CAPITOLO I.
Al cadere dâuna bella giornata dâaprile dellâanno 1503 la campana di San Domenico in Barletta sonava gli ultimi tocchi dellâavemaria. Sulla piazza vicina in riva al mare, luogo di ritrovo degli abitanti tranquilli che, nelle terricciuole dei climi meridionali specialmente, sogliono sulla sera essere insieme a barattar parole al sereno per riposarsi dalle faccende del giorno, stavano col fine medesimo dispersi in vari gruppi molti soldati spagnoli ed italiani, alcuni passeggiando, altri fermi, o seduti, od appoggiati alle barche tirate a secco, delle quali era ingombra la spiaggia; e, comâè costume delle soldatesche dâogni etĂ e dâogni nazione, il loro contegno era tale che pareva dire: il mondo è nostro. Di fatto, lasciato loro il campo migliore, si tenevano i terrazzani in disparte, dando cosĂŹ a questa loro burbanza tacita approvazione. Chi per figurarsi questo quadro si volesse rappresentare una simile radunata deâ nostri soldati moderni nella loro misera uniforme, sarebbe lontano assai dallâaverne una giusta immagine. Lâesercito di Consalvo, le fanterie specialmente, quantunque le meglio in arnese, e le migliori di tutta cristianitĂ , non conoscevano però, piĂš di qualunque altra milizia del secolo XVI, la stretta disciplina moderna, che è giunta a render simile un soldato allâaltro dalle scarpe al cappello. Qui invece, ogni uomo che facesse il mestier dellâarme a piede o a cavallo, poteva vestirsi, armarsi ed adornarsi come
piĂš gli piacesse; onde nasceva fra questa turba una mirabile varietĂ e vaghezza nelle fogge, neâ colori e nel portamento, dal quale si poteva facilmente conoscere a qual nazione appartenesse ogni individuo. Gli Spagnoli per lo piĂš seri immobili, atteggiati da bravacci, ed avvolti (o comâessi dicono
embozados)nella
cappa nazionale, dalla quale si vedeva uscir per disotto la lunga e sottil lama di Toledo; glâItaliani loquaci e pronti al gestire, in sajo od in farsetto, colla daga pistolese
appesa dietro le reni.
Al sonare della campana era cessato il sussurro, e scomparendo la maggior parte deâ cappelli, le teste eran rimaste scoperte, perchĂŠ in quel tempo anche i soldati credevano in Dio, e talvolta lo pregavano. Dopo piccola pausa tornarono a luogo i cappelli, ricominciò il bisbiglio; e benchĂŠ quella turba presa insieme avesse al primo aspetto un non so che di gajo e di vivace, si poteva tuttavia facilmente avvedersi, girando fra i diversi crocchi, esservi un motivo comune di tristezza e di scoramento, al quale erano volte le menti e le parole di tutti. Infatti il motivo era vero e possente. La fame cominciava a farsi sentire fra i soldati ed anche fra gli abitanti di Barletta, ove il gran Capitano, aspettando i tardi ajuti di Spagna, teneva chiuso lâesercito di troppo inferiore a quello dei Francesi, perchĂŠ sâarrischiasse commetter la somma delle cose alla fortuna dâuna giornata.
Tre lati della piazza erano chiusi da certe povere case di marinaj e pescatori, dalla chiesa e dallâosteria. Il quarto sâapriva alla marina, ingombro, comâè costume di tali luoghi, di barche, reti e di altri attrezzi pescherecci; ed allâultima linea dellâorizzonte si vedeva sorgere dal seno delle acque la bruna forma del monte Gargano, sulla cui vetta andava morendo lâultimo raggio del sole cadente.
Nello spazio frapposto, veleggiava chetamente un legno sottile; e si volgeva tratto tratto per cercare il vento che soffiava incostante in quel golfo, increspando qua e lĂ a lunghe strisce la superficie del mare. La distanza tuttavia della nave e la dubbia luce del crepuscolo non lasciavano distinguere qual fosse la sua bandiera.
Uno spagnolo, che insieme con molti soldati era presso alla riva, la guardava fisso, aguzzando le ciglia, ed attorcigliandosi certi grandissimi baffi piĂš bigi che neri.
â
Che cosa guardi che sembri una statua, e non dai retta a chi discorre con te?
