1. Le visioni âemblematicheâ nel Canzoniere
Non è normale prevenire il lettore annunciandogli unâanomalia in cui sâimbatterĂ nel leggere questo saggio che comincia dove dovrebbe finire e che finisce dove dovrebbe cominciare. Se però il lettore ha un poâ di pazienza, capirĂ che lâanomalia è nella storia che ricostruiamo, e ciò ha reso pressochĂŠ impossibile procedere nel modo lineare che sembrerebbe piĂš logico, ossia partire dai segni per arrivare alle cose. Nel Canzoniere di Petrarca spuntano improvvise alcune visioni particolari che abbiamo deciso di chiamare âemblematicheâ, e di fatto sono âemblematicheâ, ma a modo loro e con molto anticipo rispetto al periodo in cui nacque il genere degli emblemi. Lâanomalia, dunque, sarebbe costituita da questo fattore anacronistico e dallâuso di una nomenclatura non attestata ai giorni del nostro autore. Tuttavia sembra che Petrarca anticipi gli elementi che avrebbero reso possibile quel genere. Ovviamente non immaginò neppure di darne alcuna formulazione che ne favorisse la creazione, ma sembra chiaro che avvertisse esigenze espressive che richiedevano soluzioni analoghe a quelle teorizzate dagli emblematisti. Ed è proprio questo rapporto che ci ha portato ad adottare un termine tecnico estraneo alla cultura di Petrarca. Non sosteniamo che Petrarca sia un precorritore degli emblematisti, ma il modo in cui questi realizzarono un genere che combinava e integrava il linguaggio verbale con quello pittorico ci fornisce molti dati tecnici per chiarire il perchĂŠ e il come Petrarca crei le frequenti visioni che analizzeremo. Da ciò il nostro procedere in un modo che ha lâapparenza di cominciare dove in realtĂ dovrebbe finire. Si sa: le storie aventi per tema qualche âprecorrimentoâ devono, quasi a fortiori, disporre i materiali con un ordo artificilis che si configura come una vistosa figura di hysteron proteron. La nostra ricerca comincia presentando i dati che la fondano, e da questi arriva poi alla letteratura emblematica, la quale conferma retrospettivamente che Petrarca cercava qualcosa di simile a quello che gli emblematisti avrebbero trovato. Lo conferma indirettamente anche il fatto che Petrarca divenne uno dei poeti preferiti dagli emblematisti, che da lui ripresero un gran numero di immagini simboliche e di âmottiâ.
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Per dare avvio al nostro discorso rileggiamo in tandem i due madrigali che nellâordine del Canzoniere sono separati da una canzone del tutto estranea al loro argomento. Sono i madrigali 52 e 54:
Non al suo amante piĂš DĂŻana piacque,
quando per tal ventura tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque,
châa me la pastorella alpestra et cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo,
châa lâaura il vago et biondo capel chiuda,
tal che mi fece, or quandâegli arde âl cielo,
tutto tremar dâun amoroso gielo;
e
Perchâal viso dâAmor portava insegna,
mosse una pellegrina il mio cor vano,
châogni altra mi parea dâonor men degna.
Et lei seguendo su per lâerbe verdi,
udĂŹâ dir alta voce di lontano:
Ahi, quanti passi per la selva perdi!
Allor mi strinsi a lâombra dâun bel faggio,
tutto pensoso; et rimirando intorno,
vidi assai periglioso il mio viaggio;
et tornai indietro quasi a mezzo âl giorno.
Sono due madrigali e quindi entrambi nati da occasioni âgalantiâ, e hanno per tema due visioni simili/diverse. La prima è mitologica, e pertanto reale nel senso che lâavvalla una âstoriaâ e viene usata come esempio per illustrare unâimpressione fugace ma indimenticabile: come Diana paralizzò le facoltĂ di Atteone quando questi la vide bagnarsi nuda, cosĂŹ lâautore del madrigale 52 rimane attonito quando vede una pastorella che lava il velo con il quale poi si coprirĂ i capelli. Il rigor che lo assale è una variante dellâadynaton del gelo infuocato o dellâicy-fiery â Ovidio, Met. III, 161, parla di un ÂŤfons perlucidusÂť, quindi di acque cristalline ma non gelide â, ed è studiata per dare grande efficacia allâÂŤamoroso gieloÂť, allâimmobilitĂ che si accompagna allo stupore. Per il momento ci interessa questo senso di sorpresa e di paralisi, che, a veder bene, sembra lievemente incongruo nel genere della âpastorellaâ, in cui la visione di solito è solo un preludio alla seduzione, ma è proprio tale diversitĂ che isola ed evidenzia âla visioneâ. Naturalmente non si tratta di una pastorella convenzionale, e il senhal ÂŤlâauraÂť (v. 6) lascia pochi dubbi sulla sua identitĂ . In ogni caso è una visione senza conseguenze: è semplicemente la registrazione di un evento. Ma ritroveremo altri episodi simili almeno per quanto riguarda gli elementi dellâimprevisto, della subitaneitĂ e dello stupore.
