Storia e cultura degli arabi fino alla morte di Maometto
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Storia e cultura degli arabi fino alla morte di Maometto

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Gli arabi sono il gruppo etnico di madrelingua araba originario della Penisola arabica che, col sorgere dell'Islam, ha guadagnato a partire dal VII secolo grande rilevanza nella scena storica mondiale, insediandosi in circa una ventina di Paesi. Oggi gli arabi sono circa 450 milioni, la maggior parte dei quali vive nei paesi aderenti alla Lega araba, e costituiscono di fatto il secondo gruppo etnico al mondo per dimensione dopo i cinesi Han. Michelangelo Guidi (Roma, 19 marzo 1886 – Roma, 15 giugno 1946) è stato un islamista e arabista italiano.

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Information

Publisher
Passerino
Year
2019
eBook ISBN
9788835326120
Topic
History
Index
History

CAPITOLO II - IL POPOLO D'ARABIA E LA SUA STORIA PRIMA DELL'ISLAM.


I.
LE ORIGINI ARABE.

Il popolo che da tempo antichissimo noi sappiamo aver abitato la penisola arabica costituisce uno dei principali rami della stirpe semitica. [1] L'etimologia del nome ‘arab è oscura; essa è stata messa in rapporto dal Wetzstein con la radice che è a base della parola ebraica ‘ erābhāh, che ha il significato di steppa. [2] Osserva M. Hartmann [3] che a questa radice ebraica corrisponde in arabo non ‘arab ma gharab e che se si deve stabilire una connessione delle antiche condizioni con l'indicazione di una radice semitica occorrerebbe pensare piuttosto a uno dei significati della radice ‘arab: «essere perturbato, mescolato». Gli Arabi sarebbero la popolazione mancante dell'organizzazione della società ordinata, gli abitanti della steppa, massa amorfa di fronte agli abitanti del paese coltivato. In ogni modo occorre tener sempre presente il costante significato che ha la parola ‘arab di nomadi, beduini, abitanti del deserto.
Non è neanche facile definire il posto dei Semiti e degli Arabi nella classificazione antropologica degli abitanti della terra, considerate le notevoli commistioni di sangue che hanno influito sul tipo dei vari popoli semitici che si comprendono generalmente, secondo la classificazione dell'Eickstedt, nella suddivisione orientali da dei popoli bianchi. Così sono attestati sicuramente i contatti con la razza etiopica.
Noi non sappiamo quali altre stirpi abbiano abitato l'Arabia prima dei Semiti; i ritrovamenti preistorici sono scarsi, sembrano però già indicare la presenza di civiltà paleolitiche e neolitiche anteriori ai Semiti, o per meglio dire ai Camito-semiti. Ma nulla più di questo vago indizio; e se l'archeologia dà così scarso aiuto, né storia né filologia o considerazione comparata delle vicende documentate d'altre parti d'Oriente possono darci elementi per la conoscenza della popolazione anteriore alla venuta dei Semiti. [4]
La tradizione indigena invece, con la sua cronologia immaginaria, sa narrare l'antichissima storia del paese riattaccandola per genealogie alla diffusione dei popoli dopo il diluvio universale. È ovvio che nessuna ricostruzione storica potrebbe fondarsi su questi dati in parte leggendari e mitologici, sebbene non sia del tutto escluso che sotto la veste della leggenda si nasconda qualche particella di vero. Due grandi categorie di popoli hanno abitato secondo tale tradizione successivamente la penisola: le popolazioni bā᾽idah o sparite, le bāqiyah o muta᾽akhkhirah, cioè quelle che sopravvivono o posteriori. Queste si suddividono alla loro volta in popolazioni ‘āribah, cioè le pure arabe, quelle che hanno dall'inizio parlato il puro arabo (la considerazione dal punto di vista linguistico ha grande importanza per gli archeologi arabi) e cioè gli Arabi yemeniti o meridionali; e popolazioni muta‘arribah o arabizzate, che hanno preso la lingua dalle prime; e sono le popolazioni del Nord, dette anche ismailite perché riconnesse geneologicamente con Ismaele figlio di Abramo e con esso venute in Arabia. Tale classifica ha una notevole variante: secondo alcuni, infatti, le genti sparite sarebbero gli ‘āribah, i Yemeniti sarebbero i muta‘arribah, già dunque essi stessi arabizzati, e gli Arabi del Nord, o Ismailiti, i musta‘ribah.
