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Dove finisce il cielo
About this book
Il racconto Ăš la versione romanzata del "Caso Faccani", una storia realmente accaduta a Comacchio (FE) nel 1912, che per la drammaticitĂ degli eventi coinvolse a quel tempo l'intera opinione pubblica nazionale. A lungo se ne occupĂČ la stampa, e sul fatto venne fatta pure una interpellanza parlamentare.
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Information
Subtopic
StorytellingPRIMA PARTE. Lo Sciopero
1 .
Con unâultima spinta sui remi, la prua affilata dellâimbarcazione andĂČ dritta a conficcarsi nel fango della riva. Dâun balzo i due uomini furono a terra e, cercando di non far rumore, in tutta fretta recuperarono il sottile scafo e di peso gli fecero superare il dosso. Poi lo calarono in acqua dalla parte opposta della stretta lingua erbosa e vi salirono sopra, riprendendo subito a vogare.
I due guardiani, in piedi sulla barca, con perfetta sincronia di movimenti spingevano con forza sui remi, nel freddo pungente del mattino. Le pale entravano nellâacqua nello stesso istante, senza schiaffeggiarla, sospingendo la leggera imbarcazione che nella nebbia piuttosto fitta della giornata invernale filava come il vento.
Ogni tanto i due si fermavano e tendevano lâorecchio. Per un poâ non percepirono altro che i soliti rumori della valle, a loro del resto del tutto familiari. Qualche batter dâali, il richiamo della folaga, il salto dâun cefalo fuori dallâacqua, nientâaltro. Ma poi a un tratto avvertirono ben distinto uno sciabordio lontano e il bisbigliare di qualcuno che il vento per un attimo aveva portato nella loro direzione.
âSono loro!...â sussurrĂČ il Comandante. âSono sul dosso del Mantelloâ.
Le due guardie si preoccuparono di sistemare gli schioppi a portata di mano, poi ripresero a vogare. Adesso procedevano adagio, con circospezione, diretti verso la lingua di terra da cui avevano udito provenire le voci. Ormai non dovevano essere lontani, anche se ancora non riuscivano a scorgere alcunchĂ© nella nebbia che nel frattempo sâera fatta piĂč compatta.
Erano ore che i due uomini davano la caccia a quellâimbarcazione. Lâavevano scorta di lontano non appena aveva fatto giorno, quando per un breve istante la nebbia sâera diradata tradendo la presenza dellâaltro velocipede [1] . I due sconosciuti a bordo della barca, resisi conto dâessere stati scoperti, sâerano messi a filare come anguille, tornando ben presto a scomparire nella nebbia.
Le due guardie vallive non avevano perso tempo e subito sâerano buttate allâinseguimento, usando tutte le astuzie del mestiere. Avevano tagliato per le acque basse, facendo uso del paradĂšllo [2] quando non potevano affondare i remi, avevano saltato i dossi portando la barca sulla testa, sâerano appostati fra le canne nella speranza che lâaltra barca gli passasse a tiro. Ma pareva che i due fuggitivi ne sapessero una piĂč del diavolo, perchĂ© dopo diverse ore dâinseguimento ancora non câera stato modo dâacciuffarli.
Poi li avevano perduti del tutto. La barca dei guardiani ormai da piĂč di unâora scivolava sullâacqua senza una meta precisa, nella speranza soltanto di tornare a imbattersi in qualche indizio che consentisse loro di riprendere la caccia.
A tratti i due uomini si fermavano e restavano in ascolto, cercando di captare qualsiasi segnale che rivelasse la presenza dellâaltra imbarcazione. Ma sembrava proprio che il misterioso velocipede si fosse volatilizzato, che fosse scomparso in quel mondo senza confini fatto di nebbia e dâacque stagnanti, che in certi momenti parevano fondersi fra loro.
Eppure i due fuggiaschi non potevano essere lontani. Certamente doveva trattarsi di persone esperte, del mestiere, di due fiocinĂŹni [3] di primâordine se erano riusciti a far perdere le loro tracce a una vecchia volpe come il comandante Ferrari, che faceva la guardia valliva da piĂč di quindici anni ed era abituato a scovare pescatori di frodo anche allâinferno. Il giovane Demetrio guardava con ammirazione le spalle asciutte e muscolose del suo compagno piĂč anziano, che giĂ da molte ore remava in piedi davanti a lui senza dare alcun segno di stanchezza.
