Fuga da Cosangeles
Sembrano combattersi nei corpi nudi. Sono invasi dal furore creativo che agita la passione carnale. Ma non è un letto scosso. Le effusioni erotiche mescolano desiderio e annullamento, una sorta di febbre della voluttà condivisa. Le forze reciproche si confondono.
Una Porsche con i vetri appannati. Dietro, Jo Pinter, la polvere di stelle di un mondo in bilico tra caos e gioia. Forse che sĂŹ forse che no.
Egli aveva la sfrontatezza e il robusto virgulto del trentenne che non vuol chiedere mai. Un corpo vivo e atletico che uno scrittore futurista avrebbe potuto descrivere dipinto coi colori della fortuna e della vittoria. Paoletta, 16 anni, lo adora appassionatamente, gli accarezza i pettorali e i bicipiti che sembrano di mogano, infila la lingua in quella bocca molto sensuale. Lei ha la mossa felina nei fianchi, le labbra fresche come le ciliegie di maggio, gli occhi spalancati.
Dopo lâorgasmo pacificatore, Pinter sentĂŹ come un passo nascosto. Non era il vento, nĂŠ una volpe. Lâunico lupo era lui.
Paoletta esce dallâabitacolo in cui si è consumato lâamplesso e si lamenta rivestendosi: âCi puoi fare le corse cò sta macchina, ma per scopare è piĂš scomoda di un sgabuzzinoâ. Jo se ne frega della lamentela e punta le luci di una 127. Sono i carabinieri. Li ha mandati il padre di Paoletta. Il generale di brigata dellâEsercito a Cosenza. La figlia frequenta uno con il doppio dei suoi anni dalla reputazione molto ambigua. Frequentatore di bische con un passato da insegnante di teatro, un presente da attore, modello sfigato, croupier dei tavoli di ândranghetisti per alzare i soldi con cui pagare la Porsche.
Sâinfila i vestiti da campionario per la sfilata da Emporio Armani del suo amico Walter allo Sporting club, il tempio baccanale di Cosangeles che alterna serate night con Fred Bongusto che avrebbero deliziato Paolo Sorrentino e feste Ă la page, che da ragazzino riusciva a frequentare saltando da una finestra perchĂŠ privo di tessera sociale che i massoni locali sottoscrivono a fior di centoni.
Sostiene Tony Pagoda che la distrazione è la massima invenzione dellâessere umano per continuare a tirare avanti. Per fingere di essere quello che non siamo. Adatti al mondo. E Jo era poco adatto al suo mondo. Ma vi si adattava.
Da dentro lo Sporting esplode il suono di âLove unlimitedâ di Barry White e Jo Pinter pensa che quella schitarrata sia tutta per la potente marmitta della sua 911. Anche lui si sente potente con la ragazza piĂš cool del villaggio. Carabinieri e madame sai che pettegolezzi sulla figlia del generale che sta con un ambiguo personaggio piĂš sregolatezza che genio. Lâipertrofico Io di Jo deambula: âNessuno capisce che in realtĂ scopiamo e basta, lei sta con me perchĂŠ le piace dar scandalo, ma se scopassi male la darebbe ad un altro e sicuramente giĂ ci sta pensando, probabilmente lo avrĂ giĂ fattoâ.
I due amanti prendono strade diverse. Lei si dirige verso la platea per raggiungere la madre con le amiche ingioiellate. Oggi le definiremmo milf super sexy e potrebbero far parte di unâassociazione senza statuto e dal gran divertimento.
Jo entra sparato nei camerini. Lo sguardo di Walter è un misto dâincazzato rimprovero per il ritardo e di sollievo per vedergli addosso il completo con cui deve sfilare. Quando si avvicina, Walter gli sussurra mentre gli sistema il giubbotto aquilato: âVedi che in sala ci sono Michelone e Vecchiareddra. Gli hai restituito i soldi? Non è che armano qualche zimeca da spettacolo?â. I soldi, ovviamente, il Pinter non li aveva restituiti, figurarsi gli interessi che si devono sempre in quellâambiente. Erano due milioni di lire vecchio conio. Michelone, un poâ di mesi addietro, era arrivato a Kennedy con la sua Kawasaki Z 1300 (una leggenda cittadina, abbastanza vavusa, raccontava che delle 7 vendute in Italia ben 3 sfrecciassero dentro Cosangeles) e aveva mostrato due calzini da tennis pieni di soldi: âĂ arrivata la cioccolata, chi la vuole?â.
