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Questo volume si concentra sulla produzione macintyreana che precede Dopo la virtù (1981) e costituisce quindi un'ottima introduzione alla sua comprensione. Lo scopo principale è quello di collocare il percorso teorico di MacIntyre nella prospettiva di una critica radicale del liberalismo inteso come forma di vita sociale. In quest'ottica il suo background marxista e la riattualizzazione della filosofia pratica aristotelica che egli sviluppa vanno valutati in tutta la loro portata sovversiva.
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Topic
FilosofíaSubtopic
Historia y teoría filosóficasCAPITOLO 1
MACINTYRE E IL MARXISMO
Nella prefazione alla prima edizione di After Virtue MacIntyre dichiara che l’opera nasce da due diverse istanze, le quali a prima vista sembrano avere poco a che fare l’una con l’altra. La prima riguarda lo statuto epistemico della filosofia morale, mentre la seconda ha a che fare con la giustificazione filosofica del rifiuto morale dello stalinismo1. La letteratura critica più recente e qualificata ha compreso l’impossibilità di analizzare tali due istanze separatamente in quanto la seconda sembra stare in qualche modo all’origine della prima. Ciò significa che la critica della filosofia morale moderna e la riattualizzazione di una prospettiva etica aristotelica – che trovano compimento in After Virtue – risultano incomprensibili considerate a parte rispetto alla lunga e tormentata Auseinandersetzung macintyreana col marxismo, dalla quale sarà opportuno partire alla luce di alcuni dati biografici.
MacIntyre e il marxismo inglese
Nato nel 1929 a Glasgow da una famiglia di origine irlandese, MacIntyre studia lingue e letterature classiche all’Università di Londra alla fine degli anni Quaranta2. Il bipolarismo internazionale precipuo della Guerra fredda si riflette, in modalità complesse e a volte contorte, nella sinistra britannica, in particolare nella divisione tra l’egemone Partito laburista e il Partito comunista (CPGB), affatto popolare nelle organizzazioni sindacali. Durante il suo periodo londinese MacIntyre fu allo stesso tempo membro del CPGB e della Chiesa anglicana, un legame – quello tra comunismo e cristianesimo – che MacIntyre avrebbe approfondito nel suo primo volume Marxism: An Interpretation (1953) alla ricerca dei legami tra la teologia cristiana e la teoria marxista.
In seguito il giovane scozzese si sposta all’Università di Manchester per studiare filosofia; qui diviene presbiteriano e lavora come lettore tra il 1951 e il 1957, periodo caratterizzato a livello politico internazionale dai primi passi del Movimento dei paesi non allineati (1955), dalla denuncia chrushoviana di una parte dei crimini staliniani, dall’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe del Patto di Varsavia e dall’occupazione anglo-franco-israeliana del Canale di Suez (1956). Tali rivolgimenti favorirono la nascita in Gran Bretagna di una New Left nel tentativo di tracciare una terza via tra comunismo e capitalismo e tra i loro alleati politici di sinistra, lo stalinismo e la socialdemocrazia3.
Prima di addentrarci nelle peripezie dell’impegno marxista macintyreano è opportuno soffermarci sui caratteri precipui del marxismo inglese. Molti studiosi concordano nel descriverlo come un fenomeno assai peculiare, un forma ibrida che riceve contributi decisivi, per la costituzione della sua propria consapevolezza, soprattutto da parte della storiografia di impostazione liberal-radicale e quindi della tradizione illuministica anglosassone4. In questo ambiente il marxismo viene considerato come il legittimo erede delle istanze illuministiche ed è animato da un pathos morale assai spiccato. Da questo punto di vista esso si pone come punto di riferimento per quelle istanze di liberazione che attraversano la storia europea e che, ancora prima che nel movimento illuminista, trovarono ascolto nei movimenti religiosi popolari.