Demetrio Faccani, detto «Il Romagnolo», era grato al suo superiore che fin dal primo giorno lâaveva voluto in barca con lui, a fare coppia fissa. PerchĂ© dal comandante Giuseppe Ferrari câera molto da imparare, il ragazzo lo sapeva bene. Anche adesso lo guardava con ammirazione mentre, tutto proteso nella ricerca dâun qualsiasi indizio, pareva a tratti farsi un tuttâuno con il mondo che lo circondava, farsi acqua o farsi nebbia a seconda deglâimpercettibili segnali che solo lui a tratti riusciva a captare.
Fra i due uomini non occorrevano tante parole per intendersi. Non era da molto tempo che il vecchio e il ragazzo lavoravano assieme, appena da qualche settimana, da quando Demetrio era stato assunto in prova allâAzienda Valli come guardia aggiunta, eppure i due andavano dâaccordo come se avessero fatto coppia da una vita intera.
Fra lâanziano comandante e il giovane apprendista sâera subito stabilito un solido rapporto, fatto da un lato da una sincera ammirazione e dalla consapevolezza che quellâuomo taciturno e riservato, a volte anche scontroso, poteva essere per lui un ottimo maestro, e dallâaltro da unâimmediata simpatia del vecchio per quel giovanotto rispettoso e pieno di buona volontĂ .
I due nel frattempo continuavano con ostinazione a cercare qualche segnale che li rimettesse sulle tracce dei pescatori di frodo. Ma per il momento sembrava che la fortuna li avesse abbandonati.
Il vecchio restava immobile a prua, in ascolto. Ogni tanto, senza voltarsi, con impercettibili movimenti del gomito faceva segno al compagno dâavanzare. I remi allora affondavano con una tale delicata precisione, che la barca si spostava senza fare il minimo rumore, come fosse un fantasma che si muoveva sullâacqua.
Poi finalmente câera stato il segno che da tanto tempo i due andavano cercando. Avanti a loro, sulla destra, a non piĂč dâun centinaio di metri di distanza, sâera udito nella nebbia il rumore dâun batter dâali, dâun branco di germani che spiccava il volo. Non poteva trattarsi che dei fuggiaschi che finalmente sâerano traditi, per cui le due guardie avevano subito ripreso lâinseguimento, tornando a remare con foga in quella direzione.
Nello stesso istante sâera udito lo sciabordio dellâaltra barca, il cui equipaggio, resosi conto dâessere stato scoperto, aveva abbandonato ogni precauzione e a sua volta sâera messo a darci dentro con i remi per non farsi raggiungere.
Era durato ancora a lungo lâinseguimento, con momenti in cui le due barche tornavano a perdersi nella nebbia, e altri in cui si ritrovavano e riprendevano a rincorrersi. FinchĂ© i due guardiani non avevano udito le parole portate dal vento, come se gli altri stessero parlando a voce bassa fra di loro, o con qualcuno. Allora avevano capito che gli sconosciuti dovevano aver preso terra sul dosso del Mantello.
âSono lĂ !...â sussurrĂČ il Ferrari, ed entrambe le guardie prepararono gli schioppi.
Sâavvicinarono al dosso con la massima cautela, stando ben attenti a non far rumore. Alla fine pure loro presero terra, un poco piĂč avanti da dove provenivano le voci, e subito iniziarono ad avanzare con le doppiette cariche e i cani rialzati.
A differenza del Ferrari, i cui piedi erano ben protetti in un comodo paio di stivali di cuoio, alti e stretti al polpaccio, gli scarponi del ragazzo erano piuttosto malandati, e le suole di legno lasciavano entrare acqua da ogni parte tutte le volte che affondavano negli acquitrini in prossimitĂ della riva. I due avanzavano con cautela, tenendosi al riparo delle tamerici che la galaverna aveva trasformato in fantastici candelabri di cristallo.
