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Il commissario De Vincenzi. Il candeliere a sette fiamme
About this book
Una delle inchieste piĂš difficili e originali del Capo della Mobile milanese. Un cadavere sventrato brutalmente in un albergo della cittĂ . Difficile capirne la nazionalitĂ . Ma gli indizi sono molti, comprendono il complotto internazionale e una pista che porta il Commissario lontano dall'Italia, in Medio Oriente. Tra uomini ragno ante litteram e donne piĂš o meno fatali anche questa volta il mistero sarĂ alla fine risolto.
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Information

Augusto De Angelis - Il commissario De Vincenzi
Il candeliere a sette fiamme
1.
La mattina del 17 maggio 1930 i grandi giornali dâinformazione di Milano e Torino recavano questa notizia:
MISTERO INDECIFRABILE ATTORNO ALLA âMUMMIAâ DI BLACKFRIARS
Londra, 16 notte
Lâesame del cadavere mummificato rinvenuto ieri avvolto in bende in una delle cantine della vecchia osteria di Blackfriars ha non solo permesso di identificare il morto, ma di modificare radicalmente le opinioni espresse circa la data della sua scomparsa. Il dottor Spilbsbury, che ha effettuato oggi lâautopsia, è stato costretto a discostarsi dalla teoria della polizia, secondo la quale il vecchio sarebbe stato vittima di un delitto commesso trentanni or sono. Si tratta, invece, del sessantenne William Ellis, residente a Wands Worth, il quale scomparve or è poco piĂš di un anno. Il mistero che avvolge la fine dellâEllis sarĂ difficilmente chiarito. Egli era uscito un anno fa in abito da passeggio. Nella cantina dellâosteria, il cadavere è stato per contro rinvenuto in abito da mendicante con grossi scarponi sprovvisti di lacci. Lâautopsia ha confermato che egli è stato ucciso mediante una martellata alla testa.
Nei giorni seguenti, i lettori appassionati di tal genere di notizie impressionanti, cercarono invano particolari e rivelazioni sul âmorto mummificatoâ di Blackfriars. I corrispondenti da Londra avevano abbandonato il mistero. Vero è che il Gandhi, trinceratosi nel suo accampamento di Untadi, aveva bandito la crociata del âsale e delle tasseâ, e la legge marziale era stata proclamata a Slatapur. LâIndia sotto il tallone britannico... Il pubblico dei grandi giornali dâinformazione ebbe altra pastura e ben altrimenti appassionante. Soltanto qualche accanito lettore di romanzi polizieschi ricordò ancora per qualche tempo quel cadavere di un uomo, che un giorno era uscito in abito da passeggio e che, dodici mesi dopo, era stato ritrovato âmummificatoâ nella cantina di unâosteria, con in dosso stracci da mendicante e ai piedi grossi scarponi sprovvisti di lacci...
2.
Lo spettacolo di quel morto, steso sul piancito di mattoni porosi e sgretolati, in quella stanza buia, che la lampadina accesa al soffitto illuminava dâuna luce smorta e polverosa, non era davvero bello. De Vincenzi, spalancata la porta e girato lâinterruttore, diede addietro di un passo. Sani e Cruni, che lo seguivano, urtati da lui, indietreggiarono alla loro volta e dovettero scendere dâun gradino per non cadere, tanto il ballatoio era stretto, a termine della ripida scala di legno, davanti a quella porta giallastra, che recava stampigliato in nero, enorme come un numero da tombola di villaggio, il numero 48. Era lâultima camera dellâalbergo, sotto i tetti. Dietro di essi, per la scala male illuminata, si teneva il gruppo dellâalbergatore, del cameriere lercio, di qualche ospite. Dietro ancora, a sbarrare il passo, gli agenti del pattuglione e quelli venuti col commissario capo della Squadra Mobile da San Fedele.
Nello sgabuzzino del portiere, che era poi anche ufficio e cassa, sul tavolo, tra i registri e le chiavi delle camere, era seduto il commissario Bianchi e, poichĂŠ lo sgabuzzino era stato costruito in un angolo dell'atrio, lĂ dove la volta sâabbassava, lui, con quella sua persona gigantesca, toccava quasi col capo una delle travi. Aspettava. Tra poco se ne sarebbe andato. Avevano chiamato lui, naturalmente, come reggente il commissariato di Porta Garibaldi, perchĂŠ quel malfamato albergo dello Specchio dâOro stava in via Anfiteatro; ma oramai era arrivato il commissario della Squadra Mobile e i fastidi per Bianchi erano finiti. Un assassinio volgare, in fondo, e in un luogo di teppa e di delinquenza. Ma pur sempre noie. Raderle al suolo avrebbero dovuto tutte quelle casupole e casacce lebbrose di via Anfiteatro, raduno di peripatetiche e di ladri, di ricettatori e di mezzane. In alto, De Vincenzi aveva vinto la prima repugnanza. Quel cadavere era orribile. In pigiama da notte, coi piedi nudi allâaria, aveva il ventre aperto da un fianco allâaltro. E tuttâattorno il sangue aveva formato lago. Cominciava a coagularsi e ad annerirsi.
