L'alambicco di Lev Tolstoj
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L'alambicco di Lev Tolstoj

Raffaella Faggionato

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L'alambicco di Lev Tolstoj

Raffaella Faggionato

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«Bezuchov, lui è blu, blu scuro e rosso, ed è quadrato…». Cosa si cela dietro queste misteriose parole di Nataša Rostova, o dietro la strana allusione del principe Andrej Bolkonskij a dei guanti da donna? Qual è il significato della rinascita di Pierre sullo sfondo dell'incendio di Mosca del 1812? E da dove ha origine l'immagine di Platon Karataev, con la sua rotondità?Seguendo tracce e indizi disseminati nel testo di uno dei romanzi più letti al mondo, Raffaella Faggionato ci guida in un avvincente percorso a ritroso, alla scoperta di manoscritti, testi ermetici, rituali massonici – un materiale ricchissimo, tuttora sepolto negli archivi di Mosca, che ha nutrito l'immaginazione creativa di Tolstoj nei sette anni di gestazione di Guerra e pace.Aggirandoci nel laboratorio in cui hanno preso forma personaggi divenuti immortali, tra foglietti, appunti, varianti e brutte copie, scopriremo come sono cambiati l'impianto del romanzo e la tecnica narrativa dello scrittore sotto la suggestione del simbolismo massonico e del linguaggio delle scienze ermetiche. Una prospettiva nuova, che apre squarci imprevedibili sull'epoca e sugli uomini che l'hanno abitata e getta una diversa luce sulla controversa questione del rapporto di Tolstoj con il mondo della massoneria russa.

