L'Imitazione di Cristo
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Tommaso da Kempis

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Tommaso da Kempis

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Dopo la Bibbia è il secondo libro più letto e infatti, nessuna parola umana è tanto vicina alla Parola di Dio quanto "L'imitazione di Cristo": un libro affascinante, austero e gioioso insieme, fiore e frutto dell'intensa spiritualità dei monaci del Medioevo che, dopo aver assimilato nella contemplazione gli insegnamenti del Vangelo, scendevano tra la gente a condividerne la vita e ad insaporirla di sapienza cristiana. L'Imitazione d Cristo ha il grande merito di essere una traccia di ascesi cristiana profonda, spontanea, attentissima al quotidiano dell'uomo, ma soprattutto semplice e per quanto veramente traccia "comune" per ogni cristiano, ma non solo, che vi può trovare consolazione, pace, serenità in ogni sua situazione.

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Information

Year
2014
ISBN
9788898473458

La Devotio moderna e l'Imitazione di Cristo

(Dalla registrazione del corso d’esercizi spirituali tenuti da P. Max de Longchamp in Sicilia nel 2007. Trascritto e integrato da don Roberto Tarquini e pubblicati sul blog Mistica.it)

LA DEVOTIO MODERNA E TOMMASO DA KEMPIS
Può sembrare che tutti l’abbiano letto… ma, non è così. Alcuni di voi sicuramente avranno avuto l’Imitazione di Cristo come bagaglio di formazione cristiana. Questo testo, che pensavo fosse considerato – come dire – superato, in realtà suscita ancora molto interesse. E’ stato uno dei libri più diffusi della storia dell’umanità. E’ incredibile, ma fa parte dei cinque o sei titoli più diffusi al mondo e tradotti nelle varie lingue, da quando la stampa è stata inventata (cioè dal 1450 ad oggi). E’ letto molto spesso in chiave moralistica; come espressione di un “impegno volontaristico cristiano”, è visto come una “giusta misura in tutte le cose”, mentre – e spero di scoprirlo pian piano insieme con voi – è un libro profondamente spirituale, che rappresenta il culmine di quel fenomeno storico definito “devotio moderna”, cioè un modo nuovo di vivere alla presenza di Dio, che nasce più o meno nel 1350 e che sarà in voga fino al ’500; sarà - per esempio - pienamente assunto da S. Ignazio nei suoi Esercizi spirituali: vale a dire “l’intimità con Gesù”; e dico “Gesù” anziché “Cristo”, perché Cristo è il mistero, Gesù è la persona, o meglio, l’amico. Questo libro, in tante traduzioni, è completamente sbagliato; lo riproducono come un trattato di morale cristiana: e la morale cristiana non esiste, esiste la morale e basta (cioè esistono regole di comportamento nella società, e il cristianesimo non è una regola di comportamento è piuttosto l’accoglienza di una persona speciale: Gesù Cristo). Il secondo errore è quello di non inserirlo in un contesto (quello della devotio moderna appunto) di “cultura dell’intimità con Gesù Cristo”.
Ci troviamo nelle Fiandre (nei Paesi Bassi) del 1400, in un momento delicato, quando il Medioevo finisce e già i primi lumi del Rinascimento arrivano nell’Europa settentrionale, più precisamente nella vallata del Reno, e ancor più precisamente da questi eredi di Ruusbroec l’Ammirabile, che si chiamano i Fratelli della Vita Comune. Questa vuole essere una vera introduzione all’opera, senza prendere di petto il testo. I brani che vi ho copiato li riservo per dopo; sono 10 punti, ai quali dedicherò 10 catechesi. Lo scopo di queste catechesi sarà quello di farci entrare nell’intimità con Gesù. Non ho altro intento che questo.
I Fratelli della Vita Comune hanno costruito la loro forma di vita sulle poche istituzioni che hanno prodotto, con questo unico scopo: trovare delle case, dove potersi stanziare, con un minimo di regolamento interno e il maggior numero di libri che parlino di Gesù, per coltivare in modo autonomo e con legami fraterni autentici l’aiuto vicendevole a tutti i livelli (dal più materiale al più spirituale), sviluppando un “colloquio” silenzioso e colto, nutrito dalla grande Tradizione spirituale cristiana.
Ecco quindi i due punti: A) intimità con Gesù e B) studio.
