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Sodoma e Gomorra
Cronistoria del libertinaggio attraverso i secoli ed il mondo
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About this book
Un testo sulla storia dei costumi sessuali, scritto con il rigore della ricerca scientifica e uno stile divulgativo.
Per l'epoca in cui venne pubblicato (inizi Novecento) un lavoro molto approfondito e senza pregiudizi, con tematiche molto attuali sui fenomeni sessuali. «Se ciò che ho scritto sarà occasione
di scandalo per qualche impudico,
costui accusi la sua turpitudine, anzichè
le parole di cui fu mestieri servirmi
per esprimere il mio pensiero».
Sant'Agostino. Jean Fauconney è un medico francese che ha pubblicato, agli inizi del Novecento, vari lavori sui fenomeni sessuali.
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Information
Il Vizio all'era cristiana
Medioevo. Rinascenza—Impero
Nel periodo della cristianità il vizio si mostrò soprattutto nelle sette eretiche, le quali immaginarono, a fine di favorire la corruzione, stravaganti dottrine.
I Nicolaiti insegnavano che per acquistare la salvezza eterna, era necessario di insozzarsi di tutte le specie d'impurità. Essi pretendevano che una carne maculata dovesse essere più accetta a Dio, perchè i meriti del redentore dovevano esercitarsi maggiormente su di essa per renderla degna del paradiso.
Altre eresie congiunte con immaginazioni più o meno stravaganti ed ingegnose, come fine e come mezzo, avevano sempre un prodigioso sviluppo della sensualità.
In generale era la comunità delle donne e la promiscuità dei sessi che formavano la base di queste sette singolari. Il pudore non esisteva per questi settarii che lo consideravano come ingiurioso alla divinità.
Secondo le dottrine di Carpocrate e di suo figlio, nessuna donna aveva il diritto di rifiutare i suoi favori a chiunque gliene facesse richiesta in virtù del diritto naturale.
Una donna di questa setta, Marcellina, venne a Roma, verso il 160, e vi fece molti proseliti col sudore del proprio corpo! Dopo i festini si commettevano le infamie carnali, quando, le grazie dette, il sacerdote massimo diceva: «Lungi da noi la luce ed i profani.» Allora si spegnevano le fiaccole, e quello che avveniva nelle tenebre, senza distinzione di sesso, di età e di parentela, non doveva lasciare traccia nemmeno nei ricordi. Ciò rappresentava agli occhi dei dottori della setta l'immagine naturale della creazione.
I Cainisti avevano per dogma la riabilitazione del male ed il trionfo della materia sullo spirito. Interpretavano i libri santi a rovescio, ed onoravano, quali vittime ingiustamente sacrificate, i più esecrabili tipi della cattiveria umana. Si glorificavano d'imitare i vergognosi vizii che attribuivano a Caino, e che ritrovavano con piacere presso gli abitanti di Sodoma e di Gomorra.
Gli Adamiti, facevano risalire le loro dottrine al primo uomo, non proscrivevano la donna come gli eredi di Caino e di Saffo. Il loro capo Psodicos, ebbe l'audacia di permettere e di prescrivere la copula pubblica fra i due sessi.
I Manichei proclamavano, con l'avversione del matrimonio, il libero e smodato esercizio di tutte le facoltà sensuali. Essi consideravano l'atto venereo come opera santa, a condizione che la santità di quest'atto, non fosse compromessa dal matrimonio o dalla concezione.
A quei tempi la vita cenobitica non fu neppur essa esente da vizii. La sensualità e la lussuria penetravano col mistero a traverso le solitudini, dove si raccoglievano per lavorare e pregare in comunità i frati e le suore della nuova famiglia cattolica.