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Information

Year
2015
ISBN
9788867284726
Parte III
La massoneria irrompe nel romanzo
Siamo in cammino. Girarsi o andare avanti? Dietro c’è il noto e già vissuto. Davanti l’ignoto e il nuovo.
Dai quaderni di appunti (1860)
1. Da Milleottocentocinque a Tutto è bene ciò che finisce bene
L’esordio
È triste che tutti questi massoni fossero degli sciocchi.
Da una lettera alla moglie (1866)
Già nei primi mesi del 1863 Sof’ja Andreevna aveva annunciato alla sorella: «Leva ha iniziato un nuovo romanzo». E il 5 settembre di quell’anno il suocero Andrej Bers scriveva a Tolstoj: «Ieri abbiamo parlato a lungo del 1812 a proposito della tua intenzione di scrivere un romanzo su quell’epoca».306 Durante l’estate lo scrittore aveva acquistato molti libri sulla guerra contro Napoleone. In ottobre lui stesso conferma che è questo il momento della storia russa su cui si va concentrando la sua attenzione; così descrive ad Aleksandra Andreevna Tolstaja il proprio stato d’animo: «Non ho mai sentito prima le mie energie intellettuali e persino quelle morali così libere e così ben disposte al lavoro. E un lavoro adesso ce l’ho. È un romanzo sugli anni 1810-20, che mi assorbe totalmente dall’autunno».307
Per un intero anno, fino alla metà del 1864, Tolstoj continuò a cercare il giusto incipit per questa nuova opera. L’idea iniziale dei Decabristi – affiancare storia e contemporaneità – non è subito abbandonata; il romanzo in gestazione, infatti, avrebbe dovuto da principio intitolarsi Tre epoche: a quella contemporanea si sarebbero affiancati e intrecciati gli avvenimenti del 1812 e del 1825.
Si sono conservate ben quindici varianti della scena d’apertura, vistosamente diverse, ambientate in diversi luoghi e con personaggi dai nomi diversi. Soprattutto, la scena va via via collocandosi sempre più indietro nel tempo: il piano del presente presto sparisce, quindi è eliminata anche la data del 1825, che era centrale nel progetto precedente, e l’azione prende avvio nel 1811, poi nel 1808, quindi nel 1807 e nella settima variante, scritta fra marzo e aprile del 1864, finalmente nel 1805. Nonostante la radicale trasformazione delle coordinate temporali, il nuovo progetto rimane comunque strettamente intrecciato al primo abbozzo di una storia dei decabristi, nel cui passato lo scrittore si propone di scavare: «Giacché bisogna dare un’idea di che uomini fossero, da dove venissero fuori – racconterà lo scrittore alla cognata Tat’jana Kuz’minskaja –, ho iniziato dal 1805 e mi avvicino al 1808. Ma cosa ne salterà fuori non so».308
Il filo rosso che collega tutte le quindici varianti dell’incipit è Napoleone; oggetto di accese discussioni, rispetto a lui si delinea il profilo dei personaggi messi sulla scena. L’impostazione polemica che era stata data ai primi capitoli dei Decabristi si mantiene vitale in alcuni tentativi di introduzione storica, in cui lo scrittore dichiara esplicitamente l’inadeguatezza delle ricostruzioni dell’epoca fatte dalla storiografia ufficiale. Ma presto spariranno tanto le polemiche col presente quanto le introduzioni storiche.
I protagonisti
Com’è còlta in modo sorprendente la realtà di quel tempo, com’è riuscita la raffigurazione dei tipi dell’alta società di allora!
V. Likoškin
Il primo dei due eroi a entrare in scena negli abbozzi era stato il principe Kušnev, futuro Pierre Bezuchov, durante un ballo che si teneva a Pietroburgo nel 1811;309 siamo nella terza variante dell’inizio. Nella quinta Kušnev era diventato il giovane Léon Bezuchij, che faceva il suo ingresso nel 1808 in casa del conte Prostoj a Mosca.310 Léon lascia quindi il posto a quell’Arkadij Bezuchij della sesta variante, da cui ha preso le mosse questa analisi: goffo, buono e sensibile, «strambo» (čudak), lo troviamo seduto al capezzale del padre morente, il quale si duole della sua totale indifferenza per la gloria terrena.311 Nella decima variante dell’inizio il suo nome è Petr Medynskoj, figlio illegittimo del principe Kirill Bezuchij, appena rientrato dall’estero: «Mr. P[ierre] era considerato un liberale dell’epoca, nel suo viaggio egli era stato affascinato dall’idea della rivoluzione ma era inadatto a qualunque impresa»; scherzosamente veniva chiamato Mirabeau. Il personaggio presenta da subito un tratto destinato a rimanere: nei suoi occhi e nel suo sorriso si uniscono intelligenza e bontà.
Finalmente, nella dodicesima variante, l’eroe si chiama Pierre Bezuchov, «Mr. Pierre»: giovane liberale, poi bonapartista e giacobino, è un originale, comunque altro rispetto alla società con cui si confronta. I tratti che lo distingueranno fino alla stesura finale si evidenziano fin dai primi abbozzi del personaggio, ma nel corso di queste trasformazioni vanno meglio definendosi: Pierre è grosso, miope, strambo, dall’aspetto quasi ridicolo, parla a voce troppo alta, si accalora troppo, si muove con goffaggine fra gli uomini di mondo, inchinandosi e stringendo le mani nelle situazioni sbagliate. Ovunque compaia, subito inizia a discutere di politica, manifestando idee contrarie a quelle di tutti i presenti. Ma alla goffaggine esteriore si unisce un cuore buono e sensibile e profondità di pensiero. Era già così in uno schema preparatorio: «Amicizia verso tutti, nessuna superbia e presunzione, sempre mite con tutti. Non riconosce le leggi. Estremo liberale nel pensiero e nella vita. Non conosce l’amore per le donne. Ama e capisce la letteratura. Gli piace lasciarsi andare, bere, stare fino a tardi a far festa e a parlare. L’amicizia al di sopra di tutto, solido. Ha una mente fine, ha letto moltissimo».312
Se i primi tre abbozzi dell’incipit ruotano attorno a questo solo personaggio, nel quarto compare ad affiancarlo la figura di Boris Zubcov, giovane e brillante ufficiale assai amato nei salotti della capitale, ottimo ballerino: «Egli involontariamente attirava l’attenzione non tanto per la sua bellezza, non tanto per il senso di dignità che gli era proprio, da giovane grand seigneur, quanto per la modestia, la purezza e l’infantilità dei tratti, che era possibile conservare solo nelle campagne militari e che lo distinguevano nettamente dai giovani di Pietroburgo».313 I due eroi, da subito presentati come amici, si incontrano durante il ballo che si tiene in un salotto della capitale nel 1811: gli occhi buoni e miopi di Kušnev-Pierre si illuminano, il suo sorriso infantile e pieno di gioia già evidenzia l’importanza di questa amicizia. Subito la conversazione fra i due giovani cade su Bonaparte.
In un abbozzo in cui si trovava ancora il titolo Tre epoche, Tolstoj aveva introdotto inoltre un vecchio principe Volkonskij, rappresentante dell’età di Caterina II, il quale «nel 1811 era ancora un uomo giovanile».314 Caduto in disgrazia già sotto Paolo I, il principe era tenuto lontano dalla vita politica anche dal nuovo imperatore; viveva ritirato nella sua tenuta di Lysye Gory, con la figlia. Quando l’esordio del romanzo è spostato al 1805, nella settima variante, il giovane e brillante ufficiale già prima abbozzato, Boris Zubcov, diventa il figlio del vecchio principe: Andrej Volkonskij. Egli è qui presentato come «un fiero, sprezzante cavaliere […] bello, raffinato, severo, con piccole mani bianche femminee, elegante fin nei minimi dettagli nella sua uniforme».315 Parla in francese, è ammiratore del genio di Bonaparte, affascina tutti con il suo sorriso; l’eleganza aristocratica del suo aspetto si unisce a una profonda sensibilità. Il personaggio così tratteggiato, in questa settima variante dell’inizio, si trova a Olomouc subito prima della battaglia di Austerlitz, durante la quale secondo un primo progetto avrebbe dovuto incontrare una morte eroica a fianco di Kutuzov.
È a partire dall’ottava variante dell’inizio che il principe Andrej inizia ad assumere un ruolo più importante e nuovi tratti del carattere: la freddezza e la superbia, gli occhi in cui «la luce sembrava spenta», l’aspetto pigro e indifferente, un’apatia da cui solo l’amico sembra saperlo risvegliare; «Queste due nature erano talmente opposte che l’una completava l’altra».316 Va disegnandosi il ritratto del giovane bello, fiero, ma malato di «una superbia aristocratica ereditata dal padre che lo rendeva antipatico a tutti e arrivava a trasformarsi in ridicola presunzione». È un uomo d’azione, un rappresentante del secolo XVIII, col suo orgoglio di casta e la convinzione di poter riorganizzare il mondo, con l’aspirazione alla gloria ottenuta attraverso un podvig, un atto eroico: «ha saputo guadagnarsi la reputazione di ottimo ufficiale, benché antipatico, e ha un grande successo nell’alta società pietroburghese».317
I tratti del carattere dei due eroi vanno quindi via via delineandosi nelle quindici varianti dell’inizio, e così la loro di...

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