La stanza - la solita stanzaccia squallida di quegli alberghi di infimo ordine - non presentava traccia di lotta. Il letto era disfatto e le lenzuola giacevano ripiegate, come se lâuomo ne fosse disceso tranquillamente: certo non lo avevano aggredito mentre dormiva e non lo avevano strappato giĂš a forza. Gli abiti e la biancheria, che sâera tolti per coricarsi, giacevano piegati con cura sulla seggiola, accanto al letto. In mezzo alla stanza, presso al cadavere, unâaltra seggiola. Vi si era seduto? Ma perchĂŠ a piedi nudi? Il commissario si guardò attorno e vide le pantofole, una da una parte e una dallâaltra, quasi sotto al cassettone. Gli erano state tolte dopo morto o gli erano cadute e lâassassino le aveva fatte schizzar lontano. E non câera altro: il letto, due seggiole, il cassettone con lo specchio e, di fianco alla finestra, mezzo nascosto dalla tenda di percalle a fiorami, lurida e a sbrendoli, il catino sul treppiedi di ferro e la brocca. Una valigia gialla aperta sul cassettone. E si vedeva lâargento degli oggetti di toletta messi in fila. Una valigia di lusso. Anche la biancheria dello scannato era di lusso. La faccia del morto, però, appariva volgare. Volto pieno, naso potente, diritto, carnoso; due basettini castani, come i capelli, che avevano la riga da un lato e si ripiegavano in un ciuffettino pretenzioso. Gli occhi spalancati non dicevano nulla. Terrorizzanti, sicuro, come tutti gli occhi spalancati di un cadavere; ma non esprimevano sorpresa, meraviglia, paura: nulla! Traslucidi, opachi, sembravano quelli di un pesce morto ed erano se mai impressionanti appunto per quella loro atonia senza luce.
âChiamami lâalbergatoreâ.
Cruni sâavviò.
âManda un agente a cercare il medico e telefona tu stesso, per sentire se dal Gabinetto di Polizia Scientifica possono far venire subito il fotografo e gli esperti...â
âA questâora?â fece Sani. âĂ quasi mezzanotte...â
âProva lo stesso, Cruni!... Diâ che si tratta di un caso grave...â
Sani guardò il suo Capo con meraviglia contenuta: un caso grave, quello? Grave, certo, per quel disgraziato, che avevano conciato a quel modo; ma non si trattava poi di un qualsiasi delitto di teppa? Cruni era uscito. Si sentirono voci per le scale, poi un passo che saliva, facendo scricchiolare i gradini di legno. Lâalbergatore comparve nel riquadro della porta.
âIl registroâ, ordinò il commissario con voce fredda.
Lâuomo alzò le spalle,
âIl suo collega giĂš lo ha consultato. Ă in regola, sa?... Non sono mica cosĂŹ bestia da non prendere il nome di chi entra...â
âPortami il registroâ.
Lâuomo ingozzò una maledizione e scomparve. Nella stanza, davanti a quel cadavere dissanguato, i due rimasti tacevano. Sani pensava che il commissario, certo impressionato dall'atrocitĂ del delitto, doveva aver perduto un poâ della sua freddezza abituale. Quale mistero voleva che ci fosse li dentro? Tuttâal piĂš qualche donna di mezzo o un âregolamento di contiâ per la divisione del bottino. De Vincenzi si avvicinò al cassettone e guardò dentro alla valigia. Sâera messe le mani in tasca e aveva il volto stranamente concentrato.
âMa come hanno fatto a tagliarlo a quel modo?â
De Vincenzi sussultò e si volse a fissare il vice-commissario.
