Deleuze, i movimenti aberranti
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Deleuze, i movimenti aberranti

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Deleuze, i movimenti aberranti

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I movimenti aberranti è uno dei più importanti testi dedicati al pensiero di Gilles Deleuze, che la presente traduzione rende infine disponibile al lettore italiano. Il titolo del volume indica un concetto prezioso per attraversare la fitta selva di "logiche irrazionali" prodotta dal pensiero deleuziano e ingaggiare un intenso confronto teorico con il suo lessico e la sua concettualità. Questo percorso si concretizza attraverso molteplici temi e figure appartenenti a campi disciplinari eterogenei, fra cui l'arte, la scienza, la psicoanalisi, l'antropologia e la sociologia. Il testo di David Lapoujade costituisce un'opera fondamentale, in virtù della sua chiarezza, per leggere Deleuze e una proposta filosofica netta per interpretare il mondo contemporaneo. Per questo, Lapoujade evidenzia il carattere fortemente creativo e politico della produzione teorica del filosofo francese, dal momento che "il pensare, per Deleuze, è sempre concepito come un atto guerriero".

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Information

CAPITOLO VI
SCHIZO SIVE NATURA

È vero, con Guattari tutto cambia: lo strutturalismo cede il posto a un macchinismo generalizzato e la filosofia diviene da parte a parte pratica, come si evince in particolar modo, appena dopo L’Anti-Edi-po, dalla rilettura di Spinoza. Logica del senso distingueva due inconsci, uno di pulsioni e uno di pensiero: il primo situato nelle profondità del corpo, il secondo costitutivo della superficie del pensiero. Tutte le avventure dell’eroe perverso, Edipo o Ercole, consistevano nel passaggio da un inconscio all’altro, con la simbolizzazione e la sublimazione quali processi di trasmutazione. Passare dall’effettuazione nei corpi alla contro-effettuazione nel pensiero, liberare un doppio incorporale sulla superficie dei corpi. Con L’Anti-Edipo tutto cambia. Non c’è più simbolizzazione né sublimazione perché ora c’è solamente un inconscio. L’Anti-Edipo afferma l’univocità dell’inconscio.1 In queste condizioni, cosa ne è del problema del fondamento e della ripartizione di fatto e diritto che ne dipende? Si potrebbe pensare che Deleuze abbandoni tutti questi problemi, divenuti ora troppo speculativi, troppo teorici. Non sostiene, infatti, che con il Maggio Sessantotto, e in particolar modo grazie a Guattari, è avvenuto per lui un «passaggio dal diritto alla politica»? Possiamo sostenere di trovarci dinanzi all’inizio di una nuova filosofia, animata da tutt’altra scrittura e da tutt’altri fini?
Tutto cambia, incontestabilmente. Ma sino a che punto? L’Anti-Edipo è descritto come un libro d’ispirazione kantiana che interroga la legittimità della psicoanalisi nella sua concezione dell’inconscio. Non si tratta pertanto di una nuova ripresa della Critica della ragion pura condotta, questa volta, in nome delle sintesi immanenti del desiderio, con la psicoanalisi a svolgere il ruolo della metafisica? Da cosa cominciare secondo diritto: proprio da Edipo e dalle sintesi trascendenti che ne determinano la struttura? Oppure bisogna sostenere che la «psicoanalisi rimane all’età precritica»2 e proporre un’altra immagine dell’inconscio? Si comprende in tal modo perché Deleuze abbia dichiarato alla fine della sua vita che la questione dell’immagine del pensiero l’ha sempre affascinato.3 A ben vedere, è questo il problema centrale de L’Anti-Edipo. Che non si fraintenda: Deleuze e Guattari non contestano l’esistenza d’Edipo, né il suo ruolo strutturante. Gli psicoanalisti hanno tutto il diritto di dire: Edipo non l’abbiamo inventato noi, è un fatto. La psicoanalisi può così stabilirlo come diritto, nella sua versione strutturale. Ma in tal modo essa non fa che ricalcare il diritto sul fatto, elevando a livello simbolico della struttura l’insieme delle operazioni concrete attraverso cui si edipizza innanzitutto l’inconscio. È proprio a questo livello che si pone il problema, al livello di un’immagine di diritto dell’inconscio. Che l’inconscio sia edipizzato nei fatti, ch’esso sia «universale» de facto, è sufficiente per autorizzare a pensare ch’esso lo sia di diritto? È proprio da Edipo che bisogna partire? O c’è un fondo, un senza-fondo anedipico che lo precede di diritto? Le primissime pagine de L’Anti-Edipo l’annunciano con gran chiarezza: occorre prendere le mosse dalla macchinazione molecolare schizofrenica del desiderio, ciò che Deleuze e Guattari chiamano, con i termini di Lacan, la «inorganizzazione reale del desiderio». A questo livello, l’inconscio non è strutturato né come un linguaggio, né da Edipo: non è affatto strutturato.
