Il welfare prima del welfare
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Il welfare prima del welfare

Assistenza alla vecchiaia e solidarietà tra generazioni a Roma in età moderna

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Il welfare prima del welfare

Assistenza alla vecchiaia e solidarietà tra generazioni a Roma in età moderna

About this book

Quale era il sistema di welfare che prima dell'introduzione del welfare state rispondeva ai bisogni della popolazione anziana? A quanti anni si era considerati vecchi tra Cinquecento e Ottocento? A che età ci si ritirava dal lavoro? Come sopravvivevano gli anziani prima dell'introduzione dei moderni sistemi pensionistici? Nel passato i figli erano necessariamente il bastone della vecchiaia dei propri genitori? Che ruolo avevano nella vita degli anziani le istituzioni di assistenza? E in che misura il diritto agli alimenti era garantito dai tribunali del tempo?Questi gli interrogativi da cui ha preso origine l'indagine sui rapporti tra vecchie e giovani generazioni nella Roma dei papi. Un'indagine che smentisce i luoghi comuni che idealizzano i valori solidaristici delle famiglie del passato, mostrando come il sostegno agli anziani, ieri come oggi, sia il risultato di una competizione/negoziazione tra famiglie e collettività in cui spesso sono chiamati in causa anche gli apparati giudiziari. Un'indagine storica che, in un tempo in cui lo Stato sociale è sotto assedio in nome del progressivo invecchiamento della popolazione, fornisce utili spunti al ripensamento delle politiche di welfare.

