Tra Washington e Westminster
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Modelli di costituzionalismo democratico a confronto

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Tra Washington e Westminster

Modelli di costituzionalismo democratico a confronto

About this book

Il libro intende fornire una ricostruzione dettagliata del dibattito, oggi centrale all'interno della teoria politica e democratica, tra due modelli costituzionali speculari: da un lato il cosiddetto "modello Washington", che ricalca il sistema istituzionale degli Stati Uniti, dall'altro il "modello Westminster", che invece descrive l'ordinamento britannico. Il libro ricostruisce il panorama liberal-democratico, discutendo i temi chiave di alcuni tra i maggiori teorici del costituzionalismo contemporaneo, a cominciare da John Rawls, Bruce Ackerman e Richard Bellamy. Attraverso il confronto tra modello dualista e modello monista della democrazia costituzionale, il libro mira a gettare uno sguardo sulle interpretazioni, ma soprattutto sulle prospettive del costituzionalismo democratico contemporaneo, che si trova oggi a fronteggiare le sfide e i pericoli derivanti dal populismo.

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Parte I:
Il Costituzionalismo
Liberal-Democratico
nella filosofia politica
contemporanea

1.
Liberalismo Politico
e Ragione Pubblica:
John Rawls Costituzionalista

Nella filosofia politica contemporanea, John Rawls rappresenta certamente una pietra miliare, un punto di partenza imprescindibile da cui muovere per chiunque si interessi di questa materia. L’opera rawlsiana ha rappresentato una completa svolta concettuale, dapprima con la pubblicazione di Una teoria della giustizia (1970), poi ancor di più con Liberalismo politico (1993) dove egli riprende il tema della “giustizia come equità” nei suoi due principi, (principio di eguale libertà e principio di differenza) rielaborandolo e tratteggiando le caratteristiche che una società deve possedere per essere considerata ben ordinata.
La teoria della giustizia e il liberalismo politico rompono con la tradizione del liberalismo cosiddetto “perfezionista”; in questo senso, Liberalismo politico rappresenta un passo in avanti verso la definizione di un sistema politico che permetta ai cittadini di vivere in una società giusta, in cui il ragionevole prevalga sul razionale e in cui sia possibile raggiungere quel consenso per intersezione necessario affinché si realizzi una democrazia costituzionale stabile nel tempo e si pacifichino i conflitti.

