Lelio La Porta
Prefazione
Per comprendere chi sia stato e sia Antonio Gramsci(1891-1937) basterebbe ricordare le parole di Eric J. Hobsbawm, il grande storico scomparso nel 2012, il quale faceva presente che
l’elenco degli autori di tutto il mondo le cui opere sono più frequentemente citate nella letteratura internazionale di arte e di umanità contiene pochi nomi di italiani, di cui soltanto cinque nati dopo il XVI secolo. In questo elenco non è compreso né Vico né Machiavelli, mentre invece è citato Antonio Gramsci. Essere citati non significa ancora garanzia di conoscenza e neppure di comprensione per l’autore in questione, tuttavia è pur sempre indizio di una presenza intellettuale.
Le opere gramsciane più citate sono principalmente due: le Lettere dal carcere e i Quaderni del carcere.
Lettere dal carcere
Le Lettere dal carcere comparvero nel 1947, a due anni dalla fine della guerra e a dieci dalla morte di Gramsci, e, pubblicate in dodicimila copie, furono insignite del premio Viareggio. La prima edizione ne comprendeva 218; altre comparvero su giornali e riviste; 77 inedite furono pubblicate nell’antologia 2000 pagine di Gramsci nel 1964. Nel 1965 uscì presso Einaudi l’edizione con 428 lettere delle quali 119 inedite. L’edizione più completa è del 1996 (nuova edizione nel 2013) per la cura di Antonio A. Santucci (Sellerio, Palermo): comprende 478 lettere più sedici in Appendice. Le lettere sono indirizzate ai familiari; in numero cospicuo alla cognata Tatiana (Tania) che fu particolarmente vicina al detenuto visitandolo in carcere e assistendolo nelle cliniche dove fu ricoverato dopo l’uscita da Turi. Va ricordato che fra gli interlocutori di Gramsci ci fu molto spesso Piero Sraffa, dal 1927 docente di economia politica a Cambridge, vicino ai socialisti torinesi e collaboratore dell’“Ordine Nuovo”. Non potendogli scrivere direttamente in quanto gli era possibile comunicare soltanto con i familiari, come previsto dal regolamento carcerario, Gramsci scriveva a Tania che copiava le lettere facendole pervenire a Sraffa il quale, com’è facile intuire, faceva la stessa cosa per far pervenire le sue lettere al detenuto. Peraltro si deve alla liberalità di Sraffa se Gramsci costituì in carcere una biblioteca tale da sostenere le sue riflessioni; e sempre Sraffa collaborò attivamente al salvataggio dei Quaderni subito dopo la morte di Gramsci.
Due sono i mondi degli affetti verso i quali Gramsci indirizza le sue lettere: la Sardegna, dove vive la sua famiglia d’origine, e l’Unione Sovietica, dove la compagna Giulia alleva i figli Delio e Giuliano.
Quaderni del carcere
Tra il febbraio del 1929 e gli ultimi mesi del 1933, con una grafia chiara e sottile, Gramsci aveva riempito 17 quaderni di tipo scolastico di annotazioni su vari argomenti. Altri 4 quaderni raccoglievano esercizi di traduzione dal tedesco, dal russo e dall’inglese. Fra il dicembre del 1933 e l’agosto del 1935 compila ancora 12 quaderni. Quindi i Quaderni del carcere sono 33.
La stesura inizia l’8 febbraio del 1929 con l’indicazione degli argomenti che saranno trattati:
Primo quaderno (8 febbraio 1929)
Note e appunti
Argomenti principali:
1) Teoria della storia e della storiografia.
2) Sviluppo della borghesia italiana fino al 1870.
3) Formazione dei gruppi intellettuali italiani: svolgimento, atteggiamenti.
4) La letteratura popolare dei “romanzi d’appendice” e le ragioni della sua persistente fortuna.
5) Cavalcante Cavalcanti: la sua posizione nella struttura e nell’arte della Divina Commedia.
6) Origini e svolgimento dell’Azione Cattolica in Italia e in Europa.
7) Il concetto di folklore.
8) Esperienze della vita in carcere.
9) La “quistione meridionale” e la quistione delle isole.
