Il commissario Richard. Quattro inchieste
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Il commissario Richard. Quattro inchieste

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Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D'Errico è un artista "dotato di una genialità rinascimentale". E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei "mitici" gialli Mondadori). In questo libro sono raccolte quattro indagini del Commissario nato dalla penna di D'Errico: Qualcuno ha bussato alla porta, Il fatto di Via delle Argonne, L'uomo dagli occhi malinconici e La famiglia Morel. Introduzione di Loris Rambelli.

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Information

Ogni tanto staccava una di queste marionette e provava a farla funzionare; se non funzionava a dovere, la riappendeva al filo e passava a un'altra. Nel dramma di via delle Argonne, nessuna marionetta funzionava. Aveva un bel staccarle dal filo, gli restavano in mano flaccide e inconsistenti con le loro piccole facce di cartapesta inespressive.
Per un momento aveva creduto che una almeno reagisse al tocco dei fili, la governante, e ogni tanto si ostinava a staccarla dall'uncino e a farle eseguire qualche movimento, poi doveva abbandonare anche questo fantoccio... troppe donne... troppe donne... e la guerra...
Che cosa c'entra la guerra? Il commissario Richard si rivolse questa domanda quasi a voce alta, fermandosi all'incrocio della Chaussée d'Antin. Un giornalaio che era fermo sull'angolo, credette opportuno offrirgli un giornale con le ultime notizie della guerra fra il Perù e la Bolivia, ma il commissario non se ne accorse neppure. Che cosa c'entra la guerra, andava ripetendosi. Niente, eppure c'è dappertutto... via delle Argonne... il fu Mauriveaux è morto di scheggia di granata... la vedova paralitica è scappata a Parigi a causa della guerra... il vecchio Lenormand chissà se ha fatto la guerra? È probabile... doveva avere poco più di quarant'anni a quell'epoca... e poi ha una vecchia cicatrice d'arma da fuoco... sì, va bene... ma che legame può esserci in tutto questo? Stupidaggini, coincidenze... domani interrogheremo il signor letterato, lui per lo meno la guerra non l'ha fatta, forse poppava il latte a quell'epoca.
Giunse a casa in tempo per la cena, e questo fatto dispose alla benevolenza la sorella che una volta tanto non lo rimproverò nel vederlo inzaccherato di fango dalla testa ai piedi. Provvide come al solito a spogliarlo e a rivestirlo della veste da camera, e intanto gli raccontava le cento piccole novità della casa.
Il canarino non aveva voluto mangiare la lattuga e stava con la testa sotto l'ala... doveva avere la febbre. Il garzone del lattaio s'era dimenticato di portarle il quarto di latte in più ordinato la sera prima e così non si poteva fare la besciamella. Il sarto aveva telefonato che il paletot era pronto, se il signor commissario avesse voluto decidersi a fissare il giorno e l'ora della prova sarebbe venuto lui stesso.
L'omone si lasciava spogliare e vestire come un bimbo e ogni tanto commentava le notizie con un ah già!... ah sì!... che non potevano troppo a lungo ingannare la sorella.
— Ma insomma si può sapere a che cosa pensi?
— Io? A niente...
— Ma se non capisci una parola di quello che ti dico!
— Già... lo dici tu... ho sentito benissimo... il garzone del lattaio non ti ha portato l'insalata perché ha la febbre...
Scoppiò subito a ridere vedendo la faccia spaurita della sorella, poi sempre ridendo si avvicinò al telefono e chiamò la Direzione della Polizia.
— Pronto... sono il commissario Richard... voglio parlare con l'ispettore Rops... come? Uscito? Ha lasciato l'indirizzo? Sì.. vai a vedere... Sta bene!
Riagganciò il ricevitore, e incominciò a sfogliare la Guida borbottando fra i denti:
— Trattoria delle Cicogne d'Alsazia... ce ne saranno almeno una dozzina a Parigi di trattorie con questo nome... bisognerà che gli dica di andare a mangiare in un posto più facilmente reperibile.
Compose un numero e fu così fortunato da riuscire ad avere l'ispettore all'altro capo del filo.
— Pronto... sei tu Rops... bravo, cosa stai facendo? Mangi? Molto bene... prima di andare a letto fai un salto all'Archivio e vedi un po' fra le carte personali di Lenormand se c'è qualche documento militare... come? Te lo ricordi? Ah sì... sei sicuro? Bene, bene, allora non ho bisogno d'altro... grazie... buon pranzo!
La sorella che era rientrata in quel momento con la zuppiera fumante, vedendolo riappendere il ricevitore, chiese come d'abitudine: — C'è qualche cosa che non va?
E restò trasecolata nel sentirsi rispondere: — Anzi, è la prima cosa che va bene; figurati che Christophe Lenormand ha fatto anche lui la guerra come sergente maggiore degli Chasseurs, ed è stato ferito nelle Argonne... è curioso, no?

