3.1 La valutazione del capitale economico in contesti di crisi aziendale
Gino Zappa sosteneva che il capitale economico, a differenza del capitale di funzionamento, “ non è un fondo di valori diversi sebbene coordinati, ma un valore unico, risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri”. Il valore del capitale economico, pertanto, non sarà determinato attraverso la sommatoria delle componenti elementari ed analitiche che costituiscono il patrimonio aziendale, ma in funzione della capacità dell’azienda di generare redditi nel tempo.
La nozione di capitale di funzionamento, nell'ipotesi di trasferimento dell’azienda, non è idonea a dare una giusta rappresentazione del valore del capitale, poiché comporterebbe una notevole sottostima del valore correttamente attribuibile al complesso aziendale. Il valore aziendale sarà meglio rappresentato dal valore del capitale economico, inteso come grandezza comprensiva di ogni fattore in grado di incidere sulla futura produzione di ricchezza. L’inadeguatezza del capitale di funzionamento ad esprimere il valore del capitale di trasferimento e di misurare il valore dell’impresa tout court è connessa proprio alle finalità del bilancio di rilevare il reddito di esercizio, in ottemperanza ai principi di competenza e di prudenza.
Il valore del capitale economico più che un valore di stock attribuito, in un dato momento, ad un complesso aziendale, come somma algebrica dei valori attribuibili alle singole componenti patrimoniali, è il risultato dell’attualizzazione di grandezze di flusso che un’azienda “genera” nel tempo (dividendi, redditi, flussi di cassa o valore economico aggiunto). Ciò perché chi è intenzionato ad acquistare un’azienda sarà interessato ai proventi che potrà ricavare da questa nel futuro. Pertanto, le metodologie di valutazione più razionali ed universali sono sicuramente quelle che procedono all’attualizzazione di grandezze flusso. Ciò nonostante i metodi di natura patrimoniale sono ancora largamente utilizzati, perché spesso le grandezze flusso non sono disponibili o sono poco attendibili, o per confermare e convalidare i risultati ottenuti dai metodi reddituali o finanziari, o perché richiesto dalla natura della specifica azienda oggetto di valutazione o anche perché qualora si proceda a considerare, nei metodi patrimoniali, la totalità delle immobilizzazioni immateriali non contabilizzate, i risultati cui si giunge con tale metodo o con i metodi basati sui flussi, tendono a convergere. Inoltre, i metodi patrimoniali, seppur poco razionali, poiché determinano il valore del capitale economico, come sommatoria degli elementi dell’attivo e del passivo, espressi a valori correnti, facendo perdere quel carattere di unicità e non scindibilità della nozione “zappiana” di capitale economico, risultano sicuramente metodi obiettivi e facilmente attuabili.
I metodi di valutazione sono distinti in diretti ed indiretti . Con i primi il valore del capitale economico è determinato facendo direttamente ricorso ai prezzi di mercato delle quote di capitale dell’azienda valutanda o di aziende simili; i metodi indiretti, invece, stimano il valore del capitale economico, in via mediata, valutando le grandezze che lo caratterizzano e che lo determinano. In relazione alla grandezza assunta, si distinguono nuovamente in metodi basati su grandezze flusso (che considerano flussi di reddito, flussi finanziari, flussi di dividendo) e in metodi basati su grandezze stock (i metodi patrimoniali) o metodi misti che si fondono sia su grandezze flusso che su grandezze stock.
Un’altra importante distinzione dei metodi di valutazione del capitale economico va fatta in relazione alla tipologia di flusso considerata; si distinguono così approcci levered (approcci di valutazione di tipo entity) e unlevered (approccio di valutazione di tipo equity). I primi procedono direttamente alla valutazione del capitale economico, considerando la totalità dei flussi generali; con i secondi, invece, la valutazione del capitale economico avviene in via mediata, attraverso la differenza tra il valore dell’attivo operativo e il valore di mercato dei debiti finanziari. In quest’ultimo caso andranno considerati i flussi operativi al netto di quelli generati dalla gestione finanziaria.
Nel proseguimento della trattazione si analizzeranno i principali metodi di valutazione che possono essere proficuamente utilizzati per la valutazione del capitale economico delle aziende in disequilibrio economico .
