Topie Impitoyable
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Topie Impitoyable

Politiche culturali riguardo l'abbigliamento, le mura e la strada

Léopold Lambert, Loredana Micu, Emmanuele Jonathan Pilia

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Politiche culturali riguardo l'abbigliamento, le mura e la strada

Léopold Lambert, Loredana Micu, Emmanuele Jonathan Pilia

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"Un libro straordinario, di incredibile profondità. Si parla di diritti umani, di diritti delle donne, di città e di come la nostra cultura ci imponga dei modelli a cui obbediamo senza accorgercene." Che cos’è un corpo? Prima ancora di rispondere a questa domanda, Topie Impitoyable cerca di capire cosa voglia dire porsi un simile interrogativo. Questo libro si propone, infatti, di mettere in dubbio ogni luogo comune riguardo quello strano assemblaggio materiale qual è il corpo e il suo rapporto con ciò che lo circonda. Un rapporto che si consuma attraverso gli oggetti, le atmosfere e gli altri corpi intorno ad esso: occasionali o ricercati che siano, da tali rapporti emerge una lettura politica che condiziona ogni singola relazione. Le tre scale qui analizzate, quella dell’abbigliamento, quella delle mura e quella della strada, non dovrebbero in nessun caso essere progettate come elementi tra loro separati. Ad ognuna di queste scale corrisponde una immagine, una momentanea colta da un flusso di eventi che questo libro vuole narrare. Dalla felpa indossata da Traycon Martin quando venne ucciso, alle strade di New York durante la manifestazione di Occupy Wall Street, passando per le mura dell’apartheid palestinese, questo libro si sviluppa in una serie di esempi che illustrano l’ipotesi secondo la quale corpi e oggetti di ogni dimensione non possono che intessere tra loro rapporti politici. Organizzato in quattro capitoli e illustrato da Loredana Micu, Topie Impitoyable svela al lettore l’intrinseca violenza che si nasconde dietro ogni forma di spazio, sia esso quello occupato dal nostro corpo, che quello urbano. L'AUTORE: Architetto e saggista, è il curatore del blog/rivista The Funambulist, e del podcast Archipelago. Dal 2007 il suo lavoro si focalizza nella definizione di un’architettura intesa come disciplina (politica) di organizzazione dei corpi all’interno di uno spazio. È autore di "Weaponized Architectu-re: The Impossibility of Innocence" (dpr-barcelona, 2012), "The Funambulist Pamphlets, Vol. 1-12" (punctum books, 2013-2015) e curatore dei "Funambulist Papers, Vol. 1-2" (punctum books, 2013-2015). Il suo prossimo libro si occuperà delle rovine palestinesi prodotte dall'esercito israeliano tra il 1948 ed il 2014.

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Information

Publisher
D Editore
Year
2015
ISBN
9788888943220

Capitolo 1

Progetto e corpo

Anche gli oggetti possono rappresentare una particolare forma di corpo, ossia una particolare forma di assemblaggio materico. In questa seconda parte si discuterà delle relazioni tra corpo ed oggetti, ma è importante tenere a mente che queste due tipologie di assemblaggi di materia, corpo ed oggetti, differiscono non solo nella loro essenza, ma soprattutto in termini di intensità. Anche in questo caso verrà adottato un metodo di progressivo avvicinamento, iniziando ad osservare la materia dei corpi e degli oggetti attraverso un filtro non-antropocentrico. Corpi ed oggetti, per la loro materialità, occupano entrambi un determinato spazio in un determinato momento, e siccome consideriamo una data scala temporale, anch'essa non-antropocentrica, potremmo pensare che un muro occupi spazio alla stessa maniera di come lo farebbe una sedia o un corpo. Cerchiamo di fare lo sforzo di immaginare questi corpi ed oggetti come semplici assemblaggi di materia. Al fine di occupare una determinata porzione di spazio attualmente occupata da un particolare assemblaggio, un qualsiasi assemblaggio avrebbe bisogno di impiegare un dispendio energetico sufficiente ad "allontanare" il primo, spingendolo verso un’altra porzione di spazio. Naturalmente, alcuni assemblaggi sono più solidi di altri, e quindi l'energia necessaria sarà maggiore rispetto a quanto si sarebbe potuto immaginare. Questa solidità costituisce una riserva di energia (un’inerzia) che provoca una resistenza più o meno grande. L’energia conservata dagli assemblaggi materiali, che per il momento non ha alcun riferimento alla politica, rappresenta una prima forma di violenza – chiunque si sia già scontrato con una trave lo capirà benissimo – che riguarda la materialità dei corpi e degli oggetti.
 
