La vita prima della vita
eBook - ePub

La vita prima della vita

Articoli scelti

Antonino Anile

  1. Italian
  2. ePUB (mobile friendly)
  3. Available on iOS & Android
eBook - ePub

La vita prima della vita

Articoli scelti

Antonino Anile

Book details
Book preview
Table of contents
Citations

About This Book

Questo libro riunisce una serie di "articoli scelti" tratti da Vigilie di scienza e di vita, una raccolta di saggi dell'anatomista e letterato Antonio Anile, in parte noti e in parte inediti. «Quando la nostra cultura - scrive l'autore - si sarà liberata dalle scorie del naturalismo, e tra la scienza e la filosofia, tra l'evoluzione biologica e la storia, tra l'animalità e l'umanesimo, tra l'arte e l'esperimento, tra l'istinto e l'intelligenza, tra il rigidismo dei fatti e la libertà del pensiero, tra il meditare e l'intuire vi sarà quella distinzione che non importa contrasto, ma esatta valutazione del mondo che è fuori e dentro di noi e conoscenza più serena delle proprie attitudini e delle ragioni del proprio lavoro, allora soltanto potremo dire di aver guadagnato in sincerità e in moralità». Un raro e luminoso trattato di scienza/vita.

Frequently asked questions

How do I cancel my subscription?
Simply head over to the account section in settings and click on “Cancel Subscription” - it’s as simple as that. After you cancel, your membership will stay active for the remainder of the time you’ve paid for. Learn more here.
Can/how do I download books?
At the moment all of our mobile-responsive ePub books are available to download via the app. Most of our PDFs are also available to download and we're working on making the final remaining ones downloadable now. Learn more here.
What is the difference between the pricing plans?
Both plans give you full access to the library and all of Perlego’s features. The only differences are the price and subscription period: With the annual plan you’ll save around 30% compared to 12 months on the monthly plan.
What is Perlego?
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Do you support text-to-speech?
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Is La vita prima della vita an online PDF/ePUB?
Yes, you can access La vita prima della vita by Antonino Anile in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Biological Sciences & Essays on Science. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE

Jean de Lamarck
Parigi, l’anno scorso, con la partecipazione dei cultori di biologia del mondo scientifico, innalzò, nel vecchio «Jardin des Plantes», un austero monumento a Jean de Lamarck, l’autore della «Filosofia zoologica» e il primo assertore della teoria dell’evoluzione. La glorificazione di Lamarck coincise con quella fatta dall’Università di Cambridge per festeggiare il primo centenario della nascita di Charles Darwin, giacché lo stesso anno, 1809, vide la pubblicazione del pensiero di Lamarck e la nascita dell’autore dell’«Origine delle specie».
Quanto diversa la storia dei due uomini, cui una fortunosa coincidenza unì a un secolo di distanza in una sola apoteosi! Darwin vide il trionfo immediato clamoroso, più alto della sua stessa speranza, delle sue teorie, e, se un’ombra amareggiò gli ultimi anni della sua vita gloriosa, fu il constatare come la severità della sua concezione non sia valsa a trattenere gli entusiasmi settari di un volgo facinoroso; Lamarck, declinante negli anni, intese restringersi attorno a sé il cerchio ferreo della diffidenza e vide, giorno per giorno, l’abbandono degli amici e dei discepoli, e, divenuto cieco, dopo aver tanto osservato e meditato sul mondo dei fenomeni, non ebbe altro conforto che quello della sua figliuola Cordelia, la quale, vegliando al capezzale di codesto re Lear della scienza, ebbe, per un miracolo d’intuito, la visione della gloria del padre sussurrandogli, nelle ore più oscure di angoscia, col calore che hanno soltanto le voci filiali: «la postérité vous admirera et vous vengera, mon père».
L’opera di Lamarck è veramente straordinaria, e la Francia ha in lui il vanto più puro nel campo delle scienze naturali. Egli fu il primo a designare sotto il nome di «biologia» la scienza della vita.
La sua personalità s’integra nell’epoca in cui visse: la seconda metà del secolo XVIII, quel periodo prerivoluzionario di storia, in cui, attorno all’opera di Diderot e di Alembert, gli enciclopedisti scuotono potentemente le vecchie tradizioni, fronteggiano i diritti secolari, accendono fiamme di nuove libere idee, e preparano quel fermento di energie che sgretolò le mura della Bastiglia. La caduta dell’«Antico regime» è preceduta e seguita da un tumulto di pensiero che ha pochi riscontri. Noi ne conosciamo soltanto il valore letterario e filosofico quando ci sforziamo di contenerlo nelle opere del Voltaire, del Montesquieu e del Rousseau. Ma nello stesso periodo Lavoisier creò la nuova chimica e Laplace diede alla luce la sua «Meccanica celeste» e Carnot concepì la «Teoria meccanica del calore». Le scienze naturali parteciparono efficacemente al rinnovamento della cultura.
Lamarck è della stessa epoca; e non è priva di significazione la comparsa del pensiero che diede il primo largo significato storico ai fenomeni naturali, mentre una nuova storia sociale incomincia. Attorno allo scienziato, che, modificando la sistematica del Linneo, propone nuovi criteri per una classifica più razionale delle piante, e scopre nuove forme di vita vegetale, e, con la stessa pertinacia di indagine e serenità di osservazione, allarga il concetto del mondo animale e vi separa i vertebrati dagl’invertebrati, e di questi ultimi ne scrive in parecchi volumi la storia naturale – il consentimento fu unanime e perdura immutato. L’opera analitica di Lamarck non soffrì mai ingiuria.
Ma quando, dopo tutta un’esistenza vissuta nel descrivere piante e animali, egli meditò su le leggi supreme dell’organizzazione ed espresse coraggiosamente il suo pensiero originale in pieno contrasto con le idee dominanti, nessun dolore gli venne risparmiato. Quale fu questo pensiero?
Quanto esiste in Natura è un prodotto di energie fisiche. La vita passa dalla vegetalità all’animalità, e attinge il trionfo dell’intelligenza umana sollecitata dalle medesime energie. Non v’è alcun fluido vitale misterioso. La materia vivente ha la medesima origine delle altre sostanze che si offrono ai nostri occhi, e si riscontrano in essa fenomeni di calore e di elettricità come dovunque. Gli esseri viventi si evolvono da forme semplicissime a forme più complesse per l’esercizio stesso della vita e per le condizioni diverse che si sono realizzate sulle varie parti del globo. Come l’irritabilità delle organizzazioni elementari dipende da agenti esteriori, così i rapporti intimi tra gli organi delle organizzazioni più alte sono un prodotto di rapporti esterni. Ciascuna specie vivente possiede una struttura propria ch’è in armonia stretta con il mezzo in cui vive. Vi sono alcune piante acquatili che hanno foglie sommerse trasformate in una fine capigliatura, e foglie emerse a fior d’acqua distese in un unico lembo mollemente galleggiante. Non pochi tipi di animali sono forniti di branchie per quando respirano nell’acqua e di polmoni per quando ne riescono fuori; e, se si prolunga la permanenza in uno dei due mezzi, si vede scomparire l’uno o l’altro dei due diversi apparati respiratori. L’aria in cui vivono gli uccelli e alcuni mammiferi rampicanti; l’oscurità, in cui si svolgono specie sotterranee; il clima temperato o glaciale o tropicale rappresentano fattori di mille modificazioni negli organi motorii e sensori, in quelli di protezione di aggressione e anche nei visceri occulti. Una stessa pianta o uno stesso animale, messi in condizioni diverse, non tardano a distinguersi dal genere a cui appartengono. La vita si plasma giorno per giorno sotto l’influenza di forze che si agitano nell’ambiente che ci circonda.
