MERLINO
ANARCHICI E SOCIALISTI DI FRONTE ALLA LOTTA ELETTORALE
Lettera pubblicata dal Messaggero il 29 gennaio 1897. Merlino apre la polemica a proposito delle elezioni politiche che si sarebbero tenute nel marzo di quell'anno.
Signor direttore,
Da parecchie parti mi vien domandato se son di parere che si debba prender parte o no alle elezioni politiche.
Nel numero di oggi del Messaggero leggo che anche in una riunione tenuta a Senigallia, si interpretò variamente quello che io dissi in proposito, in una conferenza a Napoli.
Ora è manifesto che non importa punto sapere come io la pensi: importa invece moltissimo sapere quale delle due opinioni – quella favorevole o quella contraria alla partecipazione alle elezioni – sia la vera. E questo è quello che io vorrei discutere una volta per sempre per tutti.
È risaputo che i socialisti in lotta con i repubblicani e coi democratici, hanno sostenuto per molti anni, e molti di essi sostengono tuttavia, che le forme politiche sono di nessun valore, che tanto vale la monarchia quanto la repubblica, e che le libertà sancite dagli Statuti sono una lustra, perchè chi è povero è schiavo.
La questione sociale – si è detto – è tutta nella dipen-denza economica degli operai dai padroni: scalziamo questa e la libertà verrà da sè.
Questa è una grande verità. Le libertà politiche sono, ma chi pon mano ad esse? Chi può esercitarle davvero sotto il regime attuale? Non può essere politicamente libero il popolo che è economicamente schiavo. Ma, se le libertà politiche e costituzionali hanno minor valore che generalmente non si creda, non segue che esse non servano affatto. Servono tantochè il governo ce le strappa, con intendimento di ritardare l'emancipazione della classe operaia.
Dunque esse hanno un valore innegabile. Ma queste libertà non consistono semplicemente nel diritto di voto e nell'uso che se ne può fare.
Sono anche i diritti di riunione e di associazione, l'inviolabilità personale e del domicilio; il diritto di non essere punito o perseguitato per semplice sospetto (come avviene nei casi d'ammonizione e del domicilio coatto); ecc. ecc.
E queste libertà si difendono non solo in Parlamento (il Parlamento, disse una volta il Lemoine, somiglia a un certo giocattolo da bambini, che fa molto strepito senza alcun frutto), ma si difendono sopratutto fuori del Parlamento, lottando ogni qualvolta il potere esecutivo commette un arbitrio o una prepotenza contro una classe di cittadini od anche contro un solo individuo, siccome usa in altri paesi, dove anche senza tenere rappresentanti al Parlamento, il popolo sa imporre al governo il rispetto delle sue libertà.
Con questo non voglio dire che la lotta per la libertà – e fino a un certo punto anche quella per il socialismo – non si possa e debba fare anche durante le elezioni e nel Parlamento.
Io credo che noi combattendo a oltranza, come abbiamo fatto, il parlamentarismo, ci si sia data la zappa sui piedi: perchè abbiamo contribuito a creare quest'orribile indifferenza del pubblico per il sistema parlamentare non solo, ma anche per le libertà costituzionali, sì che il governo ha potuto impunemente violarle, senza che un grido solo di protesta siasi levato dai figli di coloro che dettero la vita per conquistarle.
Il parlamentarismo non è la fenice dei sistemi politici: tutt'altro! Ma per pessimo che sia, è sempre migliore dell'assolutismo, al quale noi a grandi passi ci incamminiamo.
Dunque, oggi come oggi, al partito socialista (nel quale comprendo anche gli anarchici non individualisti) incombe la difesa della libertà.
Questa lotta, secondo me, deve essere combattuta su tutti i terreni – compreso quello delle elezioni – ma non su quello esclusivamente.
I socialisti anarchici non hanno bisogno di candidati propri: essi non aspirano al potere e non sanno che farsene. Ma essi devono protestare contro la reazione governativa, prendendo parte all'agitazione elettorale, e va da sè che fra un candidato crispino o rudiniano o zanardelliano, disposto a votare stati di assedio, leggi eccezionali, eleggibilità di candidati politici – e magari massacri di moltitudini affamate – e un socialista o repubblicano sincero, sarebbe follia preferire il primo.