Quando costoro daranno il via ad una vita religiosa canonicamente approvata, è naturale che abbiano trovato nella Regola di S. Agostino la forma canonica necessaria, perché c’è qualcosa di “agostiniano” in questa “intimità con Gesù” secondo il clima delle Confessioni. Quando si legge l’Imitazione, S. Agostino non è mai lontano; poi c’è quel tono che riecheggia: “Tu mi hai trovato Signore e anch’io ti ho trovato. Si sta così bene insieme, noi due!” E’ questo – direi – il supporto costante, il tono di fondo… Quando leggiamo le sentenze dell’Imitazione di Cristo, lasciamole risuonare dentro di noi, prendendo tempo, gustandole in silenzio (in Chiesa, in camera o nel giardino), senza far lavorare tanto il cervello quanto piuttosto il cuore. Lasciate cantare questi testi! Nel silenzio, gustateli, come si gusta una caramella, che non si mastica, ma si scioglie lentamente in bocca. Sì, questi testi, lasciamo che si sciolgano pian piano dentro di noi e ci diano sapore.
Spendo poche parole di presentazione per questo libro; parole necessarie. Prima cosa: chi è l’autore? I più grandi specialisti, dalla fine del Medioevo in poi, hanno discusso a lungo sull’attribuzione dell’Imitazione di Cristo all’uno o all’altro. Tale questione però non tocca l’autenticità e il valore spirituale dell’Imitazione. Si sono fatte solo ipotesi sulla sua paternità: Tommaso da Kempis, Giovanni Gerson, Giovanni Gersen, Geert Groote, Corrado di Fritzlar, ecc. (quella dell’autore italiano Gersen non regge, sia perché il suo nome non è che una variante grafica di Gerson, sia perché l’argomento paleografico non ha trovato sufficiente chiarezza per decidere in suo favore). Per il momento l’attribuzione a Tommaso da Kempis sembra essere ancora la più probabile... ma lasciamo stare le questioni aperte.
Prima di tutto il “titolo”; non è all’origine del libro, ma è stato messo al momento dell’invenzione della stampa, presumibilmente cinquant’anni dopo la fine della redazione e risente un po’ dell’identità dell’autore che, comunque, rimane un po’ dubbia; Imitatio, Imitatione, Imitazione di Gesù Cristo rimane un titolo d’edizione a stampa. Non dimentichiamo che i primi libri stampati sono libri religiosi; per primo la Bibbia (1455), detta appunto di Gutenberg, quindi testi religiosi, storici e opere consacrate alle grandi figure della storia dell’umanità.
Le prime edizioni a stampa sono offerte alla gioventù del XVI secolo e presentano appunto i grandi della storia, Gesù prima di tutto. Da qui, probabilmente, il titolo “Imitazione di Gesù Cristo”, come si poteva scrivere “Imitazione di Giulio Cesare”. Non dimentichiamo che gli antichi manoscritti, precedenti la stampa, come quelli medievali del primo ‘400, assumono sempre a titolo le prime parole del testo (come le encicliche del Papa); sono le espressioni iniziali a dare il titolo all’opera, quindi se dovessimo prendere le prime parole dell’Imitazione, scriveremmo Qui sequitur me = “Chi segue me non cammina nelle tenebre…” ecc.
L’opera è un insieme di 4 libri. Quattro libri riuniti dopo una redazione sparsa e composta in una ventina di anni (forse trenta) se l’autore è Tommaso da Kempis (se fosse possibile verificarlo con certezza…). Se ciò è vero, i capitoli dei libri dell’Imitazione non son altro che le “istruzioni” che Tommaso da Kempis dava ai suoi figli spirituali, i giovani chierici del monastero di S. Agnese. Axters, Professore di Bruxelles, dice che l’Imitazione è il diario personale dell’autore; racchiude l’itinerario interiore, i desideri intimi di Tommaso da Kempis.