Tale racconto tradizionale, come si è già detto, vuol risalire alle origini; e le popolazioni sparite sono da esso connesse con i figli di Noè e per lo più con Sem, qualcuna con Cam. Per la maggioranza dunque delle fonti tali genti bāqiyah sono semitiche; e più precisamente aramaiche. Con la immigrazione di tali genti si esaurisce quindi, per la tradizione, il racconto della storia antichissima.
La scienza moderna si propone invece, come abbiamo accennato, il problema del sostrato; e se non giunge ancora ad alcun risultato per la mancanza di sufficiente informazione archeologica o in qualsiasi modo documentaria, non trascura le conclusioni a cui possono condurre considerazioni di natura puramente linguistica. Il fatto che l'arabo è lingua che appare più che le altre semitiche conservativa, e che sembra riprodurre con maggior fedeltà il tipo dell'antico semitico, non è certo atto a far concludere per la presenza di un forte sostrato che la abbia influenzata. Altre genti semitiche mostrano chiaramente nella loro evoluzione l'influenza di un fattore che ne ha scardinato il sistema. Non occorre tuttavia dimenticare che la mancata azione può esser anche attribuita alla separazione dei due elementi, come avvenne per l'India, ove il linguaggio ario si mantenne in grande purezza, soprattutto in alcune sue manifestazioni, poiché varie condizioni tennero separate le popolazioni immigrate da quelle di sostrato. Si potrebbe anche invocare per qualche aspetto l'analogia del latino in territorio etrusco, ove la separazione tra i due elementi della popolazione, e la mancata loro fusione, fu causa forse della purezza del toscano, della sua mantenuta aderenza alla parlata latina. D'altra parte è ben possibile ammettere che nell'Arabia solo i Semiti, come del resto apparirebbe dalla tradizione indigena, hanno saputo costituire nell'avversità dell'ambiente forti nuclei di popolazione sui quali il sostrato non avrebbe lasciato traccia. Anche l'argomento linguistico non è dunque sufficiente a darci lume per la questione del sostrato, sebbene, nonostante le considerazioni qui esposte, la maggior purezza dell'arabo, dovuta anche s'intende alla natura di area isolata della penisola, costituisce pur sempre una presunzione in favore della tesi che escluda la presenza di un notevole fattore linguistico precedente.
Con lo studio delle origini del popolo arabo è naturalmente connesso il grave problema della primitiva sede dei popoli semitici. L'opinione tradizionale, fondata essenzialmente sui dati biblici, considerava i Semiti di Arabia provenienti dall'altipiano armeno, luogo di diffusione della diaspora dopo il diluvio; donde poi, stabilitisi nella valle mesopotamica, sarebbero giunti, come i loro fratelli assiri, babilonesi, cananei, ebrei ed aramei, nelle loro sedi storiche. [5] '
La prima reazione a tale tradizionale dottrina si ebbe con un'osservazione del Sayce nella sua Assyrian Grammar (1872), ove egli affermò che le tradizioni semitiche indicano tutta l'Arabia come sede originale della razza, e che essa è l'unica parte del mondo rimasta esclusivamente semitica, mentre un'origine desertica spiega meglio di ogni altra le caratteristiche razziali. E. Schrader in un suo articolo del 1873, [6] con un dotto esame di condizioni religiose, mitologiche, linguistiche, storico-geografiche, giunse alla conclusione che l'Arabia dovesse esser ritenuta come la sede primitiva dei popoli semitici.
