Memoria e Perdono, atteggiamenti ontici per la felicità,  in Dietrich Bonhoeffer e Paul Ricoeur
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Memoria e Perdono, atteggiamenti ontici per la felicità, in Dietrich Bonhoeffer e Paul Ricoeur

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Memoria e Perdono, atteggiamenti ontici per la felicità, in Dietrich Bonhoeffer e Paul Ricoeur

About this book

Il testo desidera ripercorrere l'affascinante pensiero e sentiero di vita di due grandi uomini e maestri, Dietrich Bonhoeffer e Paul Ricoeur, e ne rilegge il movimento a spirale, paradossalmente lineare, che partendo da una intuizione iniziale progredisce avanzando verso un fine, che è, per entrambi, il fine della vita. Partendo dallo stesso interrogativo, "Chi sono io?", inizia il loro lungo viaggio, nella crescita della consapevolezza e della comprensione del Dasein, dove ogni esperienza di rottura è motivo di ri-sistemazione dell'ordine dei pensieri.
Sia Bonhoeffer che Ricoeur hanno conosciuto personalmente la perdita di cose inestimabili, hanno sperimentato le interruzioni del senso nel tempo, la continuità spezzata col passato e col futuro, ma hanno compreso che niente va perduto e hanno, così, teorizzato la forza della memoria. L'autrice Enrichetta Cesarale, nata a Gaeta (LT), ha compiuto il cursus studiorum filosofico-teologico presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha conseguito la Licenza in Teologia biblica e il Dottorato sotto la guida di Padre Ugo Vanni s.j. È laureata in Filosofia presso l'Università degli studi di Roma3 con tesi dal titolo: «Il giorno: nunc filosofico e scritturistico. La notte: attesa e coraggio del giorno». Ha pubblicato presso l'Editrice Pontificia Università Gregoriana «Figli della luce e figli del giorno» (1Ts 5, 5). Indagine biblico-teologica del «giorno» in Paolo.

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Information

1. La «teologia in via di perfezionamento»: teologia, forma di vita reale


 
Dietrich Bonhoeffer, pastore e teologo protestante luterano tedesco, iniziò gli studi di Teologia a Tubingen nel 1923 e proseguirà a Berlino, l’anno successivo, dal ritorno del viaggio in Italia. È un disinvolto uomo disocietà, un perfetto uomo di mondo spiritualmentesensibile. Non deve preoccuparsi del vitto e della biancheria, e non lo imparerà[1]; studia e filtra ciò che legge con lo sguardo della sua origine culturale borghese[2]; al centro stanno la scienza e la cultura, non si trova a suo agio nel mondo ecclesiastico. Egli non è perfettamente integrato in nessun luogo; alla ricerca di una propria collocazione, vaga a tentoni tra i mondi[3].
Scriverà:
 
Io provengo, come si usa dire da un buon casato, ossia da un’antica e rispettata famiglia borghese, e non sono di quelli che si vergognano di dichiararlo. Al contrario. So bene quale forza silenziosa viva in un casato della buona borghesia […]. Siamo cresciuti nella venerazione per tutto ciò che avesse avuto un’evoluzione [dem Gewordenen] e per tutto ciò che fosse dato [dem Gegebenen] e quindi nel rispetto per ogni essere umano[4].
 
