Ortodossi nel Mediterraneo cattolico
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Ortodossi nel Mediterraneo cattolico

Frontiere, reti, comunitĂ  nel Regno di Napoli (1700-1821)

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Ortodossi nel Mediterraneo cattolico

Frontiere, reti, comunitĂ  nel Regno di Napoli (1700-1821)

About this book

Durante i secoli dell'etĂ  moderna, la penisola italiana – centro del Mediterraneo cattolico – era attraversata da un intenso movimento di uomini, beni e comunitĂ  provenienti dall'Oriente ortodosso. Permeata dalle reti e dalle strutture di controllo della Chiesa romana, quest'area assunse sempre di piĂč i connotati di una frontiera, di uno spazio in cui le tensioni e gli antagonismi generati dalle differenze confessionali talvolta si andarono cristallizzando, talaltra lasciarono il posto agli scambi, ai contatti e alle finzioni identitarie. Allontanando lo sguardo dalle civiltĂ  e dalle loro «singolari permanenze», le relazioni tra Occidente latino e Oriente ortodosso sono qui ricostruite attraverso il racconto delle vite ordinarie di medi e piccoli mercanti, soldati e religiosi e del loro complesso mondo relazionale. Analizzando l'esperienza greca del potere cattolico, l'autrice affronta in modo problematico il ruolo della religione nella costruzione delle solidarietĂ  diasporiche e il problema dei confini e delle identitĂ  confessionali dentro un mondo in transizione.