Questâapostrofe dâun soldato napoletano, che non avendo ottenuta risposta ad una prima domanda, se lâaveva per male, non mosse nĂŠ punto nĂŠ poco lâimperturbabile Spagnolo. Alla fine con un sospiro che pareva uscire piĂš da un mantice che dal petto dâun uomo, disse: â Voto Ă Dios que nuestra segnora de Gaeta , che manda buon vento e buon cammino a tanti che la pregano in mare, potrebbe mandar ora questa fusta a noi che la preghiamo in terra, e non abbiamo da metter sotto i denti altro che il calcio dellâarchibuso! Chi sa che non porti grano e provvisioni a quei descomulgados di Francesi che ci tengono stretti in questa gabbia per farci morir di fame... Y mala Pasqua me de Dios y sea la primera que viniere, si a su grazia el segnor Gonzalo Hernandez quando ha ben pranzato e meglio cenato glâimporta di noi piĂš che del
â
Che cosa può far Consalvo? â rispose con stizza il Napoletano, contento di contraddire: â dovrĂ diventar pane per entrar in corpo ad una bestia come te? Quando ne avrĂ , ne darĂ ; e le navi che il malanno loro ha portate nelle secche di Manfredonia
, chi lâha divorate? Consalvo, o voi altri?
Lo Spagnolo un poâ mutato in viso mostrava di voler rispondere, ma fu interrotto da un altro del crocchio, il quale battendogli sulla spalla, scuotendo la testa, ed abbassando la voce, come per dar maggior peso alle parole: â Ricordati Nuno, â gli disse, â che il ferro della tua picca era a tre dita dal petto di Consalvo il giorno che in Taranto per esser pagati si fece quello strano scherzo...; e se vâè stata volta in cui abbia creduto che quel tuo collo nero dovesse far amicizia collo spago, è stata quella... Ti ricordi che si faceva schiamazzi da sbigottir un leone? Si muove lĂ il torrione del castello? â (ed additava la torre maggiore della rĂ´cca che mostrava il capo al disopra delle case). Tanto si mosse Consalvo, e freddo freddo... mi par di vederlo... con quella sua mano pelosa scansò il ferro e ti disse
:
mira que sin querer no me hieras...
A questo punto il volto bruno del vecchio soldato diventò piĂš bruno la metĂ , e per rompere un discorso che poco gli garbava, tagliò la parola allâaltro dicendo: â Che cosa mâimporta a me di Taranto, della picca, o di Gonzalo?
â
Che tâimporta? â ripigliò il primo sorridendo. â Se vuoi dar retta a
Ruy Perez, e serbar libero il passaggio al pane
per quando
Dios fuere servido di mandarcene, non parlar tantâalto che Consalvo ti senta e si ricordi di Taranto... mezza parola è poco, e una è troppo, dice lâItaliano; ed uomo avvisato, mezzo salvato.
Nuno rispose con un certo garbuglio, al quale la sua mente non pareva avesse gran parte: lâavviso ricevuto lo metteva in pensiero suo malgrado; volse con dubbio lâocchio in giro per veder se lâidea di denunciare le sue poco misurate parole era nata in qualche cervello. Questâindagine per fortuna fu, o gli parve rassicurante.
La piazza intanto era rimasta quasi deserta; lâora di notte
sonava al castello; onde questo gruppo imitò gli altri che giĂ sâerano andati sciogliendo, e si disperse fra le strette ed oscure vie della cittĂ .
â
Diego Garcia tornerĂ stasera, â diceva camminando Ruy Pèrez, â le buone lance del suo terzo avran trovato da far caccia in campagna, e forse avremo domani un pranzo migliore della cena dâoggi.
I pensieri suscitati da una tale speranza troncarono a tutti le parole, ed ognuno tornò in silenzio al proprio alloggiamento.
Nel tempo che si facevano questi discorsi, il legno che dapprima pareva passasse al suo viaggio, sâera piano piano venuto accostando. Pose in mare una barchetta nella quale scesero due uomini, che prestamente vogarono verso la spiaggia; ed appena scostati, il legno maggiore, spiegate tutte le vele, sâallontanò; nĂŠ piĂš si rivide. Approdò il battello nella parte piĂš oscura della piazza, ed i due rematori saltarono a terra. Il primo di questi stranieri, visto che in quel luogo non vâera persona, si fermò ad aspettare il compagno che rimaneva addietro occupato a caricarsi dâuna valigia e di certâaltri impicci; fatta la qual cosa condusse la barca alla punta dâun piccol molo che serviva allo sbarco deâ legni maggiori, quindi raggiunse quello che, per quanto accennava la presenza ed una certâaria dâarrogante superioritĂ , non sembrava di condizione eguale alla sua, eâ che gli disse come conclusione deâ discorsi fatti durante il tragitto: â
Michele, è tempo dunque dâessere accorto; sai chi sono, e piĂš non ti dico.
Michele intese benissimo la forza di queste poche sillabe; accennò col capo che farebbe, e sâavviarono allâosteria.