La crescita di Bonhoeffer si era svolta in un ambiente che gli aveva trasmesso un grande senso di sicurezza. Talmente forte era stata la protezione della casa paterna, da creare in lui un senso di disagio e la voglia di oltrepassarne i confini: «Vorrei per una volta non essere al sicuro. Noi non possiamo comprendere gli altri. Da noi ci sono sempre i genitori che appianano tutte le difficoltà …»[5].
Nel 1924 i genitori gli permettono un soggiorno di studi a Roma. Qui sperimenta una religiosità che non esclude i sensi e non li nega e impara a conoscere una Chiesa-comunità universale. La Domenica delle Palme, dopo la partecipazione alla messa a San Pietro, annota: «Il giorno era stato meraviglioso, il primo giorno in cui ho percepito qualcosa di ciò che è la realtà del cattolicesimo … comincio, credo, a comprendere il concetto di “Chiesa”»[6].
Inizia a comprendere che la sua Chiesa «era stata per troppo tempo il rifugio dell’illuminismo inculturale», il circolo festivo nazionalista della religiosità borghese[7]. Inizia a vedere oltre e lo stesso studio ha una prospettiva: Dietrich inizia a chiedersi “Che cosa è la Chiesa reale, viva?”; un interrogativo questo che lo accompagnerà durante tutto il suo percorso di vita. Inoltre, intuisce l’importanza di sostituire alla fantasia la visione della realtà, aprendosi al nuovo. Prima di ritornare, con il fratello Klaus, va in Sicilia e in Africa.
Cinque anni più tardi consegna la laurea con la tesi Sanctorum communio. Una ricerca dogmatica per la sociologia della chiesa, in cui discute il valore della chiesa come luogo della comunione dei santi.
Dopo la fine dell’università, Bonhoeffer accetta un interim di vicariato nella comunità luterana di Barcellona. Durante il soggiorno, grazie ad alcune conferenze da lui tenute, è stimolato a confrontarsi con il problema della guerra e imposta le prime basi della sua futura etica. Seguono altri brevi soggiorni negli Stati Uniti e in Messico. Rientrando in Germania Bonhoeffer viene eletto segretario della sezione giovanile di un movimento ecumenico internazionale.
La sua formazione teologica lo spinge a costruirsi una spiritualità evangelica basata sull’incontro e la solidarietà con la sua sorte del prossimo, come confermano le seguenti parole:
Il nostro rapporto con Dio non è affatto un rapporto “religioso” con l’essenza più alta, più potente e migliore che si possa pensare (questa non è autentica trascendenza), bensì il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nel “esserciperglialtri” tramite la partecipazione all’essere di Gesù. Non i compiti infiniti, irraggiungibili, bensì il nostro prossimo, di volta in volta raggiungibile, costituisce il trascendente[8].
Il prossimo costituisce il trascendente, di volta in volta raggiungibile. Inizia a capire come il Cristo sofferente ed impotente sia, in mezzo a questo mondo, il centro condizionante, liberante e creativo[9].


[1]   Cf. R. Wind, Dietrich Bonhoeffer, 27.
[2] I suoi beni personali gli consentirono sempre una larga autonomia rispetto alle cariche e agli incarichi ecclesiastici. Gli amici e i suoi studenti raccontano di quanto fosse generoso in fatto di denaro e straordinariamente liberale. «Vorrei solo avere tanto denaro da non dover fare i conti» (R. Wind, Dietrich Bonhoeffer, 77).
[3] . Wind, Dietrich Bonhoeffer, 29.
[4] Frammento di una sua lettera dal carcere a Tegel. Cit. in AA.VV. Dietrich Bonhoeffer, suppl. Riforma Torino 1995, 6.
[5] D. Bonhoeffer, all’inizio della conferenza “Il capo e il singolo nella giovane generazione”. Scritti, 354ss. Cit. in A. CONCI, La responsabilità della pace, Centro Editoriale Dehoniano, Bologna, 1995, 18.
[6] Citato da R. Wind, Dietrich Bonhoeffer, 31.
[7] Ibidem, 31. 
[8]   D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa. Progetto per uno studio. Cit. in AA.VV. Dietrich Bonhoeffer, suppl. Riforma Torino 1995, 7.
[9] Cf. E. Bethge, Dietrich Bonhoeffer, Teologo cristiano contemporaneo. Una biografia, 933.

