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CILIEGI, ANIMALI, TANE: LO SPAZIO DELLA NATURA TRA DOMESTICO E SELVATICO
Mettere in relazione Mario Rigoni Stern con lâidea di natura è senza dubbio unâazione elementare, il punto di partenza e un modo condiviso per riflettere sullo scrittore e i suoi libri. La vita non umana della montagna, e non solo, ha un ruolo centrale nellâintera opera di Rigoni Stern, che ha consegnato ai lettori passati e presenti un legame indiscutibile fra la sua figura e il mondo naturale. In un certo modo, per la tradizione letteraria italiana novecentesca, Rigoni Stern è per antonomasia lo scrittore della natura. Tuttavia, la natura per lo scrittore non è semplicemente un tema, leggibile nei tanti titoli delle raccolte di racconti fatti di boschi, api, animali, arboreti. Le tante forme della vita non umana sono infatti anche un filo, una vena sotterranea, che trova uno spazio e un ruolo in tutta lâopera dello scrittore, dai racconti dedicati alla guerra alle riflessioni sulla propria terra natale. La natura, come voce conduttrice dellâesperienza umana, sfuma le fratture tematiche limando la distanza fra guerra e pace, unendo momenti di vita, esperienze e riflessioni in un unico grande filo narrativo dedicato al fragile equilibrio del rapporto umano con il mondo.
Molti, tra lettori attenti e critici letterari, hanno portato in evidenza il legame che la narrativa di Rigoni Stern intrattiene con la natura come tema, idea, forma; Mendicino parla del âsenso della naturaâ nelle opere dello scrittore, definendo la natura come âtema irrinunciabileâ1, traccia costante che stabilisce il rapporto fra lo scrittore e il mondo. Nel numero monografico della rivista âFinnegansâ dedicato allo scrittore, pubblicato nel 20122, le voci di studiosi e amici si confrontano sulla vita e sullâopera di Rigoni Stern facendo continuo riferimento agli elementi della sfera naturale che, insieme allâesperienza bellica, hanno contribuito alla definizione della sua figura. Folco Portinari, introducendo una raccolta di racconti dello scrittore interamente dedicati alla guerra, sottolinea il rapporto stretto fra esperienza bellica e mondo naturale, facce indivisibili di una stessa medaglia. Alberi, animali e fiori sono allora creature fatte del âmedesimo impastoâ3 degli uomini. E come gli uomini, gli elementi della natura si rapportano e confliggono sulla pagina; e come la guerra, il mondo naturale è fonte dalla quale trarre conoscenza e consapevolezza.
Le continuitĂ fra mondo naturale e vicenda umana (di cui guerra e quotidianitĂ nella pace sono solo alcune fra le tante sfaccettature) sia nella vita che negli scritti di Rigoni Stern richiedono unâattenzione particolare e suggeriscono una domanda: che cosâè la natura per Rigoni Stern? Questo interrogativo, che probabilmente i molti lettori dello scrittore dellâAltipiano si sono posti, può essere un punto di partenza per comprendere le ragioni della presenza di alberi e animali sulla pagina narrativa, ma soprattutto per avvicinarsi allâumano che abita la stessa pagina. Partendo da questa domanda è forse possibile comprendere al meglio il rapporto fra uomo e natura nella letteratura di Rigoni Stern, finanche arrivare a riflettere â attraverso la letteratura stessa â sullâintreccio fra natura e umano dellâambiente alpino contemporaneo. Ecco allora le ragioni di un approccio geo-letterario che guardi al testo come a un sentiero da percorrere per avvicinarsi ai nodi che il presente ci offre. Tra le sfide della contemporaneitĂ , Rigoni Stern aveva intuito la necessitĂ di dare voce alla natura come elemento chiave della definizione dellâessere umano in societĂ , e delle sue azioni, nellâepoca passata e contemporanea.
Lo sguardo geografico, attento alle forme che il rapporto fra società e natura genera nello spazio quotidiano, trova fertili spunti nel modo in cui la parola letteraria dà forma a questo rapporto in romanzi e racconti. Prima però di interrogare i testi di Rigoni Stern, vale la pena prestare attenzione al modo in cui la geografia come disciplina si è rapportata alla complessità della natura come oggetto di studio nel tempo.
