I.
La stirpe spagnuola dei Borja - o Borgia, come usano pronunziare gl'Italiani - fu ricca d'individui singolari. La natura le fu larga di qualità sontuose: bellezza di forme, forza, intelligenza e quella energia di volontà, che costringe la fortuna, e grazie alla quale Cortez e Pizarro e altri avventurieri spagnuoli divennero grandi.
Pari agli Aragona, anche i Borgia furono in Italia conquistatori. Quivi ottennero onori e potenza; ebbero efficacia profonda sui destini di tutto il paese; contribuirono a spagnoleggiarlo; e vi si propagarono copiosamente. Pretendevano discendere dagli antichi re d'Aragona. Pure delle origini dei Borgia si sa tanto poco, che la storia loro comincia appena col vero fondatore della casa, Alfonso, il cui padre talvolta è chiamato Juan, tal'altra Domenico, e della cui madre Francesca è ignoto il nome di famiglia.
Era nato nel 1378 a Xativa presso Valenza. Qual secretario intimo fu al servizio di re Alfonso d'Aragona, e divenne vescovo di Valenza. Con colui andò a Napoli, ove quel principe geniale, si assise sul trono. Fu fatto cardinale nel 1444.
La Spagna, uscita appena dalle sue guerre di religione, cominciava a venir su in grandezza di nazione e ad acquistare significazione europea. Andava ora in cerca di quel che innanzi aveva negletto: porsi anch'essa come attrice in Italia, cuore del mondo latino e pur sempre centro di gravità della politica e della civiltà d'Europa. La Spagna s'impossessò del Papato e dell'Impero. Di là vennero prima i Borgia sulla Santa Sede; di là venne più tardi Carlo V ad assidersi sul trono imperiale. Dalla Spagna venne pure Ignazio Loyola, il fondatore della più potente di tutte le sètte di natura politico - ecclesiastica, che la storia abbia mai vista.
Alfonso Borgia, uno de' più fervidi avversarii del Concilio di Basilea e degli sforzi di riforma della Germania, divenne papa nel 1455 col nome di Callisto III. Numeroso il parentado suo; e già in parte venuto a Roma sin da quando egli stesso come cardinale vi s'era stabilito. Componevasi originariamente delle tre famiglie di Valenza, tra loro congiunte, i Borgia, i Mila - o Mella - e i Lanzol. Delle sorelle di Callisto, Caterina Borgia era moglie di Giovanni Mila, barone di Mazalanes, e madre del giovane Gianluigi; e Isabella aveva sposato Jofrè Lanzol, ricco gentiluomo di Xativa, ed era madre di Pierluigi e Rodrigo e di parecchie figliole. A questi due nipoti lo zio diede per adozione il proprio nome di famiglia. E di Lanzol divennero Borgia.
Callisto III sollevò due di casa Mila alla dignità cardinalizia; il vescovo Giovanni di Zamora, morto poscia il 1467 in Roma, ove, in Santa Maria del Monserrato, se ne vede tuttora il mausoleo; e quel più giovane Gianluigi. Nell'anno stesso 1456 anche Rodrigo Borgia ricevette la porpora. Altri membri di casa Mila si stabilirono in Roma, come Don Pedro, la cui figliola Adriana Mila incontreremo nelle più intime relazioni con la famiglia dello zio suo, Rodrigo.
Delle sorelle dello stesso Rodrigo, Beatrice s'era sposata con Don Ximenes Perez de Arenos; Tecla con Don Vidal de Villanova; e Giovanna con Don Pedro Guillen Lanzol. Tutte rimasero in Spagna. Di Beatrice abbiamo una lettera da Valenza al fratello, appena creato papa.
Rodrigo Borgia aveva 25 anni, quando ricevette la dignità di cardinale. Alla quale un anno dopo accoppiò anche l'alto ufficio di Vicecancelliere della Chiesa Romana. Il fratello Don Pierluigi non lo superava in età che di un anno. Callisto elevò questo giovane valenzano ai massimi onori di nepote. Dopo d'allora comincia a mostrarsi il fenomeno di codesta creazione del Vaticano: un principe nepote, nel quale il Papa mira a concentrare ogni potere civile. Questo diviene il suo condottiero, il suo luogotenente, il custode del suo trono, e da ultimo l'erede de' beni suoi. A lui è permesso di farsi con la forza padrone di territorii nell'ambito dello Stato della Chiesa e di aggirarsi quale angelo sterminatore fra tiranni e repubbliche, per fondare una dinastia, nella quale il fugace momento del non ereditario Papato s'eterni.
