Il regicidio
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Il regicidio

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«Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d'assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d'assedio emanati con decreto reale.» (Gaetano Bresci subito dopo l'arresto) La sera di domenica 29 luglio 1900, poco dopo le 22, a Monza, Bresci uccise il re d'Italia Umberto I di Savoia, sparandogli contro tre o quattro colpi di rivoltella colpendolo alla spalla, al polmone e al cuore. Pochi secondi dopo il re perse conoscenza e morì.
Il sovrano stava rientrando in carrozza nella sua residenza monzese dopo aver assistito a un saggio ginnico, cui era seguita una premiazione presso la società sportiva "Forti e Liberi".
Il regicidio, immortalato in una celebre tavola del pittore Achille Beltrame per La Domenica del Corriere, avvenne sotto gli occhi della popolazione festante che salutava il monarca.
Amilcare Cipriani (Anzio, 18 ottobre 1844 – Parigi, 30 aprile 1918) è stato un patriota e anarchico italiano.

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Information

Publisher
Passerino
Year
2019
eBook ISBN
9788834110652
Topic
History
Index
History

Bresci e Savoia: il regicidio

Puoi uccidere quest’uomo con tranquillità.
(Victor Hugo, Chatiments).


I miei nemici, dopo aver esaurito contro di me il loro dizionario di ingiurie vili e di lordure, per aver detto che la morte di re Umberto non mi aveva né sorpreso nè afflitto, aggiungono che la mia uscita dal bagno penale la devo alla sua bontà.

Menzogna.

Al bagno vi fui inviato nel nome del re e ne uscii per volontà di popolo, sopratutto dei due collegi elettorali di Forlj e Ravenna, ove fui eletto deputato nove volte come protesta contro la mia condanna ingiusta ed infame.

Fu l’opinione pubblica che forzò il re a firmare la mia grazia, grazia che disprezzai di domandare e che mi sarei creduto disonorato se l’avessi fatto.

Al vostro re e a voi non devo nulla, non ho mai nulla domandato. Mentre che quelli fra voi che hanno reso qualche servizio al paese si sono affrettati di presentare la nota da pagare: e quale nota!

Io, alla vostra monarchia, spogliatrice e sanguinaria, non devo che bagno, reclusione, prigione, esilio, ferite, calunnie ignobili ed infami.

A voi tutte le libertà, tutte le licenze, tutti i delitti dall’assassinio all’ingiuria, alla denuncia; a noi, nulla.

Voi avreste preferito, nel dolore che vi ha colpiti, il silenzio vile e le lagrime ipocrite.

Ciò è buono per voi che siete dei bastardi, dei preti, degli schiavi del potere, dei venduti.

Per noi, che siamo degli uomini liberi, che non temiamo nulla, nè nessuno, noi diciamo altamente, apertamente, pubblicamente ciò che pensiamo, disprezzando di curvarci, se vi piace o no.

Quando nel 1891, nella piazza di S. Croce a Gerusalemme, a Roma, poco mancò che fossi assassinato dai vostri sbirri per ordine del transfuga Nicotera, voi ve ne rallegraste a tal punto da pubblicare nella vostra stampa poliziesca: avremmo eretto un monumento al soldato che ci avesse sbarazzati per sempre di Cipriani.

Nulla di straordinario quindi, che, a mia volta, mi rallegri della morte di uno dei vostri.

Del vostro dolore ipocrita e interessato me la rido, perchè so che questo non è che un giuoco di interesse.

Voi battete la gran cassa per avere del danaro, degli impieghi, delle decorazioni, infine qualche cosa.

Il vostro nuovo re, non abbiate paura, si incaricherà della vostra pagnotta e certamente il vostro impiego infame di delatori, di spioni, di poliziotti e di denunciatori vi sarà assicurato.

Fra noi socialisti rivoluzionari - parlo in mio nome - e voi, vi è una guerra a morte; guerra in nome della giustizia che avete prostituita, della libertà che avete uccisa, dei lavoratori che avete affamati, del popolo che avete asservito, dell’Italia che avete avvilita e disonorata, della ricchezza che avete rubata.

Per il nostro ideale noi sappiamo combattere, soffrire e morire: per il vostro non sapete che diffamare e stendere la mano.

È giusto: voi siete dei mercenarii; noi, degli apostoli. A voi la calunnia; a noi, il disprezzo.

Sì, sappiatelo dunque, le vostre ingiurie sono per me degli elogi, le vostre calunnie mi onorano.

Sarei disonorato dei vostri complimenti.

Ma infine, parliamo del regicidio.
Il grande filosofo, Giovanni Bovio, per indurre i suoi amici, i repubblicani, a seguire il corteo funebre di re Umberto, ha scritto e pubblicato una lettera che finisce con questa frase: Io considero come un segno di vergognosa paura il non dire ciò che si pensa.

È vero, Bovio ha ragione.

È una vigliaccheria In simili circostanze il non dire francamente e arditamente ciò che si pensa.

Io ciò che penso sulla morte del re d’Italia l’ho detto subito nella Petite Republique, nel Le Soir, nel Dèpèche di Tolosa, ed altri giornali di Parigi.

Ecco ciò che ho scritto nella Petite Republique:

La nuova dell’uccisione del re d’Italia si è sparsa con rapidità in Parigi; a quest’ora ha già fatto il giro del mondo. Dopo la notizia verranno i commentari; e allora comincerà l’orgia servile delle biografie e dei panegirici menzogneri. Si esalterà un uomo che durante più di vent’anni di regno non ha saputo far nulla di bene, ma anzi fece molto male.

Per calmare le ombre dei suoi avi e dare soddisfazione agli epilettici del potere la polizia procederà ad arresti in massa; parlerà di complotti e non mancherà di scoprirne qualcuno avente oscure ramificazioni in tutto il mondo e sopratutto in Francia, a Parigi.

Vi saranno domande di espulsione e di estradizioni.

Bisogna bene che il re sia vendicato; e lo vendicheranno, non importa come e su chi, purché suo figlio, che sarà il suo successore, constati lo zelo dei suoi agenti.

Ora l’idea di un complotto è semplicemente assurda. Se vi fosse stata cospirazione, immediatamente dopo l’attentato sarebbe scoppiata una insurrezione generale. Ciò non essendo accaduto, è la prova più chiara che non vi fu complotto.

Ma andate a farlo sapere a della gente spaventata che vorrà perseguitare ad ogni costo!

Del resto, se l’uccisione di questo re, completamente nullo, non può cambiare la situazione presente, avrà certamente delle grandi conseguenze per l’avvenire.

Bisognerà bene infatti, che il suo successore esca da questa politica disastrosa che durante i 22 anni di regno di suo padre non ha dato che massacri e miseria a tutto un popolo.

Sarebbe troppo lungo enumerare tutto ciò che è stato fatto di male durante il regno di questo re.

Io l’ho ...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Il regicidio
  3. Indice
  4. Prefazione
  5. Bresci e Savoia: il regicidio