Capitolo III

Marcel Delambre, amico delle Muse

Quando il commissario Richard attraversò la saletta di attesa che serviva da anticamera al suo ufficio, notò in una poltroncina d'angolo un giovane vestito di nero il cui viso pallido era incorniciato da lunghi capelli castani, ma fece finta di non accorgersene, e tirò diritto, entrando nel suo sgabuzzino e chiudendone la porta.
Sul pacco di buste gialle che costituivano tutte le mattine la sua razione di corrispondenza d'ufficio, ne spiccava una con la scritta «riservata personale». Prima di togliersi l'impermeabile l'aprì e scorse con l'occhio il contenuto. Era il referto medico dell'autopsia del vecchio Lenormand.
Saltò rapidamente la minuta descrizione delle ferite ai polsi, nonché tutti gli altri amminicoli relativi alle condizioni del cuore, polmoni e fegato, per fermarsi al paragrafo intitolato «esame dello stomaco e della cavità addominale». Il referto era su questo punto di una precisione assoluta.
«... Nello stomaco insieme a rimasugli di cibo non ancora assimilato, si sono riscontrate tracce notevoli di fenile-etile-malonile e urea, sostanze la cui azione combinata costituisce la base di tutti i più comuni stupefacenti della farmacopea commerciale».
Il referto era firmato oltre che dal dottor Devigny, anche da altri due medici settori, ed era evidente che il perito, conscio della gravità di quella dichiarazione, aveva voluto farsi affiancare da altri colleghi.
Il commissario con un impercettibile sorriso all'angolo delle labbra dove era incollata la sigaretta, mise il documento medico in un cassetto che chiuse a chiave, poi incominciò tranquillamente lo spoglio della rimanente corrispondenza. Era una operazione che compiva ogni mattina sotto gli occhi dello scrivano dalle mezze maniche di lustrino, accorso al tocco di campanello. A mano a mano che il principale aveva dato un'occhiata alle pratiche e le aveva marcate con uno sgorbio in lapis rosso, lo scrivano le raccoglieva in una cestina rivestita di tela cerata tutta logora ai bordi e quando vedeva la fronte del commissario aggrottarsi, dava qualche spiegazione in un linguaggio telegrafico ma che era sufficiente a chiarire l'intoppo.
— È la risposta della Generale per i falsi cuponi... daremo assicurazione a stretto giro; — oppure: — La Prefettura ha restituito la domanda di congedo dell'agente Dupont perché mancava la copia dello stato di servizio... l'abbiamo richiesta alla Terza Divisione; — o anche: Circolare duplicata da diramarsi col periodico mensile. — Il campanello del telefono squillava ogni tanto e il commissario senza levare gli occhi dalle carte che stava compulsando, portava il microfono all'orecchio. Allora si sentivano frasi mozze di questo genere:
— Sì... già fatto... ebbene? Dategli il cambio, cosa volete da me?
Qualche volta la risposta era ancora più esplicita:
— Sì? Me ne infischio! — oppure aveva la necessaria forma protocollare: — Va bene, signor Prefetto... come crede, Eccellenza... — ma il tono era sempre quello.
Davanti a quel tavolo si aveva la sensazione che un alveare lontano ronzasse continuamente. Un immenso brulicare di interessi, di intrighi, di ordini, di preghiere, di insinuazioni, un coro di frasi irose, impazienti, stizzite, di richieste affannose e di domande ridicole, un brusio che si levava da tutta la città e la provincia e di qui la eco giungeva sotto forma di borbottio continuo che faceva vibrare lievemente i tre apparecchi telefonici anche quando erano in riposo.
Tutto questo lontano rumoreggiar di passioni e di desideri, di lotte politiche e di pettegolezzi giornalistici, tutto questo caos di richieste e di proteste, arrivava, smorzato attraverso i fili, e s'infrangeva contro la placida e massiccia indifferenza del funzionario, da troppi anni abituato a far da scoglio alla marea di chiacchiere che batte ritmicamente alle porte dei poteri costituiti. In quell'ufficio, come in cento altri, i telefoni in quell'ora vibravano come i gangli di un immenso sistema nervoso percorso da guizzi di desiderio e da fremiti di angoscia, da sussulti di impazienza e da convulsioni di rivolta, da folate di ambizioni e da aliti di speranza, il tutto destinato ad incanalarsi e ad esaurirsi nel labirinto legislativo dei Decreti, delle Disposizioni, dei Regolamenti e delle Leggi, con le quali lo Stato si difende dagli assalti dei cittadini in tutti i paesi del mondo.