A questa tradizione storiografica si rifà un personaggio a nostro parere decisivo per la biografia e l’opera teorica di MacIntyre, vale a dire Edward Palmer Thompson. Il suo capolavoro del 1963, The Making of the English Working Class5, è una delle opere che hanno maggiormente contribuito a formare il retroterra storico e sociale in cui si muove il pensiero macintyriano. David McNally descrive così il progetto teorico e politico di Thompson:
Centrale era la battaglia contro le tendenze reificanti del pensiero borghese – contro la sua propensione a ridurre gli esseri umani, le loro relazioni sociali e le loro esperienze storiche a relazioni tra cose che determinano completamente la vita sociale. In quanto forma di socialismo che ha liquidato ‘l’ingrediente dell’umanità’, lo stalinismo ha perso di vista il fatto che, per quanto condizionati da circostanze oggettive, in ultima istanza gli esseri umani hanno fatto la loro storia.6
Il pensiero reificante – sotto qualsiasi spoglia si presenti – è quindi il nemico principale di tale approccio storiografico. Non a caso nella prefazione del suo capolavoro Thompson descrive la classe come un fenomeno storico che unisce una varietà di fatti disparati e apparentemente sconnessi, sia nella materia prima dell’esperienza vissuta, sia nella coscienza: la classe è qualcosa che avviene nei rapporti umani7. La coscienza di classe si forma attraverso il modo in cui l’esperienza viene vissuta e riplasmata in termini culturali e quindi non può dirsi in senso rigoroso “determinata”. Non è un caso inoltre che lo storico inglese valorizzi, laddove è possibile, il contributo di alcuni movimenti religiosi al prodursi della classe operaia e che usi con cognizione di causa l’espressione “comunità operaia”8. In definitiva la tesi di fondo di Thompson è che ciò che genera il montante radicalismo operaio inglese a cavallo tra ‘700 e ‘800 non sono solo istanze di tipo economico ma, soprattutto, di tipo morale: la resistenza cosciente del popolo all’erosione di antichi modi di vita va di pari passo con la crescita del radicalismo politico9. Di tale ethos antico fa parte anche un’“economia a sfondo morale” che condanna qualsiasi tentativo di trarre profitto dalle necessità del popolo. Vi sono inoltre quelli che Thompson chiama i diritti del free-born Englishman che individuano un comune consenso intorno a un insieme di libertà negative e positive di origine medievale: libertà dal dominio straniero, libertà dall’arresto arbitrario e dalla detenzione illegittima (habeas corpus), libertà dal dispotismo (vale a dire da ogni potere non limitato), libertà di opposizione parlamentare, libertà di protesta, libertà di commercio e di vendita della forza-lavoro10. Il fatto che questi diritti fossero costituzionalmente riconosciuti, che il ricco e il povero fossero (almeno in teoria) uguali di fronte alla legge era fonte di orgoglio popolare.
È chiaro che è consustanziale a tale impostazione thompsoniana la critica di ogni lettura in senso deterministico della coppia categoriale marxiana struttura/sovrastruttura, sino al punto di sospettare perfino della stessa utilità di tale strumento teorico, visto che la classe è un fatto tanto economico quanto culturale e risulta impossibile dare una priorità teorica a un aspetto o all’altro11. Il problema della riformulazione del rapporto tra struttura (base) e sovrastruttura tornerà più volte nell’opera di MacIntyre, come vedremo.
Nella tradizione storiografica marxista inglese la centralità dell’elemento morale all’interno dell’oggetto di studio si riverbera nello sguardo medesimo dello studioso, il quale, per leggere in maniera oggettiva il fenomeno che intende spiegare, deve porsi in una relazione simpatetica con esso12. Ecco perché questa storiografia è interessata a descrivere tanto lo sfruttamento delle classi lavoratrici quanto la loro tensione verso la rivolta: ciò permette allo storico quell’identificazione empatica richiesta per un’interpretazione fedele al fenomeno storico. Una sottovalutazione dell’agency delle classi lavoratrici impedirebbe l’instaurarsi di quella compassione o simpatia che si pone come vero e proprio prerequisito epistemologico della ricerca. Se questo è vero, lo storico non può non proporsi come studioso politicamente engagé, poiché l’impegno nasce dalla percezione morale dell’incongruenza tra ideale e realtà, che lo storico riconosce tanto nel suo proprio oggetto di studio quanto nella realtà sociale che egli stesso vive13. In tale prospettiva l’esperienza morale ha sempre un carattere sovversivo. Proprio tale attenzione all’esperienza morale e all’agency delle classi sociali porta la tradizione storiografica marxista inglese verso il marxismo gramsciano e la sua cura delle dinamiche ideologiche popolari14.
Thompson è probabilmente il personaggio intellettualmente più carismatico della New Left, la quale non va pensata come un movimento quanto piuttosto come un milieu nel quale si incontravano diverse sensibilità politiche. L’istanza trainante che portò una nuova generazione di attivisti a contatto con la New Left fu quella del disarmo nucleare, la quale nel 1958 diede vita a una vera e propria campagna di proteste e manifestazioni pubbliche rivolte non solo contro il governo ma anche contro la dirigenza del Partito laburista e del Partito comunista.
MacIntyre non sembra coinvolto attivamente in questa campagna anche se a partire dal 1958 comincia a collaborare con le due principali riviste gravitanti intorno alla New Left, la Universities & Left Review e The New Reasoner. È proprio all’interno di quest’ultima che MacIntyre pubblica tra il 1958 e il 1959 un importante saggio del quale ci occuperemo diffusamente più avanti, Notes from the Moral Wilderness, il quale, a partire dalla discussione in corso sulla natura umanistica del socialismo inaugurata da Thompson, presenta una serie di istanze che si riveleranno decisive nel prosieguo del suo percorso di ricerca.
A causa soprattutto della rottura della New Left con l’eredità politica e intellettuale di Lenin, MacIntyre si allontana da questi ambienti e aderisce nel giugno 1959 alla principale organizzazione trotskista britannica, Socialist Labour League (SLL), operante all’interno del Partito laburista. Ma già l’an...
Table of contents
- Copertina
- Circa l’autore
- Frontespizio
- Copyright
- Indice
- Dedica
- Introduzione
- Capitolo 1 – MacIntyre e il marxismo
- Capitolo 2 – Una storia dell’etica
- Capitolo 3 – Teoria dell’azione e scienze sociali
- Conclusioni: I principi e le forme sociali e politiche di una società giusta
- Bibliografia
- Indice dei nomi