Callisto fece Pierluigi capitan generale della Chiesa, prefetto della Città, duca di Spoleto e vicario di Terracina e Benevento. In questo primo nepote spagnuolo è anticipatamente abbozzata la carriera, che descriverà poi Cesare Borgia.
Gli Spagnoli, sinchè Callisto visse, furono in Roma onnipotenti. Soprattutto dal regno di Valenza ne venivan giù a torme a far fortuna alla Corte del Papa, come monsignori e scrittori, capitani e intendenti, o in altro modo pur che fosse. Ma Callisto III morì il 6 agosto 1458; e già la vigilia Don Pierluigi con pena e stento erasi fuggito da Roma, ove la nobiltà sin allora oppressa, i Colonna e gli Orsini s'eran levati contro gli odiati stranieri. Poco dopo, nel dicembre di quell'anno, il giovane avventuriero fu colto da improvvisa morte a Civitavecchia. Niuno può dire, se Pierluigi Borgia fosse ammogliato o lasciasse discendenti.
Il cardinal Rodrigo pianse la perdita del fratello, forse unico ed a lui molto caro. Ma ne raccolse l'eredità; e d'altra parte l'alto stato suo nella Curia, pel mutare del Papa, non fu scosso punto. Come Vicecancelliere abitava nel quartiere Ponte una casa, che fu già la Zecca. E ne fece uno de' più ragguardevoli palazzi di Roma. L'edifìzio con due corti, i cui portici primitivi al pianterreno sono ancora riconoscibili, era costrutto a forma di castello, come il palazzo di Venezia, a un dipresso dello stesso tempo. Ma nè per bellezza di disegno nè per spaziosità il palazzo Borgia reggeva al paragone con quello di Paolo II. Nel corso del tempo subì alquante modificazioni. Oggi, e già da gran pezza, appartiene agli Sforza Cesarini.
La vita privata di Rodrigo durante il Pontificato di quattro papi, successori di Callisto, Pio II, Paolo II, Sisto IV e Innocenzo VIII, è piena d'oscurità. Memorie del tempo non ve ne sono, o ne abbiamo qualche frammento appena.
Codesto Borgia, uomo di bellezza e forza singolari, sin nella più tarda età sua fu dominato da inesauribile sensualità. Fu questo il demone della sua vita, dal quale non potè affrancarsi mai. Una volta coi suoi eccessi suscitò la collera di Pio II. Un monitorio di costui scritto da' bagni di Petriolo agl'11 giugno 1460 è il primo barlume sulla vita privata di Rodrigo. Il Borgia aveva allora 29 anni. Trovavasi nella vezzosa e seducente Siena, ove anche il Piccolomini aveva trascorso la giovanezza, certo, non da santo. Colà un giorno dispose un baccanale, di cui la lettera del Papa ci porge appunto una descrizione.
"Amato figliolo. Quando, or sono quattro giorni, convennero negli orti di Giovanni de Bichis parecchie donne di Siena, dedite alla vanità mondana, la dignità tua, come abbiamo appreso, poco memore dell'ufficio che copri, s'intrattenne con esse loro dalle 7 sino alle 22 ore. Dei tuoi colleghi avesti a compagno tale, cui se non l'onore della Santa Sede, certo l'età avrebbe dovuto ricordare il dover suo. A quanto abbiam sentito, costì si ballò dissolutamente; costì non una delle attrattive d'amore fu risparmiata, e il contegno tuo non fu diverso da quello che se fossi stato della schiera dei giovani mondani. Ciò che costì occorse il pudore impone tacere; imperocchè è indegno del tuo grado non solo il fatto, ma insino il nome suo. I mariti, i genitori, i fratelli, i parenti delle giovani donne e delle donzelle intervenute non furono ammessi, perchè il piacer vostro potess'essere tanto più sfrenato. Voi soltanto, con pochi domestici, v'incaricaste di dirigere e animare quei cori. Dicesi, che oggi in Siena d'altro non si parli che della frivolezza tua, diventata la favola di tutti. Certo è che qui, in questi bagni, ove il concorso di ecclesiastici e secolari è grande, tu sei il discorso del giorno. Il nostro dispiacere è indicibile; poichè questo torna a disdoro dello stato e dell'ufficio sacerdotale. Di noi si dirà che ci si arricchisce e