1.1 Dalla teoria liberale della giustizia al liberalismo politico

La domanda centrale su cui tutto l’impianto di Liberalismo politico (che sarà ripresa ed approfondita più avanti) si struttura è la seguente: come può essere possibile una società giusta e stabile nel tempo, formata da cittadini liberi ed eguali ma divisi da profonde, apparentemente insanabili, differenze religiose, politiche, filosofiche o morali che appaiono incompatibili anche se ragionevoli?
La risposta che Rawls dà è quella per cui in un regime democratico costituzionale le parti in gioco muovono dalla cosiddetta posizione originaria e sono nascoste da un velo d’ignoranza che impedisce loro di sapere quale posto andranno a occupare nella società e quali vantaggi o svantaggi riceveranno; partendo da un dato di fatto incontrovertibile – l’esistenza di una pluralità di dottrine comprensive ragionevoli – le forze che si trovano a dover rifondare da zero un regime costituzionale legittimo giungono al già citato consenso per intersezione e grazie a esso le forze che difendono una certa dottrina comprensiva, sentendo la necessità di coalizzarsi con altre forze su temi di interesse comune, escono dalle proprie “roccaforti ideologiche” e aprono un dialogo con le altre forze (Ferrara 2000, p. 35).
Presentando il concetto di posizione originaria, Rawls afferma che in essa le persone sono per natura libere ed eguali e lo sono sotto tre aspetti: per prima cosa i cittadini sono liberi in quanto capaci di avere una personale concezione del bene, che sono liberi di cambiare o rivalutare in virtù di ragionevoli motivazioni. In secondo luogo, i cittadini sono liberi in quanto considerano sé stessi come fonti auto-autenticantesi di rivendicazioni valide. Ciò significa che essi rivendicano la possibilità di promuovere le loro concezioni del bene e si sentono autorizzati a rivolgersi alle istituzioni per veder soddisfatte le loro richieste. Infine, i cittadini sono liberi in quanto si assumono la responsabilità dei loro fini e delle loro rivendicazioni; per questo sono capaci, sostiene Rawls, di adattare i loro fini e le loro aspettative di vita a ciò che sanno di poter ragionevolmente ottenere (Rawls 1993; trad.it 2012, pp. 32-33).
Una teoria della giustizia ha rappresentato una vera e propria svolta nel panorama filosofico-politico contemporaneo, tanto che Sebastiano Maffettone, nella sua prefazione alla Teoria riedita nel 2009 da Feltrinelli, apre affermando che “A Theory of Justice di John Rawls fu considerato fin dal suo apparire come il più importante libro di filosofia politica in lingua inglese dopo il Leviatano di Hobbes”. (Maffettone in Ralws 1971; trad. it. 2009, p. 7) A sua volta, Liberalismo Politico introduce nel panorama filosofico-politico il concetto di ragione pubblica, prima di allora solamente abbozzato. La ragione pubblica rappresenta quindi per Liberalismo politico ciò che la giustizia come equità aveva rappresentato per Una teoria della giustizia: l’elemento di svolta, la novità nel panorama filosofico-politico di ispirazione liberale a cui ancora oggi si fa riferimento quando si discute sul giusto ordine sociale e sul miglior regime democratico-costituzionale.
John Rawls apre Una teoria della giustizia sostenendo che “la giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali”. (Rawls 1971; trad. it. 2009, p. 25) Ciò pone subito in chiaro che la sua visione della politica, pur rifiutando un punto di vista “perfezionista”, trova nella giustizia il tema centrale da cui partire. Come sostiene Alessandro Ferrara, l’idea rawlsiana è quella di concepire una teoria politica della giustizia atta a risolvere i conflitti interni alla società e dare ordine al sistema democratico, non attraverso la “soppressione” delle dottrine comprensive opposte a quella dominante, ma viceversa unendole insieme per creare un sistema di cooperazione che faccia cessare qualsiasi tipo di scontro e che possa venir accettato da una qualunque delle parti in campo come fosse la propria (Ferrara 2000, p. 25).
L’architrave di Teoria della giustizia sta nell’identificazione di quelli che Rawls definisce due principi di giustizia, che rappresentano i pilastri di una società basata sulla giustizia come equità; il primo dei due, definito principi di libertà afferma che “ogni persona ha eguale diritto al più ampio schema di eguali libertà fondamentali compatibilmente con un simile schema di libertà per gli altri”; viceversa il secondo – noto come principio di differenza -, recita: “le ineguaglianze sociali ed economiche devono essere (a) per il più grande beneficio dei meno avvantaggiati, compatibilmente con il principio del giusto risparmio e (b) collegate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa eguaglianza delle opportunità” (Rawls 1971; trad. it. 2009, p. 78).
Questi due principi, pur nelle loro diverse accezioni, devono essere intesi come un corpo unico che dà vita a un ordinamento sociale in cui il primo principio precede il secondo; ciò comporta, specifica Rawls, che nessuna violazione del primo principio può essere giustificata o tollerata in virtù di maggiori benefici economici. Rawls specifica che questi principi essenziali per costruire una società giusta i cui membri partono da una cosiddetta posizione originaria nella gli individui – in quanto agenti liberi e razionali – sono portati ad accessate tali principi muovendo da una condizione di eguaglianza sostanziale iniziale e.