Torniamo per un istante ad usare un filtro antropocentrico e cerchiamo di capire quale sia la posizione (l'occupazione) di questi oggetti e corpi attraverso dei filtri di tipo storico, giuridico, economico, culturale e normativo. Questi filtri offrono, a ciascun corpo od oggetto, un certo grado di intensità politica in relazione alla posizione che occupano in un determinato momento. Facciamo un esempio pratico: una jeep dell'esercito israeliano non si infonde della stessa intensità politica all'interno di un parcheggio di Tel Aviv rispetto a quando si trova tra le vie di Nablus, nella Cisgiordania occupata. Allo stesso modo, come vedremo nel terzo capitolo, un corpo bianco appartenente alla classe media non si veste della stessa intensità politica nel centro storico di una città europea rispetto a quando si trova in un quartiere di New York popolato fino a poco tempo prima principalmente dalle comunità afro-americane o ispaniche, costretta a trasferirsi a causa di una rapida gentrificazione. Questa variazione d'intensità non significa necessariamente che la presenza di quel corpo in quei quartieri, seguendo quest’ultimo esempio, non sia eticamente accettabile, quanto piuttosto che la sua sola presenza, e il suo comportamento, avrà conseguenze sociali diverse nei due contesti elencati, facendosi portatore di una violenza potenziale che è direttamente proporzionale all’intensità politica degli eventi che hanno preceduto il suo arrivo.
 
 
La scala di progetto che viene comunemente denominata "architettonica" si aggettiva di una particolare sfumatura di questa variabile intensità, dato che, avendo come obiettivo la progettazione di uno spazio specifico, la sua intensità politica può essere prevista dagli stessi progettisti, chiunque essi siano (architetti, ingegneri, politici, e così via). La nozione di previsione è in realtà ciò che definisce la sua creazione. Prendiamo l'esempio di un corridoio: questo spazio lungo e stretto non solo progetta in anticipo il movimento dei corpi da una sua estremità all'altra, ma, più importante, rappresenta la manifestazione di un esplicito interesse da parte dei progettisti che prevedono che questo movimento vada realmente a compiersi. Un esempio paradigmatico di tale concezione può essere ritrovato nei mattatoi progettati da Temple Grandin alla fine del XX secolo. I mattatoi-Gradin sono stati ideati come reazione ai maltrattamenti riservati al bestiame, condotto a forza verso la tappa conclusiva della loro morte industriale. Forte di un'acuta comprensione del comportamento animale, che lei stessa associa alla propria forma di autismo, Grandin sviluppa un sistema spaziale e olistico di instradamento volontario del bestiame, progettato in modo tale che gli animali non sperimentino stress o panico durante il loro ultimo cammino. Il mattatoio di Gradin, infatti, è composto da una successione di corridoi dalle pareti opache, che curvano seguendo l’andamento che avrebbero gli animali se fossero liberi, e il cui raggio di curvatura viene lentamente ridotto al minimo utile per un bovino.
 
 
L'architettura di Grandin riesce ad evocare particolarmente bene la logica del corridoio: un percorso attraverso cui dei corpi possono andare da un punto A ad un punto B, e viceversa – anche se nell’esempio la reciprocità delle direzioni non è applicabile. Questo esplicito obiettivo ci permette di comprendere meglio l'aspetto anticipatorio della progettazione architettonica, ma anche di altre forme di progettazione. Per ogni corridoio che noi attraversiamo come corpi, un'entità trascendentale (un architetto/a, un politico/a, un ingegnere/a, eccetera) non soltanto anticipa i nostri movimenti costringendoli in un senso o nell'altro, ma dichiara anche un qualche interesse nel fatto che questo movimento venga effettuato. Quello di Grandin è un caso estremo dato che il movimento non può avvenire che in una direzione. Un estremismo che interviene all'interno di una logica di morte industriale mai realmente rimessa in discussione da questa architettura; anzi, tale logica ne esce rinforzata e possiamo supporre che se il modello è stato applicato in così tanti mattatoi in America, questo dipende da un effettivo miglioramento delle prestazioni della struttura piuttosto che per un mutato sentire orientato verso la nozione di empatia animale elaborata da Grandin.
 
 
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Loredana Micu - Le Couloir .


 
Questa stessa idea è presente anche nei piani di attuazione di alcuni programmi politici, compresi quelli con ambizioni essenzialmente mortifiche. A tale proposito, possiamo pensare a come ci appaiono due casi storici in cui l’applicazione di tale ambizione mortifica è stata perseguita con maggior vigore: i campi di sterminio nazisti con le loro camere a gas e le navi negriere del Triangular Trade britannico.
 