Innanzitutto, un’azienda si considera in disequilibrio economico quando non è in grado di remunerare in misura congrua i fattori produttivi coinvolti nei processi gestionali, ma che sussiste, tuttavia, la possibilità di ripristinare le condizioni di equilibrio economico e finanziario, attraverso l’attuazione di adeguati interventi di risanamento aziendale. In altri termini, la crisi non deve essere talmente avanzata e grave da essere divenuta irreversibile, poiché in tal caso sarebbe più adeguato procedere alla determinazione del capitale di liquidazione aziendale, abbandonando l’ottica di continuità aziendale per adottare quella dismissoria . Diventa, dunque, importante valutare le perdite registrate dall’azienda in crisi, al fine di analizzarne il trend storico, l’intensità, le cause, la struttura e soprattutto la proiezione futura della perdita. La contemporanea valutazione di tutti i fattori citati servirà per comprendere la reversibilità o meno della crisi. Ad esempio, perdite continue e crescenti, intense e gravi al punto da intaccare non solo la redditività del capitale proprio ma anche quella operativa o il margine operativo lordo, causate da inefficienze rilevanti e dal totale inadeguamento dei processi aziendali alle nuove condizioni ambientali, e per le quali non si prospetta un miglioramento, segnaleranno l’elevata probabilità di insuccesso di strategie volte al risollevamento aziendale .
In linea teorica tutte le metodologie di valutazione possono essere utilizzate per stimare il capitale economico di un’azienda che si trova in condizioni di disequilibrio economico, tuttavia, per la peculiarità che caratterizza tali aziende, ossia la presenza di perdite economiche, sia in dottrina che nella prassi aziendale si preferisce ricorrere a precisi metodi di valutazione, tra i quali quello maggiormente utilizzato è sicuramente il metodo misto patrimoniale- reddituale con stima autonoma dell’avviamento (noto come metodo anglosassone).
Di seguito sono riportati sinteticamente alcuni metodi di valutazione utilizzabili per valutare le aziende i crisi.
3.2 Il metodo patrimoniale semplice e complesso
I metodi patrimoniali, basati su grandezze stock, stimano il valore del capitale economico, attraverso la valutazione analitica dei singoli elementi dell’attivo e del passivo che compongono il patrimonio aziendale, espressi in valori correnti. Si distingue il metodo patrimoniale semplice e complesso a seconda se nella stima si tenga o meno conto del valore dei beni immateriali non contabilizzati.
Con tali metodologie la determinazione del valore del capitale economico si svolge, in genere, con tre fasi successive. Con la prima, si procede alla revisione contabile degli elementi dell’attivo e del passivo, al fine di verificare la veridicità e l’attendibilità dei dati in esso contenuti, per verificare eventuali errori di valutazione, la contabilizzazione di tutte le attività e passività, la titolarità e l’esistenza delle singole poste, ecc. Con la seconda fase, la principale, si procede ad esprimere a valori correnti (di mercato) gli elementi dell’attivo e del passivo; in genere per le poste dell’attivo verrà utilizzato il criterio del presunto realizzo o del valore di sostituzione, mentre per le passività si utilizzerà il valore di presunta estinzione; al termine di tale fase, si effettueranno le rettifiche necessarie al patrimonio netto contabile per esprimerlo in termini correnti e si determinerà così il patrimonio netto rettificato; infine, sarà necessario un processo di allineamento dei valori per tener conto dell’effetto dell’inflazione.
Il metodo patrimoniale semplice o puro considera il valore del capitale economico (W) uguale al valore del patrimonio netto rettificato (K’), cioè:
W=K'
Il metodo patrimoniale complesso per stimare il valore del capitale economico somma al valore del patrimonio netto rettificato, il valore dei beni immateriali non contabilizzati, quali capitale umano, il Know how, i marchi, i brevetti, le licenze, le autorizzazioni e il valore dei beni accessori, ossia i beni che possono essere ceduti senza che si pregiudichi il normale funzionamento dell’impresa. Tale approccio s’ispira alla teoria del going concerne value, attribuendo valore ai beni immateriali non contabilizzati, considerando che un’azienda neo costituita, per entrare in possesso del capitale umano, relazionale e tecnologico caratteristico delle immobilizzazioni immateriali, dovrà sostenere dei costi ...