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Information

I. Birbanti e poveri benestanti

1. L’Ospizio Apostolico de’ Poveri Invalidi
[…] notifichiamo, & ordiniamo ad ogni persona dell’uno, e l’altro sesso, che si trovi in stato di mendicare in Roma, che dentro il termine di otto giorni da cominciare il dì 12 Ottobre, compariscano nel Portico di S. Maria in Trastevere dalle 15 fino alle 17 hore la mattina, & il giorno dalle 21 fino alle 23 hore, dove si prenderà nota del loro nome, cognome, età, e patria, e loro qualità, dalla persona, che sarà da Noi per detto effetto deputata, accioché sopra le loro persone, e bisogni, si possa provedere opportunamente.
E perché molti, ancorché validi, e sani, e potendo con le loro industrie, e fatighe procacciarsi il vitto, vanno in ogni modo mendicando, e togliendo in tal forma il sostenimento degl’altri inhabili, e più bisognosi; Però ordiniamo, che à quelli, che saranno degni, di essere sovvenuti coll’elemosine, si dia un segno distinto da portarsi da loro in luogo visibile, & apparente, finché verranno rinchiusi, e sostentati nel luogo, ò luoghi come sopra da destinarsi, & à tutti gl’altri, alli quali per esser stimati validi, e sani, e capaci di procacciarsi il vitto con le loro fatighe non sarà consegnato, né porteranno detto segno, e prohibiamo espressamente, che non ardischino di questuare per la Città, Case, e Palazzi, e Chiese, sotto pena di essere carcerati, e dello sfratto per la prima trasgressione, e per la seconda di tre Tratti di Corda in publico, e Contravenendo la terza volta, sotto pena di essere mandati a lavorare in Civitavecchia.
Nei primi giorni di ottobre del 1692 gli abitanti di Roma ebbero modo di vedere – e in qualche caso di leggere – queste ingiunzioni in un Editto affisso per le vie cittadine. Datato 2 ottobre, era stato emesso dal cardinal vicario Gaspare Carpegna ed esprimeva le determinazioni del papa in materia di soccorso e repressione della mendicità. Innocenzo XII, asceso al soglio pontificio nel luglio del 1691, aveva deciso, sulla scia di quanto già fatto circa un secolo prima da Sisto V, di rinchiudere tutti i «Poveri Mendicanti dell’uno, e l’altro sesso […] in uno, e più luoghi» all’interno dei quali potessero ricevere i necessari alimenti e trovare «commodità di letti, e di vestiti, & ogn’altro necessario per sovvenire, e recreare le loro miserie»; smettendo così di «affaticarsi per le Piazze, e Strade» dove si aggiravano «questuando, & empiendo li luoghi, e Palazzi publici, e li medemi Tempij dedicati à Iddio, di gride, e lamenti, anche in tempo de’ Divini Offitij con non poca perturbatione de’ fedeli». Il censimento imposto aveva lo scopo di fornire dati numerici e qualitativi alla congregazione di cardinali e prelati che si stava occupando delle strutture e dell’organizzazione da dare alla nuova istituzione.17
In novembre seguirono una serie di altri editti che annunciavano l’imminente ingresso dei mendicanti censiti nel palazzo di S. Giovanni in Laterano, destinato dal pontefice alla nuova iniziativa, e che invitavano la popolazione a condividere gli oneri finanziari dell’impresa tramite elemosine «in danaro, ò in Grano, Vino, Olio, Legumi, & altro commestibile, ò sia in Panno, Tela, ò Coperte, & ogn’altro mobile confacente, e bisognevole per il mantenimento di quest’Opera Pia».18
Anche se la data della reclusione venne più volte aggiornata per il protrarsi dei lavori di restauro del palazzo di S. Giovanni in Laterano, tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre, prima le donne e poi gli uomini, dopo essere stati radunati nell’Ospizio della SS. Trinità de’ Pellegrini, dove furono lavati e rivestiti di nuovi abiti, e dopo avere ricevuto la comunione, fecero il loro ingresso al Laterano. Gli avvisi riferiscono di 340 donne che vi furono condotte in processione domenica 29 novembre, dopo avere avuto in dotazione «due camiscie ciascuna, due para di calze di bombace, un paro di scarpe, una veste, e busto di panno di Subiaco color di muschio, traversa turchina et un panno da testa bianco».19 Di lì a poco, in data 10 dicembre, il cardinal vicario Carpegna emise una nuova Notificatione che, d’ordine del pontefice, stabiliva che dopo il 15 dello stesso mese «niuna persona dell’un, e l’altro sesso, & età ò siano validi, ò invalidi sotto qualsivoglia pretesto non possa questuare, e mendicare per Roma ò sia nelle Strade, ò nelle Chiese, e Porte di quelle, ò ne’ Palazzi, e qualunque altro luogo, né stare per questo effetto sù le Porte delle proprie Case».20 La pena prevista per i contravventori consisteva questa volta nella carcerazione e nella perdita degli averi al primo arresto, e successivamente nell’esilio, più la corda per gli uomini e la frusta per le donne. Il compito di catturare i mendicanti molesti era demandata alle «famiglie armate» del cardinal vicario e del governatore.
Comincia così la storia dell’Ospizio Apostolico de’ Poveri Invalidi, l’istituto cui Innocenzo XII diede vita tra il 1692 e il 1693, finanziandolo generosamente e servendosi della collaborazione di un gruppo di gesuiti e di oratoriani.21 Ma se la fondazione è nuova, la pratica dell’internamento e gli stili del soccorso rilanciati da papa Pignatelli si iscrivono in una storia di lunga durata che a partire dal Cinquecento assegna in tutta Europa rilevanza e centralità al problema del pauperismo, affrontandolo sulla base di interventi in cui la carità si coniuga talora con la repressione.
I lineamenti generali di questa storia sono noti; così come il fatto che in parallelo con il rinnovamento e il consolidamento delle forme statuali i «poveri di Cristo» si configurano sempre più come una categoria sociologica ricca di marcate distinzioni, mentre trionfa una dimensione tecnica dei modi del soccorso, di cui si fanno carico numerosi trattati e alcuni rilevanti interventi operativi. Ugualmente note sono le riserve avanzate sulle cesure troppo nette che talora sono state tracciate tra mondo medievale ed età moderna, così come tra area protestante e area cattolica, riguardo alla razionalizzazione e all’organizzazione delle forme di soccorso.22 Resta il fatto che nel corso del XVI secolo l’impossibilità di lavorare e il dovere di essere domiciliati – due linee di demarcazione già affiorate nelle epoche precedenti – si impongono un po’ ovunque in Europa come criteri di accesso al soccorso fornito dai poteri municipali e statali, in parallelo con l’aspirazione a una migliore organizzazione della carità sulla base di strutture assistenziali centralizzate e burocratizzate, funzionali a far sparire l’accattonaggio dalle strade e dalle chiese e a una selezione sempre più capillare tra veri e falsi poveri.
Sullo sfondo di una cultura politica in cui tra Cinquecento e Seicento il soccorso ai poveri si qualifica come elemento indispensabile alla retta amministrazione delle città, e come prerogativa del sovrano cui spetta il compito di garantire la quiete dei propri sudditi e la civile convivenza, ben prima della periodizzazione secentesca individuata da Michel Foucault si perfeziona il grande renfermement dei poveri che, come è stato evidenziato, non riguardò unicamente mendicanti e vagabondi.23 Attraverso la messa ai margini degli stranieri, ovunque ricacciati nei loro luoghi di origine, la reclusione diventa uno strumento di gestione della povertà all’interno di un quadro essenzialmente urbano, secondo piani di governo della miseria che acquistano sempre più rilevanza nell’ambito delle prerogative statuali. Vengono così attivati meccanismi per cui la maggior parte degli ospizi, nominalmente destinati ai mendicanti, il più delle volte finiscono per ospitare «poveri onesti», cioè cittadini immiseriti per malattia, incidenti, vecchiaia, disoccupazione, vedovanza, mentre gli individui più indesiderabili e pericolosi risultano nei fatti esclusi dal renfermement piuttosto che attraverso di esso.24 È in questa storia di lunga durata che si inserisce l’iniziativa innocenziana. Lo stesso pontefice lo sottolinea nella bolla di fondazione, dove si richiama a esempi precedenti di soccorso alla miseria e di repressione della mendicità, con particolare riferimento all’esperienza romana dell’Ospedale dei poveri mendicanti di S. Sisto, eretto da Sisto V nel 1587 con la bolla Quamvis infirma e trasformatosi in breve in un modello per iniziative analoghe in altre parti d’Italia.25
Nella storia dell’Ospizio Apostolico si è teso in genere a sottolineare come, nel giro di pochi anni dalla fonda...

Table of contents

  1. Risvolto
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Introduzione
  7. I. Birbanti e poveri benestanti
  8. II. La vecchiaia assistita
  9. III. Esistenze in bilico tra regole e negoziazioni
  10. IV. La solidarietà imposta
  11. Bibliografia