Muovendosi fra i cespugli, le due guardie finalmente riuscirono a scorgere i pescatori di frodo ai quali per tutta la mattinata avevano dato la caccia. BenchĂ© quella non fosse la prima volta che si trovava impegnato in unâazione vera e propria, il giovane Faccani sentiva il cuore dentro il petto che gli batteva allâimpazzata. Non per la paura, si rese conto, ma per la forte eccitazione che quella situazione gli procurava. Senza eccessiva sorpresa, le guardie ben presto si resero conto che assieme ai due della barca adesso câera una terza persona.
Ancora non riuscivano a distinguerne i volti, nascosti in parte comâerano dalle canne e dallâerba alta, perĂČ udivano con chiarezza il loro parlottare animato, seppure sottovoce, come se i tre stessero contrattando. Poi fra i cespugli videro che i due compari passavano al terzo uomo un paio di sacchi pieni per metĂ . A questo punto il comandante Ferrari non ebbe esitazioni. ScambiĂČ un impercettibile cenno dâintesa con Demetrio, e subito i due uscirono allo scoperto con i fucili spianati.
âAlto lĂ ! Fermi tutti e mani in alto!...â intimĂČ il Ferrari, sbucando alle spalle dei due.
Ci fu un momento di grande confusione. Invece dâubbidire come gli altri, il terzo uomo senza un attimo dâesitazione afferrĂČ una rete che aveva a portata di mano e la lanciĂČ in direzione della guardia. Nello stesso tempo se la diede a gambe, sparendo in un baleno fra lâalta vegetazione e fra i sambuchi. Il Faccani da parte sua non esitĂČ un solo istante a imbracciare il fucile e, senza neppure prendere la mira, fece fuoco sul fuggitivo, mancandolo di poco.
âMa cosa state facendo, siete impazziti?... Non sparate, per lâamor di Dio. Non vedete che siamo noi?â
Non appena il Ferrari si fu districato dalla rete, potĂ© finalmente guardare in faccia i due che, per la sorpresa e lo spavento, erano rimasti inchiodati sul posto anche dopo che il loro compare se lâera data a gambe. Ma a quella vista il vecchio comandante ebbe un tuffo al cuore.
â«VilĂ n»... «MignĂŹn»... ma siete proprio voi? Ma come, non Ăš possibile!â
Le guardie ora guardavano increduli i due uomini che sâerano ritrovati davanti. La loro comprensibile sorpresa derivava dal fatto che i ladri di pesce, ai quali per tante ore avevano dato la caccia nella nebbia con la convinzione che si trattasse dâastuti fiocinĂŹni, in realtĂ non erano altro che colleghi, due guardie vallive come loro.
Tomaso Samaritani, detto «Al VilĂ n» perchĂ© nativo della Fontana, e Scarletti Nazzareno, che tutti chiamavano «MignĂŹn», erano due giovani guardie assunte in Azienda da poco piĂč dâun anno, le quali fino a quel momento avevano sempre fatto il loro dovere fino in fondo e sâerano comportati come si doveva.
Lo stupore del Ferrari e del Faccani nel ritrovarsi davanti i volti ben noti dei due compagni di lavoro, aveva fatto perdere loro lâopportunitĂ di gettarsi allâinseguimento del terzo lestofante, che cosĂŹ aveva avuto modo di darsela a gambe senza che fossero neppure riusciti a identificarlo. In compenso i due sacchi pieni per metĂ erano stati abbandonati in mezzo allâerba alta, dove adesso sembravano muoversi da soli.
âScommetto che sono pieni dâanguille, quei due sacchiâ disse il Faccani, guardando dritto negli occhi i colleghi che ancora tenevano le mani sollevate.
âMa cosa avete capito, voi due! Cosa vi passa per la mente...â cominciĂČ a dire «Al VilĂ n», che dei due sembrava quello che si fosse ripreso piĂč alla svelta. DallâanimositĂ del suo tono di voce, non pareva affatto disposto a farsi mettere nel sacco. Era evidente che era lui il capo. âMica siamo ladri di pesce, noi due. Cosa vi salta in mente! Siamo guardie come voiâ.
E intanto aveva abbassato le mani.
Il Ferrari nel frattempo aveva aperto i due sacchi per guardarci dentro e non aveva potuto trattenere un fischio di compiacimento, perchĂ© in ciascuno di essi aveva trovato non meno dâuna trentina di chili dâanguille di prima qualitĂ , tutti miglioramenti [4] pescati la notte prima. Il giovane Faccani intanto, ancora con la doppietta spianata, continuava a tenere a bada i due colleghi.
âSĂŹ, belle guardie che siete voi! Ve lâintendete con i ladri di pesce, altro che storie. E tieni su le mani, tu, che nessuno tâha detto dâabbassarle!â
Lâunico che ancora non aveva aperto bocca era il povero «MignĂŹn» il quale, pallido come un morto, aveva preso a tremare che faceva compassione. «Al VilĂ n» invece pareva che, nonostante lâevidenza, non avesse nessuna intenzione di darsi per vinto e, sempre piĂč infervorandosi, insisteva nella sua improvvisata autodifesa.
âVi siete sbagliati di grosso, voi due. Noi non siamo ladri. Siamo guardie come voi, siamo vostri colleghi, non dimenticatevelo. Abbiamo sorpreso quel fiocinino che pescava di frodo e lâabbiamo fermato per confiscargli il pesce. Ma poi siete arrivati voi, e ce lâavete fatto scappare. Ă questo che stavamo facendo, il nostro dovere, niente di piĂč e niente di meno!â
âSĂŹ, andate a raccontarlo a qualcun altro!â tagliĂČ corto Demetrio che cominciava a perdere la pazienza. La sua onestĂ e il suo innato senso del dovere facevano sĂŹ che quella incresciosa situazione in cui sâera imbattuto lo facesse andare in bestia, molto di piĂč che se avessero sorpreso due ladri di mestiere.
âVoi stavate vendendo anguille rubate, altro che storie. Eravate dâaccordo con quellâaltro mascalzone che Ăš scappato, non ci sono dubbi!â
âMa tu sei matto! Questâidea Ăš soltanto una tua invenzione! E poi cosa vuoi saperne tu, che sei nel mestiere da neppure un mese. Abbiamo sorpreso un fiocinino e gli abbiamo confiscato il pesce, ma voi due siete intervenuti nel momento meno adatto e ce lâavete fatto scappare. E per farla completa adesso venite pure a darci del ladro! Diglielo tu «MignĂŹn», che le cose sono andate proprio in questo modoâ concluse «Al VilĂ n» rivolto al compagno che, sempre piĂč tremebondo e frastornato, sâaffrettĂČ a confermare la versione del collega, anche se con ben poca convinzione.
âAllora, se le cose stanno come dite voi, perchĂ© non ci fate il nome del fiocinĂŹno, che lo andiamo a prendere a casa e glielo facciamo confermareâ. Il ragionamento del Faccani non faceva una piega, e per la prima volta la tracotanza del Samaritani parve venir meno.
âMah, a dire la veritĂ non siamo riusciti a riconoscerlo. Forse era uno che veniva da fuori, uno non di queste parti. Sono sicuro che non lo avevamo mai visto primaâ.
La semplice richiesta di Demetrio aveva messo in difficoltà «Al VilĂ n», che sâera trovato costretto a dare quellâimprobabile risposta. PerchĂ© era risaputo che loro guardie vallive i fiocinĂŹni li conoscevano bene tutti quanti, uno per uno.
A questo punto intervenne il Ferrari. Fino a quel momento sâera tenuto in disparte pensieroso, evitando di partecipare allâanimata discussione. Era amareggiato, e anche molto preoccupato. Il suo dovere adesso era quello di fare rapporto, non câera alcun dubbio. Eppure si trattava di colleghi, di due suoi subalterni, e nemmeno dei peggiori, che lui conosceva bene fin da quando erano ragazzi, cosĂŹ come conosceva le famiglie. Ben difficilmente quei due se la sarebbero potuta cavare senza serie conseguenze, eppure lui a questo punto non poteva farci niente.
âAdesso basta con tutte queste discussioni. Si torna a Comacchio, dove ognuno avrĂ modo di raccontare la sua storia. Voi due, dateci i fucili che li teniamo in consegna noi, e poi caricate sulla vostra barca i sacchi con le anguilleâ.
Il Ferrari prese dalle mani dei due guardiani disonesti le doppiette scariche e le depose sul fondo della sua barca. Poi attese che salissero a bordo e che sâavviassero in direzione di Comacchio.
A questo punto fece segno al compagno, e a loro volta montarono in barca, mettendosi a seguire da vicino gli altri due. Davanti a loro sâudivano distintamente i singhiozzi del povero Nazzareno Scarletti che, mentre remava alle spalle del compagno, non smetteva un solo istante di piagnucolare.
2.
Il maestro Luigi Tomasi, direttore didattico e capo indiscusso dellâala riformista del partito socialista comacchiese, per sua natura non era abituato a fare le cose in fretta, nĂ© tanto meno a camminare svelto. Ma quella sera procedeva a passo spedito verso la sede della Lega, da dove lâavevano mandato a chiamare con urgenza. Erano andati a cercarlo al caffĂš, dove come suo solito a quellâora si trovava, per avvertirlo che era stata indetta una riunione straordinaria e che facesse piĂč in fretta che poteva.
Lâuomo passĂČ davanti al Municipio e alla Loggia del Grano, quindi svoltĂČ a sinistra e quasi di corsa prese a costeggiare il canale di San Pietro. Quando arrivĂČ, il bravâuomo era trafelato e sudava vistosamente.
Chiamare sede di partito quella casupola lunga e stretta, a un solo piano, poteva sembrare senzâaltro un eufemismo, eppure in quelle poche stanze disadorne e dal soffitto basso trovava ospitalitĂ non solo la direzione del Partito Socialista, ma anche lâufficio dove aveva sede la neonata Lega Operaia di Miglioramento che del primo era stata la naturale creatura.
Fuori dalla porta, in prossimitĂ del canale, alcuni amici lo aspettavano e, non appena videro arrivare il loro capo, gli si strinsero attorno.
âCosâĂš successo? PerchĂ© tutta questa fretta?â sâinformĂČ il maestro, prima dâentrare.
âVogliono sospendere «Al VilĂ n» e «MignĂŹn». Li hanno sorpresi a pescare di frodo. Si sono fatti prendere con le mani nel sacco, quei due, come dei pivelli. Sono stati il comandante e il «Romagnolo» a fare lâ appostamento [5]â. Câera molta animazione in tutti quanti perchĂ©, raccontata cosĂŹ, in due parole, quella sembrava una gran brutta faccenda.
Quando entrarono, lâangusta stanza dove di solito si tenevano le riunioni era giĂ stracolma di compagni di partito. Nella confusione il maestro cercĂČ Aldo Ferroni, il suo numero due, e andĂČ a sedersi accanto a lui.
âAllora, hai sentito che brutta storia?â lo apostrofĂČ lâamico.
âSĂŹ, non piace per niente neanche a me. Proprio in un momento come questo doveva capitarci una tegola del genere sulla testa, con tutti i cani arrabbiati che ci stanno addosso per via della bonifica. A proposito, non vedo nessuno dei nostri âamiciâ rivoluzionari. Il Dottore, Ăš stato avvertito?â
âSĂŹ, ma ha mandato a dire che lui ha ben altro da fare che perdersi in chiacchiere, e perciĂČ non Ăš venuto. E neppure ha mandato qualcuno dei suoi. Anche questo Ăš un gran brutto segno! Mi sa che pure questa volta vorrĂ sfruttare la faccenda per il suo tornaconto, per fare come al solito un poâ di confusioneâ.
Prima comunque dâandare avanti nel raccon...
Table of contents
- Copertina
- DOVE FINISCE IL CIELO
- Indice
- Intro
- Introduzione
- DOVE FINISCE IL CIELO
- PRIMA PARTE. Lo Sciopero
- SECONDA PARTE. «Manuvlà zz»
- Piccolo glossario
- Ringraziamenti