I campi di sterminio nazisti adottarono un’architettura di concentramento il cui scopo era l’erosione fisica e morale dei loro detenuti ebrei, rom, omosessuali, portatori di handicap e comunisti, imprigionati fino alla totale cancellazione dello statuto stesso di esseri umani – ritroviamo così il processo di avvilimento – per poi poter essere finalmente condotti nelle camere a gas ed infine uccisi brutalmente. Allo stesso modo, le descrizioni di C. L. R. James delle traversate sull’Atlantico delle navi negriere ci permettono di rivivere l’orrore di quelle centinaia di corpi ammassati gli uni sugli altri, quasi fossero merce inanimata, sul fondo delle stive di queste navi progettate specificatamente per vivere sulla loro pelle tale condizione mortifica, essendo considerato accettabile che nel trasporto un certa percentuale di schiavi africani non sarebbe riuscita ad arrivare viva alla fine del viaggio:
 
A bordo delle navi, gli schiavi erano ammassati su dei piani costruiti gli uni sugli altri. Ognuno aveva a disposizione uno spazio di un metro e mezzo di lunghezza per ottanta centimetri di altezza, impedendo di fatto la possibilità di stendersi completamente o di sedersi comodamente. Al contrario di quanto raccontano le menzogne diffuse sulla docilità degli schiavi negri, le rivolte nei porti dove questi venivano imbarcati, ed a bordo delle navi, erano incessanti, facendo nascere il bisogno di incatenare gli schiavi, polso destro alla gamba destra, polso sinistro alla gamba sinistra, e poi obbligati in file lungo delle barre di ferro [...]. La promiscuità di così tanti corpi nudi, la loro carne purulenta e coperta di macchie bluastre, l’aria fetida, la dissenteria regnante, l’accumulo di sporcizia, trasformarono questa reclusione in un vero e proprio inferno[28]
 
Si dovrebbe convenire sul fatto che sia nel caso delle camere a gas, che in quello delle navi negriere, l'agenda politica e ideologica sarebbe stata semplicemente inattualizzabile se l'architettura non avesse dato il suo contributo. Senza le navi negriere, non si sarebbe potuto tracciare quelle rotte; senza le camere a gas, non sarebbe stato possibile industrializzare l'olocausto.
 
Lo scopo di questo libro non è quello di elencare i vari gradi di violenza estrema che l’architettura può raggiungere. Come vedremo nel secondo capitolo, si tratta piuttosto di riconoscere che la logica dell’anticipazione e della previsione, che vincola i corpi alle intenzioni del progetto, può essere ritrovata a diversi gradi in ogni progetto concepito “prima” della sua fabbricazione/realizzazione, all’interno di una dimensione politica che è impossibile ignorare. La quasi totalità degli oggetti sono progettati tenendo conto di un corpo normato. La produzione di massa, nel caso degli oggetti, uniforma, per definizione, la concezione di tali oggetti, qualsiasi sia la loro taglia, per rispettare gli standard normativi. Se continuassimo ad esaminare questa logica dell'anticipazione, troveremo nuovamente l'intervento della norma così come descritta nell'introduzione. Infatti, la quasi totalità degli oggetti disegnati, lo sono in considerazione di un corpo normato. Il prêt-à-porter, per esempio, è stato sviluppato negli anni '50 e, sebbene gli si possa riconoscere di aver dato la possibilità ad un grande numero di corpi la possibilità di accedere ad un abbigliamento di una determinata qualità, si basa su una produzione che dipende da un canone preciso a discapito di qualsiasi altro corpo che si discosta sufficientemente dal canone per essere escluso dalla norma – così come escono dalla norma le condizioni lavorative applicate per produrre milioni di abiti. La violenza qui sviluppata ha una duplice valenza: si tratta soprattutto di una violenza simbolica, interpretata attraverso l'esclusione di una comunità umana, ma anche fisica, dato che il corpo escluso deve adattarsi ad una condizione creata da un progetto che lo violenta. Chiunque abbia mai trascorso un'intera giornata indossando delle calzature troppo piccole o dei pantaloni troppo stretti ha una idea precisa dei termini in cui consiste questa violenza fisica.
 