Combattenti di questa strana battaglia invisibile, i burocrati; combattenti di prima linea gli organi di Polizia, gli uomini destinati dalla legge al diuturno contatto con la folla, con questo mostro dalle mille braccia, di cui le più pericolose non sono sempre quelle che brandiscono un'arma.
Il commissario Richard non ignorava tutto ciò, e come un vecchio veterano che bada a rafforzare la propria trincea senza preoccuparsi troppo dei colpi in arrivo, seguitava a leggere le sue scartoffie rispondendo evasivamente agli appelli telefonici che lo assillavano.
Con la stessa voce pacata rispose «avanti» quando sentì battere all'uscio, e all'ispettore Rops che faceva capolino avvertendo discretamente il suo capo che quel giovane era sempre in anticamera che attendeva, ribatté con una lieve sfumatura di ironia:
— Se è giovane può attendere... beato lui che ha tanti anni davanti!
Tuttavia, messa l'ultima sigla sull'ultimo pezzo di carta e licenziato con poche raccomandazioni tecniche l'uomo con le mezze maniche di lustrino, suonò il campanello perché fosse introdotto il giovane Marcel Delambre.
A vederselo davanti in quel costume romantico dell'ultimo Ottocento che il cravattone nero e i capelli lunghi rendevano alquanto teatrale, il commissario non potè trattenere un sorriso paterno.
Il giovane però non sembrava disposto a tollerare inutili benevolenze, e alzando fieramente il capo esclamò in tono sdegnoso:
— Posso finalmente sapere che cosa vuole da me la Polizia?
Il commissario Richard sorrise ancora, divertito da quel contegno guascone, e si limitò a dire:
— Prego, accomodatevi.
— Sto seduto solo quando studio — ribatté il giovane — per ascoltarvi posso benissimo reggermi in piedi.
Questa volta il poliziotto ebbe un lievissimo corrugamento di sopracciglia, ma disse soltanto:
— Come volete...
Accese con calma una sigaretta, considerò a lungo il giovane che gli stava davanti con le braccia fieramente conserte, poi incominciò con voce monotona:
— Voi siete Marcel Delambre, figlio della signora Margherita Delambre...
— Perfettamente.
— Conoscete la signorina Josette Mauriveaux?
— Devo anche rendere conto delle mie faccende private?
— La legge non vi obbliga a rispondere, finché non siete imputato di un reato... la legge per bocca mia si limita a chiedervi cortesemente quelle notizie che crede utili nell'interesse della giustizia... padronissimo voi di non rispondere.
— Allora vi dirò che amo la signorina Josette Mauriveaux, che un giorno sarà mia moglie.
— Permettete che mi rallegri?
— Grazie.
— Andiamo avanti... desidererei ancora sapere, come e dove avete passato la notte fra la domenica sedici settembre e il lunedì diciassette settembre.
— La notte fra... non capisco... non mi ricordo... credete forse che io tenga un diario delle mie notti...
— Non c'è bisogno di tenere un diario, tanto più che si tratta di epoca recentissima, a ogni modo vi aiuterò con un riferimento preciso... si tratta della notte in cui il signor Lenormand, padrone di casa della signora Mauriveaux, si è ucciso... questo fatto spero non vi riesca nuovo.
— Non mi riesce nuovo... ma non vedo che rapporto... del resto se ci tenete, ora mi ricordo ...

Table of contents

  1. QUALCUNO HA BUSSATO ALLA PORTA
  2. VII. L'ispettore Rops prende una famosa «azzoppatura»
  3. XIII. Da Bruxelles si telegrafa...
  4. Capitolo III
  5. Capitolo IX
  6. II. Il seduttore radiofonico
  7. VIII. Piccola ombra nell'ombra della notte
  8. Parte prima
  9. Parte seconda
  10. Crediti