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Information

1. Un’ortodossia occidentale nel Mediterraneo moderno

Ne La MediterranĂ©e Braudel individuava come «la piĂč singolare cicatrice dei paesi mediterranei» quella che, «tra Oriente e Occidente, di lĂ  dalle barriere marittime», separava l’area di civilizzazione latina dall’entroterra balcanico. La barriera terrestre che passa tra Zagabria e Belgrado era intesa dallo storico francese come una frontiera culturale, alla stregua di quella che piĂč a sud, tra i greci dell’Arcipelago e di Candia, separava la civiltĂ  ortodossa da quella latina. Pur riconoscendo le «singolari permanenze» che distinguono e separano ogni civiltĂ  dall’altra, Braudel attribuiva tuttavia un ruolo fondamentale alla mobilitĂ  umana, generatrice dell’unitĂ  mediterranea.78 L’esperienza dei migranti ortodossi che in epoca moderna si stabilirono negli stati cattolici consente di illuminare il problema dei confini culturali nel Mediterraneo e, insieme, gli effetti prodotti su di essi dalla mobilitĂ  umana. La penisola italiana, lambita in modo intenso da questa mobilitĂ , durante l’etĂ  moderna assunse sempre di piĂč i connotati di una frontiera: permeata dalle reti e dalle strutture di controllo della Chiesa romana, quest’area costituiva un luogo in cui le tensioni e gli antagonismi generati dalle differenze confessionali talvolta si andarono cristallizzando, talaltra lasciarono il posto agli scambi, ai contatti e alle finzioni identitarie. Come osserva Bernard Heyberger, «il termine “frontiera” si applica primariamente a uno spazio che subisce un “processo di frontiera”, secondo delle forme molto varie, che hanno la loro propria storicità».79 Nelle pagine seguenti si tenterĂ  allora di descrivere i fattori principali di questo processo: le migrazioni, le norme – ecclesiastiche e civili – che regolavano la presenza ortodossa a livello locale e centrale e infine la realtĂ  composita degli insediamenti di rito greco.
Relegati all’interno della semantica della diaspora, i migranti ortodossi sono stati troppo spesso compresi in relazione al contesto di origine o al piĂč come intermediari tra due aree culturali distinte e internamente omogenee.80 Qui, al contrario, la prospettiva d’analisi Ăš costruita soprattutto a partire dal contesto di arrivo e dalla comprensione delle dinamiche locali che accompagnarono la formazione di una ortodossia occidentale dagli inizi dell’etĂ  moderna fino al Settecento.81 Dopo aver descritto il momento dell’innesto, si tratteggerĂ  il processo di negoziazione e definizione dello status dei migranti all’interno delle diverse societĂ  cattoliche. Come si vedrĂ , l’intreccio tra orizzonti normativi secolari ed ecclesiastici non implicava l’esistenza di uno spazio completamente confessionalizzato. Sul piano individuale, la fisionomia di straniero o lo status politico definivano, spesso ancor prima di quello religioso, la posizione dei membri della minoranza ortodossa dentro le societĂ  cattoliche.82 La storia collettiva degli insediamenti ortodossi, cui Ăš dedicata la sezione conclusiva, fu invece soprattutto la storia di una complessa negoziazione tra un potere sovra-statale, la Chiesa romana, e le autoritĂ  secolari locali.
I protagonisti di questa storia erano molto diversi tra loro. Diversi per origine e caratteristiche sociali erano certamente i migranti ortodossi residenti nelle cittĂ  portuali del Mediterraneo dagli oriundi albanofoni dei casali rurali dell’Italia meridionale. Questa diversitĂ , considerata spesso irriducibile, ha trovato sul piano storiografico diverse declinazioni. Una rappresentazione dualistica – solo in parte radicata nella realtĂ  – dell’ortodossia d’Italia si trova ad esempio riflessa giĂ  nel Settecento nelle rappresentazioni ufficiali della Curia romana e in quelle prodotte dalla Ă©lite erudito-ecclesiastica italoalbanese attraverso alcuni scritti sulle origini storiche delle comunitĂ  albanofone. Nel 1923 Adrian Fortescue, nella sua storia delle Chiese uniati, ricostruĂŹ all’interno di un continuum storico e geografico l’ereditĂ  bizantina e post-bizantina nella penisola italiana: le comunitĂ  di rito greco d’Italia e delle isole adiacenti, da quelle meridionali fino a quelle di Venezia e Livorno, sono considerate da Fortescue come espressioni di un universo cattolico multiforme per la varietĂ  dei riti e delle lingue che esso storicamente aveva inglobato al suo interno. Secondo l’autore, le continue ondate migratorie di scismatici dal Levante da un lato e la progressiva assimilazione al rito latino che nel tempo occorse in alcune di esse dall’altro, avrebbero nel tempo modificato i confini di questo spazio di civilizzazione unitaria, rompendone l’unitĂ  interna e l’armonia con la Chiesa romana.83 La storiografia sulla cosiddetta diaspora ellenica, invece, assumendo l’esistenza del nesso ortodossia/ellenismo alla base del fenomeno dell’immigrazione ortodossa, ha escluso dal proprio orizzonte le comunitĂ  italoalbanesi dell’Italia meridionale. In realtĂ , come vedremo, dietro la distinzione tra cattolici (o uniti) e scismatici, tra orientali e italoalbanesi, s’intravede una realtĂ  piĂč ambigua e complessa di quella tramandata dalle rappresentazioni settecentesche della Curia romana e del clero erudito italo-albanese, oggi riflessa nell’esistenza di storiografie tra loro divergenti.
1. Ortodossi verso il Mediterraneo cattolico
Dopo la firma del trattato di Passarowitz (1718), alcuni mercanti ortodossi «vassalli» della Monarchia asburgica rivolsero un appello agli altri «Nazionali (ÎżÎŒÎżÎłÎ”ÎœÎ”Îčς) dell’istessa fede» per promuoverne l’insediamento nell’Impero. Il volantino a stampa in lingua greca era rivolto non solo a tutti i Romioi84 di Morea, allora riconquistata dalle armate ottomane, ma anche ai numerosi cristiani ortodossi «delli luoghi d’Italia» che, per sottrarsi all’«incursioni de Nemici della fede», si erano insediati nel tempo in quella regione.85 Sin dai primi secoli dell’etĂ  moderna, la penisola italiana, infatti, fu attraversata da un intenso movimento di uomini, beni e comunitĂ  provenienti dall’Oriente ortodosso. Insieme all’Europa centrale,86 soprattutto dalla fine del XV secolo, quest’area divenne una zona di frontiera tra i territori ortodossi del Levante ottomano e veneziano e il Mediterraneo cattolico, dove la giurisdizione della Chiesa romana si estendeva su un paesaggio politico, sociale e culturale eterogeneo e frammentato.
Le migrazioni ortodosse verso l’Italia e le isole del Mediterraneo centrale s’inscrivono all’interno del «sistema reticolare mediterraneo».87 Lungi dal costituire un processo peculiare e omogeneo nel tempo e nello spazio, allo sguardo d...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Abbreviazioni e note
  7. Introduzione
  8. 1. Un’ortodossia occidentale nel Mediterraneo moderno
  9. 2. Al confine: mercanti, preti, intermediari
  10. 3. Spazi di relazione
  11. 4. Dentro le comunitĂ 
  12. 5. Le dimensioni dell’appartenenza
  13. Conclusioni
  14. Bibliografia