Furono le eresie che condussero quel prodigioso abbandono nella cristianità. San Cipriano nel 230 ci dipinge tale epoca così: «Non esisteva più carità nella vita dei cristiani, non esisteva più disciplina nei loro costumi; gli uomini si pettinavano le barba, e le donne si imbellettavano il viso; si corrompeva la purezza degli occhi violando l'opera delle mani di Dio, e perfino quella dei capelli dando ad essi uno strano colore. Si ricorreva a tutte le astuzie ed a tutti gli artificii per ingannare i semplici; i cristiani sorprendevano i loro fratelli con le infedeltà e le furberie.»
Bisogna attribuire questi cattivi costumi che regnavano allora, in un sì gran numero di comunità femminili, all'influenza demoralizzatrice di una folla di monaci erranti e di secolari che l'ozio e la corruzione moltiplicavano dappertutto. La condotta impudente e dissoluta di questi monaci si propagò nell'Egitto fino ai deserti della Tebaide.
Più tardi il vizio si introdusse nei monasteri e si potettero allora avverare i numerosi squilibramenti che hanno provato la fragilità della virtù umana, e l'impotenza dei voti i più sacri. Nei monasteri feminili, l'ospitalità accordata a tutti gli ecclesiastici ed ai monaci di passaggio, vi generò disordini che non trascesero quasi mai in scandali pubblici tanto da attirare l'attenzione della gente.
I Franchi che si introdussero nella Gallia verso la metà del V.º secolo, a primo acchito con i Gallo Romani; conservarono i loro costumi, la loro religione, i loro usi senza lasciarsi influenzare dal contatto della civiltà brillante e voluttuosa che incontrarono nella città conquistata.
Ma, al tempo stesso, non fecero nulla per cambiare il carattere dei primi possessori del suolo. Divenuti cristiani i franchi divennero allo stesso tempo Galli e Romani. Da Clodoveo fino a Carlomagno, i vescovi furono i veri legislatori e il codice ecclesiastico dominò il codice giustiniano e le leggi teutoniche. La corruzione legale non aveva un corso regolare, i disordini e l'incontinenza non erano che più indomabili e più audaci.
Non vi erano cortigiane propriamente parlando, o prostitute che esercitavano questo vergognoso mestiere nelle città governate dai vescovi, ma vi erano dappertutto, in ogni feudo, in ogni dimora rurale, una sorta di serragli, di ginecei, nei quali le donne libere o schiave lavoravano all'ago o al fuso, e dove il padrone trovava facile il piacere, ed un'emulazione sempre compiacente per servirlo.
I concubinati, essendo per loro natura, estranei alle leggi ecclesiastiche, non dipendevano se non dal capriccio delle persone che li contraevano e che li rompevano senza tanti scrupoli. Tale fu per oltre tre secoli lo stato di famiglia in Francia.
I re merovingi non indietreggiarono nè dinanzi a delitti, nè dinanzi a guerre sanguinose per soddisfare i loro amori, per lasciare o per prendere una concubina. Vivevano nei loro dominii reali, lontani dalla vista dei loro soggetti, che udivano appena il rumore delle orge di questi re buontemponi, i quali si abbandonavano a tutte le specie di disordini, passando dall'ebbrezza alla lussuria più sfrenata.
E come ai primi tempi la corruzione soggiornava in mezzo al clero; Martiniano, monaco di Rabais, al X secolo, diceva ai preti del suo tempo: «È forse legge vostra di prender moglie e di avere relazioni con donne? di contaminare con tutte le specie di lussuria il vostro corpo che è stato creato per ricevere il cibo degli angeli?»
Il pio vescovo di Limoges, Turpio, morto nel 944, tramandava con dolore nel suo testamento questa confessione spoglia di ipocrisia: «Noi stessi che dovremmo dare l'esempio, siamo gl'istrumenti dell'altrui perdita, ed invece di essere i pastori del popolo ci comportiamo tali lupi divoranti!»