10) Osservazioni sulla popolazione italiana: sua composizione, funzione dell’emigrazione.
11) Americanismo e fordismo.
12) La quistione della lingua in Italia: Manzoni e G. I. Ascoli.
13) Il “senso comune” (cfr. 7).
14) Riviste tipo: teorica, critico-storica, di cultura generale (divulgazione).
15) Neo-grammatici e neo-linguisti (“questa tavola rotonda è quadrata”).
16) I nipotini di padre Bresciani.
Alla morte di Gramsci (27 aprile 1937) i 33 quaderni saranno presi in consegna dalla cognata Tatiana che prima di inviarli a Mosca, dove giungono nel luglio del 1938, li cataloga e numera con cifre romane. Il 3 marzo del 1945 i manoscritti tornano in Italia e da essi sono tratti i sei volumi editi dalla casa editrice torinese Einaudi fra il 1948 e il 1951 con i seguenti titoli:
Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce (1948);
Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura (1949);
Il Risorgimento (1949);
Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno (1949);
Letteratura e vita nazionale (1950);
Passato e presente (1951).
Nel 1975 sono ripubblicati da Einaudi nell’edizione critica curata, per l’Istituto Gramsci, da Valentino Gerratana. Si tratta di tre grossi volumi più un quarto di note ed apparati. I quaderni sono disposti nell’ordine cronologico di compilazione da parte di Gramsci. L’Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, edita dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana, prevede la suddivisione dei Quaderni in Quaderni di traduzioni (già pubblicati), Quaderni miscellanei (nel 2017 è comparso il primo volume) e Quaderni speciali.
Vanno inoltre ricordate l’edizione del 1971 degli Editori Riuniti di Roma (edizione tematica che di fatto riproponeva quella einaudiana) e quella anastatica, in 18 volumi, del 2009 in collaborazione fra la Biblioteca Treccani e il quotidiano “L’Unione Sarda”.
Il concetto di rivoluzione in Gramsci
L’elaborazione di un originale concetto di rivoluzione rappresenta uno dei contributi più importanti di Gramsci al marxismo. Inoltre, proprio questo concetto attraversa le categorie del pensiero gramsciano rielaborate nel lavoro di Ucuassapi. La prima definizione di un certo valore teorico che Gramsci fornisce di “rivoluzione” si trova in un articolo del settembre del 1919, ossia due anni dopo l’Ottobre sovietico, intitolato Lo sviluppo della rivoluzione, nel quale si legge che “la rivoluzione non è un atto taumaturgico, è un processo dialettico di sviluppo storico”. Nella realtà questa definizione richiama quanto già scritto da Gramsci nell’articolo del dicembre del 1917 La rivoluzione contro il “Capitale” nel quale la rivoluzione, quella dei bolscevichi, “è materiata di ideologie più che di fatti” al punto che Il Capitale di Marx, in Russia, più che dei proletari sembrava essere il libro dei borghesi, i quali auspicavano la formazione di una borghesia che desse avvio al capitalismo per poi realizzare quanto Marx aveva sostenuto a proposito della rivoluzione nella sua opera fondamentale. Se però in Russia si fosse atteso il tempo necessario al formarsi della borghesia per poi fare la rivoluzione sarebbero passati dei secoli. Proprio per questo Gramsci sostiene che “i fatti hanno superato le ideologie”: l’opera dei bolscevichi ha dimostrato che i canoni del materialismo storico possono essere messi in discussione ma non fino al punto di rinnegare “il pensiero immanente, vivificatore” di Marx. Non tanto, quindi, i fatti economici sono fattori di storia, ma l’uomo e la società dell’uomo, concetto al quale Gramsci farà nuovamente esplicito riferimento in una famosa lettera dal carcere al figlio Delio:
Carissimo Delio,
mi sento un po’ stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano sé stessi non può non piacerti più di ogni altra cosa. Ma è così?
Ti abbraccio.
ANTONIO
Lo sviluppo del concetto di rivoluzione in Gramsci si snoda a partire, da un lato, dalla consapevolezza dell’importanza della produzione capitalistica e della grande industria per la società moderna, da cui deriva la centralità del ruolo della classe operaia nella rivoluzione, dall’altro, dalla sottolineatura della soggett...