Tra politica e religione
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I Giudei nel mondo greco-romano. Studi in onore di Lucio Troiani

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Tra politica e religione

I Giudei nel mondo greco-romano. Studi in onore di Lucio Troiani

About this book

I contributi, presentati al convegno "I Giudei nel mondo greco e romano tra storia politica, storiografi a classica e saggezza straniera", Pavia, 15-16 giugno 2018, in onore di Lucio Troiani, Professore emerito dell'Università di Pavia e Accademico dei Lincei, esaminano da varie angolature i rapporti politici, militari, culturali e religiosi tra il popolo giudaico e le potenze dominanti, dai regni ellenistici all'impero romano, sia in Giudea che nelle comunità della diaspora. Emergono diverse voci del giudaismo del Secondo Tempio, spesso impegnate in un acceso dibattito interno, che s'intersecano con i rivolgimenti dello scacchiere politico e militare del Mediterraneo orientale, da Alessandro Magno a Costantino.

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Information

Publisher
Jouvence
Year
2020
eBook ISBN
9788878017757
Topic
Storia

2.
Federicomaria Muccioli

LA “STELE DI ELIODORO”, I SELEUCIDI E I GIUDEI. ALCUNE CONSIDERAZIONI

Nel campo degli studi giudaico-ellenistici ha avuto un effetto dirompente la pubblicazione da parte di H.M. Cotton e M. Wörrle nel 2007 del dossier di Maresha, antica Marisa nella regione dell’Idumea, concernente alcune disposizioni datate al 178 del re seleucide Seleuco IV, trasmesse per via gerarchica, e noto anche, impropriamente, come “stele di Eliodoro” (con l’aggiunta di nuovi frammenti da parte di D. Gera e le correzioni e integrazioni proposte da C.P. Jones)1. Nuova linfa per la discussione è stata poi fornita dalla pubblicazione di parti frammentarie di altre copie del dossier, provenienti da Byblos2 e dalla stessa Maresha3.
Molto si è scritto su questo documento, sulla forma di ἐπι-στολή/πρόσταγμα e sui suoi aspetti politici, amministrativi e fiscali, religiosi, sui funzionari e sul loro rango (e relativa scala gerarchica) e il rapporto, anche personale, tra di loro e con il sovrano Seleuco IV, come emerge dall’uso dell’aggettivazione: Eliodoro, ὁ ἐπὶ τῶν πραγμάτων; Dorimene, presumibile στρατηγός di Celesiria e Fenicia; Diofane, ufficiale di grado inferiore rispetto a Dorimene con competenze su Maresha e il territorio idumeo circostante4, nonché, ovviamente, l’ἀρχιερεύς di Celesiria e Fenicia di nomina regia, Olimpiodoro (o, in alternativa, ma meno probabilmente, ὁ ἐπὶ τῶν ἱερῶν, con competenze in quell’area)5.
In particolare, il dossier supporta la legittimità dell’uso di ἀδελφός nei rapporti tra sovrano e sottoposti (e, indirettamente, quello di πατήρ)6 e amplia le conoscenze sullo sviluppo della titolatura aulica, dal momento che lo stesso Olimpiodoro, oggetto della ‘promozione’ da parte del sovrano, assurse al rango denominato τῶν πρώτων φίλων. A giudicare quindi da questo documento epigrafico e dalle altre fonti, se ne deduce che sotto Seleuco IV vi fosse una scansione di amici del re, che comprendeva personaggi che appartenevano alla classe τῶν τιμωμένων φίλων (Aristoloco) e altri a quella, superiore, denominata τῶν πρώτων φίλων, mentre ancora non attestato è il rango del συγγενής (probabilmente introdotto solo sotto Antioco IV)7.
Ma è evidente che soprattutto gli aspetti istituzionali, amministrativo-fiscali e religiosi hanno suscitato il maggior interesse nella scholarship. Punto focale del dibattito è il rapporto con il capitolo III di 2 Maccabei, dove è descritto il tentativo di spoliazione del Tempio di Gerusalemme da parte di Eliodoro, prontamente bloccato dall’intervento divino, sotto forma di un cavaliere8.