Non è qui il caso di esporre gli orribili vizi della gente di chiesa, che credevano fosse loro tutto permesso al sol perchè avevano il diritto di assolvere qualunque peccato; non cercheremo nemmeno in questo libro di penetrare negli archivii dei conventi per ricercarvi la lunga lista di quelli che furono riformati, scomunicati, soppressi a causa dei mostruosi disordini dei loro ospiti; basti dire che non era possibile di trovare un'abbazia celebre, dove i costumi claustrali non fossero stati a più riprese focolari d'impudico contagio.
La depravata condotta dei preti e dei monaci, non era che troppo imitata dai laici che la bersagliavano coi loro sprezzanti motteggi. In presenza di tali modelli di corruzione, il popolo non poteva certo aver la pretesa di restar puro e virtuoso.
Tutti gli scrittori dell'epoca sono d'accordo nel constatare la profonda degradazione dello stato sociale e tutti ne attribuivano la causa all'incontinenza che aveva preso gigantesche proporzioni.
Nelle provincie i signori facevano bella mostra di tutti i loro vizii, non conservando alcun pudore. Fra i tanti citiamo un solo esempio della selvaggia impudicizia che caratterizzava l'uno e l'altro sesso. Nel 990, correva voce che Guglielmo IV, duca di Aquitania e conte di Poitiers, avesse avuto adultero commercio con la moglie del visconte di Thouars, presso il quale era stato ospitato. Emma, moglie di Guglielmo, aspettava un'occasione favorevole per vendicarsi della rivale. Un giorno vistola passeggiare a cavallo, con poca scorta, nei dintorni del castello di Talmont, accorse con un buon seguito di paggi e di scudieri; la fece rovesciare per terra, la colmò d'ingiurie e di percosse e l'abbandonò alle sue genti. Le quali, impadronitisi della viscontessa, la violentarono un dopo l'altro fino al giorno seguente, per obbedire agli ordini della padrona che li eccitava, contemplandoli. La mattina, la lasciarono quasi nuda, e semiviva. Il visconte di Thouars non potette nè lagnarsi, nè vendicarsi e riprese la moglie disonorata, mentre Guglielmo esiliava la sua nel castello di Chinon.
Ma è soprattutto nei Penitenziali che bisogna cercare gli occulti misteri della corruzione. È là che il peccato della carne si compie con tutte le audacie, che non si limita solo agli illeciti congiungimenti fra i due sessi, ma si spinge fino ai più esecrabili capricci della depravazione. «Si vorrebbe credere, dice il signor de la Bedollière, per l'onore dell'umanità, che gli orrori segnalati nei Penitenziali fossero puramente accidentali». Ma è certo che invece tali orrori erano troppo frequenti e che spandevano poco a poco una corruzione latente in tutte le parti del corpo sociale. Ad ogni pagina, i Penitenziali classificano i vizii secondo i gradi di colpabilità e di penalità. Bisogna distinguere in questo codice primitivo della confessione, i fatti che concernono gli atti più secreti del matrimonio, quelli che toccano all'incesto, quelli che sono relativi alle corruzioni contro natura, e quelli infine che caratterizzano il delitto di bestialità.
Erano peccati veniali se gli sposi non avevano consacrato la prima notte di nozze a pratiche devote; se il marito che si coricava con la moglie non si fosse lavato prima di entrare in chiesa: se una moglie fosse entrata in chiesa, all'epoca delle sue regole. Ma il peccato diveniva più grave quando gli sposi si abbandonavano ad oscene fantasie ecc.
L'incesto si moltiplicava sotto le forme più vergognose; i figli non risparmiavano la madre; la madre essa stessa non rispettava l'innocenza dei suoi più giovani rampolli; i fratelli attaccavano le sorelle; il padre si corrompeva con la figlia! Per simili turpi atti vi erano penitenze da 10 a 15 anni, durante i quali i colpevoli dovevano sottomettersi a digiuni ed a continenze.