aggrandisce, non perchè meniamo vita illibata, ma perchè ci procuriamo i mezzi a sodisfare il piacer nostro. Di qui il disprezzo per noi dei Principi e delle Potenze, e il sarcasmo quotidiano dei laici. Di qui pure il rimprovero per la nostra propria maniera di vivere, allorchè ci facciamo a riprovare quella degli altri. Anche il Vicario di Cristo è involto nel disprezzo medesimo, avvegnachè sembri ch'ei si contenti di tale stato di cose. Tu, amato figliolo, presiedi il Vescovado di Valenza, il primo della Spagna; tu sei anche Cancelliere della Chiesa; e, ciò che rende la condotta tua tanto più meritevole di biasimo, sei col Papa tra i cardinali, uno dei consiglieri della Santa Sede. Ce ne rimettiamo al tuo proprio giudicio, se sia conveniente per la dignità tua lusingar fanciulle, mandar frutta e vino a quella che tu ami, e l'intero giorno non ad altro pensare che ad ogni forma di voluttà. Per cagion tua noi riceviam censura; si vitupera la felice memoria di tuo zio Callisto, che, nel giudicio di molti, ebbe torto di coprirti di tanti onori. Se cerchi scusa nell'età, non sei più tanto giovane da non comprendere quali doveri la dignità tua t'imponga. Un cardinale deve essere irreprensibile, un modello di condotta morale agli occhi di tutti. E qual giusto motivo abbiamo poi d'irritarci, se i Principi della terra ci fregiano di titoli poco onorevoli, se ci contrastano il possesso dei nostri beni e ci costringono a sottometterci ai comandamenti loro? In verità codeste ferite ce le portiamo noi stessi, e da noi stessi ci apparecchiamo siffatti mali, scemando ogni giorno più con le azioni nostre l'autorità della Chiesa. Il nostro castigo in questo mondo è la vergogna; e nell'altro il patimento condegno. Possa adunque la prudenza tua porre argine a siffatte vanità, e tener in vista la dignità tua, e non volere che tra mogli e fanciulle ti si apponga il nome di galante. Imperocchè, ove fatti simili avessero a ripetersi, dovremmo costretti significare, che sono occorsi senza voler nostro e con nostro dolore; e la censura nostra non sarebbe senza tua ignominia. Noi ti abbiamo amato sempre; e ti tenemmo degno della protezione nostra, come uomo che rivelava natura seria e modesta. Opera dunque in guisa che ci sia dato mantenere cosiffatta opinione: e nulla può meglio a ciò contribuire che l'usare un genere di vita ordinata. L'età tua, che promette ancora miglioramenti, ci consente di ammonirti paternamente. Petriolo, 11 giugno 1460."
Pochi anni più tardi, sotto il reggimento di Paolo II, lo storico Gasparre da Verona schizzava così il ritratto del cardinal Borgia: "È bello; ha sguardo grazioso e gaio, ed eloquio ornato e dolce. Ove appena vegga donne belle, le eccita in modo quasi meraviglioso all'amore, e a sè le attira piu che calamita il ferro."
Temperamenti, come quello disegnato da Gasparre, non mancano: sono gli uomini della natura fisica e morale di un Casanova e di un Reggente di Orléans.
La bellezza di Rodrigo, anche essendo già papa, è decantata da molti dei contemporanei suoi. Nel 1493 Jeronimo Porzio diceva: "Alessandro è alto di statura; di colore medio; nero ha l'occhio e le labbra turgidette. La sua salute è rigogliosa; egli sopporta, più che si possa immaginare, fatiche d'ogni specie. È straordinariamente facondo; e ogni modo men che civile gli ripugna.
La potenza di questo felice temperamento consisteva, a quel che pare, nella proporzione di tutte le forze. Derivava da questa la gioconda serenità della natura sua. Nulla è di fatto più falso del modo in che d'ordinario siam soliti rappresentarci questo Borgia, come uomo tenebroso e mostruoso. Anche il celebre Giasone Maino di Milano lodava in lui "l'elegante aspetto, la fronte serena, lo sguardo regale, il viso esprimente insieme liberalità e maestà, la geniale ed eroica compostezza di tutta la persona."
II.