È questo il trasformismo di Lamarck.
Le condizioni che modificano le specie viventi e ne perpetuano il ritmo sono molteplici: l’influenza del clima; l’uso e il disuso di alcune parti del proprio corpo; la costanza di abitudini o l’interruzione, brusca o graduale che sia, delle stesse; l’ereditarietà, per cui conquiste strutturali o funzionali d’una specie non vanno perdute per i discendenti; l’incrociamento tra specie non affini; la distruzione d’una specie per ostilità naturali e per il sopravvenire d’una specie rivale più forte. Queste condizioni, non tutte certo del medesimo valore, vengono dal Lamarck discusse e dimostrate con un corredo straordinario di esempi e di fatti colpiti nel suo lungo osservare.
Questa progressione di vita, svolgentesi in serie graduale, come s’inizia e dove tende? Al sommo della scala zoologica sta l’uomo, alla base la materia inorganica. L’uomo proviene dagli animali a lui prossimi? Gli organismi più semplici derivano dalla materia inorganica? La catena della vita è rotta in qualche suo anello?
L’inorganico è nettamente separato dall’organico, e la materia inerte non mostra tendenza alla vita. Tuttavia la materia, pervasa da energie esteriori, quali il calore e l’elettricità, può scuotersi e vitalizzarsi. Per Lamarck esiste una generazione spontanea di forme viventi all’origine della serie vegetale e animale. La concezione odierna del protoplasma originario non differisce molto da questa di Lamarck.
Saldato questo anello, egli affronta il problema della discendenza dell’uomo. Riconosce che l’uomo è un essere privilegiato e che quanto di ragione è in lui non si ricollega con altri fenomeni, ma l’organizzazione umana non è meno plastica delle altre e non è minore la virtù dell’adattamento. Egli medita lungamente sul problema, e conclude che la specie umana bimane non è che una derivazione di una specie perfezionata di quadrumani molto probabilmente scomparsa, e di cui qualche traccia può rintracciarsi nei fossili. Non manca, nell’esposizione del suo meditare, uno schema di psicologia biologica, a cui oggi ben poco potremmo aggiungere.
Questo pensiero di Lamarck si poneva nettamente di contro all’origine biblica della vita; e, nello stabilire la lenta continua progressione delle specie, scuoteva la concezione in voga, difesa con ardore dal Cuvier, dell’alternarsi di grandi catastrofi nella storia della terra. Non era possibile che trionfasse di un tratto, e, forse, non sarebbe mai trionfato se Darwin, più di recente, non avesse pubblicato l’«Origine delle specie». Anche adesso, poi che nella nostra cultura contemporanea fa difetto la conoscenza del divenire delle idee, la teoria dell’evoluzione non si concepisce, da molti, al di fuori dell’opera di Darwin. V’è pure chi persiste a opporre l’un pensatore all’altro.
In realtà, le due concezioni si compenetrano l’una nell’altra. Il grande biologo inglese mise a profitto l’enorme sua esperienza per sviluppare un nucleo di verità, che era già nell’opera del naturalista francese. Per Darwin, come diremo più oltre, il fattore precipuo nell’evolversi della vita vegetale e animale è la lotta, la selezione naturale con la sopravvivenza del più forte e del più adatto a vivere. Per Lamarck, come abbiamo visto, i fattori sono diversi, e tra questi non manca quello della distruzione di specie in rivalità con altra più forte. Darwin, d’altronde, non ci dice nulla intorno alle cause che influiscono a produrre il più adatto: la sua concezione, sotto questo aspetto, è meno storica di quella di Lamarck, la cui preoccupazione costante è di scoprire i fattori iniziali del trasformarsi delle forme viventi. È facile, però, comprendere come non siano mancate ragioni nel campo della scienza perché un vivace antagonismo si stabilisse tra i fautori dell’uno e dell’altro, e in questi ultimi anni tra neo-lamarckiani e neo-darwiniani.
Oggi queste ragioni impallidiscono sempre più, e lo stesso figliuolo di Charles Darwin, il botanico Francesco Darwin, professore a Cambridge, pensa che il problema della vita è più facile a intendersi con la combinazione delle due dottrine, anziché con la prevalenza dell’una sull’altra.
E, anche associando gli sforzi dei due più grandi pensatori che abbiano avuto le scienze naturali, gran parte del problema rimane insoluto. Il mondo dei fenomeni si rivela grado per grado; e, quando sembra a noi di averlo per intero compreso, un’improvvisa manifestazione di un’energia non mai sospettata, una deviazione repentina nell’uniformità apparente, fa riprendere il cammino all’ebreo errante del nostro pensiero, il cui destino è di non avere tregue.
Avviene spesso che quando, dietro sforzi secolari, noi ci sentiamo paghi per un momento di avere saldamente intessuto una teoria per intendere noi e il mondo che ci circonda, subito dopo ci accorgiamo che molta parte della verità lungamente meditata riesce dalle maglie e si perde come la sabbia tra le dita del pugno che si stringe per contenerla. La vita non cape nel cerchio delle nostre anguste teorie. Ogni teoria è grigia, diceva Goethe, mentre la vita è verde.