Se le cose stanno così, qual è dunque il ruolo giocato da Edipo? La risposta a tale domanda non tarda a profilarsi: Edipo gioca il ruolo di fondamento. O almeno è la funzione che intendono attribuirgli, ognuna alla propria maniera, l’etnologia strutturale e la psicoanalisi nella sua doppia versione personologica e strutturale. Certo, “fondamento” non va preso qui nel senso classico dacché l’operazione di fondare non riposa più su nessun contenuto positivo. Ora il fondamento è una forma vuota o una mancanza, che agisce tuttavia ancora meglio come condizione strutturale tanto da diventare la legge di ciò che manca. Nel primo caso, la proibizione dell’incesto agisce come una condizione per difetto, ma il cui rovescio positivo consiste nell’istituzione delle regole sociali ch’essa rende possibile. Ciò che importa nella proibizione dell’incesto, consiste meno in quel che interdice che nelle regole di reciprocità che permette d’istituire. Nell’altro caso, Edipo è ciò che struttura o «triangola» l’inconscio. Se anche qui si tratta d’una condizione per difetto, questa volta lo è nel senso in cui il difetto, la mancanza o l’assenza sono introdotte nel desiderio per dotarlo sia della sua legge, sia del suo senso. «Questo qualcosa di comune, di trascendente o di assente, lo si chiamerà fallo o legge, per designare significante “il” che distribuisce nell’insieme della catena gli effetti di significazione».4
Il fondamento non ha più realtà ontologica, ma conserva tutta la sua efficacia a livello simbolico; è il centro mobile che rende possibile la distribuzione di senso, che permette le distinzioni di persone, di funzioni e di ruoli. Conserva la maggior parte degli attributi dell’antico fondamento destituito, e da ciò deriva il suo retrogusto teologico.5 È vero che, senza di lui, si continuerebbe a considerare tanto le regole sociali primitive quanto il contenuto dei sogni, dei sintomi, dei deliri come fondati sull’arbitrario o sul capriccio, sulla contingenza o sul costume e, in tal modo, privati di senso e di intellegibilità come accadeva nei primissimi tempi dell’etnologia e della psichiatria. Ma forse è proprio questa l’alternativa, il double bind – inerente alla nozione di senso – da cui giustamente L’Anti-Edipo vuole uscire: o l’arbitrario empirico e le sue contingenze, o la struttura simbolica e la sua necessità. Una cosa è sicura, in ogni caso: osservato dal punto di vista del macchinismo, lo strutturalismo non è più ciò che ci libera dal fondamento, bensì ciò che ci mantiene sotto il suo giogo, anche post mortem.
Qual è infatti, per Deleuze e Guattari, il mezzo più sicuro escogitato dalla psicoanalisi per snaturare l’inconscio e introdurvi una trascendenza che lo fondi? È il significante come principio di distribuzione delle significazioni. Occorre che l’inconscio voglia dire qualcosa e che la psicoanalisi sia la sola fondata e legittimata a decifrarne il senso. È uno dei rovesciamenti più evidenti de L’Anti-Edipo rispetto a Logica del senso: il significante diviene la nuova trascendenza nello stesso tempo in cui la psicoanalisi diviene la nuova metafisica che si tratta, seguendo il modello kantiano, di sottoporre a una critica.6 Se l’antica metafisica imponeva l’alternativa seguente: o un fondo indifferenziato, o un Essere sovranamente individuato, l’alternativa della psicoanalisi si pone in termini analoghi: o la notte dell’indifferenziato, le identificazioni immaginarie dell’io alle persone parentali, la confusione nevrotica, oppure delle differenziazioni strutturanti nell’io e delle figure parentali individualizzate.7 In tali condizioni, non è difficile concepire lo psicoanalista come il nuovo prete al servizio di questa metafisica. Siamo di fronte a una fondazione teorica che serve alla legittimazione pratica della cura – una doppia operazione da cui discende la doppia critica de L’Anti-Edipo, condotta su un livello sia teorico che pratico.