Non si può prescindere da un riesame della figura di Seleuco IV, nel quadro più generale dell’atteggiamento nei confronti dei templi e santuari, soprattutto anellenici (giudaici e non), da parte di Antioco III e dei figli, Seleuco IV appunto e Antioco IV: in altri termini, quella che, non senza imprecisioni e anacronismi, è stata chiamata la “politica religiosa dei Seleucidi”9.
La posizione degli Ebrei sotto questa dinastia è nota dalla documentazione giudaica, soprattutto 1 e 2 Maccabei e il Libro di Daniele e, in modo tangente a questa produzione, Flavio Giuseppe, nelle Antichità giudaiche (senza trascurare alcuni rimandi nella Guerra giudaica). Le fonti ebraiche rappresentano una faccia del problema, in questo caso davvero prismatico, in cui la loro soggettività, e tanto più un testo problematico per l’indagine storica come 1 Maccabei10, è controbilanciata dalla parzialità e dalle reticenze delle fonti classiche (a partire dallo stesso Polibio) e anche da quelle epigrafiche (una lettera che contiene il πρόσταγμα di un sovrano è documento altamente soggettivo, così come lo è appunto la lettera di Seleuco ad Eliodoro).
Punto di partenza è il rapporto di Antioco III con i Giudei e più in generale con le altre entità templari anelleniche. Nelle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe, in particolare, vi è una lunga sezione che riguarda il suo comportamento con i Giudei11. I documenti ivi riprodotti, per quanto di autenticità discussa, riflettono una situazione di convivenza pacifica, se non idilliaca, improntata a grande rispetto (dopo le malversazioni del funzionario lagide Scopas, sconfitto da Antioco).
Non è qui il caso di ripercorrere tutte le vicende tra III e II secolo relative ai Giudei, nell’ambito degli scontri e dei complessi rapporti tra Tolemei e Seleucidi legati alla quinta guerra siriaca e alla successiva pacificazione tra le due dinastie con le nozze tra Tolemeo V e Cleopatra I Syra, figlia di Antioco III, che portò o avrebbe portato in dote i territori di Celesiria, Fenicia, Samaria, Giudea, con l’obbligo del tributo12. La politica di aperte concessioni, fiscali e non, nella regione divenne ancor più necessaria soprattutto quando la crisi della monarchia seleucide cominciò ad essere irreversibile, ovvero dalla metà del II secolo in poi. In modo spesso strumentale le città, come quelle della Fenicia o anche Seleucia di Pieria, divennero o vennero riconosciute sacre e inviolabili, come è attestato nella documentazione numismatica13.
Venendo più propriamente a Seleuco IV, è indubbio che questi sia sovrano rimasto spesso in un cono d’ombra nel giudizio degli antichi, schiacciato da due personaggi importanti e ingombranti come il padre Antioco III e il fratello minore Antioco IV, che segnano i due poli, positivo e negativo, dell’atteggiamento nei confronti dei Giudei. Un sovrano, che, è bene precisarlo, unico nella dinastia fino a quel momento, adottò un epiteto familiare dalla chiara valenza: Philopator. Ovvero la dichiarazione di una regalità che si inseriva, programmaticamente, nel solco della politica paterna, come attesta anche il dossier di Maresha.
Di tale proclamata continuità dinastica, e in particolare con il padre, un segno, ma in negativo, è colto dalla tradizione letteraria, rappresentata da Polibio (se a lui va ascritta una problematica voce della Suda)14, e successivamente da Appiano e Girolamo (le ultime due fonti potrebbero in qualche misura dipendere dallo storico acheo).
Il primo, che chiama Seleuco figlio διάδοχος, sostiene che costui regnò ἀπράκτως e ἀσθενῶς a causa della συμφορά paterna (ovvero la sconfitta nella guerra romano-siriaca, con le sue conseguenze)15. Girolamo, in polemica con Porfirio riguardo all’interpretazione di Dan. 11.20, afferma che il sovrano “nihil dignum Syriae et patris gessit et absque ullis proeliis ingloriosus periit16.
Gli studiosi moderni, prima della pubblicazione del dossier di Maresha, si sono lasciati spesso influenzare da questi passi, svalutando l’operato di Seleuco o sostanzialmente trascurandone gli anni di regno. Poche le voci dissenzienti, tra cui si ricordano quelle di Habicht17, Grainger18 e Mileta19.
