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Giacomo da Itri
About this book
Un grande personaggio emerge da secoli bui e ci racconta la sua vita spesa al servizio dei Papi e della Chiesa del XIV secolo. La crisi delle istituzioni ecclesiastiche, le lotte politiche dell'Italia del tempo, il confuso e tragico periodo del Grande Scisma d'Occidente fanno da sfondo al racconto. Questo grande personaggio nato nel piccolo centro aurunco di Itri, nel basso Lazio, partecipa ed è tra i principali attori nel grande palcoscenico della Storia.
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Information
In illo tempore III
Anni prima - Roma 17 gennaio 1377
Una lunga fila di carri e carrozze, guidati da chierici, giunse a Roma il 17 gennaio del 1377. Erano partiti da Avignone il 13 settembre dell’anno prima. Dopo circa settant’anni, in cui la sede papale era stata la città di Avignone, nel sud della Francia, sotto la protezione e influenza del re di Francia, il papa Gregorio XI aveva deciso di eleggere come sede del papato di nuovo Roma. Nella città francese erano rimasti sei cardinali, a custodire il Palazzo dei Papi.
In una città ancora sorpresa per il ritorno della curia e in rivolta perenne a causa delle rivalità dei nobili, il papa, dopo una breve ma violenta malattia, muore il 27 marzo dell’anno dopo. La situazione nella città era destinata a degenerare.
Dopo ben settanta anni, il conclave finalmente si tenne a Roma nell’anno 1378, ma, poiché la maggioranza dei cardinali era francese (11 su 16), ci si aspettava e si temeva ancora l’elezione di un Papa francese.
Il popolo di Roma non voleva un papa straniero che magari se ne tornasse nuovamente ad Avignone e vi furono disordini al grido di Romano o italiano lo volemo. Pare che i cardinali arrivassero a temere per la propria vita e, sotto la pressione della folla agitata, l’8 aprile dello stesso anno, in maniera piena di timore e quindi non canonicamente regolare ed ineccepibile, elessero Papa l’arcivescovo di Bari, Bartolomeo Prignano, non presente al conclave. Subito dopo l'elezione, poiché il nuovo eletto non faceva parte del Sacro Collegio (cioè non era cardinale) e poiché era necessario ottenere l'accettazione dell'interessato, per non far trapelare all'esterno il suo nome, temendo tumulti e violenze del popolo di Roma, il cardinale Giacomo Orsini, decano del Sacro Collegio, oltre al Prignano, convocò altri sei prelati italiani presenti a Roma: il vescovo di Asti, Francesco Morozzo, il vescovo di Nocera, Luca Gentili, l'abate di Montecassino, Pietro de Tartaris, Tommaso Ammannati, Agapito Colonna e il vescovo di Otranto, Patriarca di Costantinopoli, di rito latino.
Tanto per descrivere la situazione nella quale si svolse l'elezione, il nome dell'eletto non venne reso noto subito perché non si trovava in Vaticano e tra il popolo corse voce che fosse stato eletto un francese; ci fu un'irruzione nella sala del conclave ed i cardinali, impauriti, per prender tempo e calmare i rivoltosi, dissero che era stato eletto il vecchio cardinale romano Francesco Tebaldeschi. Il popolo voleva vederlo subito sul trono e il povero vecchio si oppose rivelando la vera identità del nuovo papa.
Papa Urbano VI
Il ritorno della sede apostolica in Roma avrebbe dovuto di nuovo condurre la Chiesa sulla retta via dello spirito, lungi dagli interessi e dalle apparenze terrene, secondo i dettami dell’Apostolo Pietro che in Roma aveva fissato la sua sede. Ma Gregorio XI, il papa tornato da Avignone, parve disorientato in mezzo alle lotte dei partiti dei nobili e del popolo, non aveva saputo condurre la Chiesa con mano ferma ed indipendente dalle contese signorili.
Un rientro a Roma era già avvenuto precedentemente nel 1367 con papa Urbano V, ma dopo tre anni se ne era ripartito per Avignone, deluso e spaventato dalle continue lotte tra i nobili e il popolo.