Essi però possono e devono dir chiaro e tondo al popolo, che non s'illudono come taluni socialisti, di poter far breccia a colpi di schede nella cittadella borghese e conquistarla.
Essi però possono e devono dire ai socialisti stessi che il voto è un episodio della lotta per il Socialismo, e non il più importante; la vera lotta deve essere fatta nel paese e col paese sul terreno economico e sul politico.
«L'emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori»; non può essere opera dei politicanti.
Ecco la mia opinione sulla più grave ragione di dissidio tra socialisti ed anarchici.
Sventuratamente questi e quelli si son fatti del male – e, quel che è più, – si son detti delle insolenze reciprocamente: e il ricordo fa velo ai loro occhi e impedisce loro di considerare il vero interesse della causa.
Taluni caporioni legalitari sono intolleranti e piccini (il giornale massimo del partito non ha avuto una parola di protesta per il mio arresto singolarissimo a Firenze); gli anarchici sono irosi e implacabili.
Fra i due litiganti ci gode il governo.
MALATESTA
GLI ANARCHICI CONTRO IL PARLAMENTO
Risposta di Malatesta a Merlino pubblicata dal Messaggero il 7 febbraio 1897. L'indicazione di Londra è messa dallo scrivente per sviare la po-lizia in quanto in quell'epoca egli si trovava di già in Italia.
Londra, 2 febbraio 1897
Signor Direttore del Messaggero,
Sono informato che i socialisti parlamentari d'Italia van dicendo che io, d'accordo col Merlino ritengo utile che i socialisti-anarchici partecipino alle lotte elettorali votando per il candidato più avanzato.
Poichè mi fan l'onore di occuparsi della mia opinione, non sarò stimato presuntuoso se mi affretto a far conoscere ad essi ed al pubblico quel che veramente io penso della questione.
Io non contesto certo al mio amico Merlino di pensarla come crede e di dirlo senza reticenze. Sarebbe stato preferibile ch'egli prima di annunziare al pubblico un cambiamento di tattica, che poi non ha alcun valore se non è accettata dai compagni, discutesse maggiormente la cosa tra quelli del partito cui egli ha finora appartenuto e col quale spero vorrà continuare a combattere. Ma anche questo, più che colpa del Merlino, è colpa della crisi prolungata che ha afflitto il nostro partito e dello stato di riorganizzazione ancora incipiente in cui ci troviamo.
Però bisogna che consti che ciò che ha detto Merlino relativamente al parlamentarismo e alle lotte elettorali è niente altro che un'opinione personale, la quale non può pregiudicare la tattica che sarà adottata dal partito socialista anarchico.
Per conto mio, per quanto mi dispiaccia separarmi in una questione tanto importante da un uomo del valore di Merlino ed al quale mi legano tanti vincoli d'affetto, sento il dovere di dichiarare che, a parer mio, la tattica preconizzata da Merlino è nefasta, e menerebbe fatalmente alla rinunzia di tutto intero il programma socialista anarchico. E credo poter affermare che così la pensano tutti, o quasi tutti gli anarchici.
Gli anarchici restano, come sempre, avversari decisi del parlamentarismo e della tattica parlamentare.
Avversari del parlamentarismo, perchè credono che il socialismo debba e possa solo realizzarsi mediante la libera federazione delle associazioni di produzione e di consumo, e che qualsiasi governo, quello parlamentare compreso, non solo è impotente a risolvere la questione sociale e armonizzare e soddisfare gl'interessi di tutti, ma costituisce per se stesso una classe privilegiata con idee, passioni ed interessi contrari a quelli del popolo che ha modo di opprimere con le forze del popolo stesso. Avversari della lotta parlamentare, perchè credono che essa, lungi dal favorire lo sviluppo della coscienza popolare, tenda a disabituare il popolo dalla cura diretta dei propri interessi ed è scuola agli uni di servilismo, agli altri d'intrighi e menzogne.