Davanti alla porta principale di questa, sei pilastri sottili di mattoni rozzi sostenevano un pergolato, sotto il quale erano parecchie tavole disposte allâuso degli avventori. Lâoste (il cui nome era Baccio da Rieti, ma che per certi sospetti aveva dal popolo il soprannome di Veleno e cosĂŹ veniva chiamato da tutti) avea fatto dipingere fra due finestre un gran sole in rosso, al quale il pittore, secondo nozioni astronomiche che non sono per
dute ancora, aveva attribuito occhi, naso e bocca, con certi raggi color dâoro, fatti a coda di rondine, che di giorno si vedevano un miglio lontano. Lâinterno della casa era diviso in due piani: uno stanzone terreno serviva di cucina e di camera da mangiare; per una scala di legno si saliva al secondo, ove lâoste abitava colla famiglia, e con qualche disgraziato quando capitava a passar ivi la malanotte. Lâuso comune dâItalia era in quei tempi di cenare alle ventitrè: a questâora pertanto non si trovavano colĂ che pochi soldati o capisquadra seduti sulla porta al fresco, della compagnia del signor Prospero Colonna,
che seguiva la fortuna di Spagna; tutti giovani arditi, che quivi cogli altri bravi dellâesercito avean costume di ripararsi. Lâoste, che sapeva il suo mestiere, non lasciava mancar loro nĂŠ carte nĂŠ vino; ed essendo uomo sollazzevole e pieno di grilli, sempre piacevolmente ad ognuno diceva la sua; e cosĂŹ intrattenendoli spillava loro i danari. Stava appunto Veleno ritto sullâuscio, facendosi vento colla berretta, il grembiule alzato sul fianco; e le parole, le risa e il rumore andavano alle stelle.
Giunsero i due forestieri, e per non parer tali camminavano passo passo, fermandosi spesso e cicalando fra loro; quando furono rimpetto allâuscio, e âl chiarore del focolare di dentro percosse loro nel volto, apparvero vestiti nĂŠ piĂš nĂŠ meno come ogni altro che fosse quivi. Poco badò loro la brigata quando entraron dentro; se non che uno, che era seduto piĂš lontano, e stando allâoscuro aveva meglio veduto costoro, non potĂŠ far che non desse in un oh! di grandissima meraviglia, e dicesse mezzo rizzandosi: il duca!... Il suono col quale fu pronunziata questa parola mostrava dovesse esser seguita da un nome; ma un leggiero volger dâocchio di colui che entrava, bastò a rimandargli questo nome in gola. Nessuno avea posto mente a questo suo sbigottimento: un solo compagno che gli era presso gli disse:
â Boscherino! Che duca ti vai sognando? Pure non tâho visto bere oggi. Ti par egli luogo da duchi codesto? Non parve vero a Boscherino di non trovar fede, e dâesser tenuto pazzo o briaco; e senza entrar in altro, volse destramente le parole, ritornando ai discorsi di prima.
Dietro i due entrati nellâosteria sâavviò Veleno colla sua rotonda e bisunta persona, e con una cera olivastra, barbuta e maliziosa, nella quale si vedeva un miscuglio che teneva del coviello e dellâassassino. Senza molto scomporsi fece lâatto di far di berretta, e disse: â
Quegli che giĂ sappiamo chiamarsi Michele, fattosi avanti, disse: â
Lâoste si scontorse, e rispose con tuono afflitto, che si sforzò di far apparire sincero, â Cenare? Vorrete dire mangiar un boccone alla meglio, se pure si potrĂ metter insieme... Dio sa che cosa vâè rimasto in casa in questa stretta dâassedio? ChĂŠ prima un pane valeva un cortonese, ed ora sta mezzo fiorino, e tanto lo pago io al forno... A ogni modo per signori pari vostri si ripiegherĂ ... mâingegnerò... â E con questâesordio destinato, secondo lâusanza degli osti, a far pagar dieci quel che val due, aperse un armadio, e trattone un tegame lo pose sul fornello; e collâajuto del vento fatto col grembiule, e che alzava la cenere sino al soffitto, fu presto riscaldato uno spezzato di capretto, che al dir dellâoste era la sola vivanda che fosse a quellâora in Barletta, e doveva servir di cena ad un caporale che veniva per essa a momenti; ma signori pari loro non si potevano mandar a letto a digiuno.
Comunque ella fosse, la vivanda fu gradita, e venne recata in stoviglie di terra a fiori, insieme con un boccale dellâistessa materia a larga pancia, e con un mezzo cacio pecorino duro come un sasso, nel quale eran impressi i colpi di colte...