La posizione originaria rawlsiana combina sia aspetti derivati dalla teoria dei diritti naturali, sia tratti della teoria hobbesiana del contratto sociale. Ciò che la riconduce a Hobbes è il fatto che le parti poste nella posizione originaria fanno una scelta puramente razionale: come scrive Freeman, essi non sono moralmente motivati ma hanno solo l’obiettivo di scegliere termini di cooperazione che meglio affermano il loro bene particolare e i loro interessi fondamentali (Freeman 2007, p. 16).
Rawls’s social contract position differs considerably from Hobbesian views in that he denies that moral principles of justice are simply the product of a purely rational choice designed to promote individual interest. Like Locke’s, Rousseau’s, and Kant’s natural rights positions, Rawls structures his social contract so that its parties’ judgments are constrained by moral conditions, primarily the “veil of ignorance” and the five formal constraints of Right. The veil renders Rawls’s contractors ignorant of all facts about themselves and society; thereby they are led to an impartial decision. As Locke’s parties are explicitly prohibited from agreeing to anything that would compromise anyone’s equal rights to freedom of conscience, so Rawls’s parties are prohibited, in effect, from agreeing to principles of justice that would compromise this and other basic liberties (Freeman 2007, p. 16).
Un’altra caratteristica della posizione originaria sta nel negare – o, per meglio dire, nel mettere da parte – la propria identità e nel fare propri i principi di giustizia senza sapere quale posizione si andrà a occupare nella società. Come scrive Paul Graham, la posizione originaria porta con sé altri due aspetti chiave: i beni primari e le cosiddette ipotesi motivazionali. Tali ipotesi sono portate avanti per generare principi di giustizia e non rappresentano una descrizione del reale comportamento delle persone; al di là di cercare di massimizzare la sua parte di beni primari, un agente non è invidioso, è disinteressato e disposto a vivere secondo i principi che ha scelto di seguire.
Nasce da qui la distinzione tra agente razionale e agente ragionevole, laddove il primo si pone come obiettivo primario di perseguire i propri fini e interessi di vita, mentre il secondo è disposto a vedere il mondo dal punto di vista degli altri, agendo anche in base ad esso. Nella posizione originaria, gli individui sono razionali e, in qualche modo, forzati (dal velo d’ignoranza) a essere ragionevoli, mentre sono solo razionali se ci riferiamo alle loro motivazioni; ciò è dato dal fatto che, da un lato, essi cercano di massimizzare la loro parte di beni primari, ma dall’altro essi sono disposti a vivere a prescindere da quali principi vengono scelti, sapendo che anche gli altri saranno disposti a fare lo stesso.
Dobbiamo qui aggiungere – seguendo l’analisi di Habermas – che le parti nella posizione originaria, che si accordano su principi ragionevoli, sono elementi totalmente artificiali che non devono essere identificati con individui veri e propri, con i cittadini in carne e ossa che vivrebbero in una reale società governata dai principi di giustizia. Allo stesso tempo, essi non si identificano nemmeno con i cittadini ragionevoli, da cui ci si attende che agiscano in senso morale, ossia dando priorità agli obblighi di cittadinanza a scapito degli interessi personali particolari. Come Habermas scrive in Fatti e Norme, “Rawls, appoggiandosi a una ‘teoria ristretta’ (thin) del bene mostra come le istituzioni giuste creerebbero rapporti a partire dai quali sarebbe ‘convenienza bene intesa’ (well-considered interest) di ciascuno perseguire i propri piani di vita assoggettandosi alle stesse condizioni concesse agli altri” (Habermas 1992, pp. 70-71).
Habermas ha più volte sottolineato come Rawls divida il concetto di autonomia politica in due elementi distinti: da un lato le caratteristiche moralmente neutrali dei gruppi sociali che cercano il loro vantaggio razionale e, dall’altro, quelli che egli definisce “vincoli situazionali moralmente sostanziali” sotto cui tali gruppi scelgono principi all’interno un sistema di equa cooperazione.
This construction of an original position that frames the freedom of choice of rational actors in a reasonable fashion is explained by Rawls’s initial intention of representing the theory of justice as part of the general theory of choice. Rawls originally proceeded on the assumption that the range of options open to rationally choosing parties only needed to be limited in an appropriate fashion in order to facilitate the derivation of principles of justice from their enlightened self-interest. […] The reason of autonomous citizens cannot be reduced to rational choice conditioned by subjective preferences (Habermas 1995, pp. 111-112).
In un passaggio successivo, Habermas concentra la sua indagine su tre punti cardine: in primo luogo dobbiamo chiederci se le parti nella posizione originaria sono in grado di comprendere gli interessi di ordine più elevato esclusivamente in base al loro egoismo razionale. In secondo luogo, dobbiamo comprendere se i diritti di base possono essere equiparati ai beni primari e infine, se il velo d’ignoranza garantisce l’imparzialità del giudizio.
Per rispondere alla prima domanda, Habermas pone in eviden...

Table of contents

  1. MIMESIS / teoria politica per il xxi secolo
  2. Premessa
  3. Introduzione Il costituzionalismo democratico tra Washington e Westminster
  4. Parte I: Il Costituzionalismo Liberal-Democratico nella filosofia politica contemporanea
  5. Parte II:Costituzionalismo politico e regola della maggioranza: La democrazia vista da Westminster
  6. Parte III: Le prospettive del costituzionalismo liberal-democratico
  7. Riferimenti bibliografici
  8. Teoria politica per il xxi secolo