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Io Accuso!

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"J'accuse...!" è una lettera aperta pubblicata il 13 gennaio 1898 nel giornale L'Aurore dall'influente scrittore Émile Zola. Nella lettera, Zola si rivolge al presidente francese Félix Faure accusando il governo di antisemitismo e dichiarando illegale la prigionia di Alfred Dreyfus, un ufficiale dello stato maggiore dell'esercito francese contro cui fu emessa una condanna penale per spionaggio. La lettera, che sottolinea errori giudiziari e mancanza di prove serie, fu stampata sulla prima pagina del giornale e suscitò scalpore in Francia e all'estero. Zola fu processato per diffamazione e dichiarato colpevole il 23 febbraio 1898. Per evitare la prigionia, fu costretto a riparare in Inghilterra, tornando a casa nel giugno del 1899.

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Information

Storia del processo Dreyfus

Parte Prima

I.
Il grido d’allarme

Il primo novembre del 1894 l’Eclair pubblicava, col beneficio dell’inventario, la notizia dell’arresto di un ufficiale di stato maggior per delitto di lesa patria; notizia che passò quasi inosservata al gran pubblico parigino a causa di tutti i «si dice» ed i «forse» ond’era infarcita. I lettori di giornali in generale e quelli del Cervello del mondo in particolare sanno purtroppo in che conto si debbano tenere simili annunzi indecisi, i quali, infallantemente, novantanove volte su cento, vengono subito smentiti dai loro propagatori.
Qualche giorno dopo però la Patria richiamava sullo stesso soggetto l’attenzione della folla, colla seguente nota:
«Circolano due voci, che presentano ambedue delle apparenze verosimili. Secondo la prima, si tratterebbe di un ufficiale di esercito straniero (Triplice) colto in flagrante delitto di spionaggio.
«Secondo l’altra, un ufficiale israelita addetto al ministero della guerra, avrebbe tentato di vendere all’Italia alcuni documenti confidenziali».
Parecchi altri giornali fecero eco, inveendo contro il Governo, che teneva nascosto l’accaduto, chiudendosi in un misterioso silenzio tanto nell’affermazione che nella negazione della notizia.
Finalmente l’ufficiosa Agenzia Havas, mandò ai giornali, che s’affrettarono a pubblicare, questo comunicato:
«Delle serie presunzioni hanno condotto all’arresto provvisorio un ufficiale francese sospetto di aver venduto a stranieri alcuni documenti confidenziali. La istruzione procede colla segretezza necessaria in affari di questo genere, e fra breve si avrà una soluzione».
Simile notizia recisa fu come un pugno di magnesia in un bicchier d’acqua. Essa mise in effervescenza tutta l’eccitabile anima parigina.
I boulevards si popolarono come per incanto, fu un accorrere di gente smaniosa di sapere, nel cuor di Parigi, al caffè Riche, al caffè Anglais, si discuteva animatamente la cosa, tutti trovavano ingiustificato il contegno del governo pel suo riserbo, e l’eccitamento raggiunse il parossismo addirittura, quando si appurò che detto arresto era avvenuto da oltre quindici giorni, e si seppe perfino il nome e le qualità dell’indegno ufficiale da una nota pubblicata dalla Patria.
Eccola:
«L’ufficiale abbastanza indegno per vendere i segreti del nostro paese, abbastanza miserabile per commettere questo delitto di lesa patria, è il capitano Dreyfus (Alfredo) del 14.° reggimento di artiglieria, con brevetto di Stato maggiore, addetto allo Stato maggiore generale al ministero della guerra, comandato al primo ufficio di artiglieria».
Fu anche divulgato che l’ufficiale in quistione apparteneva alla famiglia odiata degli ebrei, ciò che fece mandar fuoco e fiamme contro di lui, dai tre più potenti giornali antisemiti, con tre articoli dei tre più abili coniatori d’insulti, nonchè insigni polemisti, che la Francia nutra nel suo seno: Drumont, Rochefort e Cassagnac.
Un vento di follia percorse allora la terra gallica da un capo all’altro. Se il povero accusato fosse stato concesso al furore popolare in quel momento, sarebbe stato fatto di lui giustizia sommaria.
La Francia più di tutte le altre nazioni, posso dirlo senza tema di essere smentito, al disopra di qualunque sentimento, ha quello della patria e per conseguenza quello dell’esercito. Nessun cuore francese può concepire che si possa per vil moneta calpestare questo così alto sentimento. È facile quindi immaginare quale ira si sia accesa in tutta la nazione al sapere che proprio nel santuario di questo esercito stesso, vi fosse un preteso figlio dei suoi figli capace di tradirla.
Chi era dunque questa belva umana, quest’uomo senza coscienza e senza onore, quest’ebreo maledetto? Da quale famiglia di pervertiti era egli uscito? in quale carcere aveva fatta la sua educazione? in quale turpe società viveva da avere corrotto a tal punto e cuore e cervello? in quali tremende condizioni di miseria versava per ricorrere ad un mezzo così inqualificabile per procurarsi del danaro? Quale mai corrotto impasto di vizii era egli?
Chi, chi era questo Alfredo Dreyfus di cui parlava la Patria?