Jo non aveva resistito e si era preso un calzino con i due testoni di contenuto. Ora spiava la sala, ma allâocchio non gli sfuggiva che tra notabili e belle fighe di Jet set da provincia, defilati a nord est del salone ad un tavolo circolare uguale a certe scenografie di Scorsese, siedono Vecchiareddra e Michelone con un secchiello di ghiaccio che gela un bianco di Salaparuta.
âCcĂŹvò ra faccia cumu u culu, arriva cura Porsche, spansuma champagne e attiĂ mancu ti paga lâinteressiâ.
âA Porsche ullâha pagata, u champagne è tuttu a caricu i Walter, ma mò ma ruttu u cazzuâ.
Tra le luci sfavillanti dello Sporting e le chiacchiere agè di matrone e professionisti con figli vitaioli, si bisbiglia il dialogo mascagno di Vecchiareddra e Michelone.
Il primo è una sorta di spalla dei capi. Uno che acconsente quando il boss parla. Fedele esecutore di ordini, anche omicidi quando serve. Ma è anche uno âCa mpoca a postaâ come in questo caso nei confronti di Jo.
Pinter si è ficcato ancora una volta in un casino di non poco conto. Ma ha dalla sua una buona guarentigia. Lui è una sorta di extraterrestre in mezzo a quel mucchio selvaggio di malavitosi che si contendono città e ampi dintorni con una guerra sanguinaria che lascia a terra morti ammazzati.
Ă uno che sâispira a David Bowie e che con la testa sa di essere in una trama di un film di Scorsese con slang cosangelino. In cittĂ gli ambienti si sono mescolati. La nipote del procuratore della Repubblica ha sposato un capomafia, le comitive composte da studenti universitari e crosche di rapinatori sono ormai una consuetudine.
In questo mondo contaminato Pinter è di casa nella malavita locale. Nel vero senso della parola. Infatti è spesso a casa di Michelone, il creditore dei due milioni.
Intrattiene e conquista la famiglia del mafioso, a partire dalla mamma che cucina divinamente. Jo narra da Omero dei poveri. Facezie, cazzate, aneddotica dai set cinematografici che ha frequentato, le conquiste sessuali nellâaristocrazia romana da Jackie O. A casa di Michelone apprezzano molto questa gestione della confidenza.
Ma Michelone, imputazioni per omicidio, uomo di paranza, non può consentire che gli si brucino due milioni sotto al naso. E soprattutto non può apparire di essere un caggio agli occhi del sottoposto Vecchiareddra.
Pinter ha bisogno di tempo per saldare il suo strafottuto debito.
Ed è sulla passerella della sfilata che Pinter attua il colpo di genio. Con addosso il griffato aquilotto, Jo avanza e arriva alla fine della passerella guardando dritto verso Michelone e il suo giannizzero con nomea di vecchia. Mentre dalle casse rimbomba âWild boysâ, con tecnica di recitazione Jo fa finta di stupirsi nel vedere quei due pezzi di malacarne in mezzo alla crema di Cosangeles.
Ci vuole un colpo di teatro. Jo si ferma, apre la zip del giubbotto, infila la mano che riappare con tre dita che mimano il gesto della P38. Ma non come quelli di Autonomia operaia che quel gesto lo avevano inventato griffando il â77 come lâaquilotto di Armani ora marcava gli anni Ottanta. La mano-pistola Jo la punta in direzione di un poliziotto presente in sala che nessuno conosce con il suo cognome ma a tutti noto come Alan Sorrenti, per la sua impressionante somiglianza con lâinterprete di âFigli delle stelleâ. Pinter esclama il suo âboomâ soffiando poi sulla punta delle dita. I due killers, come la maggior parte del pubblico, si sganasciano dal ridere. Si è creata la situazione giusta per apparare il fatto.
Jo esce dal camerino e si appropinqua verso il tavolino malavitoso. Si china verso Michelone, mentre Vecchiareddra guarda incuriosito: âCompĂ lo so, mi sto approfittando dellâamicizia, ma tu lo sai, la trascuranza è degli uominiâ.
Un sorriso stempera la vicenda. Jo ha attinto al miglior repertorio dello slang malavitoso.
Nella malavita, ancora non atteggiata a ândrangheta imitata, le parole, se pur vuote, avevano senso e risolvevano persino conflitti. Ma quella filologia popolare che incrociava tradizione e contaminazione pop non sempre poteva essere un argine per scampare ad un pessimo finale di partita.
Pinter ha recuperato tempo prezioso. Ma ora lo aspetta una delle peggiori bische di Cosangeles e il suo ruolo quella sera è quello del croupier. Almeno cosÏ pensa. Non prevede un nuovo, tragico inconveniente provocato da precedenti mazzi di carte scivolati su un panno verde molto trafficato.