In data 18 aprile dell’anno 1378 il nuovo papa, col nome di Urbano VI, venne incoronato. Tutti i cardinali e prelati gli resero obbedienza e riconoscimento. Il Prignano, sessantenne, del regno di Napoli, (secondo un’espressione generica, de partibus Neapolis oriundus, usata da alcuni cronisti dell’epoca), era arcivescovo di Bari, dotto e grande esperto di Diritto Canonico ma non cardinale: sarà l'ultima volta che la scelta di un papa ricadrà su un elemento esterno al Sacro Collegio.
Il nuovo papa ereditò una Chiesa in situazione di crisi dottrinale, amministrativa, sociale e per di più lontana dalle aspettative del popolo. Fu chiara l’intenzione del nuovo pontefice di ovviare ad una delle maggiori irregolarità dell’amministrazione ecclesiastica: “rimanessero i vescovi a risiedere presso la loro diocesi e a curare il benessere di queste anziché venire alla curia centrale pontificia al fine di intrigare per acquistarsi favori e privilegi.”
La degenerazione dei costumi dell’alto clero aveva altresì una delle sue più spiccate manifestazioni nella simonìa (compravendita di incarichi o uffici ecclesiastici, l’acquisto di indulgenze o assoluzioni per i peccati commessi). Ad imitazione dei signori laici, i quali compravano nuove terre, nuovi diritti, anche l’alto clero acquistava e vendeva cariche e privilegi ecclesiastici. Anche a questo gravissimo vizio l’austera figura di Urbano voleva porre rimedio. La lotta contro la simonìa non era nuova nella storia della Chiesa, ma era forse nuova in questo secolo XIV almeno nelle linee in cui Urbano mostrava di volerla condurre.
I primi atti del nuovo papa, contro questa grave situazione, effettuati con un nuovo assolutismo, colpirono soprattutto la potenza del collegio dei cardinali e la oligarchia della Chiesa.
Altro aspetto importante della politica inaugurata da Urbano VI e subito manifestatosi con esplicite sue dichiarazioni era rappresentato dalla volontà di mantenere la sede definitivamente in Roma. Intenzione questa, senza dubbio, non gradita a quella larga parte del collegio cardinalizio e della corte papale che desiderava un ritorno sollecito nella pace e negli agi di Avignone, dove il predecessore Gregorio XI, negli ultimi tempi della sua vita, aveva manifestato di tornare.
Ma il nuovo pontefice, oltre a ricondurre il papato alla sua missione universale, si proponeva di renderlo del tutto indipendente dagli interessi francesi, ai quali era rimasto troppo vincolato nell’epoca avignonese. Per rendere il suo proposito ancora più noto, Urbano si compiaceva di dichiarare apertamente ai cardinali che avrebbe conferito presto la porpora cardinalizia a tanti altri di diverse nazionalità, così da ridurre i cardinali francesi in minoranza nel Sacro Collegio.
Questa politica era saggia nei suoi intenti, ma aveva bisogno dell’azione di varie componenti concordanti, ciò che Urbano non fu capace di coagulare. Anzi … Il carattere duro, rigido nei costumi, non malleabile, impulsivo e iroso, l’integrità del suo spirito, la rigidità del carattere gli impedivano di usare, sia pure a fin di bene, il tatto, i mezzi termini, la flessibilità politica alle circostanze e una via di mezzo. Abusò del potere papale, usò la violenza e non mise in pratica la carità cristiana. Aumentarono le contrarietà tra i cardinali, i vescovi, la corte papale e il clero.
Tra i primi atti del nuovo pontefice fu quello di negare al conte di Fondi, Onorato Caetani, grande amico dei papi di Avignone, un debito di ventimila fiorini contratto dal pontefice precedente. Un altro atto fu quello di revocare allo stesso conte la giurisdizione della Campagna e della Marittima, assegnatagli del pontefice defunto e sostituirlo con il più acerrimo nemico del conte, Tommaso di Sanseverino, nobile napoletano.