Charles Darwin
È possibile a un secolo di distanza dalla nascita di questo uomo, che diede un nuovo indirizzo alle scienze naturali e informò di sé la mentalità di parecchie generazioni e tenne per non pochi lustri un dominio incontrastato sopra ogni attività dello spirito, dire una parola serena, direi quasi storica, intorno alla sua figura di scienziato pertinace e di pensatore? Veramente la sua opera fondamentale «L’origine delle specie per selezione naturale» pubblicata nel 1859, riduce questo periodo a un solo cinquantennio, ma il numero dei seguaci e dei contraddittori è così folto e le opere scritte pro e contro le sue teorie sono così sovrabbondanti, che l’accingersi a dire qualche cosa di lui dà l’impressione come se si dovesse parlare di tutta l’attività spirituale del secolo trascorso, un’impressione di sgomento.
Gli è che l’opera di Charles Darwin uscì ben presto dai confini nei quali egli stesso pensava dovesse rimanere; e il darwinismo, salutato come l’avvenimento più prodigioso del secolo decimonono, invase non solo le scienze affini, ma anche l’arte e la filosofia, e parve che potesse bastare a riempire anche le menti prive di qualsiasi altra cultura. I darwinisti più feroci, quelli che più hanno nociuto all’opera serena del maestro, sono stati e sono tuttora gli ignoranti gli scienziati gli acclamatori di ogni facile teoria, rumorosi così come gli stipiti vuoti delle canne a ogni soffio di vento. Ma il danno e la confusione maggiore sono venuti da parte di coloro che innalzarono la teoria evoluzionista come un nuovo dogma da opporsi al dogma della genesi biblica; e più ancora da parte di quelle accomodanti coscienze, che, non dubitando della saldezza delle nuove dottrine, compirono sforzi enormi per metterli in armonia con le antiche concezioni, capovolgendo i valori della ragione e quelli del sentimento.
Per liberare la figura di Charles Darwin dalla densa nebbia di tante false e affrettate interpretazioni e avvicinare il proprio spirito al suo occorre prima di tutto leggere le sue opere. Questo consiglio, che può sembrare anche inutile, non è stato seguito che molto raramente. Si è quasi sempre preferito parlarne senza conoscerlo.
Eppure la lettura delle sue principali opere è davvero rasserenante. Voi avvertite subito di essere dinanzi a un uomo, che scrive dopo di aver lungamente osservato e meditato, che non ignora il lavoro degli osservatori che l’hanno preceduto, e molto spera, meno a conferma delle proprie conclusioni quanto a vantaggio della conoscenza degli ardui problemi della vita, dalle osservazioni di quelli che verranno. Vi è in lui quasi un’istintiva riluttanza alle affermazioni decisive, assolute. Nella introduzione alla prima edizione dell’opera sua più nota: «L’origine delle specie», egli ha premura di dichiarare che il problema lo affatica da oltre venti anni, durante i quali nulla ha tralasciato per raccogliere osservazioni di ogni genere e nuovi fatti e promuovere esperimenti che potessero lumeggiare meglio la sua idea formatasi la prima volta nel constatare la distribuzione degli esseri organizzati che popolano l’America meridionale e i rapporti geologici esistenti tra gli abitanti scomparsi e gli attuali di quel continente. Il lungo paziente lavoro compiuto non lo trattiene dal dire che la mole dei fatti raccolti non è sufficiente per dare base valida alle sue conclusioni e aggiunge: «so bene che non v’è passo nel mio volume al quale non si possono opporre argomenti contrari». Con le medesime cautele procede nell’opera sull’«Origine dell’uomo», dove trovo questa frase, che può anche spiegarci l’esaltazione di tanti darwinisti: «l’ignoranza frequentemente ingenera fiducia più che non il sapere». Cita inoltre i filosofi classici con ammirazione, e quando riferisce le parole indimenticabili di Kant sul dovere, non si vanta certo, come lo Spencer, di non averlo letto.