âQual è la tua idea, Sani?...â
âAverne una! Per lavorare un uomo a questo modo, occorre lâodio. Una vendetta...â
Ma De Vincenzi non lo ascoltava: aveva fatto la domanda meccanicamente per il desiderio spontaneo di mostrarsi cortese col suo subalterno, châera poi soprattutto per lui un amico e un compagno. Ma sâera di nuovo assorto a contemplare il volto del morto. La fronte altissima perdeva ogni luce per lâimmobilitĂ vitrea, appannata degli occhi. Gli zigomi sporgevano, le gote irrigidendosi apparivano gonfie. I baffetti corti, lâarco delle sopracciglia prominente, la linea della mascella che appariva esile per la durezza sporgente degli zigomi, indicavano lo straniero. Anche il pigiama di seta, verde e rosso, di taglio e foggia insoliti, confermava a prima vista lâipotesi. Il commissario si avvicinò alla seggiola sulla quale giacevano gli indumenti dellâucciso e li osservò. Non recavano nome di sarto, cifre, indicazione alcuna. Ogni possibilitĂ di riconoscimento era stata fatta sparire dagli assassini, i quali sâerano preoccupati dei particolari, strappando lâetichetta del sarto dalla giacca e persino i bottoni dei pantaloni, che dovevan recare impresso qualche marchio riconoscibile. Avevano operato con metodo e con perfetta tranquillitĂ , sino al punto di riporre i vestiti piegati sulla seggiola dopo averli ispezionati. E nelle tasche, nulla. Tutto era sparito, anche il fazzoletto, il portafogli, il borsellino. Sani seguiva i movimenti di De Vincenzi.
âNiente?â
âNienteâ.
âRimane la valigia...â
âNon troveremo nulla neppure lĂŹ...â
Lâalbergatore tornava col registro.
âEcco qua... Tutto in regola... Il nome dell'assassinato è lâultimo... Ă arrivato ieri sera alle sette... E dopo di lui...â
âDammi...â
Sapeva benissimo, De Vincenzi che dalle sette di sera alla mezzanotte, che era allora, chi sa quante altre persone erano state accolte nellâalbergo, che non avevano dato il loro nome e che se ne erano di giĂ andate; ma quel lurido commercio abituale non lo interessava, adesso. Lesse: Gehenlyan Melkon, nato a Talas nel 1888, proveniente da Zurigo.
âHa dato il passaporto?â
âCerto. Me lo ha mostrato. Ho copiato i dati e gliel'ho restituito. Non è questo che debbo fare?â
Sorrideva, sicuro di sĂŠ. Era questo che doveva fare e sul libro aveva messo anche il numero del passaporto e lâindicazione: pass, germanico, rilasciato a Francoforte, n. 8279. Il passaporto era sparito, come il resto. De Vincenzi diede unâaltra occhiata al cadavere, poi chiuse il registro e lo porse a Sani.
âTelegrafa il nome e il ritratto parlato del morto a Francoforte. Per ora basterĂ ... E adesso, amico mio, a noi due!â
Prese lâalbergatore per un braccio e lo condusse verso lâangolo estremo della stanza, al di lĂ del letto, presso le tende della finestra. Lâuomo sorrideva sempre. De Vincenzi si accorse che, se la sua manovra aveva allontanato lâalbergatore del cadavere e lo aveva messo a piĂš diretto contatto con lui, quellâangolo era in unâombra piĂš spessa, che la lampadina con la sua luce rossastra non riusciva a rischiarare. La faccia camusa dellâuomo aveva perduto i rilievi. Soltanto gli occhietti acuti, tra le palpebre gonfie, brillavano di malizioso sarcasmo. Si sentiva che questa volta la tragedia lo lasciava indifferente. Nessun pericolo che câentrasse e, se nel suo albergo si scannavano le persone, se ne infischiava lui.
âMai veduto!... Uno straniero!... PerchĂŠ è venuto a farsi fare la pelle proprio allo Specchio dâOro, lo sa il demonio!...â
âBasta!... Rispondi soltanto... Ă arrivato alle sette?â
âSĂŹ. Il taxi sâè fermato davanti alla porta dellâalbergo che potevano esser le sette. Un cliente in taxi non mi arriva tutti i giorni e io ho guardato lâorologio per ricordarmi lâora dellâavvenimento...â
Rideva, scoprendo i denti felini.
âVeniva dalla stazione?â
âPosso dirle che ha dato dieci lire allâautista e non ha preso il restoâ.
SĂŹ, pressâa poco, il prezzo dâuna corsa dalla stazione a via Anfiteatro.
âChe ti ha detto?â
âA me?... Niente!... Ha cavato il passaporto e me lo ha messo sul tavolo. Ho letto il nome e ho capito che era straniero. Gli avrei dato una camera migliore, perchĂŠ era ben vestito e aveva da pagare, ma lâalbergo era tutto pieno e non avevo che il 48 disponibileâ.
"Vedremo poi chi hai nelle altre stanze...â
âOh!â lâuomo alzò le spalle. âUn poâ di tutto!... Il solito pattume...â ma sâinterruppe.
âEbbene?â
âNiente!â
âQualche altro cliente non dei soliti è arrivato ieri?...â
âVedrĂ lei...â
âComincia col parlare tu...â
âUna donna... Una signora... Elegante. Anche lei non è... Una signora, insomma...â
âAh!... E...
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