Essi ritornano, infatti, nel secondo madrigale, dove però vengono accentuati fino a caricarsi di mistero. Qui la visione, nel duplice senso dellâoggetto visto e dellâatto del vedere, non costituisce un termine di paragone, ha per oggetto una persona e non una pastorella, e crea nel vedente una reazione che non è di stupore ma di perplessitĂ . Lâimmagine viene osservata, anzi studiata, in quanto fin dallâinizio appare enigmatica, e il âperchĂŠâ iniziale indica la consapevolezza di vedere un essere che, però, è forse solo nellâimmaginazione. Presenta segni che richiedono una lettura, o quanto meno unâinterpretazione cauta che produce il monito a cambiar strada. Il madrigale ha chiaramente elementi allegorici come dimostrano i caratteri della personificazione, e vi si sospetta la presenza di un messaggio che deve essere decodificato. Alla stranezza del tutto si aggiunge il particolare dellâora meridiana carico di un significato âmagicoâ. Non sorprende, allora, che vari lettori vi abbiano colto unâallusione ad una conversione, e vari altri un monito a non seguire lâamore; comunque, entrambe le letture intravedono un attimo di âripensamentoâ da parte dellâautore sul corso della propria vicenda sentimentale. Sono tutti elementi di cui dobbiamo fare memoria, rinunciando ad interpretarli: per il momento ne sottolineiamo i tratti comuni perchĂŠ torneranno in altre visioni.
Le due visioni hanno in comune un abrupte incohare, lâesordire con unâapparizione che irrompe o che emerge improvvisamente, quasi violentemente nel piano della realtĂ . Inoltre hanno in comune una componente che potremmo chiamare âmagicaâ, contrassegnata dalla menzione del âmezzogiornoâ che, comunque lo si voglia intendere (il mezzo della vita o il meridies), rappresenta un momento che propizia rivelazioni e presenze medianiche. Basterebbe da solo questo dato per farci capire o almeno intuire che si tratta di momenti di intellezione, agevolati da unâacutizzazione dei sensi tale da lasciare attonito chi esperimenta il fenomeno di intelligere con i sensi fisici e di sentire con lâintelletto. Tuttavia lâelemento che maggiormente accomuna i due madrigali è il fatto che spuntino improvvisi nel Canzoniere senza che un qualche segno li preannunzi; anzi sembrano interrompere volutamente una linea di racconto. Ma è proprio cosĂŹ? Il primo madrigale sembra realizzare una visione che âavrebbe potuto essereâ nel sonetto precedente dove unâipotetica visione avrebbe creato nellâamante una vera metamorfosi, suggerita dalla menzione di Atteone. Sembra che il madrigale, con lâimmagine improvvisa di una pastorella e con una reazione di stupore, scarichi la tensione insostenibile del sonetto precedente in una visione piĂš serena e meno impegnativa di quanto non sarebbe una metamorfosi; e anche se fosse una visione tutta mentale, lâeffetto rasserenante non sarebbe minore. Intanto consente che la vita continui, e la levitĂ del madrigale ne offre un indizio. Il madrigale 54 sembra anchâesso accamparsi nel vuoto, nonostante il fatto che la sua ovvia natura allegorica gli abbia assegnato svariati legami. Non saprei trovargli radice o motivazione alcuna: sembrerebbe un âimprovvisoâ, se non fosse che il motivo della âilluminazioneâ intellettuale potrebbe collocarlo sullâonda della visione morale della canzone precedente, o anche sullâonda della parenesi con un trasferimento dalla meditazione politica alla considerazione sul proprio stato morale.
Il fenomeno delle visioni è ricorrente nel Canzoniere e quelle che abbiamo visto presentano alcune costanti. Fra queste è il loro sorgere ex abrupto, del tutto impreviste, benchĂŠ non assolutamente prive di segni preannunciatori che a volte sono verbali, a volte tematici. Chiameremmo queste visioni âemblematicheâ, perchĂŠ instaurano un rapporto testo/rappresentazione, anche se nel caso degli emblemi è una figura vera e propria che illustra un testo, ...