Fu suo argomento capitale il fatto che, a differenza di altri popoli, gli Arabi non avrebbero tracce di babilonismo nella loro civiltà (cfr. Caetani, Studi di storia orientale, I, p. 115). Certo lo Schrader non nega che in epoca remota i Semiti possano esser venuti dall'Asia centrale; ma la dispersione verso le sedi storiche è secondo lui avvenuta dall'Arabia. Egli fu seguito da A. Sprenger, che nella sua ben nota opera Die alte Geographie Arabiens, pubblicata a Berna nel 1875, indicò in un breve capitolo (§ 427) la penisola come l'origine dei Semiti (senza, a quanto sembra, conoscere le argomentazioni dello Schrader, che egli ad ogni modo non cita), la chiamò anzi, con un'espressione che ha avuto fortuna, la « Grundlage der Entwicklung des Semitismus». Tutti i Semiti sono per lui «abgelagerte Araber». Tale dottrina egli conferma nella sua vita di Maometto. [7] Alla teoria dello Schrader e dello Sprenger si oppose I. Guidi in una sua celebre memoria [8] (preceduto a sua insaputa da breve dichiarazione del Kremer), [9] con argomento principalmente filologico, mostrando che la comparazione delle lingue semitiche indica, con le concordanze o rispettivamente le discordanze nel dar nome ad aspetti o fenomeni della natura o a piante o animali, metalli, utensili ecc., come solo la Babilonide con le sue caratteristiche e la vita ad essa propria può convenire a tale stato di fatto; che poi la migrazione in altri paesi ha screziato di singole variazioni, con l'entrata di nuove immagini, di nuovi concetti o di parole di prestito. Gli argomenti filologici del Guidi che hanno un valore innegabile (cfr. Caetani, Studi di storia orientale, I, p. 97 e segg.) furono ribattuti, per quanto concerne la legittimità delle conclusioni di ordine storico da tali premesse d'ordine linguistico, specialmente dal Nöldeke [10] il quale osservò che toglie valore a tale metodo la semplice considerazione della possibilità dell'imprestito di parole da popolazioni adiacenti. E il Caetani, nel luogo qui sopra indicato, fa parecchie obiezioni, tra cui la circostanza rilevata dal De Morgan [11] che durante il periodo paleolitico e parte del neolitico l'altipiano dell'Iran, attraverso il quale sarebbero giunti i Semiti, non fu abitato da alcuna razza umana, ciò che par difficile supporre. L'ipotesi arabica, quindi, e tanto più dopo il recente progresso degli studi, ha continuato ad avere favore e si può dire che ad essa aderisca ora la maggioranza dei semitisti, tra cui Winckler e Hommel, [12] e storici, tra cui E. Meyer, [13] per i quali hanno molto peso specialmente l'argomento della corrispondenza della vita semitica alle condizioni del deserto, il tipo conservatore della vita araba e infine il fatto innegabile delle successive migrazioni che in tempo storico, a partire dal terzo millennio, hanno inviato nuove ondate di Semiti verso il Nord dal deserto siro-arabico.
Il Caetani anzi, colpito dalla forza dell'argomentazione del Guidi ma persuaso da quella degli argomenti a favore della tesi arabica, ha tentato una conciliazione delle due opinioni con l'ipotesi che quelle condizioni fisiche di ambiente che sembrarono al Guidi rispecchiarsi nell'accordo dei più antichi termini nelle varie lingue semitiche, possano attribuirsi non solo alla Mesopotamia, come credeva il Guidi, ma anche all'Arabia, specialmente alla regione centro-orientale di essa. Ciò perché un processo di graduale inaridimento, che il Caetani ha sostenuto con gran copia di argomenti e che è la base di tutta la sua concezione della storia orientale, ha mutato radicalmente l'aspetto del paese, che in tempi remotissimi, quando la lingua dei più antichi Semiti era in formazione, dopo l'epoca glaciale, aveva molti corsi d'acqua e fertile terreno, aspetto insomma simile a quello di Babilonia. L'inaridimento alla fine del periodo glaciale, che ha prodotto gli stessi effetti in Arabia, nel Sahara e nei deserti del Turchestan, ha spinto i popoli semitici ad emigrare in successive ondate dal paese divenuto inospitale; e l'ultima grande espansione avvenuta con l'Islam ha per causa prevalente tale motivo economico e geografico. [14] Questa dottrina dell'inaridimento, che si è valsa molto delle ricerche del Winckler e del Hommel (e fra l'altro della identificazione da essi proposta dei quattro fiumi dell'Eden biblico con i grandi wādī d'Arabia, ora