Il peccato contro natura aveva innumerevoli varietà agli occhi del confessore, che applicava anche per esso diverse specie di penitenza. I vizii antifisici delle donne erano puniti così severamente quanto quelli degli uomini.
Talvolta l'incesto associandosi al delitto contro natura, ne aggravava l'infamia ed il castigo. Tutti i generi di bestialità figuravano nei Penitenziali; nessuna bestia era esclusa per commettere simili obbrobriose indegnità.
Sotto Luigi VII la corporazione delle ragazze libere, trovavasi in uno stato di notevole prosperità. Sauval dichiara nelle sue compilazioni, che gli statuti di questa disonesta corporazione, ebbero corso, pel loro occulto governo, fino agli stati di Orleans, nel 1560.
San Luigi cercò, ma invano, di mettere un argine a tante corruzioni. Il 25 giugno 1263, scrisse da Aigues-Mortes a Mathieu, abbate di San Denis, e al conte Simon de Nesle: «Abbiamo ordinato d'altronde, di distruggere quelle note e manifeste prostituzioni che insozzano con le loro infamie il nostro fedel popolo e che trascinano tante vittime nel fango e nell'abisso della perdizione; abbiamo altresì ordinato di perseguitare questi scandali tanto nella città che nella campagna, e di purgare assolutamente il nostro reame da tutti gli uomini corrotti e pubblici malfattori».
Un orribile libertinaggio essendosi insinuato in tutte le classi sociali sin dai tempi delle crociate e il vizio contro natura, che il soggiorno dei francesi in Palestina aveva acclimatato in Francia, minacciava ancora d'infettare i costumi e di corrompere tutta quanta la popolazione.
A partire dall'undicesimo secolo un sensibile miglioramento si fece sentire nei costumi pubblici e privati. Vi rimanevano ancora senza dubbio molti disordini, presso i nobili e nel basso popolo, ma i primi non davano più in comune l'esempio della perversità e del vizio.
Certo si deve all'influenza della cavalleria la conversione del più grande peccatore che l'undicesimo secolo abbia prodotto. Guglielmo duca di Aquitania, nono a portare tal nome, fu il più pericoloso ingannatore di donne ed il più gran libertino, la cui riputazione abbia percorso il mondo. Passò senza scrupoli e senza por tempo in mezzo dal culto della materia alla contemplazione spirituale, dall'incredulità alla fede.
Le crociate furono il più bel momento della cavalleria e non di meno nessuno può negare che questa prodigiosa massa di uomini di tutte le condizioni e di tutti i paesi non abbia riscaldata nel suo seno il germe corruttore della lussuria. «Tutti i vizii vi regnavano, dice l'abbate Fleury, sia quelli che i pellegrini avevano apportati dai loro paesi, sia quelli che avevano conosciuti nei paesi stranieri.»
«I crociati, dice Alberto d'Aise, si comportavano da gente grossolana, insensata ed inetta quando l'amore carnale spegneva in essi la fiamma dell'amore divino; vi erano nelle loro fila una quantità di donne, vestite da uomini, e viaggiavano tutti insieme senza distinzione di sesso, confidandosi all'azzardo di una spaventevole promiscuità. I pellegrini non si astenevano dalle illecite riunioni, nè dai piaceri della carne; si abbandonavano senza tregua a tutti gli eccessi della culinaria, si divertivano colle donne maritate o con le zitelle, le quali si erano allontanate di casa loro appunto per abbandonarsi perdutamente ad ogni specie di vanità.»
Quando le donne mancarono ai crociati in Palestina, dove la religione di Maometto si opponeva a qualunque illecito commercio coi cristiani, si fece venire dall'Europa un rinforzo di belle ragazze, che concorsero a modo loro al trionfo delle crociate.
Uno storico arabo aggiunge che l'esempio dei franchi fu contagioso pei loro nemici, i quali vollero anch'essi aver donne di piacere nelle armate, dove non erano mai state permesse simili sregolatezze.
