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Penelope e Platone
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La vita può darti tanti dispiaceri, ma a volte basta poco per cambiare radicalmente in meglio. Giancarlo Busacca nasce ad Acate il 31 luglio del 1961. Autore di romanzi polizieschi è anche sceneggiatore e regista teatrale.
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Subtopic
StorytellingPenelope e Platone
Il rumore della solitudine dove ogni passo che fai, ogni sospiro sembra rimbombare nel nulla di una vita vuota e priva di senso, priva di sorrisi, che non puoi né dare né ricevere, priva di lacrime ed emozioni, che non puoi condividere. Puoi urlare quanto vuoi, ma le tue parole si mescolano ai tuoi pensieri facendo lo stesso rumore. Questa sarebbe una bella visione pessimistica della mia vita, ma io la penso in maniera diversa perché io non sono uno, ma la metà di due.
Sono nato nel quarantatre durante la guerra ai primi di gennaio, giorno più giorno meno, all’anagrafe è il cinque, la mia genitrice, quella insomma che mi partorì, mi lasciò davanti alla porta di un convento, da lì finii in quello che si chiamava collegio dei Salesiani.
Ho voluto cancellare dalla mia mente i ricordi di quel periodo, perché non mi diedero nulla dal punto di vista umano. Ricordo quel periodo come fossi un cane, bastonate nella speranza magari di ricevere un premio o almeno di poter mangiare, perché se combinavi qualche monelleria finivi senza cena. In vita mia non ho mai festeggiato il compleanno, non riesco nemmeno a vederne il motivo o a capirne il senso e poi festeggiare con chi?
Non so chi era mia madre e perché mi abbandonò in quel convento, so solo che la cosa più vicina ad una figura materna i primi tempi furono le suore, almeno fino a quando fui mandato dai salesiani. Lì imparai a fare il tornitore e l’idraulico, appena raggiunsi i sedici anni andai a lavorare con don Salvatore come apprendista idraulico, il paese si stava riprendendo dalla guerra, eravamo nel boom economico e il lavoro non mancava.
Don Salvatore, apprezzava il mio impegno nel lavoro e mi pagava discretamente, poi quando c’erano lavoretti di poco conto mandava me e lasciava che mi tenessi i soldi, ciò mi consentì almeno di guadagnare quanto bastava per potermi affittare una specie di basso.
L’alloggio in cui ero andato a vivere, il basso di un antico palazzo nobiliare, era una stanza che non superava i venticinque metri quadri con un gabinetto e un lavandino, avevo poi una rete e un materasso dove dormire e per lavarmi dovevo scaldare l’acqua sull’unico fornello che c’era, visto con gli occhi di oggi era un posto triste.
Per me allora invece era una reggia, abituato a dormire in uno stanzone assieme a tanti altri, tra puzza di piedi e rumore di scorregge, potere avere un posto tutto mio, con anche un armadio e un tavolo e due sedie, era una grande conquista, potevo anche ascoltare la radio e sentire la musica quando volevo, che per chi non è cresciuto in un collegio può sembrare una cavolata, ma per me era una grande conquista.
Nella metà degli anni sessanta don Salvatore andò in pensione e cedette l’attività a me, mi buttai a capofitto sul lavoro, non conoscevo altro che lavorare e non avevo mai orario, se mi chiamavano lavoravo anche di domenica.
Poco alla volta il mio lavoro crebbe, l’edilizia andava alla grande e la mia attività andava crescendo di pari passo, avevo quattro operai che lavoravano per me e avevo lasciato la buia catapecchia dove vivevo per comperare una casa tutta mia, pagata tutta in contanti, di centoventi metri quadri, con due garage dove tenere gli attrezzi e i due furgoncini, che usavo per il lavoro.
Il mio pensiero era solo e unicamente rivolto al lavoro e ai soldi, non c’era spazio per le relazioni con la gente, né tanto meno con le donne, quindi meno ancora lo spazio per mettere su famiglia, termine che conoscevo ovviamente solo per sentito dire e basta. Vedevo gli altri uscire con la moglie e i figli, ma non ne vedevo il vantaggio, anzi avendo il mio pensiero rivolto solo unicamente ai soldi pensavo solamente a quanto costava mantenere tutta quella gente, scusate tutti quei familiari.
I rapporti con l’altro sesso si limitavano a qualche prostituta di tanto in tanto, il mio pensiero era solo rivolto a lavorare e a mettere soldi da parte, so che la gente mi criticava dicendo che pensavo ad impilare i soldi uno sull’altro, ma me ne fregavo apertamente delle loro vuote opinioni, del resto il proverbio dice f...
Table of contents
- Copertina
- Penelope e Platone
- Indice
- Penelope e Platone