Giacomo Leopardi
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Giacomo Leopardi

About this book

«Mi trema il cuore parlare qui, in questa alta assemblea, di un poeta, sollevato alle sfere degli spiriti maggiori, assorbito nei taciti, eterni giri del tempo e operante ancora, vivente dell'eterea, inconsumabile vita, con la virtù possente del suo canto». Con queste intense parole si apre il celebre discorso pronunciato da Arturo Farinelli, il 15 marzo 1937, alla Reale Accademia d'Italia per il centenario della morte di Giacomo Leopardi, qua integralmente riportato con l'aggiunta di alcune illustrazioni.

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Information

III.

Il pastore errante dalle sue aride lande solleva lo sguardo al cielo, alle stelle e, fasciato di dolore e di fastidio, giudica della vita mortale. E tra gli eletti, e di tale elevazione dell’anima dispone appunto perché è umile, semplice, incorrotto, un rustico. Il poeta rimembra lo smisurato affetto che nei verdi anni poneva ai primitivi, tutto spontaneità e immediatezza, non guasti dalla civiltà corruttrice. Il selvaggio è all’infanzia del mondo e al margine ancora dell’infelicità. Viva pure nelle selve, ha intere passioni, rozzo ingegno, ma sentimenti vergini; può bearsi degli aspetti della natura e godere d’ogni festa campestre. E un piccolo selvaggio, non aperto ancora ai crudi inganni e alle ambasce della vita, è il fanciullo. Durasse questa fortunata età, e tardasse ad accendersi in lui la face dell’arido vero e a operare la ragione. Divinizza il fanciullo il mesto e derelitto poeta, che tragitta solo, non ha carezza, sorriso e bacio di bimbo; e a ricondursi ai suoi primi tempi, di tanta ebbrezza e tanto tumulto di affetti e sì candida ignoranza, invaso dal suo mondo di favole, non distratto dal suo immaginar vago, tende l’intera vita.
La foga con cui si abbatteva sul mondo antico, e sviscerava testi, traduceva, e si metteva al lato degli Elleni e dei Romani, e plutarchizzava con baldanza è pur riflesso di questo culto per le prime età ingenue, forti e gioconde e dello svisceratissimo amore per l’infanzia. Né ci sorprende che, durando il fervore dell’anima, uscisse dalla sua gran febbre di erudizione non oppresso, ma rinvigorito, corrente alla poesia. Gli si apriva, cogli esempi di virtù e di eroismo, una palestra di vita, da opporsi alla vita lenta e putrida dei suoi contemporanei. Un franco agire, passioni indomite, valore intrepido, l’audacia del combattere, l’aperta, lieta fronte della giovinezza eterna. «Care e benedette età» che vanterà il carme all’Italia. Risorgessero; tornassero i Scipioni alle terre italiche deserte e languide. Ma erano spenti ahimè quei mondi di così fresca e gagliarda vita; sepolte le divinità che aleggiavano ai magnanimi e ai forti, rimpiante pur da Hölderlin e da Schiller: «schöne Wesen aus dem Fabelland». E il grido perché si ritorni all’antico e si riacquisti la patria perduta si disperde nei venti.
L’eroico non si disgiunge dal naturale e dal semplice; e armonizza il mondo degli indomiti, di sveglie energie, col mondo idillico, il regno degli umili, liberi di colpa, di forze elementari e intatte. Da umili ricordi si giungeva allo smarrimento nei grandi pensieri all’infinito e all’eterno; dalla indurita zolla l’occhio si toglieva per fissare la volta dei cieli e il nodo delle stelle. Fosse egli nato campagnolo il povero poeta! Una capanna, un orto, un terriccio aperto all’azzurro e al sole, e innanzi il piano, il colle, il cielo, per distendervi le tacite meditazioni. Artigiani, erbaioli, villanella della gleba, povere fanciulle che vanno al lavoro, o cantano o annaspano, e vivono e muoiono nelle quiete stanze, altri non desidera come compagni; e involge quegli umili del suo affetto fraterno, e intimissimamente con loro vive, con loro si oblia. E tace il mondo quando risuona la loro cara voce.
Dicevo in un mio discorso: [1] «Sono le piccole, tenuissime cose, le scene più intime e romite quelle a cui più si affeziona. Il paesaggio più semplice e disadorno può suscitargli la commozione più viva e più dolce. La vibrazione dell’anima più intensa muove talora da una immagine lieve, tenerissima, da un fuggevole tocco, da un suono leggerissimo, da un minimo ricordo, soave o doloroso. Ai superlativi del sentimento nella lirica che gli sgorga nella pienezza del cuore fanno riscontro i diminutivi che trasceglie e vezzeggia: la gallinella, il villanello, la donzelletta, il vecchierello, i nugoletti, la finestrella sopra la scaletta. Questa risonanza profonda nell’anima dei più minuti o comuni spettacoli forma l’incanto maggiore della poesia del Leopardi. La commozione di questo tacito e raccolto osservatore entra in noi, non sai per quale magia; e il dolce verso pare respiro della nostra anima. Un rumore di martelli, la sega dei legnaioli, lo scalpitare dei cavalli nel cortile, il rintanarsi del coniglio nel suo covile, l’errare della lucciola entro le siepi sulle aiuole, un moto soave di fronde, il suon dell’ora della torre del borgo che reca il vento, il posarsi quieto della luna sovra i tetti in mezzo agli orti, il lavar malinconico dei campi quando piove a distesa, una corona di piante taciturne, il primo sussurro degli uccelli nel ridente mattino, il saettar del primo sole tra le stille cadenti, il tr...

Table of contents

  1. Copertina
  2. GIACOMO LEOPARDI
  3. Indice
  4. Intro
  5. GIACOMO LEOPARDI
  6. I.
  7. II.
  8. III.
  9. IV.
  10. V.
  11. Ringraziamenti