Noi siam lontani dal disconoscere l'importanza delle libertà politiche. Ma le libertà politiche non si ottengono se non quando il popolo si mostra deciso a volerle; nè, ottenute, durano ed han valore se non quando i governi sentono che il popolo non ne sopporterebbe la soppressione.
Abituare il popolo a delegare ad altri la conquista e la difesa dei suoi diritti, è il modo più sicuro di lasciar libero corso all'arbitrio dei governanti.
Il parlamentarismo val meglio del dispotismo, è vero; ma solo quando esso rappresenta una concessione fatta dal despota per paura di peggio.
Tra il parlamentarismo accettato e vantato, e il dispotismo subito per forza con l'animo intento alla riscossa, meglio mille volte il dispotismo.
So bene che Merlino dà alle elezioni una importanza minima e vuole, come noi, che la lotta vera si faccia nel paese e col paese. Ma purtroppo i due metodi di lotta non vanno insieme, e chi li accetta tutti e due, finisce fatalmente col sacrificare all'interesse elettorale ogni altra considerazione. L'esperienza lo prova, e il natural amore del quieto vivere lo spiega.
E Merlino mostra di ben comprendere il pericolo quando dice che i socialisti-anarchici non hanno bisogno di presentar candidati propri, poichè essi non aspirano al potere e non sanno che farsene.
Ma è questa una posizione sostenibile? Se nel Parlamento si può far del bene, perchè gli altri e non noi, che crediamo aver più ragione degli altri?
Se noi non aspiriamo al potere, perchè aiutare quelli che vi aspirano? Se noi non sappiamo che fare del potere, che cosa se ne farebbero gli altri, se non lo esercitano a danno del popolo?
Stia sicuro di questo il Merlino: se oggi noi dicessimo alla gente di andare a votare, domani diremmo di votare per noi. E saremmo logici. Io, in tutti i casi, se dovessi consigliare di votare per qualcuno, consiglierei subito di votare per me, poichè credo (e in questo probabilmente ho torto, ma è torto umano) di valere quanto un altro, e mi sento sicuro della mia onestà e della mia fermezza.
Non ho, per certo, colle precedenti considerazioni, detto tutto quello che vi sarebbe da dire, ma temo di abusare troppo del vostro spazio. Mi spiegherò più ampiamente in apposito scritto; nè mancherà, lo spero, un atto collettivo del partito che riaffermi i principi antiparlamentari e la tattica astensionista dei socialisti-anarchici.
Speranzoso che considererete questa mia utile per in-formare il pubblico sul contegno che i vari partiti osserveranno nelle venienti elezioni e che perciò vorrete pubblicarla, vi ringrazio anticipatamente.
112, High Street, Islington N. London.
MERLINO
SI SVILUPPA LA POLEMICA
Risposta di Merlino pubblicata dal Messaggero il 10 febbraio 1897. Il titolo dell'articolo è: «Anarchici e socialisti nelle elezioni politiche»
Signor direttore,
L'amico Malatesta, a nome (pare) di tutti o quasi tutti gli anarchici ha creduto di poter riaffermare in risposta alla mia lettera del 29 gennaio – e sembra che si prepari a riaffermare anche con un altro suo scritto e con un atto collettivo del partito – i principii antiparlamentari e la tattica esclusionista (o astensionista? n.d.M.) dei socialisti-anarchici.
Io li invidio, codesti anarchici. Vorrei anch'io poter nutrire l'antica fede ai trionfi avvezza (veramente non so se ai trionfi, ma certo alle battaglie). Vorrei anch'io aver conservato le idee semplici e tutte d'un pezzo di dieci anni fa. Allora anch'io m'illuderei e chiamerei lo stato di disfacimento del partito anarchico uno stato di riorganizzazione incipiente. Anch'io direi di saper di sicuro in qual modo, – e non altrimenti – si attuerà il socialismo. Anche io ripeterei che il governo, ogni governo, non è che l'organizzazione della classe privilegiata che opprime il popolo con le forze del popolo stesso e che il popolo, nominando dei deputati, delega ad essi la conquista e la difesa dei suoi diritti. E quando avessi detto ciò, mi sentirei soddisfatto e aspetterei il gran giorno della grande rivoluzione, che deve cambiare la faccia della terra, ma che ha il torto, secondo me gravissimo, di farsi un po' troppo aspettare.
