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L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno
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La figura di Antonio Minturno oggi, grazie anche al consolidamento di alcune certezze in fatto di lingua e poetica, si Ăš delineata ormai come centrale nel panorama del petrarchismo di medio e fine Cinquecento italiano e spagnolo; l'indubbia influenza esercitata su Torquato Tasso prima e Marino dopo (per tacere della sua presenza teorica in ambito musicale per tutto il Barocco), ci permette oggi di spostarlo tra quei "Maggiori" della letteratura italiana che hanno influenzato con la propria opera non solo la poesia, ma anche la generale formazione estetica degli autori nelle diverse discipline, dalla poesia alla musica.
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Information
Capitolo II
Dai Poemata ai Salmi e i manoscritti latini
1. Il «dominio delle muse». La genesi dei Poemata
Il quadro generale delle conoscenze in Calabria e Sicilia, specificano per la figura del Pizzimenti, ulteriori interventi in merito anche ai rapporti intessuti con i letterati al di lĂ e al di qua dello Stretto di cui Minturno sicuramente si Ăš servito allâindomani della nomina a vescovo di Crotone non solo per ricreare (a nostro avviso) un clima letterario che ricomponesse quello degli anni 1532-1542 e creasse un legame diretto con i letterati calabresi eredi del Parrasio.
In questo senso assumono un ruolo centrale i testi contenuti nei Poemata per comprendere la prima attivitĂ di Minturno entro il 1535 e per cogliere quelle evoluzioni strutturali che dalla scrittura di elegie ed epigrammi in latino trapassano, per forme e modelli nella composizione delle rime volgari. Essi sono una parte essenziale della sua prima maniera e sono interessanti anche perchĂ©, senza neanche quasi cambiare lâordine dei testi in Tabula, Minturno li ripropone in altre edizioni a seconda delle persone e degli interessi che in quel dato momento storico tra 1562 e 1564 segnano la sua biografia. Molti testi lĂŹ raccolti, infatti, sono stati ripubblicati nelle edizioni del 1564 dedicate a Consalvo Pyretio e Marcantonio Colonna che si profila come nuovo protettore dopo la scomparsa di Pompeo (peraltro sempre presente nella stessa raccolta come destinatario del Virtus).
Tutti i titoli raccolti nellâedizione del 1562 conservano le medesime caratteristiche delle altre scritture; sia il trittico per Carlo V che il Mercurius e il Genazanus sono dotati di una caratura etico-epica che trasforma i dedicatari stessi in senhal i quali, al pari delle Rime, sono il sintomo non di unâattenzione alla forma poetica, ma al committente stesso e al personaggio cui si rivolge. Essi non sono solo un passaggio necessario per eventuali raccomandazioni e/o incarichi, quanto un medium per la proiezione della sua opera e della sua figura in un ambiente sociale cui non Ăš possibile aspirare direttamente. Gli stessi aspetti amorosi delle Rime altro non sono che esercizi figurativi di una passione amorosa poeticamente intesa che trasfigura, alla maniera di Petrarca, non la donna descritta, il «sole», «lâalta colonna», ma il/la committente inteso come rappresentante di un certo ambiente sociale.
Il riassunto della propria esperienza lirica, dunque, in Minturno si riduce, con buona pace di coloro che ne hanno disegnato un profilo romanticamente inteso, al gioco letterario in cui ogni storia amorosa, ogni sonetto non si conclude con lo scacco reale dellâamore non corrisposto, ma solo con la sofferenza della pena e come addio a ogni illusione.
La visione religiosa, limite reale cui la poesia di Minturno tende come auto-imposizione e freno a ogni libertà espressiva maggiore, infatti, trova nella strutturazione dei testi inseriti nei Poemata un ruolo importante poiché, a fronte di una forma sincretica di poesia mitologica e poema celebrativo, la costruzione del testo non eccede oltre la ricchezza linguistica e si ferma nel momento in cui anche la celebrazione del committente/dedicatario meriterebbe altri livelli di scrittura e ben altri momenti espressivi.
Lo stile, da solo, non basta alla completa espressione e Minturno ne Ăš consapevole; per questo, non trovando se non nella scrittura religiosa quelle qualitĂ necessarie alla completa resa poetica, rinuncia al volgare come lingua poetica e si rivolge di nuovo al latino non rigettando lâesperienza precedente e soprattutto concedendo ai propri scritti quellâaura teologica che trasforma i componimenti in modelli stilistici nuovi, non rispettosi della tradizione e soprattutto non replicabili in un contesto che non rispettasse le stesse leggi da lui imposte.
In questo senso, nelle opere composte entro il 1535 non troveremo le aderenze alla struttura del Canzoniere (100 testi, inizio il venerdÏ santo, la divisione obbligata in parti) perché Minturno li reputa non necessari, né degni di imitazione; tanto meno troveremo riferimenti oggettivi alle strutture macro-testuali delle Rime di Sannazaro ad esempio, proprio perché Minturno persegue una propria via al Canzoniere dando alle proprie rime, elegie, epigrammi e poemi vari una funzione narratrice limitata a una fase precisa e conclusa della propria biografia che se non corrisponde a un vero e proprio romanzo di formazione Ú solo perché non vi si riscontrano condizioni strutturali in quel senso evidenti.
Non a caso, persa ogni speranza di ottenere incarichi di alto livello, si rivolge alla poe...
Table of contents
- Ringraziamenti
- Capitolo Zero
- Capitolo I
- Capitolo II
- Capitolo V
- Capitolo VI
- Appendici
- Bibliografia
- Indice dei capoversi