Silke Leopold
«La più vaga e più pomposa – città meravigliosa». Venezia in scena: La città lagunare come luogo d’ambientazione scenica nella storia dell’opera
A dar credito a Goldoni, così avvenne la fondazione di Venezia: sulle rive dell’Adria vive felice un gruppo di pescatori, tra i quali la bella Dorilla, suo padre Besso e il giovane Niso. Tutti parlano in dialetto veneziano. Besso vuole che i due giovani si sposino, ma, mentre Dorilla è d’accordo, Niso sembra piuttosto preferire la pesca al matrimonio. Un giorno, su varie imbarcazioni, arrivano alcuni nobili, i quali, sfuggiti alla distruzione di Aquileia da parte degli Unni, decidono di stabilirsi in questo luogo di pace. Tra di essi vi sono Adrasto di Eraclea, sua figlia Lisaura e il di lei fidanzato Oronte di Aquileia. I nobili offrono ai pescatori oro e pietre preziose, ma Besso li rifiuta: la libertà – dice – è più importante della ricchezza. Impressionati da tanta nobiltà d’animo, i nuovi arrivati promettono di esercitare il loro governo secondo il motto “Giustizia e Fede”. Adrasto, dal canto suo, alla vista di Dorilla, si innamora perdutamente della pescatrice e la chiede in sposa; ella tuttavia rifiuta, in quanto già promessa a Niso. Il giovane pescatore, però, si rende conto che è giunta la sua grande occasione: in un atto di apparente magnanimità egli può finalmente rinunciare a Dorilla. Con sollievo apprende che Besso ha consentito al matrimonio della figlia con il nobile Adrasto. Quest’ultimo promette di edificare una città stupefacente: «la più vaga e più pomposa città meravigliosa», come è scritto nel libretto. Tutti gioiscono insieme di fronte al futuro di pace, libertà e ricchezza che li attende.
Il messaggio è chiaro: Venezia non è solamente luogo di pace, libertà e ricchezza, ma anche una città caratterizzata da una struttura sociale in cui classi alte e basse si incontrano, senza per questo sovvertirsi; esse sussistono piuttosto in un armonico insieme e la pace nasce dall’unione di indigeni e stranieri… Venezia, insomma, è qui una bella utopia. Nel suo “Divertimento per Musica” dal titolo La fondazion di Venezia Goldoni univa questa utopia anche con qualcosa che rassomiglia molto ad una sorta di mito di fondazione dell’opera buffa. Un prologo precedeva, infatti, l’azione e vedeva Commedia e Musica disputare tra loro per la rispettiva supremazia. A ricomporre l’alterco giungeva il Genio dell’Adria: entrambe sono parimenti necessarie, poiché solo insieme esse possono assecondare il gusto moderno:
Se non ha la Commedia
L’ornamento del canto,
spera invan riportar applauso e vanto;
E la Musica stessa,
Se non ha nei suoi drammi oltre ragione
Qualche comica azione,
Se conserva il rigor della Tragedia,
Anzi che dar piacer, suo canto attedia.
La fondazion di Venezia fu rappresentata per la prima volta nell’autunno del 1736 al Teatro S. Samuele e se la musica di questa sorta di multiplo atto di fondazione non è pervenuta fino a noi, ebbene, la cosa, molto probabilmente, non costituisce poi una perdita davvero significativa: diversamente da quanto il Genio dell’Adria andava proclamando, nelle prime commedie musicali veneziane la musica aveva un ruolo piuttosto secondario. Scritta per le possibilità esecutive di attori della commedia dell’arte, la musica de La fondazion non avrebbe certo potuto competere con quella che all’epoca era solita risuonare nei teatri d’opera di Venezia e che vedeva i prestigiosi nomi di un Antonio Vivaldi, di un Johann Adolf Hasse o di un Leonardo Leo. Fu solo più di un decennio dopo questo primo esperimento, che in Baldassare Galuppi Goldoni potè trovare un partner musicale che fosse congeniale ai suoi lavori: solo a partire da quel momento riuscì ai suoi libretti il salto nel grande giro della produzione internazionale. La fondazion di Venezia costituisce tuttavia, almeno per un importante aspetto, una vera e propria particolarità: si tratta, infatti, di uno dei pochi libretti nel corso dell’intera storia dell’opera che abbia come luogo dell’azione Venezia, o meglio, la laguna che sarebbe poi divenuta Venezia. La fondazione di città era di per sé un soggetto molto amato nella librettistica d’opera, non da ultimo perché esso permetteva messe in scena spettacolari: del 1699 è, ad esempio, Partenope di Silvio Stampiglia, in cui l’azione è ambientata a Napoli, all’epoca della fondazione della città; inoltre in Ascanio in Alba, un libretto che Giuseppe Parini scrisse nel 1771 a Milano per il giovane Mozart, si racconta della fondazione di Alba Longa. Errato sarebbe, tuttavia, ritenere che la città di Venezia, nella sua funzione di luogo in cui ambientare la trama dello spettacolo, non abbia giocato nessun vero ruolo nel corso della storia dell’opera, e specialmente di quella svoltasi sui palcoscenici della stessa città lagunare. Ellen Rosand ha dedicato nel suo libro Opera in Seventeenth Century Venice un intero capitolo all’argomento dal titolo Serenissima on stage. Ciò che dalla lettura di tale capitolo risulta chiaramente, è però di fatto come all’epoca l’ambientazione veneziana non venisse mai usata come parte integrante dell’intreccio di un’opera: la città lagunare compariva sì, infatti, lodata e festeggiata, in alcune opere del periodo, ma solamente – e sparutamente – nei loro prologhi. E in questi prologhi la fondazione di Venezia viene raccontata ben diversamente da Goldoni: la città sarebbe stata fondata direttamente dagli esuli troiani e con l’aiuto degli Dei. A titolo d’esempio si può qui citare il primo di tali prologhi, quello de Il Bellerofonte di Vincenzo Nolfi, rappresentato per la prima volta nel 1642 al Teatro Novissimo e riproposto nel 1645 al Teatro SS. Giovanni e Paolo. Il bozzetto della scena di questo prologo impreziosisce la cope...