Comprendere Charles Darwin nelle sue opere e nella sua vita rappresenta una delle più fattive educazioni spirituali che io mi conosca. Egli trasse dai suoi antenati e più specialmente da Erasmo Darwin, che fu medico e poeta e precursore delle stesse teorie evoluzioniste, la passione non mai stanca di indagare i fenomeni della natura. E quando, ancora giovinetto, si accinse a compiere, in qualità di naturalista, il viaggio attorno al mondo sulla nave «Beagle», non aveva altra preparazione scientifica che quella fattasi spontaneamente osservando con gli occhi ingenui il mondo esteriore, in cui si svolse la sua già pensosa fanciullezza. Un libro solo aveva meditato: la descrizione dei viaggi dell’Humboldt.
Con l’animo aperto e libero, senza alcun velame di idee preconcette o di scuola, egli osservò la vita vegetale e animale sparsa sul mondo; e, quando ritornò dal lungo viaggio, tenne fisse nel proprio cervello visioni di foreste vergini, di montagne emerse, di fiumi lenti tra sponde invisibili, e di verdi silenzi. Egli si educò per tal guisa sul libro che la Natura a noi squaderna; e l’opera sua più duratura è proprio la relazione fedele delle cose che i suoi occhi videro.
Per un quarantennio, dopo il viaggio, ritiratosi nel piccolo villaggio di Down, in una quiete opportuna perché intera rivivesse in lui la serie innumerevole dei fenomeni osservati, egli attese a riordinare il materiale raccolto e a pubblicare a uno a uno i volumi non pochi delle sue opere, che hanno rapporti complessi con tutte le scienze naturali.
Ma il fastigio del suo pensiero è nell’«Origine delle specie per selezione naturale». La pubblicazione di questa opera produsse un fenomeno spirituale stranissimo: l’appagamento immediato di ogni ansia del pensiero; e parve allora che alle eterne domande di Edipo alla Sfinge: «chi siamo», «donde veniamo», «dove andiamo», si fosse finalmente trovato una risposta. Nacque così la nuova filosofia evoluzionista capace di risolvere ogni dubbio dello spirito. In Italia uno degli ingegni più brillanti che abbiano avuto le scienze mediche, il Tommasi, esclamò, nel fervore del suo entusiasmo: «o evoluzione o miracolo», senza pensare che i due termini, invece di essere antitetici, potevano anche essere fusi uno nell’altro. Lo stesso Darwin incominciò a non riconoscersi più nel darwinismo ormai trionfante e dilagante, e è nota la sua protesta contro le esagerazioni di Haeckel e il suo rincrescimento per vedere il suo nome fatto bandiera di congreghe settarie peggiori delle antiche. Il successo clamoroso di Darwin, così in contrasto con il freddo silenzio chiusosi attorno a Lamarck, trova ragioni nelle mutate condizioni degli spiriti. Il tempo era, come si suole dire, maturo per l’estensione della concezione storica oltre i confini particolari dell’incivilimento umano già definitivamente stabilito come evoluzione. Dopo il tumulto napoleonico, dopo la battaglia di Waterloo è un ricco fiorire di studi storici, specie in Germania, quasi che lo sbalordimento di quella rapida epopea fosse valso a risvegliare più vivo il desiderio di guardarsi attorno e di conoscersi. La dottrina dell’evoluzione nei fenomeni naturali trae origine, come giustamente osserva il Royce, dallo sforzo compiuto dall’umanità per scrivere la propria autobiografia. Come suscitatore immediato dell’opera di Darwin non bisogna inoltre dimenticare il geologo inglese Lyell, le cui ricerche sostituirono all’avvicendarsi di catastrofi nella formazione del nostro pianeta, lenti processi naturali.
Quale fu la nuova verità enunziata nell’origine delle specie? Che le specie vegetali e animali, invece di essere definite distinte e immutabili, dipendessero da un ceppo comune e si trasformassero lentamente; che l’opera enorme del Linneo di classificare gli organismi viventi non doveva essere fine a sé stessa ma mezzo per conseguire uno scopo più alto, risultava già dagli studi dei grandi zoologi del principio del secolo decimonono quali il Goethe, l’Owen, l’Oken, il Geoffroy-Saint-Hilaire, e il Lamarck.
Alle conclusioni degli evoluzionisti, che furono prima di lui, Darwin non aggiunse che il fattore della selezione naturale, della sua «struggle for life». Poi che la caratteristica universale di tutti i corpi che vivono consiste in una facoltà di riproduzione così eccessiva che una qualsiasi forma animale o vegetale, lasciata libera, potrebbe in breve tempo invadere la terra e colmare il mare; poi che questo potere immanente di moltiplicazione fa sì che una pianta, pei pochi frutti che matura, produce una fioritura innumere che si perde in pioggia di petali, e i discendenti di un solo di alcuni bacilli infinitamente piccoli si riproducono in tali proporzioni che in pochi giorni potrebbero riempire l’oceano sino alla profondità di un miglio, Darwin fa intervenire la lotta per l’esistenza, che falcia i più deboli e i meno adatti alle condizioni del mondo esteriore, e preserva i migliori che riescono dalla lotta con modificazioni tali da adattarsi facilmente alla vita. Queste modificazioni, trasmesse per eredità, dànno sempre tipi più evoluti.