Una romana, Vannozza Catanei, verso l'anno 1466 o 67, fu vittima della potenza magnetica del cardinal Rodrigo. Sappiamo che era nata nel luglio 1442; ma nulla delle attenenze di famiglia. Autori del tempo le danno anche i nomi di Rosa e Caterina; ma essa stessa in documenti autentici si chiamò Vannozza Catanei. Abbenchè il Giovio tenga che il suo nome di famiglia fosse Vanotti, ed esistesse in effetto in Roma una famiglia popolana dei Vanotti; pure è asserzione erronea la sua. Vannozza era piuttosto l'abbreviazione in uso di Giovanna. E così ne' documenti di quel tempo s'incontra una Vannozza di Nardis, una Vannozza di Zanobeis, De Pontianis, e altre.
In Roma, come in Ferrara, Genova e altrove, v'era una famiglia Catanei. Questo nome così frequente venne dal titolo di Capitaneus. In un istrumento notarile dell'anno 1502 il nome dell'amante di Alessandro VI è scritto ancora nella sua forma antica: Vanotia de Captaneis.
Il Litta, al quale l'Italia deve la grande opera sulle sue famiglie storiche, - opera, malgrado degli errori e difetti, veramente ammirabile, - espresse l'opinione che Vannozza appartenesse alla casa dei Farnesi, e fosse una figlia di Ranuccio. Anche ciò è intieramente erroneo. Negli scritti del tempo questa donna vien chiamata: Madonna Vannozza de casa Catanei.
Niun contemporaneo ha notato le qualità, mercè le quali fu dato alla Vannozza di legare si fortemente il più lussurioso dei cardinali da divenir madre di parecchi dei figlioli da lui riconosciuti. Liberi noi di raffigurarcela come una di quelle possenti e voluttuose figure di donne, quali ancora se ne vedono a Roma. Nulla in loro delle grazie della donna ideale propria alla pittura umbra. Hanno però qualcosa della grandiosità di Roma. Giunone e Venere sembrano in esse accoppiate insieme. S'accosterebbero agl'ideali di Tiziano e di Paolo Veronese, se la negra chioma e il colorito più bruno da quelli non le allontanassero. Capelli biondi e rubei sono stati sempre rari fra' Romani.
Senza dubbio, Vannozza fu piena di bellezza e di focosa sensualità; senza che non avrebbe cotanto acceso un Rodrigo Borgia. Similmente il suo spirito, comunque privo di coltura, doveva possedere energia non comune; altrimenti, non si comprende nemmeno come sia riuscita a mantenere la relazione sua con colui.
Il tempo indicato segna certamente il cominciare di questo legame, massime se dobbiamo aggiustar fede allo storico spagnuolo Mariana, il quale dice, che Vannozza fu madre di Don Pierluigi, il maggiore dei figli di Rodrigo. Ora in un istrumento notarile del 1482 codesto figliolo del cardinale vien chiamato giovanetto - adolescens, - il che fa supporre un'età di 14, se non forse 15 anni.
Non sappiamo in quali condizioni Vannozza vivesse, quando conobbe il Borgia. Difficilmente poteva aver appartenuto alla classe in Roma numerosa, e tutt'altro che spregiata, delle cortigiane di alto stato, le quali, grazie al favore degli adoratori loro, menavano vita splendida e lussuriosa. In tal caso sarebbe stata al tempo suo famosa; e novellieri ed epigrammisti n'avrebbero detto alcunchè.
Il cronista Infessura, che dovette conoscere personalmente Vannozza, racconta che Alessandro VI, volendo crear cardinale il suo bastardo Cesare, fece affermare da falsi testimoni esser quegli legittimo figliolo di un tal Domenico d'Arignano; ed osserva su tal proposito, che il Papa aveva maritata Vannozza appunto con quest'uomo. La testimonianza di un contemporaneo e romano ha qualche peso. Nulladimeno niun altro scrittore, eccetto il Mariana, che evidentemente si affida all'Infessura, fa menzione di Domenico; e presto vedremo, che per lo meno non si può parlare di un matrimonio legalmente riconosciuto di Vannozza con quest'uomo ignoto. Essa era già stata lungo tempo l'amante del cardinale, prima che questi le désse un marito officiale per coprire la sua propria relazione e agevolarla insieme. Questa difatti continuò, anche dopo che la Vannozza ebbe un marito legittimo.
E, come tale, primo ad apparire è nel 1480 un milanese, Giorgio de Croce, cui il cardinal Rodrigo aveva ott...