Da quale nuova immagine dell’inconscio occorre dunque partire? Il primato accordato allo schizofrenico cosa impone al riguardo? Non si parte più dalla struttura e dalle sue trasformazioni, bensì dalle macchine e dai loro malfunzionamenti. Il punto di partenza apparente è il corpo, non quello organico però, né il corpo vissuto, ma il corpo per com’è prodotto nel e dal desiderio: il punto di partenza è il corpo desiderante. Perché il «desiderio passa certo per il corpo, per gli organi».8 Sono le celeberrime righe d’apertura de L’Anti-Edipo. «L’(es) funziona ovunque, ora senza sosta, ora discontinuo. Respira, scalda, mangia. Caca, fotte. Che errore aver detto l’(es). Ovunque sono macchine, per niente metaforicamente: macchine di macchine, coi loro accoppiamenti, con le loro connessioni».9 Si ritrova qui il mondo dell’Es, o meglio, dei molteplici Es, descritto da Differenza e ripetizione, nel quale gli organi si costituivano attraverso la contrazione degli elementi di cui si compongono. È il mondo della produzione primaria delle «macchine-organi» del corpo. Queste sono gli elementi molecolari o le pulsioni dell’inconscio.10
Non si considera il corpo in quanto formato organicamente, ma in quanto è l’energia desiderante a farlo funzionare. Da questo punto di vista, il corpo non è dato, è prodotto dalle sintesi proprie a ciascun organo. Gli organi letteralmente fanno corpo con e attraverso ciò che sintetizzano. L’occhio sintetizza un flusso di luce per emetterne uno di visione, oppure un organo sintetizza il flusso di un altro organo, come la bocca «taglia» il latte che fluisce dal seno. Sintetizzare un flusso vuol dire emetterne uno nuovo a partire da quello sul quale ci si attacca o da quello che si «taglia». La sintesi non produce alcun oggetto esteriore a sé, produce solamente della produzione. Il corpo è prodotto, ma come produttore (flusso di visione, di secrezioni, di parola, e così via). Se bisogna concepire la sintesi come «taglio», ciò non accade soltanto perché essa interrompe un flusso continuo di materia (luce, latte, suono), una «continuità pura che una materia possiede idealmente»,11 ma anche perché gli organi producono i loro flussi a partire dalla materia che contraggono.
Tuttavia, questo rappresenta solamente un primo aspetto. Non c’è nulla di aberrante sinché si resta a questo livello. Le macchine-organi formano degli organismi produttori, secretori, sintetizzatori, come l’occhio abbinato a ciò vede, lo stomaco a ciò che digerisce, la bocca a ciò che ingerisce o proferisce. «Le macchine desideranti ci danno un organismo».12 Perché non parlare allora del corpo come di un organismo? Perché affermare ogni volta l’irriducibile molteplicità degli organi di questo corpo, la loro stessa disparazione, contro ogni unità organica? Perché prendere l’esempio dello schizofrenico il cui corpo può funzionare solo se è connesso a degli elementi non organici, come nel caso del piccolo Joey di Bruno Bettelheim che non può mangiare se non è connesso a una fonte elettrica immaginaria?
Il punto è che, nonostante il desiderio passi necessariamente attraverso degli organi, capita che non sopporti più la maniera in cui essi si organizzano. Tutto accade allora come se il desiderio, definito come quantità intensiva, non riuscisse più a far circolare liberamente i propri flussi. Da ciò la creazione di un corpo senza organi, grande massa indifferenziata, improduttiva, che respinge gli organi o...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. LE DEHORS: LA LIBERTÀ DEL FUORI
  6. NOTA DEL CURATORE
  7. INTRODUZIONE – I MOVIMENTI ABERRANTI
  8. CAPITOLO I – LA QUESTIONE DELLA TERRA
  9. CAPITOLO II – I CIRCOLI DEL FONDAMENTO
  10. CAPITOLO III – TRE SINTESI (O “CHE COS’È SUCCESSO”?)
  11. CAPITOLO IV – CONSEGUENZE: L’EMPIRISMO TRASCENDENTALE
  12. CAPITOLO V – IL PERVERSO E LO SCHIZOFRENICO
  13. CAPITOLO VI – SCHIZO SIVE NATURA
  14. CAPITOLO VII – LE TRIADI DELLA TERRA
  15. CAPITOLO VIII – POPOLI E SPOPOLATORI
  16. CAPITOLO IX – FENDERE LA MONADE
  17. CAPITOLO X – DEL DELIRIO
  18. CONCLUSIONE – FILOSOFIA-LIMITE
  19. LA FILOSOFIA ABERRANTE
  20. BIBLIOGRAFIA