Molti hanno sottolineato le grandi difficoltà del sovrano, in primo luogo economiche per le conseguenze della pace di Apamea (anche se la drammaticità della situazione finanziaria dei Seleucidi è stata ridimensionata, in particolare da G. Le Rider)20. Rimane comunque il fatto che i sovrani ebbero difficoltà a garantire puntualmente i pagamenti a Roma, come testimonia un passo di Livio relativo ad Antioco IV (e databile al 173)21. E dunque un’interpretazione ben diffusa del tentativo di Eliodoro di spoliazione del Tempio è generalmente connessa con il dissesto delle finanze seleucidiche. Soluzione apparentemente semplice e lineare, ma non per questo la più persuasiva.
A ciò si aggiungano le difficili contingenze geopolitiche, in cui va inquadrata anche la politica matrimoniale e dinastica di Seleuco IV. Egli infatti sposò la vedova del fratello, Laodice IV (probabilmente sua stessa sorella)22, e saldo sembra essere stato il rapporto con la madre, Laodice III, ancora viva nel 177/623 (oltre che da ovvi motivi di affetto filiale, ciò sembra essere dettato dall’esigenza di ribadire l’unità familiare, dopo le scelte “imbarazzanti” del padre, Antioco III, che aveva ripudiato o emarginato la consorte, sorella di Farnace I del Ponto, a favore di una giovane donna di Calcide nel 192)24.
Se è vero che Seleuco IV allacciò o cercò di allacciare buoni rapporti con la Lega achea, con gli Ateniesi, con Perseo, anche attraverso legami matrimoniali, che ebbero risonanze mediatiche nell’ecumene ellenistica, d’altro canto non si può sottovalutare come in Asia Minore volesse o fosse costretto a rimanere fedele alla pace di Apamea: lo dimostra il suo mancato aiuto, ancorché promesso, a Farnace I nello scontro con l’attalide Eumene II. Un caso di Realpolitik, di scelta prudente forse suggerita anche da un’ambasceria romana25.
Venendo alla situazione orientale e tralasciando la possibile minaccia del re greco-battriano Demetrio I al regno seleucide, Grainger ha valorizzato un frammento di una tavoletta babilonese, in precedenza pressoché ignorato, in cui si parla di uno στρατηγός di Susa (ovvero Seleucia sull’Euleo) impegnato militarmente contro i nemici nel 183. Ciò può significare problemi di carattere militare nella stessa Susiana oppure in Elimaide (dove pochi anni prima Antioco III aveva trovato la morte) oppure anche nella stessa Perside, in gran parte sotto il controllo della dinastia dei fratarakā, anche se il loro esatto rapporto con i Seleucidi all’epoca in questione è oggetto di controversia26. Seguendo la cronologia bassa, è suggestivo riferire l’episodio a Vahbarz, generalmente identificato con Oborzus in Polieno: costui si rese responsabile dell’uccisione di tremila katoikoi che erano sotto il suo controllo27. Per Wiesehöfer la ribellione di questo esponente dei fratarakā sarebbe stata sedata da Antioco III, con la sua spedizione del 18728.
Ora, per capi...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. PREFAZIONE
  6. LAUDATIO DI LUCIO TROIANI
  7. ALLE ORIGINI DEL MOVIMENTO CRISTIANO: AZIONI E REAZIONI
  8. LA “STELE DI ELIODORO”, I SELEUCIDI E I GIUDEI. ALCUNE CONSIDERAZIONI
  9. ERODE, GIUSEPPE E IL TEMPIO FRA RELIGIONE, POLITICA, CULTURA
  10. GESÙ PRETENDEVA REALMENTE DI ESSERE IL RE DEI GIUDEI?
  11. BETWEEN HISTORY AND FICTION: 3 MACC. AND THE EVENTS OF 38-41 CE IN ALEXANDRIA
  12. LA POLITICA IN GIUDEA DEGLI ANNI 50 CE: L’USO DEL NUOVO TESTAMENTO
  13. INTERVENTI PERSONALI NELLA BIBBIA DI FLAVIO GIUSEPPE: IL CASO DI ANT. III 38
  14. LE CAUSE DELLA RIVOLTA GIUDAICA SOTTO TRAIANO
  15. NEW PERSPECTIVES ON THE “WAR OF QITOS”
  16. ERETZ-ISRAEL AND DIASPORA: VARIATIONS ON THE CATEGORY BLUES
  17. LIBIDINOSUS ET PESTIFER: NUOVI NEMICI, PAROLE IN PARTE NUOVE E RELIGIONE TRA TERZO E QUARTO SECOLO
  18. CONCLUSIONI