Nelle antiche storie militari tanto di Francia che delle altre nazioni europee è spesso fatto cenno di questa affluenza di prostitute nelle armate, di cui la dietro guardia si componeva sempre di simili specie di donne e dei loro depravati compagni. Giovanni di Bazano parla di un capitano tedesco, chiamato Garnier, che invase alla testa di 3500 lame il territorio di Modena e di Mantova, nel 1342, accompagnato da 1000 prostitute, e da ragazzi libertini e corrotti.
Sono indescrivibili le abbominazioni del regno di Carlo VI, dove il clero, la nobiltà ed il popolo lottavano in perversità ed in turpitudine. Nicola di Clemenzio, arcidiacono di Bayeux, esclamò: «A proposito delle vergini consacrate al signore, dovremmo ritracciare tutte le infamie dei luoghi di prostituzione, tutte le astuzie e la sfrontatezza delle cortigiane, tutte le opere esecrabili della fornicazione e dell'incesto; giacchè, vi prego di credere, che ai dì nostri nei monasteri le donne si consacrano più volentieri al culto di Venere che a quello di Dio! Tali luoghi potrebbero definirsi degli spaventevoli ricettacoli, nei quali una gioventù sfrenata si abbandona a tutti i disordini della lussuria, di nodo che non vi ha alcuna differenza di far prendere il velo ad una giovanetta o di esporla pubblicamente in un luogo abbominevole.»
Per le donne pubbliche non si aveva pietà alcuna, quando la decenza ed il pudore sembravano banditi dai costumi, quando i soli abiti scollacciati erano alla moda, a dispetto degli editti suntuarii.
Le donne avevano per costume di adornarsi di vesti aperte lungo i fianchi e rialzate in modo da lasciar intravedere la gamba, e perfino la coscia nuda; in quanto alla gola se la scoprivano fino ai capezzoli delle mammelle!
Per rendersi conto del grado di pervertimento a cui certi nobili fossero giunti, abbandonandosi a tutte le specie di aberrazioni sensuali, basta leggere negli archivii di Nantes, il processo intentato al maresciallo di Francia, Gilles de Rietz, che fu condannato al rogo nel 1440.
La lettura della Vita dei dodici imperatori romani di Svetonio, aveva eccitato questo potente signore ad imitare i loro mostruosi pervertimenti sessuali. Come Tiberio e Nerone, egli si appassionò pel sangue mischiato alla immondizia: l'unico suo passatempo era di corrompere i fanciulli che faceva rubare un po' dappertutto.
Si trovarono nei sotterranei dei castelli di Chantocè, della Suze e d'Ingrande, le ossa calcinate e le ceneri di tutti i fanciulli che il maresciallo di Rietz aveva assassinati, dopo di averne abusato. Questi delitti finì per confessarli lui stesso.
A quei tempi si istruivano una quantità di processi per stregoneria, nei quali non era difficile di scoprire la depravazione morale, che cercava di coprirsi, come da un mantello, con la possessione diabolica.
Quegli stessi che pretendevano di aver ceduto ad una potenza occulta e ad un irresistibile prestigio, non credevano affatto all'intervento dei demonii.
Erano ordinariamente vergognosi libertini, forzati pel loro stato a vivere nella continenza, o per lo meno a nascondere sotto rispettabili apparenze, l'effervescenza delle loro passioni sensuali.
Il sabbat era il convegno di tutto quanto si poteva immaginare di più perverso, ecco perchè si compiva in luoghi appartati, in mezzo ai boschi, nelle montagne o in fra gli scogli.