Disgraziatamente, lo confesso, son fatto alquanto maturo: e benchè mi tornasse comodo, non voglio buttarmi l'esperienza di dieci o quindici anni dietro le spalle. Son convinto che il partito anarchico abbia sbagliato strada: son convinto che gli anarchici tutti o quasi tutti, hanno lo stesso mio convincimento; e soltanto non osano confessarlo, e non hanno la forza di animo necessaria per staccarsi dal loro passato.
La tattica astensionista ha portato questi due risultati: 1) ci ha separati dalla parte attiva e militante del popolo; 2) ci ha indebolito di fronte al governo.
Si ha un bel dire che per astensione non si vuol intendere inazione, ma bensì partecipazione all'agitazione elettorale con propaganda anti-parlamentare. Da quella logica, che l'amico mio invoca, gli anarchici astensionisti dovevano finire ed hanno finito per starsene addirittura a casa; quando non hanno votato sottomano per qualche candidato del loro cuore (come individui s'intende, non come partito), senza dire di quelli che addirittura hanno passato il Rubicone, e sono andati a schierarsi – per mero desiderio di fare qualcosa – coi socialisti legalitari.
Il governo poi ha profittato del nostro isolamento per darci addosso in tutti i modi, legali e illegali. (Il governo, si vede, non ha gli scrupoli che abbiamo noialtri).
E noi siamo ridotti al punto di non poter fare la menoma propaganda. La polizia può, a suo libito, imprigionarci, farci condannare, mandarci al domicilio coatto. Che resistenza opponiamo noi? Nessuna.
La nostra è la guerra delle braccia incrociate. Fossimo almeno partigiani della non resistenza al male; avremmo di che consolarci. Niente affatto: noi aspettiamo che maturi la rivoluzione. Frattanto noi abbiamo veduto in questi giorni che chi abbia potuto portare una parola di incoraggiamento agli scioperanti di Civitavecchia è stato un deputato socialista. E continuiamo a dire che non serve a nulla la lotta parlamentare!
Malatesta dice:
– Se dobbiamo votare pei socialisti o pei repubblicani, tanto varrebbe andare noi medesimi al Parlamento.
– Per noi non si tratta, come pei socialisti, di riuscire noi, e andare ad attuare il nostro programma in pieno Parlamento, al cospetto del colto e dell'inclita; ma si tratta di aiutare a riuscire quanto più oppositori sinceri ed energici del governo è possibile – trecento Imbriani, per così dire – ma degli Imbriani che non si contentino di bombardare d'interpellanze al Parlamento i ministri, ma muovano una guerra seria e continua al governo nel paese, giovandosi anche, finchè non ne siano privati, delle prerogative parlamentari.
Malatesta afferma che la lotta extra-parlamentare per la libertà non si possa fare, quando si fa la lotta elettorale. Io penso precisamente il contrario.
Quello poi che non posso concedergli a nessun patto è che la tattica parlamentare lungi dal favorire lo sviluppo della coscienza popolare, tende a disabituare il popolo dalla cura diretta dei propri interessi.
Questo è dottrinarismo schietto. L'agitazione elettorale socialista strappa le moltitudini dalla loro indifferenza ereditaria per le pubbliche faccende: in Italia essa ha conquistato alla nostra causa regioni, che si erano addimostrate e sono tuttavia refrattarie alla propaganda anarchica.
Il parlamentarismo ha i suoi inconvenienti: ma che cosa non ne ha? Quale tattica, o agitazione, o azione, potrebbe consigliare il Malatesta, la quale non presenti inconvenienti uguali, se non maggiori? Alcuni nostri amici si sono dati ad organizzare cooperative: lavoro utilissimo anche questo: ma non è il nostro lavoro.