Si comprende di leggieri, anche per quel che ho detto nel capitolo precedente, come questa teoria non si opponga a quella di Lamarck, e l’una e l’altra lasciano insolute le domande che affiorano subito alle labbra: cosa possiede in sé l’organizzazione vegetale e animale perché si trasmuti in armonia con i fattori e con le energie interiori ed esteriori che la urgono? Tra quali limiti fluttua il fatale divenire delle cose che vivono sotto il Sole? In qual maniera si compone la struttura anatomica in quel ch’è perché divenga perennemente? E gli organismi semplici sono veramente tali quando in sé racchiudono le ragioni del più complesso? e anche volendo tralasciare queste domande, che sorpassano di molto l’ambito delle possibili ricerche scientifiche, noi non possiamo esimerci dal considerare le manchevolezze dell’ipotesi darwiniana. Né a Darwin, né tanto meno agli esaltatori di lui riuscì determinare esattamente forme di passaggio tra una specie e l’altra. L’osservazione del botanico Naegeli che la selezione naturale non può agire in rapporti morfologici di struttura, ma solo sopra l’adattamento a destini fisiologici determinati da parte di organi già definiti morfologicamente, mentre la differenza delle specie rimane di natura essenzialmente morfologica, non ha perduto d’importanza fin da quando fu emessa. E non bisogna dimenticare che lo stesso Darwin, negli ultimi anni di sua vita, dinanzi ai lavori meravigliosi di Fabre intorno alla vita e alle abitudini degli insetti, ebbe a dire che il problema dell’istinto era una tra le più gravi difficoltà del suo sistema [1] .
Ora siamo in un periodo di tumultuaria reazione e di critica incessante. La teoria dell’evoluzione, spoglia della limitazione scientifica, ridiventa un concetto più largo e più puro quale apparve ai primi filosofi di quella primavera del pensiero che fu la civiltà ellenica: Talete di Mileto, Democrito ed Empedocle. Il darwinismo, ridotto nei suoi veri termini di lotta per l’esistenza, viene sospinto di giorno in giorno contro le sue ultime trincee; e nuovi fatti vengono messi in luce che ci fanno dubitare assai di ogni legge fondamentale stabilita da Darwin e tentano perfino di farci smettere l’idea di specie per sostituire quella di individuo. Non è possibile, nei limiti di un articolo, riferire le molte questioni che si dibattono in questo momento nella scienza. La teoria che oggi pare debba prevalere è quella della «Mutationtheorie» formulata dal botanico di Amsterdam, Hugo De Vries, il quale si ricollega agli studi compiuti dall’abate Giovanni Mendel. Per il Vries, come vedremo nel prossimo capitolo, la creazione di nuove specie non sta in rapporto di lente trasformazioni costituzionali, ma al manifestarsi improvviso di mutazioni brusche e decisive.
La figura di Ch...

Table of contents

Citation styles for La vita prima della vita

APA 6 Citation

Anile, A. (2019). La vita prima della vita ([edition unavailable]). Tiemme Edizioni Digitali. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2091776/la-vita-prima-della-vita-articoli-scelti-pdf (Original work published 2019)

Chicago Citation

Anile, Antonino. (2019) 2019. La Vita Prima Della Vita. [Edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. https://www.perlego.com/book/2091776/la-vita-prima-della-vita-articoli-scelti-pdf.

Harvard Citation

Anile, A. (2019) La vita prima della vita. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. Available at: https://www.perlego.com/book/2091776/la-vita-prima-della-vita-articoli-scelti-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Anile, Antonino. La Vita Prima Della Vita. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali, 2019. Web. 15 Oct. 2022.