Si sa che già nel 1427 circolano i manoscritti di questi quattro libri dell’Imitazione in tutta Europa (il più celebre è diventato l’attuale Libro III). Dal 1428 si cominciano a ordinare e raggruppare insieme i 4 libri, i 4 trattati, ma non compare il testo così come lo possediamo oggi (la stesura completa e definitiva, così come è adesso, si ebbe solo nei primi anni del ‘600, e tutti i testi odierni si rifanno a quell’archetipo, quel primo esemplare, del 1617). Comunque, la prima “stampa” (parziale) dell’opera si ebbe nel 1471 (anno in cui morì Tommaso da Kempis) ad Ausburg, ma non era completa. Per cominciare, ammettiamo che sia lui l’autore del libro (se non proprio l’autore senz’altro il compilatore del testo), anche perché è nelle Fiandre che questo testo è apparso… Tommaso era “maestro dei novizi” nel monastero di Monte S. Agnese; inoltre il latino dell’originale ha un “sapore fiammingo”. Per chi sa il fiammingo è facile notare subito, nel latino, una trasposizione d’un verbo e una costruzione letteraria tipica del fiammingo e non rispondente alle forme latine classiche. E’ dunque sicuramente una mente fiamminga che ha redatto l’Imitazione di Cristo. Perciò, con molta probabilità l’ambito redazionale fu quello dell’Abbazia di Canonici regolari di Antwerpen. Ma, a questo punto dobbiamo fare una pausa e fermarci a qualche considerazione.
Il Grande Ruusbroec, muore nel 1381 vicino Bruxelles, a Groenendaal, dove si era ritirato all’età di circa 40 anni, fuggendo il rumore della città di Bruxelles, insieme a due amici, per stare in piena solitudine e vivere nella quiete l’unione col Signore ma, come tutti i solitari, vede nascere ostacoli e guai. Vede arrivare altri compagni che, semplicemente, si presentano e vogliono condividere la sua esperienza. Così, senza volerlo, Ruusbroec si trova a diventare il padre e l’ispiratore della fondazione più importante del periodo precedente la rivoluzione francese: la Congregazione dei Canonici regolari di Windesheim, che conterà fino a 81 monasteri affiliati, nella vallata del Reno, attuale Belgio. Come è nata la cosa? Lui “commentava testi”, aveva amicizie in monasteri e certose, e aiutava tanti discepoli che, attraverso di lui, volevano capire l’azione nascosta di Dio vivendo una vita fatta di intimità con l’Altissimo e d’orazione.
Tra questi amici c’è una figura importantissima: Gerard, o meglio, Geert Groote (che significa Gerardo il Grande, perché misurava due metri d’altezza); lui era un ricco signore di Deventer. Deventer, è nella valle del Reno, oggi in Olanda. Gerardo Groote, più o meno nel 1360, torna da Parigi definitivamente disgustato della Teologia che aveva imparato alla Sorbona: giochi di parole, ipotesi su Dio; questa “teologia delle idee” che non nutre assolutamente la vita spirituale non è altro che un insieme di vuote elucubrazioni che, dalla morte di S. Tommaso in poi, occupano le aule di Teologia delle facoltà europee, non son altro che una serie di chiacchiere insopportabili. Lui, torna appunto disgustato da queste interminabili dispute teologiche e, ancor più, dallo stile di vita clericale. Fa così dei semplici “propositi”; egli fugge i “voti” perché son troppo legati all’ambiente ecclesiastico… e i preti non li può più sopportare (tanto che sarà diacono, mai prete). Tra i suoi “proposita sed non vota”, il primo è: mai più mettere piede a Parigi e alla Sorbona; 2. Mai più seguire un corso di Teologia; 3. Mai più… e così via. Tutti propositi che evidenziano il rifiuto del clericalismo dell’epoca. Opta invece per una piena dedizione a letture in grado di educare alla vita spirituale. Tutto un programma che diventerà la Magna Carta di Deventer, stabilito per sé e per i suoi amici, che arrivavano in gran numero per coltivare… che cosa? La “lettura delle fonti cristiane”, la letteratura cristiana, e uno di questi suoi grandi amici sarà Florentius Radewijns, detto Magister Florentius. Cronologicamente siamo nel 1360-1400. Sappiamo che avevano stretti contatti con il vecchio Ruusbroec e che ci hanno impiegato molto tempo a capire la sua dottrina contemplativa. (C’è tutta una parte dell’opera di Ruusbroec che sarà espressione del tentativo del Dottore Ammirabile di spiegare la sua terminologia e i concetti della sua alta contemplazione a Geert Groote…). Quest’ultimo aveva formato un consistente gruppo di amici che, nelle case, messe a disposizione dallo stesso Groote che era molto ricco, si dedicavano a “leggere” e a “scrivere”, cioè a ricopiare a mano (siamo prima dell’invenzione dei caratteri a stampa) le grandi opere mistiche, per fare un po’ di soldi, perché questi manoscritti si vendevano bene, ma soprattutto per dedicarsi ad un paziente lavoro di copiatura e di spiegazione dei testi spirituali (è lo stesso scopo che ci prefiggiamo con noi oggi, nelle nostre Associazioni).
Inizialmente, questi primi devoti pongono un’attenzione particolare alla formazione dei giovani. Il bello è che, così, si dà anche un programma di formazione di vita cristiana, che è fondamentale, e che ritroverete tale e quale nella scuola di Sant’Ignazio di Loyola. Chiudo la parentesi storica dicendo che questo gruppo di amici di Deventer diventerà molto importante, le case si moltiplicheranno a dismisura e i riformatori dei monasteri parigini che vivranno un secolo dopo in Francia saranno gli eredi diretti dei Fratelli della Vita Comune di Deventer; siamo nel 1530 (Erasmo da Rotterdam ne farà parte), un secolo dopo. Non dimentichiamo che in quel periodo Ignazio di Loyola verrà a studiare a Parigi e incontrerà i Fratelli della Vita Comune e scoprirà la prima scuola pubblica d’Europa, quella di Deventer, e attingerà dai testi tutta la pedagogia di questa nuova istituzione, che caratterizzerà i collegi dei Gesuiti e la scuola europea moderna. Tanto per dire che ci troviamo ad una svolta decisiva, ad un punto chiave della cultura occidentale.
Tornando a Tommaso da Kempis, sappiamo che lui è nato a Kempen, a Nord di Colonia, che in quel momento storico era un territorio dei Paesi Bassi; adolescente, si trasferisce a Deventer, perché nel frattempo questo gruppo di amici di Geert Groote e di Florentius Radewijns, a forza di accogliere giovani (e meno giovani) nella loro fondazione, per leggere e ricopiare, ricevettero il plauso degli stessi municipi cittadini e le autorità civiche cominciarono a dire loro: i nostri giovani potrebbero, anziché andare a zonzo a perdere tempo, venire da voi, fermarsi nelle vostre case e farvi domande, con grande spontaneità, e così ricevere una buona formazione intellettuale. Così la prima “scuola comunale” è nata a Deventer e ha fornito il modello per le scuole pubbliche successive, quelle del 1500.
Certo l’intenzione rimase sempre quella di acquistare una identità cristiana, leggendo e lavorando sui testi della Tradizione. Vediamo di definire questi testi: sono le opere dei Padri della Chiesa, la Bibbia e alcuni maestri dell’antichità: Virgilio, Orazio… ma seppure questo non sia il luogo adatto per affrontare il discorso, sarebbe interessante vedere qual è l’ordine nel quale si devono leggere certe opere per crescere in una consapevolezza cristiana. Quindi sarebbe bello ricostruire l’itinerario formativo pensato da Geert Groote. Noteremmo che l’insegnamento segue un ordine e quello che noi penseremmo originario e più importante non viene per primo… Certo, bisogna sempre cominciare dai 4 Vangeli, o almeno dai 3 Vangeli sinottici, poi vengono alcuni Padri della Chiesa, poi qualche testo biblico, poi un autore pagano, poi di nuovo un libro della Bibbia… non ricordo bene quale fosse l’ordine preciso, l’ho studiato tanti anni fa, ma il principio importante qui è quello di subordinare tutta la scolarità all’intelligenza del mistero cristiano, usando la Scrittura come un “mezzo culturale”, senza alcuna idolatria del testo biblico. Ciò basterebbe a differenziare i Fratelli della Vita Comune dai protestanti, che ben presto, geograficamente, nasceranno nelle vicinanze. Qui siamo in una linea di Tradizione assolutamente “cattolica” ricca di un umanesimo di fondo che porta a conoscere Dio non tanto attraverso un testo materiale, ma, con l’aiuto del testo, nella preghiera, a contatto diretto con un Dio che parla e che può essere compreso. Questo è autentico cattolicesimo, a differenza di ciò che ha fatto fuggire dalla Sorbona Gerardo Groote, cioè quel “nominalismo” che dice: di Dio si sa qualcosa soltanto in base alle idee, ma a questo punto la Parola di Dio non è più – direi – realmente “accessibile”, nella consapevolezza del nominalismo. La Devotio Moderna è in piena reazione, contrapposizione, a questo nominalismo.