Nè i soci delle cooperative possono essere tutti socialisti e anarchici: nè il governo tollererebbe cooperative cosiffatte. Senza dire che non poche cooperative diventano, via facendo, intraprese capitalistiche: talune nascono addirittura tali.
Che fare dunque? organizzare società operaie di resi-stenza? Ma appena queste cominciano ad essere numerose e potenti (come le Unioni inglesi) ecco sorgere uno stato maggiore di presidenti, vice presidenti, segretari e cassieri – insomma un parlamentarismo da degradare… quell'altro.
Il parlamentarismo non è un principio, è un mezzo: sbagliano quelli che ne fanno una panacea, ma sbagliano anche quelli che lo guardano con sacro orrore, come se fosse la peste bubbonica.
E non è poi vero che il parlamentarismo sia destinato a sparire interamente. Qualcosa ne rimarrà anche nella società che noi vagheggiamo. Io ricordo uno scritto che Malatesta inviò alla conferenza di Chicago del 1893: dove egli sosteneva che per talune cose il parere della maggioranza dovrà necessariamente prevalere su quello della minoranza.
Ma a parte ciò, anche data l'unanimità, non tutti quelli che hanno deliberato si porranno ad eseguire in massa le loro deliberazioni. A meno di non ammettere quest'aforisma, che io ho ragione di credere che il Malatesta con me ripudi, bisognerà distribuire gli incarichi affidandoli ai più capaci.
Ed ecco questi incaricati formeranno un governo o un'amministrazione… per carità non sofistichiamo sulle parole. Un minimo di governo o di amministrazione ci sarà anche nella società meglio organizzata: solo dobbiamo studiare i modi di renderlo innocuo, di impedire che i pochi si arroghino un potere sulle moltitudini, di ottenere che il popolo eserciti un sindacato continuo ed effettivo sui suoi amministratori o delegati.
Io riconosco gl'inconvenienti del sistema parlamentare e desidero eliminarli, ma non già tornare al dispotismo.
Riconosco pessimo l'ordinamento attuale della giustizia, ma non vedrei volentieri un ritorno alla legge di Lynch, nè al sistema della vendetta privata – come riconosco i torti della giuria ma non vorrei rimettere la mia libertà nelle mani del giudice togato.
Riconosco l'ingiustizia delle leggi: ma non vorrei tornare al tempo in cui la volontà del principe era legge.
Voglio insomma progredire da buon positivista, che crede la società si perfeziona, non si rifonde e rimodella, nè si rifà con una ricetta di principi astratti. Son convinto che i socialisti, tutti – anarchici marxisti e repubblicani – hanno a un dipresso le stesse aspirazioni; e vorrei vederli tutti lottare insieme: e francamente vorrei vedere qualche risultato. Mi rincrescerebbe morire nell'aspettativa in cui vivo da parecchi anni.
MERLINO
I MOTIVI DELLA PARTECIPAZIONE
Ulteriore intervento di Merlino, questa volta sull'Avanti! del 9 marzo 1897. Il titolo dell'arti-colo è: «Gli anarchici e le elezioni».
Una mia dichiarazione nel Messaggero del 29 gennaio in favore della lotta politica parlamentare come mezzo e stimolo ad una vasta e feconda agitazione popolare, ha dato luogo ad una polemica, che dalle colonne di quel giornale si è spostata sulla stampa socialista e anarchica. Io non ho risposto che a uno solo dei miei contraddittori, il Malatesta, amico mio da molti anni, col quale ho finito sempre, benchè differissimo temporaneamente – e spero di finire anche stavolta – col trovarmi d'accordo. Ad altri rispondo ora collettivamente, perchè mi preme di dire tutto il mio pensiero e di chiudere, per conto mio, una polemica alquanto ingrata.
Si afferma che la lotta politica parlamentare sia contraria ai principi socialisti anarchici. L'asserzione è una di quelle che, avventate da qualcuno, passano di bocca in bocca e si ripetono fino a diventare assiomatiche in un dato circolo di persone, senza che nessuno le abbia ponderate.
Intendiamoci. Quello che è contrario ai principi nostri è il partecipare al governo come ministri, come impiegati, come poliziotti, come giudici, magari c...