Sudditi o cittadini?
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Sudditi o cittadini?

L'evoluzione delle appartenenze imperiali nella Prima guerra mondiale

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Sudditi o cittadini?

L'evoluzione delle appartenenze imperiali nella Prima guerra mondiale

About this book

Come cambiarono gli imperi europei, coloniali e no, a cavallo della Prima guerra mondiale? Fu la guerra del 1914-18 a decretare la decadenza degli imperi e la loro sostituzione con un sistema di Stati-nazione?Sudditi o cittadini? risponde a questi e ad altri interrogativi, e mostra come la forma di governo imperiale, utilizzando concetti articolati di sudditanza e cittadinanza, sia stata capace di trasformarsi e perfino di rilanciarsi nel periodo fra le due guerre mondiali, contando sul fatto che le popolazioni subalterne degli imperi ambissero a riforme inclusive piuttosto che alla rivoluzione.

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Information

Una nuova cittadinanza imperiale
Dan Gorman

Impero britannico, cittadinanza imperiale e Prima guerra mondiale*

È in buona parte a causa della partecipazione dell’Impero britannico che la Prima guerra mondiale può essere considerata un conflitto globale. I sudditi dell’Impero, che erano uniti dalla comune fedeltà alla Corona, si ritrovarono in guerra quando la Gran Bretagna entrò nel conflitto nel 1914. L’India contribuì allo sforzo bellico con più di 1.300.000 soldati e operai. Il Canada mandò 620.000 canadesi in Europa, mentre 420.000 australiani, 130.000 neozelandesi e 136.000 sudafricani servirono nel Mediterraneo, in Africa settentrionale e sul fronte occidentale. Le campagne in Africa orientale, occidentale e meridionale furono esplicitamente imperiali e coinvolsero nel conflitto più di 100.000 africani, soprattutto come soldati, facchini e operai.241 Ciononostante, come dimostrato dai dibattiti sulla coscrizione in Canada e in Australia, dalle tensioni fra imperialisti e nazionalisti Afrikaner in Sud Africa e dalla Rivolta di Pasqua in Irlanda nel 1916, la lealtà imperiale non era una identità incontestata. Persino quei sudditi imperiali che combattevano volontariamente per «il Re e l’Impero» spesso interpretavano quest’ultimo in termini nazionalisti imperiali, più che pan-imperiali o britannici.
La guerra fu una prova del fuoco. Sul breve termine essa favorì una collaborazione più stretta fra la Gran Bretagna e i Dominions su questioni di interesse comune, cementata da un senso condiviso di lealtà imperiale e di affinità razziale bianca rinforzata dalla comune esperienza del sacrificio bellico. Allo stesso tempo l’intensità del conflitto creò delle fratture che si allargarono progressivamente negli anni fra le due guerre. I politici dei Dominions fecero riferimento al servizio prestato dalle loro società in guerra nelle loro richieste di maggiore autonomia come comunità politiche costitutive all’interno dell’Impero britannico, mentre i nazionalisti delle colonie fecero pressioni per espandere i diritti della cittadinanza imperiale per i propri elettori. Come risultato l’idea di cittadinanza imperiale acquisì una forma più materiale, morale, legale e retorica rispetto a prima della guerra. Eppure, ironicamente, proprio questo processo di conferma finì col dissolvere i legami di lealtà imperiale ai quali la cittadinanza imperiale faceva riferimento. Le idee di lealtà imperiale erano sempre state forti come sentimenti di attaccamento culturale. Iniziavano però a suonare astratte e a dissolversi in periodi di crisi. Questa dinamica fu evidente durante la Seconda guerra boera (1899-1902). Se le colonie di insediamento avevano inviato dei reggimenti a combattere a fianco di quelli britannici, la guerra talvolta causò anche delle opposizioni antimperiali sia in Gran Bretagna (come i movimenti filo-boeri, nei quali militò David Lloyd George) che nell’Impero (soprattutto fra i sudditi non britannici, come i nazionalisti del Québec guidati da Henry Bourassa).
L’esperienza della Prima guerra mondiale portò assieme sul campo di battaglia e nelle retrovie, nelle città e nei paesi, i sudditi imperiali provenienti dalla Gran Bretagna, dai Dominions e dall’Impero coloniale. Inoltre essa li unì in un’unica cornice storica che, negli anni successivi al conflitto, rese necessario confrontarsi con le inconsistenze razziali e legali della cittadinanza imperiale. I pensatori imperiali del periodo fra le due guerre cercarono di immaginare delle soluzioni per superare queste inconsistenze, da una parte proponendo delle formule che potessero incorporare le élite non bianche, dall’altra concedendo privilegi alle autorità locali per indebolire le richieste dei sudditi delle colonie di una comune cittadinanza imperiale.242 Invece di favorire una maggiore coesione imperiale, comunque, le prime alienarono i nazionalisti imperiali dai loro omologhi nazionalisti delle colonie, mentre i secondi isolarono le colonie le une dalle altre e impedirono la nascita di un unico consistente movimento anticoloniale su tutto l’Impero.