disseccati) e si fonda anche sulla identificazione di paesi noti alla tradizione babilonese-assira, come Magan, Melukkha, Muṣri, con regioni arabiche, ha incontrato viva opposizione in molti dotti, tra cui Hartmann, Musil, Montgomery, Lammens. Soprattutto è stato notato che il Caetani non fa sufficiente distinzione tra geologia e storia, e che nell'epoca di cui noi abbiamo informazioni non si sono verificati mutamenti di clima tali da poter influire profondamente sugli avvenimenti. L'affermazione dell'aridità dell'Arabia è sembrata eccessiva specialmente al Musil [15] che oppone, sembra qualche volta non senza esagerazione, la natura felice di alcune parti della penisola; che l'Arabia non sia più ricca e popolosa è dovuto soprattutto alla deviazione del commercio mondiale, non al preteso inaridimento. Si è poi insistito, come per esempio dal Montgomery, [16] sui fenomeni naturali della salinazione, dell'aumento della zona desertica, notato anche dal Lammens, della disintegrazione delle rocce e la penetrazione delle sabbie, ben descritte dal Moritz [17] , e inoltre sui periodi ricorrenti di prosperità per l'azione che le cure dell'uomo hanno avuto sul deserto, tutte circostanze che possono spiegare agevolmente molti avvenimenti senza ricorrere a tale dottrina dell'inaridimento. Anche per il Montgomery la causa più vera del successivo decadere d'Arabia è da cercarsi nella deviazione della corrente dei traffici per la concorrenza greco-romana. Altre cause possono ricercarsi nelle lotte bizantino-persiane, nelle conseguenze della situazione internazionale che aggruppò in due campi opposti Bisanzio e Abissinia, e Persia e Yemen.
S'intende che l'ipotesi arabica non comporta la conclusione che la penisola sia stata l'originario luogo di formazione della gente semitica, ma piuttosto il luogo da cui sono partite le principali ondate che hanno poi costituito i popoli semitici nelle loro varie sedi. Del problema della provenienza originaria il Meyer dichiara non interessarsi; egli nella Geschichte des Altertums (I 2, 2, § 336 p. 359) afferma che la questione importante è sapere come i Semiti siano giunti in Siria e sull'Eufrate, processo che si compie in tempo storicamente conoscibile. La questione donde i Semiti sono giunti in Arabia e quella dei nessi indoeuropeo-semitico o camitico-semitico, in altre parole il problema della sede originaria del genere umano, è fuori dei confini della conoscenza storica e perciò per lo storico «völlig irrelevant». Ma il progresso degli studi di preistoria e di antichità semitica, così notevole anche dopo la redazione della Geschichte, e «la sete natural» hanno spinto più studiosi a dirigere lo sguardo oltre. Così si è intravista la possibilità, suggerita dai nessi linguistici, il camito-semitico, l'indoeuropeo-semitico, l'ugrofinnico-semitico ecc., che i Semiti siano partiti in origine dall'Asia centrale ove eran prossimi agli Indoeuropei ed altri asiani, per occupare poi le loro sedi attuali in Africa e in Asia. [18] E già il Nöldeke [19] indicava probabile la dottrina che l'origine dei Camito-semiti dovesse ricercarsi nel continente africano; ed essa è stata sviluppata con copia di argomenti da altri, tra cui il Barton [20] il quale combina l'ipotesi arabica con l'africana supponendo che dal Nord Africa dopo l'epoca glaciale i Camito-semiti si siano diffusi nelle varie regioni d'Africa variamente evolvendo secondo la varia commistione con gli aborigeni e che una parte di essi, i futuri Semiti, passati attraverso il Bāb el-Mandeb nell'Arabia meridionale, ivi abbiano costituito il serbatoio che ha poi fornito delle varie famiglie semitiche l'Asia anteriore. Tale tesi egli conforta con l'argomento antropologico fondandosi sulla prevalenza della dolicocefalia presso gli Arabi, che li collegherebbe con l'Africa piuttosto che con i brachicefali dell'Asia centrale.
Ma la tesi arabica, anche con tale complemento che sembra allontanare le obiezioni che ad essa possono muoversi per i nessi li...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Storia e cultura degli arabi fino alla morte di Maometto
  3. Indice
  4. INTRODUZIONE
  5. CAPITOLO I - L'ARABIA E I SUOI ABITANTI.
  6. CAPITOLO II - IL POPOLO D'ARABIA E LA SUA STORIA PRIMA DELL'ISLAM.
  7. CAPITOLO III - IL PROFETA MAOMETTO.
  8. INDICE DEI NOMI PROPRI E DEI VOCABOLI ARABI