II.
Il capitano Alfredo Dreyfus

Di origine israelita, la sua famiglia abitava l’Alsazia, dove i fratelli godevano la stima e l’ammirazione di tutti; la loro fedeltà ed intera devozione alla terra di Francia, non si discuteva neppure, ed era affermata pubblicamente dal fatto, che facevano educare i figli al liceo di Belfort, dando ad essi così una coltura completamente francese. Oltre a ciò la cronaca del loro patriottismo gallico registra anche un fatto di maggiore importanza.
Un fratello del Dreyfus trovandosi un giorno in un caffè, ed avendo udito pronunziare parole poco rispettose da un ufficiale tedesco all’indirizzo della Francia, lo sfidò ad un duello non troppo fortunato per lui, poichè rimase abbastanza gravemente ferito. In seguito a che i Dreyfus fecero trasportare la loro fabbrica a Belfort, e così stare fuori del dominio tedesco.
Ecco in quale ambiente familiare era vissuto colui che doveva, secondo l’affermazione d’una folla di sciagurati, essere il traditore della patria di Vittor Hugo!
Dopo questo rapido, superficiale sguardo, per servirci di una parola scientifica, atavico, passiamo alla descrizione dell’individuo.
Alfredo Dreyfus era un uomo nè poco nè troppo simpatico. Piuttosto alto, magro, tutti i segni caratteristici della razza israelita li portava stampati sul volto, i cui zigomi sporgenti, attestavano una grande forza di volontà, il naso si staccava dalla fronte con una curva abbastanza accentuata, i capelli corti e biondi cominciavano a brizzolare, un’ombra leggiera di baffi velava appena il suo labbro superiore, gli occhi di un colore azzurro luminoso, brillavano serenamente di sotto agli occhiali di oro.
Al principio di questa descrizione abbiamo detto Alfredo Dreyfus era ecc., perchè in questo momento, dopo i quattro anni di supplizio fisico e morale patito all’Isola del Diavolo, il povero, è il caso di dirlo, diavolo, è purtroppo mutato! Allora era un uomo, ora si potrebbe chiamare una larva umana!
Egli che avrebbe potuto vivere la vita del gran signore nel seno della sua agiatissima famiglia, preferì di sacrificare la sua esistenza in prò della Francia, dandosi alla carriera delle armi.
Non c’è che dire la Francia lo ha ben compensato!
Uscito uno dei primi numeri dalla scuola superiore di guerra colla menzione «benissimo». Ufficiale di vasta intelligenza e di non men vasta coltura, era passato successivamente pei quattro ufficii di stato maggiore. Al ministero fu collocato alla commissione della rete ferroviaria dell’Est, sotto gli ordini del comandante Bertin, col quale pare non andasse troppo d’accordo. Se però non andava troppo d’accordo col comandante, andava invece molto d’accordo col suo avvenire militare che si apriva innanzi a lui splendidissimo.
Occupava già all’epoca del processo un posto invidiabile, capitano di artiglieria, e per la sua specchiata condotta ed intelligenza non comune, si sarebbe trovato comandante due anni dopo. Che poteva egli desiderare di più? all’età di quarantotto anni nel vigore della forza e della salute, aveva la certezza di veder brillare sulla sua persona l’invidiabile uniforme di colonnello di artiglieria, con la lontana speranza di giungere al più alto ufficio dell’esercito, a quel grado di generale, che Abraham, quantunque ebreo anch’egli, occupava nella milizia francese.
Ricco già doviziosamente per sè stesso, con uno stipendio non disprezzabile, aveva anche sposata una giovine, la quale oltre a doti intellettuali e morali da sfidare qualunque paragone, aveva portato a suo marito una grossa dote. E questi due patrimonii si sono trovati intatti all’arresto dell’uomo, che per un urgente bisogno di danaro avrebbe rischiato di gettare la sua patria in braccia al nemico, inzaccherando nel fango più schifoso il nome onesto ed immacolato della sua famiglia, quel nome che doveva dare in eredità ai suoi figli, a quei due angioletti pei quali egli nutriva un amore violento; amore che sua moglie divideva sino al punto da comparir innanzi ad essi col sorriso sulle labbra, dopo la condanna del marito, e rassicurarli sulle quistioni che le movevano, non vedendo più in casa il padre, che così affettuosamente se li stringeva al seno ogni mattina, col dir loro che questi era pa...

Table of contents

  1. Indice
  2. Io Accuso!
  3. Storia del Processo Dreyfus