L’Impero britannico e la Prima guerra mondiale
La Prima guerra mondiale rafforzò sia la lealtà imperiale sia il nazionalismo delle colonie nei Dominions. Le iniziative commemorative della nazione iniziarono prima della fine del conflitto. Gli australiani e i neozelandesi istituirono il primo “Giorno dell’Anzac” (Corpo d’armata di Australia e Nuova Zelanda) il 25 aprile 1916 per onorare i propri compatrioti che erano morti a Gallipoli. Dopo la guerra, memoriali della guerra combattuta dalle forze dei Dominions furono inaugurati in Europa su campi di battaglia come il bosco di Delville (per i soldati dal Sud Africa, 1926) e il crinale di Vimy (soldati provenienti dal Canada, 1936), e nelle capitali dei Dominions come Canberra (Australia, 1941), così come nelle piazze dei paesi di tutte le terre dell’Impero. Forse il caso di cooperazione imperiale più intensa nel dopoguerra fu la Commissione Imperiale per i Sepolcri di Guerra (IWGC), fondata nel 1917 da Fabian Ware, comandante di un’unità mobile della Croce Rossa Britannica, per identificare e seppellire milioni di vittime del Commonwealth sparse per l’Europa e il Medioriente. L’iniziativa più distintiva dell’IWGC fu il memoriale di Thiepval, che commemora i 72.195 soldati britannici e del Commonwealth che morirono sui campi di battaglia della Somme. L’IWGC fu la prima collaborazione autonoma imperiale con la Gran Bretagna e i Dominions come finanziatori. Nel 1924 il Primo Ministro australiano Stanley Bruce propose persino (senza successo) di creare, sul modello dell’IWGC, un Segretariato Imperiale a pieno titolo.243 I cimiteri dell’IWGC divennero segni tangibili del sacrificio per l’Impero; nella descrizione di Ware del 1923 essi costituivano un Impero di «onore su tutto il globo».244 Essi erano comunque anche simboli del sacrificio personale e delle nazioni, con le tombe dei soldati canadesi distinte da una foglia d’acero e quelle dei sudafricani dalla springbok, l’antilope simbolo del paese.
Significati multipli simili furono attribuiti alle migliaia di reliquie raccolte e ai souvenir che finirono nei musei imperiali, nazionali e locali e nelle case private dei soldati. Il British War Office raccolse materiali per il museo imperiale della guerra a Londra, inaugurato da re Giorgio V il 9 giugno 1920 «a duratura memoria dello sforzo e del sacrificio comune». Il museo svolse la sua funzione negli anni fra i due conflitti, prima nella sua sede originaria al Crystal Palace (dove attrasse 1.433.981 visitatori nei primi nove mesi di apertura), poi a South Kensington e infine, dal 1936, nella sua collocazione attuale a Lambeth. Anche i War Office dei Dominions, come la Australian War Records Section, raccolsero materiali per i memoriali nazionali della guerra, che illustravano come l’eredità imperiale della guerra fosse interpretata da prospettive nazionaliste. Anche le esibizioni dell’Impero britannico fra le due guerre celebravano l’imperialismo, in particolare rivendicando i vantaggi del commercio imperiale. Tuttavia mostre come l’esibizione dell’Africa Occidentale all’Esposizione di Wembley del 1924 (che includeva artigiani africani che vivevano sul posto) dimostrarono paradossalmente il razzismo di quel periodo, indebolendo le richieste di una cittadinanza imperiale inclusiva. Mentre alcuni africani e indiani accolsero l’iniziativa dell’Esposizione per lealtà imperiale, altri la boicottarono o la stigmatizzarono chiedendo una riforma dell’Impero.245
Una differente forma di commemorazione emerse con la pubblicazione dopo la guerra di storie ufficiali dello sforzo bellico imperiale. Queste includevano la British Official History (ventinove volumi pubblicati fra il 1922 e il 1948), la Official History of the South African Brigade (1924), la Official History of Australia in the War of 1914-1918 (curata da Charles Bean 1920-42), e la Official History of the New Zealand Effort in the Great War (quattro volumi pubblicati dal 1921 al 1923).246 Ciascuno di questi progetti rilevava almeno in parte la natura imperiale della guerra, soprattutto dal punto di vista delle operazioni belliche. Esse erano basate su documenti ufficiali e, come simili progetti condotti in altri stati protagonisti del conflitto, erano concepite sia come esercizi di nation-building sia come primi tentativi di una diplomazia pubblica...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Sara Lorenzini e Simone A. Bellezza, Introduzione. Dopo la Prima guerra mondiale: appartenenza e cittadinanza negli imperi europei
  7. Conflitti di identificazione nazionale e imperiale
  8. Una nuova cittadinanza imperiale
  9. Gli autori