Il numero di coloro che si opponevano alle sue riforme aumentava, di giorno in giorno. La sua politica e la mancanza del necessario tatto provocava altre inimicizie. Oltre a quella di Onorato e dell’alto ceto dei cardinali, particolarmente fu quella dalla regina del vicino regno di Napoli, Giovanna d’Angiò.
La regina aveva all’inizio accolto festosamente l’elezione di un esponente del regno di Napoli, nella persona di Bartolomeo Prignano e dopo l’elezione immediatamente si era affrettata ad inviargli i suoi ambasciatori con ricchi doni, mentre a Napoli per molti giorni, seguivano luminarie e feste di piazza. Nonostante queste premesse favorevoli, il temperamento irascibile e volubile, il carattere aspro del pontefice, la dimostrazione plateale del suo potere assoluto, contribuirono almeno in parte a guastare i rapporti.
Dietro le quinte
“Dietro le quinte della profonda crisi del papato e della Chiesa, alla fine del Trecento, agirono indubbiamente interessi politici e giochi di potere. Ma alla base di tutto sembra esserci stato soprattutto uno scontro ideologico fra Urbano VI e i cardinali, per incomprensioni e risentimenti personali, per contrasti in merito all’attuazione del progetto urbaniano di riforma politico-religiosa, per il carattere collerico e per lo squilibrio mentale del papa.”
“Il motivo dichiarato addotto dai cardinali francesi per mettere in dubbio la legittimità dell’elezione di papa Urbano riguardava la validità giuridica di quella elezione, il fatto cioè che essa fosse avvenuta in clima di notevole tensione e paura, per le pressanti intimidazioni del popolo romano che reclamava in modo minaccioso di eleggere un papa romano o almeno italiano e quindi con la palese violazione della libertà di scelta del collegio cardinalizio.”
“I dubbi di natura giuridica sull’effettiva regolarità dell’elezione e le sempre più difficili relazioni tra il papa e i cardinali, frutto di reciproche responsabilità, le decisioni del papa con atteggiamenti di assoluto potere nei confronti di coloro che l’avevano votato, fecero precipitare la situazione in maniera fulminea nel giro di cinque mesi.
All’inizio del mese di maggio 1378, per evitare la calura estiva di Roma, i cardinali dissidenti, tutti di origine transalpina, lasciarono, alla spicciolata, Roma per stabilirsi ad Anagni. La città, sotto la giurisdizione del conte di Fondi Onorato Caetani, divenne teatro della fase preparatoria degli avvenimenti futuri che sconvolgeranno la Chiesa e l’Europa intera.
Intanto, verso la fine di luglio, a Roma i soldati mercenari al servizio dei cardinali francesi ebbero la meglio, in uno scontro sul ponte Salario, contro le bande armate della popolazione di Roma e occuparono alcuni luoghi strategici importanti della città.
Urbano si trovava a Tivoli e non sentendosi sicuro con le sue guardie ad affrontare la via di ritorno verso Roma, si affidò a Carlo di Durazzo, un nobile imparentato con Giovanna la regina di Napoli e con il re di Ungheria. In quel periodo Carlo si trovava a Roma con tutta la sua scorta di soldati ungheresi. Il papa riuscì a tornare a Roma.
Ad Anagni intanto, il 2 agosto, i cardinali resero pubblico un documento nel quale si sottolineava l’irregolarità dell’elezione di papa Urbano, adducendo come pretesto la pressione popolare. Nelle file degli oppositori del papa si trovavano, tra gli altri, il conte di Fondi Onorato Caetani, il cardinale Roberto da Ginevra e il Patriarca di Costantinopoli.
Un secondo papa
Il giorno 9 agosto, nella cattedrale di Anagni, il patriarca di Costantinopoli era il celebrante della Messa dello Spirito Santo e nell’omelia pronunciata, parte in latino e parte in volgare, prese spunto da un passo biblico (Primo Libro dei Re, I:20), relativo alla successione di Salomone al re David, partendo dal presupposto che l’elezione ...
Table of contents
- In illo tempore I
- In illo tempore II
- In illo tempore III
- In illo tempore: IV
- In illo tempore: epilogo
- Legenda:
- Fonti e Bibliografia:
