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Vincenzo Monti
About this book
Vincenzo Monti (Alfonsine, 19 febbraio 1754 - Milano, 13 ottobre 1828) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e traduttore italiano. È ritenuto l'esponente per eccellenza del Neoclassicismo italico, sebbene la sua produzione abbia conosciuto stili mutevoli e sia stata vicina alla sensibilità romantica. Principalmente ricordato per la traduzione dell' Iliade, fu a servizio sia della corte papale che di quella napoleonica.
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Information
VINCENZO MONTI
Per discorrere di Vincenzo Monti mi pare necessario prendere le mosse da alcuni fatti e da alcune considerazioni di ordine generale.
La letteratura italiana, non dirò moderna (perché a costruire questa stiamo affaticandoci ancora, sempre un po’ a tastoni, come in tutto il resto) ma dirò la letteratura italiana contemporanea procede dal Parini e dall’Alfieri.
Sono due innovatori il Parini e l’Alfieri? E chi lo sarebbe, se non lo sono essi, che si crearono di nuovo l’ispirazione, la materia, lo stile, persino il pubblico, a cui rivolgersi?
Ma l’uno e l’altro sono altresì essenzialmente classici, e generatori di quel neoclassicismo nazionale, in cui consiste tutta la letteratura nostra, che viene dietro a loro e sino al Manzoni. Questa considerazione ne richiama un’altra, che rientra nella prima, allargandola, ed è che in tutta la letteratura italiana contemporanea vi sono due fatti di suprema importanza, da una parte il Manzoni (non dico il Romanticismo del Manzoni, ma il Manzoni), dall’altra la tradizione classica, che permane, rammodernandosi bensì, ma sempre costante, e non come reminiscenza di scuola, d’accademia o di biblioteca, ma come forma viva, vivissima, e va dal Parini e dall’Alfieri al Monti, al Leopardi, al Giordani, al Botta, al Colletta, al Niccolini e sino al Carducci.
O io m’inganno, o questa è la nota fondamentale della nostra letteratura dal 1750 a tutt’oggi, nota caratteristica e tutta sua. Nelle letterature straniere contemporanee, dopo breve contrasto, tutto è assorbito dalla corrente nuova, romantica o moderna, e ora realista, positivista, simbolista, estetica o decadente, che vogliate chiamarla, sicché non trovate un poeta o un prosatore di gran levatura, che non le si abbandoni interamente. In Italia invece ogni regione ha il suo cenacolo letterario o artistico, più o meno sensibile via via alle esigenze dei tempi, che mutano, e che più o meno consente ad esse o, come spesso accade, se ne infatua e le esagera, ma la tradizione classica resiste e mai cede il campo del tutto. È un bene, è un male? Il problema si può porre, ma non credo si possa ancora risolvere. Questo in quanto alla storia letteraria.
Quanto alle relazioni di essa con la storia civile e politica, l’austera moralità del Parini riformista mira a rinnovare l’individuo in Italia; la passionata idealità dell’Alfieri rivoluzionario mira a rinnovare il cittadino; l’una e l’altra coll’individuo e col cittadino rinnovati a rifare un popolo e ridargli una coscienza nazionale.
Ridargli? Ma l’aveva esso mai avuta? È dubbio se una vera coscienza nazionale sia mai esistita in Italia, prima che incominci con la Rivoluzione francese quella che si chiama storia contemporanea. È dubbio, se a crearla sarebbe bastato il cosmopolitismo vago della letteratura filosofica francese del secolo XVIII, che pure aveva varcato le Alpi prima di Napoleone Bonaparte e si sovrapponeva, come ha acutamente notato Augusto Franchetti, al concetto medievale e dantesco della monarchia, per cui l’Italia non poteva disgiungersi dall’Impero, e quindi al moto intellettuale del Rinascimento, che aveva esso pure un carattere d’universalità e cronologicamente poi era connesso con la fine dell’indipendenza italiana.
Certo è che in Italia i primi segni del farsi o rifarsi una coscienza nazionale si hanno subito tra quel tumulto, tra quelle angosce, tra quelle incertezze dell’invasione francese, guidata dal Bonaparte nel 1796.
Lazzaro Papi, il futuro storico e giudice severo della Rivoluzione francese, chiude un suo sonetto così:
Tu che dell’avvenir nel grembo oscuro
Spinger sai l’occhio dell’acuta mente
E ciò che è dubbio altrui, vedi sicuro,
Dimmi: quel che dall’Alpi ora discende
D’armi e d’armati inondator torrente,
Ceppi a noi reca, o libertà ci rende?
Non avevano invece dubbi di sorta quei cittadini, che, quattro mesi appena dopo l’invasione e invocando i ricordi della Lega Lombarda contro Barbarossa, fondavano già in Reggio Emilia la Federazione Cispadana, da cui come dai parlamenti della Cisalpina e dalla Costituente di Lione esce per la prima volta dopo tanti secoli uno stato di nome italiano, il quale, se non altro, a traverso le vicende seguenti della Repubblica e del Regno, rinnova lo spirito militare e civile del popolo, ed è la prima mossa della nostra rivoluzione.
Ma se Lazzaro Papi sta in forse, se i cittadini della Cispadana, della Cisalpina e dei Comizi di Lione (quel medio ceto, rialzato dalla moralità del Parini e dall’idealità dell’Alfieri) si abbandonano all’impulso ricevuto con cieca fede, molti altri invece, gli stessi Parini e Alfieri, danno indietro; le plebi di Lugo, d’Arezzo, di Siena, di Roma, di Verona, di Napoli, di Calabria, del Piemonte, risentono invece, come dice il Carducci, un vero «accesso medievale di ire guelfe e ghibelline contro i nemici della Chiesa e dell’Impero»; e chi esprime da cima a fondo tutti questi contrasti, e strappi e trapassi dolorosi, eppure fecondi, e le prime sp...
Table of contents
- Copertina
- VINCENZO MONTI
- Indice
- Intro
- VINCENZO MONTI
- Ringraziamenti