Ora torniamo al nostro autore: sappiamo che il giovane Tommaso da Kempis all’età di 13 anni aveva già come Padre Spirituale Magister Florentius, e questi era da sempre in contatto con Groenendaal, l’Abbazia il cui priore era Ruusbroec, Priorato di Canoinici regolari di S. Agostino, la cui regola era molto liberale per chiunque voleva condurre vita monastica secondo lo spirito di Cassiciacum (il primo rifugio di Agostino in Brianza, nella villa dell’amico Verecondo, dove, egli intraprese una vita dedita allo studio, alla meditazione, all’interiorizzazione, e al dialogo con gli amici che lo avevano seguito). Bene, per tornare al XIV secolo, diciamo che una delle 81 Abbazie affiliate a quella di Ruusbroec era il Monastero di Monte Sant’Agnese (St-Agnietenberg, presso Zwolle). Ma, detto questo, è necessaria una premessa: Radewijns nel 1387, su consiglio di Ruusbroec, aveva fondato, parallelamente e unitamente ai Fratelli della Vita comune, il monastero di Canonici regolari a Windesheim. Due famiglie accomunate da un’unica spiritualità e strettamente legate tra loro. Tanti alunni della scuola di Deventer entreranno in questa fondazione per una vita “formalmente consacrata” (cioè monastica), diversa quindi da quella dei Fratelli della vita comune, che non proponeva una vita claustrale ma una consacrazione laicale nelle case, sullo stile dei beghinaggi.
Un secolo dopo uno dei più illustri alunni di questa scuola di Deventer sarà Erasmo da Rotterdam. Allora, la giovane Università di Lovanio sarà tutta popolata da alunni provenienti dai Fratelli della vita comune. Il più prestigioso tra tutti sarà il futuro Papa Adriano VI (l’ultimo Papa non italiano prima di Giovanni Paolo II), egli chiederà a Erasmo di salvare la cristianità dal luteranesimo e di andare a Roma, egli ne avrebbe fatto un personaggio di primo piano (forse aveva in mente di farlo Cardinale). Egli dette al Papa una superba risposta che riassume pienamente lo spirito dei Fratelli della vita comune e il loro umanesimo. Erasmo risponde così al Pontefice Adriano VI (suo ex-compagno di scuola): “Non ho tempo. Studio il greco”. Ciò vuol dire che la chiave della Controriforma per Erasmo doveva essere “culturale” e non “religiosa”. Di fatto tutte le grandi “rinascite” nel cristianesimo non nascono mai dal “culto” ma dalla “scuola”. Comunque i Fratelli della vita comune nel Nord Europa hanno salvato il cristianesimo dall’ondata devastante del protestantesimo, che diffondeva una diffidenza nel valore della ragione umana e un fideismo che non ha nulla a che vedere col genio del cristianesimo, che – torno a dire – è un fatto “culturale” nella sua genuinità. Lo stesso Vangelo è un documento di cultura, è un “textus”, una composizione letteraria – ispirata certo – ma non un miracolo caduto dal cielo.
Tutto ciò ci serve per capire l’ambiente nel quale Tommaso da Kempis ha imparato a leggere, a gustare i testi classici. Questi uomini erano dei grandi lettori, sia quelli di Deventer sia quelli della congregazione di Windesheim con tutta la loro ricca eredità spirituale. Essi usavano comporre dei quaderni di brani scelti (non dimentichiamo che ci troviamo prima dell’invenzione della stampa). Sapevano tante cose a memoria, alcuni l’intera Bibbia. Delle volte, quando si diventava novizi a Monte S. Agnese, era richiesto al candidato un proprio quaderno, dove di solito c’erano raccolti brani di S. Agostino, S. Bonaventura e chiaramente abbondanti testi biblici. Bene, di queste raccolte ne abbiamo abbondanti citazioni nell’Imitazione di Cristo, con frasi facili da memorizzare e aventi una certa musicalità in latino; erano dei brani scelti, come pezzi tagliati con precisione da un bisturi, da una spada brandita da mano esperta. Siamo alla presenza di ciò che era detto rapiarium, cioè un insieme di sentenze, di insegnamenti (immaginate una spada che taglia un foglio in quattro), qui abbiamo quattro Libri, quattro correzioni, quattro “rapiaria”, probabilmente dello stesso Tommaso da Kempis. L’Imitazione è un esempio perfetto del lavoro che all’epoca facevano sia i Canonici di S. Agostino, sia i Fratelli della vita comune; ripropone i temi dello “sposalizio con Cristo”, prettamente monastici, in voga da San Bernardo in poi. Ignazio di Loyola, che pure amava molto l’Imitazione di Cristo, non volle mai parlare di “sposalizio con Cristo, di “nozze spirituali”, uscendo così dalla tradizione mistica di tutti i tempi.
Per terminare la presentazione ...

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