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Loredana Micu - Dimensions


Dovremmo tentare d’immaginare la stessa violenza per tutte le scale di un progetto che potremmo ritenere come il più estraneo possibile al corpo. La modernità, frutto della produzione di massa – ma si potrebbe dire anche l’inverso – ha deliberatamente progettato un corpo standard al fine di dimensionare l’insieme della sua produzione industriale ed architettonica in relazione a questa norma. Dalle dimensioni standardizzate da Ernest Neufert (1936) al modulor corbuseriano, passando per la coppia formata da Joe e Josephine immaginata da Henry Dreyfuss (1955), è una specifica idea di corpo a diventare il metro con cui valutare qualsiasi progetto che voglia essere fregiato della velleità di adottare un metodo di progettazione che lo avvicini il più possibile all'essere umano. Tuttavia, quello di cui si sta parlando è una "idea di corpo", e questa idea, esattamente come accade con la norma, non può trovare una sua incarnazione definitiva. Potremmo denominare quest’idea direttrice con l’appellativo di "corpo normato ideale". Se si considera che ogni progetto è elaborato per adattarsi in maniera ottimale a un “corpo normato ideale”, qualsiasi corpo che non corrisponde a tale “corpo normato ideale” (il ché vale a dire qualsiasi corpo, ognuno in modo diverso) sperimenterà, nell'uso di un oggetto che non è stato pensato per lui o per lei, una violenza proporzionale al suo grado di differenziazione. Questo ci porta a riflettere sull'influenza del progetto nei rapporti di potere all'opera all'interno di una società: si può ipotizzare che il potere esercitato da un corpo su un altro trovi la sua materializzazione in base a quale saranno i benefici di entrambi nel momento in cui dovranno interfacciarsi con il loro ambiente. La violenza di questo tipo di rapporto, un rapporto che si esercita per differenza rispetto ad una norma, viene esercitata anche quando un corpo si sforza di avvicinarsi al modello secondo il quale l'oggetto che si tenta di usare è stato progettato, un po' come accade nei bonsai, i quali crescendo tentano di seguire un tracciato determinato dai suoi guardiani. Quando descrive i suoi due modelli di genere, Joe e Josephine, Henry Dreyfuss parla anche di ingegneria umana (human engineering[29]). Questa ingegneria umana corrisponde ad un progetto di situazioni che riguardano un corpo ed il suo contesto, permettendo, ancora una volta, l'esecuzione di un programma politico:
 
 
Joe gioca molti ruoli. Nel corso delle ventiquattro ore potrebbe trovarsi alla posizione di controllo di una linotype, sedersi sulla poltrona di un aeroplano, serrarsi all'interno dell'abitacolo di un carro armato o ancora guidare un trattore. Allo stesso modo, possiamo essere sicuri che Joséphine porterà a termine la sua giornata stirando, stando seduta dietro la sua postazione di operatrice telefonica, passando l'aspirapolvere in una qualsiasi stanza, oppure scrivendo una lettera[30]

 
Da questo estratto sembra che Henry Dreyfuss voglia sostenere senza riserve un programma politico di genere attraverso i suoi due modelli. Il grado di idoneità dei corpi appena descritti rispecchia quello di un "ruolo" all'interno di un gioco che si svolge in seno alla società in funzione delle categorie che sono state assegnate ai nostri corpi. "G. I. Joe" incarna un corpo maschile al lavoro nell'esercito, nelle fabbriche e negli uffici. Josephine definisce il suo spazio all'interno dell'ambiente domestico[31] ed in una condizione di subalternanza.
 
 
Ora che abbiamo esaminato le logiche che si celano dietro l’idea di anticipazione del comportamento dei corpi, e come queste materializzino di fatto dei precisi programmi politici, possiamo interrompere per un istante la nostra “carrellata ottica” tra le scale di progettazione sopra citate. È necessario ancora ricordare che la differenza tra queste scale non è di ordine intensivo. Possiamo facilmente affermare che l'abbigliamento è più vicino “geograficamente” al nostro corpo rispetto a quanto possa esserlo la strada oppure una parete. Eppure, gli indumenti vengono progettati seguendo le stesse logiche di questi ultimi, ed è quindi complesso stabilire dei limiti chiari tra ogni livello.

Capitolo 2

L'abbigliamento: un tessuto epidermico

Nel momento in cui vi siete messi a leggere questo libro, è molto probabile che indossiate un particolare indumento invece di un altro. Questo potrebbe essere il momento giusto per interrogarci su cosa ci abbia “spinto” ad indossare questa particolare composizione sartoriale. Tali interrogativi ci aiutano a comprendere meglio il processo di costruzione della nostra identità individuale, ma anche il contributo che ognuno di noi offre alla costruzione di una iden...

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Lambert, L., & Micu, L. (2015). Topie Impitoyable ([edition unavailable]). D Editore. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2099422/topie-impitoyable-politiche-culturali-riguardo-labbigliamento-le-mura-e-la-strada-pdf (Original work published 2015)

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Lambert, Léopold, and Loredana Micu. (2015) 2015. Topie Impitoyable. [Edition unavailable]. D Editore. https://www.perlego.com/book/2099422/topie-impitoyable-politiche-culturali-riguardo-labbigliamento-le-mura-e-la-strada-pdf.

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Lambert, L. and Micu, L. (2015) Topie Impitoyable. [edition unavailable]. D Editore. Available at: https://www.perlego.com/book/2099422/topie-impitoyable-politiche-culturali-riguardo-labbigliamento-le-mura-e-la-strada-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Lambert, Léopold, and Loredana Micu. Topie Impitoyable. [edition unavailable]. D Editore, 2015. Web. 15 Oct. 2022.