione e l’essere sono i principali protagonisti della filosofia. Avete mai pensato alla ragione o all’essere a colori? Il pensiero in genere non ha colore. Lo spirito, come l’anima, non ha colore. Quando voi – filosofi – parlate della verità o della falsità, usate le metafore della luce e dell’ombra. Considerate il Sole e la Caverna. I filosofi vedono – ma che cosa vedono? Vedono forse il colore? La linea retta, il cerchio, il triangolo – li avete mai immaginati rossi o verdi? E i numeri? L’uno e i molti? E la necessità? E la certezza? La determinazione, per caso, è rosa? Le sensazioni, le emozioni, i sentimenti, sono colorati; la speranza è verde, l’amore è rosso, la tristezza è blu… Li avete però esiliati dalla filosofia, siete rimasti attaccati al vostro bianco e nero. Il colore è soggettivo, l’esperienza del colore non è la stessa per me e per te, ma la filosofia si è tradizionalmente interessata solo a quello che è, o sembra essere, lo stesso per tutti noi, per il soggetto. Il soggetto con la S maiuscola è invece contemporaneamente incolore e daltonico. Solo l’albero d’oro della vita è verde.
Lawrence: Nietzsche non è incolore…
Joachim: Ammetto che la prima e la seconda Critica siano scritte in bianco e nero, ma non puoi perderti l’esperienza del colore nella terza…
Vera: Ci sono colori in Nietzsche, lo ammetto. Le composizioni musicali non sono in bianco e nero. Quando il pensiero rimpiazza la metafisica e la filosofia tradizionale, allora appare la colorazione. Il colore c’è in Wittgenstein, per esempio, e un po’, anche se non molto, in Heidegger. Sì, Joachim, il colore appare nella Terza Critica, anche se Kant combatte una battaglia di retroguardia contro di esso. Ricorderai quanto sia importante l’assunto che è la pura forma dell’intenzione a suscitare il giudizio di gusto. Anche nella Fenomenologia di Hegel c’è colorazione…
Lawrence: Gli dai più credito di quanto abbia fatto lui stesso…
Vera: In quel libro ha lasciato parlare da sé le figure, le Gestalten della coscienza, le quali non hanno permesso che tutte le loro esperienze fossero ridotte all’esperienza dello spirito che prima le aveva riassunte in sé.
Lawrence: Cosa mi dici del dipingere grigio su grigio?
Vera: Hegel era sincero. Pensaci: cosa fai se vuoi capire Cicerone? Non puoi esperire di nuovo ciò che Cicerone ha sperimentato. Puoi, comunque, cercare di ripensare quello che ha pensato. Soltanto il puro pensiero può essere ricapitolato o, se lo desideri, ricordato. È vero che nemmeno il puro pensiero può essere totalmente ricapitolato, perché è sempre una persona, un esistente, che agisce e pensa. Non sarai mai in grado di pensare esattamente ciò che un altro ha pensato, perché non puoi sentire e fare esperienza di tutte le connotazioni storiche e autobiografiche del suo pensiero. Non si arriva mai alla fusione degli orizzonti. L’ermeneutica parla dell’impossibile. La filosofia speculativa almeno ci prova. È un’impresa modesta, molto modesta – fondata interamente sull’autolimitazione. Solo il pensiero, nient’altro che il pensiero, verrà riassunto. Ma il pensie...

Table of contents

  1. La vita morale oltre la filosofia
  2. La linfa vitale di Un’etica della personalità: una guida alla lettura
  3. Inquietudine e comprensione precoce43. La mia esperienza con un’etica della personalità
  4. Nota alla traduzione
  5. Ringraziamenti
  6. Introduzione
  7. Parte I Nietzsche e Parsifal Prolegomeni a un’Etica della Personalità*56
  8. Prima lezione
  9. Seconda lezione
  10. Terza lezione
  11. Quarta lezione
  12. Quinta lezione
  13. Parte II Vera, o: Un’etica della personalità è possibile? Tre dialoghi
  14. Primo dialogo: esiste un’etica della personalità?
  15. Secondo dialogo: se esiste, come possiamo descriverla?
  16. Terzo Dialogo: se esiste, come possiamo metterla in pratica?
  17. Parte III Lettere sull’estetica morale: sul carattere bello e su quello sublime, sulla felicità e l’amore
  18. Fifi alla nonna
  19. Sophie Meller a sua nipote, Fifi
  20. Fifi alla nonna
  21. Sophie Meller a sua nipote, Fifi
  22. Fifi alla nonna
  23. Sophie Meller a sua nipote, Fifi
  24. Fifi alla nonna
  25. Sophie Meller alla nipote Fifi
  26. Fifi alla nonna
  27. Sophie Meller alla nipote, Fifi
  28. Fifi alla nonna
  29. Sophie Meller alla nipote Fifi
  30. Fifi alla nonna