1.1 Sanctorum Communio, prima tappa del pensiero itinerante


In Bonhoeffer pensiero e vita costituiscono un unico itinerario, come in tutti i grandi della storia. Tappe che si susseguono naturalmente, nell’incontro-scontro della storia personale con la storia degli uomini[1].
La sua tesi di laurea, Sanctorum Communio. Saggio dogmatico sulla sociologia della Chiesa, con il professore Reinhold Seeberg[2], costituisce, per l’epoca, uno studio eccezionale: un giovane studente di 21 anni scrive una riflessione dogmatica sulla sociologia della Chiesa partendo da Cristo. Egli si chiede: che cosa rende Chiesa la Chiesa.
L’originalità del lavoro è nel tentativo di «coniugare l’approccio sociologico con una concezione che considera la chiesa non una realtà religiosa, ma una realtà della rivelazione, e la rivelazione a sua volta come evento kerygmatico, cioè manifestazione, all’interno della dimensione storica, di un soggetto capace di produrre eventi qualitativamente diversi rispetto ad ogni altro evento accessibile all’esperienza umana»[3].
Sanctorum Communio, «comunità dei santi», evocava già nell’antica dogmatica cristiana la diversità, l’essere separati dei cristiani che sono nel mondo ma non vivono più secondo le leggi del mondo. Karl Barth aveva richiamato l’attenzione della Chiesa su questa esigenza primordiale cristiana, ora Bonhoeffer aggiunge che la Chiesa, anche se non ha nel mondo la sua origine, ha pur tuttavia una forma mondano-sociale. È comunque una comunità empirica come qualsiasi altra.
La tesi di rilevanza generale, che costituisce la premessa antropologica della concezione della chiesa-comunità elaborata dal testo, è che la spiritualità universaledell’uomo è inviluppata nella rete della socialità. Bonhoeffer intende ripensare e chiarire la figura della chiesa-comunità, togliere la polvere accumulata nei secoli sulla parola chiesa, considerando la socialità come dimensione coesistente con la fede.
Analizza il problema etico-ontico dell’«altro»[4]. Il tema della persona viene costruito intorno a due nodi che hanno un peso decisivo nel discorso di Bonhoeffer: il primo concerne la fondazione delle relazioni ontiche fondamentali dell’essere sociale, il secondo investe il concetto di «realtà». L’originalità di questa filosofia sociale, che mette capo al concetto di persona, va ravvisata nel livello di fondazione prescelto da Bonhoeffer, che consiste precisamente nel contesto etico-ontico: l’essere sociale trova la propria resa concettuale nella persona.
Scrive Bonhoeffer introducendo la problematica:

Il concetto cristiano di persona ed il corrispondente concetto di relazione sociale fondamentale vanno presentati e messi a confronto con i quattro schemi di concetti di relazione fondamentale che ci offre la filosofia. Non si tratta innanzitutto di individuare nell’essere umano una qualche provincia sociale, motivata sul piano religioso o su ...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Memoria e Perdono, atteggiamenti ontici per la felicità, in Dietrich Bonhoeffer e Paul Ricoeur
  3. Indice
  4. Dietrich Bonhoeffer, colpevole per amore del prossimo
  5. INTRODUZIONE «Chi sono io?»
  6. 1. La «teologia in via di perfezionamento»: teologia, forma di vita reale
  7. 1.1 Sanctorum Communio, prima tappa del pensiero itinerante
  8. 1.2 La Sequela: seconda tappa di un pensiero terreno
  9. 1.2.1 L’Etica: opera incompiuta di un percorso interrotto
  10. 1.3 Resistenza e resa: perfezione del percorso umano e teologico
  11. 2. Il percorso itinerante del pensiero nella vita: un tempo vissuto da uomo
  12. 2.1 La disciplina dell’arcano, traccia visibile
  13. 2.2 Il bene, traccia che è la vita
  14. 2.3 La responsabilità, traccia che è azione
  15. 2.4 Agire in conformità alla realtà, luogo della traccia
  16. 2.5 Sostituzione vicaria, divenire traccia
  17. 2.6 La coscienza
  18. 3. La responsabilità e la realtà del tempo
  19. 3.1 Il concetto del «kairós» nel periodo del Kirchenkampf
  20. 3.2 Responsabilità e storicità
  21. 3.3 La dialettica ultimo-penultimo
  22. Conclusione
  23. Paul Ricoeur: nella ricostruzione del sé, la memoria e il perdono difficile
  24. Introduzione
  25. 1. Chi sono io? Sé come un altro
  26. 2. Chi è responsabile? Una «Piccola Etica»
  27. 2.1 Il bene
  28. 3. La colpa e il male. Fenomenologia ed Ermeneutica del male
  29. 4. L’indagine del sé nella storia
  30. 4.1 Memoria, storia, oblio
  31. 4.2 La morte e la memoria
  32. 4.3 Dono, perdono, riconoscimento
  33. 4.4 Il perdono difficile
  34. 4.5 Storia e Tempo
  35. 4.5.1 Sé è il tempo
  36. 4.5.2 «Tempo dell’opera, tempo della vita»
  37. Conclusione
  38. Considerazioni
  39. EPILOGO
  40. Ringraziamenti