1. Unâortodossia occidentale nel Mediterraneo moderno
Ne La MediterranĂ©e Braudel individuava come «la piĂč singolare cicatrice dei paesi mediterranei» quella che, «tra Oriente e Occidente, di lĂ dalle barriere marittime», separava lâarea di civilizzazione latina dallâentroterra balcanico. La barriera terrestre che passa tra Zagabria e Belgrado era intesa dallo storico francese come una frontiera culturale, alla stregua di quella che piĂč a sud, tra i greci dellâArcipelago e di Candia, separava la civiltĂ ortodossa da quella latina. Pur riconoscendo le «singolari permanenze» che distinguono e separano ogni civiltĂ dallâaltra, Braudel attribuiva tuttavia un ruolo fondamentale alla mobilitĂ umana, generatrice dellâunitĂ mediterranea. Lâesperienza dei migranti ortodossi che in epoca moderna si stabilirono negli stati cattolici consente di illuminare il problema dei confini culturali nel Mediterraneo e, insieme, gli effetti prodotti su di essi dalla mobilitĂ umana. La penisola italiana, lambita in modo intenso da questa mobilitĂ , durante lâetĂ moderna assunse sempre di piĂč i connotati di una frontiera: permeata dalle reti e dalle strutture di controllo della Chiesa romana, questâarea costituiva un luogo in cui le tensioni e gli antagonismi generati dalle differenze confessionali talvolta si andarono cristallizzando, talaltra lasciarono il posto agli scambi, ai contatti e alle finzioni identitarie. Come osserva Bernard Heyberger, «il termine âfrontieraâ si applica primariamente a uno spazio che subisce un âprocesso di frontieraâ, secondo delle forme molto varie, che hanno la loro propria storicità ». Nelle pagine seguenti si tenterĂ allora di descrivere i fattori principali di questo processo: le migrazioni, le norme â ecclesiastiche e civili â che regolavano la presenza ortodossa a livello locale e centrale e infine la realtĂ composita degli insediamenti di rito greco.
Relegati allâinterno della semantica della diaspora, i migranti ortodossi sono stati troppo spesso compresi in relazione al contesto di origine o al piĂč come intermediari tra due aree culturali distinte e internamente omogenee. Qui, al contrario, la prospettiva dâanalisi Ăš costruita soprattutto a partire dal contesto di arrivo e dalla comprensione delle dinamiche locali che accompagnarono la formazione di una ortodossia occidentale dagli inizi dellâetĂ moderna fino al Settecento. Dopo aver descritto il momento dellâinnesto, si tratteggerĂ il processo di negoziazione e definizione dello status dei migranti allâinterno delle diverse societĂ cattoliche. Come si vedrĂ , lâintreccio tra orizzonti normativi secolari ed ecclesiastici non implicava lâesistenza di uno spazio completamente confessionalizzato. Sul piano individuale, la fisionomia di straniero o lo status politico definivano, spesso ancor prima di quello religioso, la posizione dei membri della minoranza ortodossa dentro le societĂ cattoliche. La storia collettiva degli insediamenti ortodossi, cui Ăš dedicata la sezione conclusiva, fu invece soprattutto la storia di una complessa negoziazione tra un potere sovra-statale, la Chiesa romana, e le autoritĂ secolari locali.
I protagonisti di questa storia erano molto diversi tra loro. Diversi per origine e caratteristiche sociali erano certamente i migranti ortodossi residenti nelle cittĂ portuali del Mediterraneo dagli oriundi albanofoni dei casali rurali dellâItalia meridionale. Questa diversitĂ , considerata spesso irriducibile, ha trovato sul piano storiografico diverse declinazioni. Una rappresentazione dualistica â solo in parte radicata nella realtĂ â dellâortodossia dâItalia si trova ad esempio riflessa giĂ nel Settecento nelle rappresentazioni ufficiali della Curia romana e in quelle prodotte dalla Ă©lite erudito-ecclesiastica italoalbanese attraverso alcuni scritti sulle origini storiche delle comunitĂ albanofone. Nel 1923 Adrian Fortescue, nella sua storia delle Chiese uniati, ricostruĂŹ allâinterno di un continuum storico e geografico lâereditĂ bizantina e post-bizantina nella penisola italiana: le comunitĂ di rito greco dâItalia e delle isole adiacenti, da quelle meridionali fino a quelle di Venezia e Livorno, sono considerate da Fortescue come espressioni di un universo cattolico multiforme per la varietĂ dei riti e delle lingue che esso storicamente aveva inglobato al suo interno. Secondo lâautore, le continue ondate migratorie di scismatici dal Levante da un lato e la progressiva assimilazione al rito latino che nel tempo occorse in alcune di esse dallâaltro, avrebbero nel tempo modificato i confini di questo spazio di civilizzazione unitaria, rompendone lâunitĂ interna e lâarmonia con la Chiesa romana. La storiografia sulla cosiddetta diaspora ellenica, invece, assumendo lâesistenza del nesso ortodossia/ellenismo alla base del fenomeno dellâimmigrazione ortodossa, ha escluso dal proprio orizzonte le comunitĂ italoalbanesi dellâItalia meridionale. In realtĂ , come vedremo, dietro la distinzione tra cattolici (o uniti) e scismatici, tra orientali e italoalbanesi, sâintravede una realtĂ piĂč ambigua e complessa di quella tramandata dalle rappresentazioni settecentesche della Curia romana e del clero erudito italo-albanese, oggi riflessa nellâesistenza di storiografie tra loro divergenti.
1. Ortodossi verso il Mediterraneo cattolico
Dopo la firma del trattato di Passarowitz (1718), alcuni mercanti ortodossi «vassalli» della Monarchia asburgica rivolsero un appello agli altri «Nazionali (ÎżÎŒÎżÎłÎ”ÎœÎ”ÎčÏ) dellâistessa fede» per promuoverne lâinsediamento nellâImpero. Il volantino a stampa in lingua greca era rivolto non solo a tutti i Romioi di Morea, allora riconquistata dalle armate ottomane, ma anche ai numerosi cristiani ortodossi «delli luoghi dâItalia» che, per sottrarsi allâ«incursioni de Nemici della fede», si erano insediati nel tempo in quella regione. Sin dai primi secoli dellâetĂ moderna, la penisola italiana, infatti, fu attraversata da un intenso movimento di uomini, beni e comunitĂ provenienti dallâOriente ortodosso. Insieme allâEuropa centrale, soprattutto dalla fine del XV secolo, questâarea divenne una zona di frontiera tra i territori ortodossi del Levante ottomano e veneziano e il Mediterraneo cattolico, dove la giurisdizione della Chiesa romana si estendeva su un paesaggio politico, sociale e culturale eterogeneo e frammentato.
Le migrazioni ortodosse verso lâItalia e le isole del Mediterraneo centrale sâinscrivono allâinterno del «sistema reticolare mediterraneo». Lungi dal costituire un processo peculiare e omogeneo nel tempo e nello spazio, allo sguardo d...