Geografia, natura e letteratura
Come ci ricorda Noel Castree nel libro dedicato al rapporto sfaccettato fra natura e geografia4, la parola natura ha molteplici accezioni, ed è una parola densa, complessa. La sua complessità è contenuta nella facilitĂ e quotidianitĂ con cui viene utilizzata in diversi contesti, e nel suo parallelo carattere elusivo. Per la filosofa Kate Soper5, la natura è unâidea che ben conosciamo, ma il cui uso e la cui varietĂ portano ad una costante sconfitta definitoria. Delimitare i confini della natura, come parola, oggetto e concetto è lavoro difficile, che rischia di rimanere incompiuto. La geografia, il cui sguardo sta al centro di questo libro, ha tentato nel tempo di riflettere, in maniera piĂš o meno problematica, sulla parola e sul referente materiale (e spaziale!) cui la parola si rivolge. La geografia fisica, polo conoscitivo ed epistemologico, guarda alla natura come oggetto di studio, nella sua configurazione materiale come ambiente allâinterno del quale lâessere umano si inserisce e si è inserito nel tempo. Elementi, fenomeni, processi sono al centro di unâattenzione che guarda al mondo con gli strumenti propri delle scienze dure. Ma la natura non è stata e non sarĂ mai un semplice oggetto di studio da avvicinare con la linearitĂ degli approcci speculari o spettatoriali6. Castree7, infatti, con la prospettiva della geografia umana, richiama la necessitĂ di riflettere sul carattere mediato (e mai immediato) dellâaccesso al mondo naturale. Non esiste una comprensione della natura che sia disgiunta da una cornice culturale e da un sistema di significati. In poche parole, quello che noi conosciamo come natura, quello che noi classifichiamo come natura è il frutto di una continua costruzione in un preciso contesto, e questa costruzione è il risultato dellâintreccio fra materialitĂ e significato. Nel tempo e nello spazio, societĂ diverse hanno portato alla costruzione di nature diverse, dal punto di vista conoscitivo ma anche dal punto di vista materiale. Ogni epoca porta con sĂŠ una determinata concezione di natura, un modo per rapportarsi al mondo naturale fatto di significati e simboli. Il compito della geografia umana è dunque anche quello di esplorare le diverse interpretazioni dellâambiente cui hanno dato vita le societĂ , e di studiare il modo in cui gruppi sociali diversi hanno pensato la natura, rapportandovisi.
La riflessione sul carattere âcostruitoâ della natura ha avuto grande eco negli studi geografici di matrice anglofona, allâinterno dei quali è utile ricordare il giĂ citato Noel Castree e il collega Bruce Braun, e il loro volume Social nature8. Sebbene fino a tempi recenti la dimensione sociale e la dimensione naturale del mondo siano state lette come interrelate ma distinte (con uno sguardo interessato allâinfluenza che la societĂ può esercitare sulla natura, e viceversa), un nuovo approccio al rapporto fra questi campi è emerso dalla fine degli anni â80. In questo periodo, si propose una nuova visione della natura, e si iniziò a cercare, studiare e analizzare i modi in cui essa viene definita e costruita in diversi contesti, con particolare attenzione alle ragioni e conseguenze della sua costruzione. Castree e Braun sottolineano fin dallâinizio il carattere politico della social nature: considerare la natura come una costruzione sociale significa ri-negoziare conoscenze precedentemente fissate, e prendere in considerazione le dimensioni economiche e le relazioni di potere contenute nelle costruzioni stesse.
Alla riflessione geografica si sono intrecciate nel tempo le prospettive di altre discipline interessate alla costruzione del rapporto fra umano e non umano attraverso la definizione di ciò che è natura, e di ciò che non lo è. Antropologia, studi culturali, filosofia e sociologia hanno contribuito ad una riflessione che ha riconosciuto come cifra comune la necessitĂ di superare alcune dicotomie che fino alla seconda metĂ del â900 avevano avuto un ruolo epistemologico fondante: natura e cultura, dimensione sociale e dimensione naturale. Il geografo Owain Jones guarda âdopo la naturaâ9, rifiutando lâidea di una natura come regno indipendente e separato dalla societĂ . Gli antropologi Descola e PĂĄlsson parlano di modelli culturali di natura10, interrogandosi sulle conseguenze del rifiuto del dualismo cultura-natura, e sulla possibilitĂ di definire una nuova antropologia ecologica11, che di fatto tenga in considerazione i molteplici rapporti e intersezioni fra lâumano e il non umano, in diversi contesti culturali e sociali. Lungi dal negare lâesistenza di una realtĂ materiale, che proprio tramite la sua presenza reclama spazio e voce, lâobiettivo di geografi, sociologi, antropologi era quindi quello di rimettere in discussione un confine, un modello di lettura del mondo basato su una netta separazione fra il culturale o sociale e il naturale.
Sono tuttavia evidenti le difficoltĂ di questa messa in discussione. Da un lato, come ci ricorda ancora Jones12, ripensare la natura come concetto significa di riflesso anche ripensare la cultura che dal dualismo natura-cultura era emerso ed emerge. Dallâaltro, lâabbandono di un modello di lettura del mondo richiede la pronta costruzione di nuove prospettive, che non lascino spazio ad una decostruzione pura (per un utile attraversamento delle diverse strategie messe in atto dagli studi geografici per riempire questo vuoto interpretativo, si veda ancora Jones13).
Fra gli approcci proposti dalla geografia umana, è interessante dare voce in questa sede ad un approccio che ha grande risonanza nella contemporaneità (non solo in geografia) e che può fungere da chiave di lettura delle geografie naturali di Mario Rigoni Stern: le more than human geographies. Attraverso la critica allo sguardo costruttivista e sociale14, dal quale emerge una natura che è il piÚ delle volte il semplice contenitore inerte di significati umani, medium malleabile della costruzione del rapporto umano con il mondo, Whatmore suggerisce di ripensare il ruolo attivo della materialità non umana nella costruzione dei significati15. Attraverso il ripensamento del non umano come attore, e non come semplice recettore, Whatmore sposta il focus da una natura costruita da uomini e donne in un determinato contesto sociale e culturale ad una natura che ha voce propria e che contribuisce a costruire, tramite la sua materialità , i significati umani ad essa legati.
La letteratura, nel bel mezzo di questo percorso di ripensamento del rapporto fra umano e non umano e della definizione di natura nella sua dimensione geografica, sembra avere una posizione privilegiata. Tramite il suo lingua...