Del resto i giureconsulti in Francia, non vedevano nella stregoneria se non una forma della prostituzione la più criminale, e ricorrevano a tutta la severità delle leggi per reprimere i disordini che corrompevano i pubblici costumi. Ma si aveva l'aria di attribuire alla malizia del demonio una quantità di atti detestevoli, che non accusavano se non il vizio degli uomini, e si aveva una cura scrupolosa a non diminuire l'orrore di cui la volgare credulità circondava il sabbat, giacchè se si fossero mostrate le cose sotto il loro vero aspetto, il sabbat sarebbe stato ancora più frequentato, tanto la curiosità serve di pericoloso movente alla depravazione morale e fisica.
L'eresia riapparve in Francia a partire dal dodicesimo secolo e favorì la corruzione.
I Bulgari essendo stati accusati di pratiche sodomitiche, consideravano quale sacrilegio i rapporti naturali dei sessi. Tutti i settarii, per un raffinamento di libertinaggio, s'imponevano privazioni di ogni genere, e affettavano in generale una noncuranza assoluta per tutte le cose materiali; ma ciò non era che la maschera della continenza, sotto la quale si sentivano più liberi per abbandonarsi alle loro passioni e dar briglia sciolta alla natura; le loro austere pratiche di devozione aggiungevano una specie di salsa piccante alle nascoste depravazioni.
Quando si vide apparire nel 1259 la setta dei Flagellanti, a primo acchito non si pensò che le pubbliche penitenze di questi peccatori, potessero essere delle invenzioni di lussuria. Essi camminavano nelle strade due a due, nudi fino alla cintura, e si battevano o da sè stessi o l'un l'altro con frusta e con correggia di cuoio, cacciando gemiti, fino a che non sanguinassero da capo a piedi.
E questo è niente. Si portavano la notte nelle campagne, in fondo ai boschi, e là, nelle tenebre, raddoppiavano le flagellazioni, i loro gridi e le loro impudiche follie. Si indovinano facilmente le odiose conseguenze di queste riunioni di uomini e di donne seminudi, animati dallo spettacolo di simile indecente pantomima, nella quale ognuno diveniva attore a sua volta, e che arrivava gradatamente all'ultimo parossismo dell'estasi libidinosa.
L'uso della flagellazione nell'antichità era ben conosciuto da tutti i depravati, a cui ricorrevano per prepararsi nei piaceri di amore.
Ma al medio evo se la flagellazione erotica non si esercitava più se non raramente e nel più profondo mistero, aveva però assunto un carattere di sanguinaria ferocia che si riproduceva negli atti dei flagellanti.
Nel 1343 durante la terribile peste si contavano in Francia circa 800.000 flagellanti, fra i quali vi erano gentiluomini e nobili dame, che non erano meno avidi di pubbliche fustigazioni.
Si videro pure i Picardi, che, secondo la dottrina del loro capo, dicevano che Dio li aveva mandati sul mondo per ristabilire le leggi della natura.
Queste leggi consistevano in due cose; la nudità di tutte le parti del corpo e la comunità con le donne. Appena un Picardo provava un desiderio per una sua compagna, la conduceva dal capo e formulava così la sua richiesta: «Il mio spirito si è riscaldato per questa.» Il padrone rispondeva: «Ebbene andate, e crescete e moltiplicate». Scacciati dalla Francia, vi riapparvero nel 1373 sotto il nome di Turlupius. E questi ultimi andavano anche più lontano, commettevano peccati carnali in pieno giorno, dinanzi al mondo intero. Essi insegnavano che l'uomo è libero di obbedire a tutti gl'istinti della natura.
I Valdesi, gli Anabattisti, gli Adamiti, i Manichei colle loro sette non erano mai completamente estinti;...
Table of contents
- Copertina
- Sodoma e Gomorra
- Indice dei contenuti
- La corruzione nell'antichità
- Il Vizio all'era cristiana
- Pratiche Viziose Contro Natura
- Vizii contro Natura Femminili
- Palpeggiamenti Osceni
- Vizii Contro Natura Maschili
- Vizii di bassa lega
- Turpitudini dei vecchi
- Siamo noi più dissoluti degli avi nostri?