Pinter si avvia verso la Porsche giocherellando con le chiavi quando di sguincio sbuca un ragazzetto con gli occhi svegli e le scarpe da tennis Superga molto in voga in quel periodo. âSi tu Jo Pinter, vero?â âSĂŹ a disposizione compĂ â. âFiorello e Falanga ti vonnu parlaâ. Ami saglia nâattimu a Colle Triglioâ. âE jamu ja, maniamuniâ e Pinter meditabondo segue il ragazzo verso unâAlfetta.
Colle Triglio non è solo una godibile altura di Cosangeles con vista panoramica sul cuore della cittĂ vecchia, non ancora centro storico, in veritĂ mai centro topografico della mappa urbana, ma solo centro sentimentale dei cosentini piĂš veraci. Colle Triglio a quel tempo era ancora il toponimo che segnava il vecchio carcere e lâantico tribunale che aveva sentito le arringhe di Fausto Gullo e Luigi Fera. Un palazzaccio antico che aveva visto detenuti in rivolta sopra i tetti e lâavvocato don Luigi Cribari parlamentare per sedarla. Luogo di agguati a coltellate, con morti ammazzati e funerali con la vittima vestita in doppiopetto e anello dâoro al dito. Fucili di precisione che sparano da lontano per uccidere nella cella.
Jo sa che deve andare a parlare con qualcuno. I detenuti da quei finestrini si affacciano per farsi sbrigare mmasciate e commissioni. Una volta gli avevano chiesto di andare a riparare un Rolex lanciato in una bustina. Chi era troppo laterale legava lo specchietto ad un bastone per guardare il suo interlocutore.
Giunti sul piazzale, il ragazzetto scende, apre la portiera e insieme vanno sotto una finestra, dove sono riconoscibili due loschi figuri che si accompagnano ad un carrozziere di Scalea finito in casanza a Cosangeles per un giro molto sporco di auto rubate. Jo lo aveva affrontato in un tavolo di poker e il carrozziere privo di denaro aveva messo sul piatto una Balilla del 1936. Il valore della perdita replicava un milione e mezzo di saldo su quella contropartita. Il denaro si muove tra i giocatori per estro del destino. Con questo fardello, Jo ad un tavolo di baccarat aveva perso e aveva girato la vecchia ma fiammante Balilla per saldare il suo debito di gioco. Il creditore rifiuta e chiede contante. Si alza la palla per lâingresso nella storia di un caro amico di Jo, ovvero Carletto, âIl re assoluto dei Bidoniâ, uno degno di stare nel film di Fellini, che si offre di prendere la Balilla Amarcord e pagare il debito pinteriano. Il tipo vincente accetta e la macchina dâepoca va da Carlo, che nella migliore delle tradizioni, essendo bidonista non rispetta il suo impegno. Jo neanche pensava di dover dare i soldi al carrozziere, ed invece eccolo lĂŹ, dietro le sbarre della cella con due killer della peggiore specie a chiedere conto di un nuovo debito che si aggiunge a quelli precedenti.
Una brutta gatta da pelare, una gatta sul tetto che scotta a Colle Triglio. Al finestrone, a far da corazzieri al carrozziere scaleota, câerano Davide Falanga il pistolero e Fiorello bocca di bacio. Due dei peggiori pezzi di malacarne su piazza cosangelina. Di pietra gli ammonimenti che giunsero a Pinter sul piazzale che qualche secolo addietro aveva visto issare lâalbero della libertĂ da parte dei patrioti avversi ai sanfedisti.
Davide: âDicialu puru aru compare tuoâ (si riferiva a Carlo) Fiorello concluse in epigrafe con: âJo, unu icchiĂš unu i menu i si tiempi uncivò nenti... fa veloceâ Con lo stesso sorriso neutro, Francesco, il ragazzino che lo aveva portato a questo presentatarm, lo riaccompagna alla Porsche. Il dialettale di Fiorello, era stato un messaggio chiaro e diretto. Câè una guerra di mafia in corso. I morti non si contano a terra, anche innocenti, attento a come ti muovi che sei un cadavere che cammina e non sperare su quel bidonista di Carlo. âUncivò nentiâ.
Al volante Pinter mentre guida comincia a preoccuparsi seriamente. E rimugina mali pensieri: âQuei due non sono gestibili, sono due belve, non hanno stile, non hanno classe, non hanno humor... comincio a snervarmi, ma la cosa che non quadra è come mai hanno chiesto il cavallo di ritorno anche a Carlo. Lui è autorizzato a fare bidoni a chiunque e nessuno può interferireâ.
Jo arriva alla bisca solcando una nuvola di fumo spe...