1. Da Fez a Madrid
Un’immagine idealizzata
Muley Sidan [sic] re del Marocco, amareggiato del fatto che il re Filippo III di Spagna non gli restituisse i libri arabi di sua proprietà, che gli spagnoli avevano sequestrato in una nave diretta dal porto di Zafi [Safi] a quello di Santa Cruz, inviò Samuel Pallache come suo ambasciatore agli Stati delle Province Unite per formare una flotta di navi corsare che potessero assaltare le navi e le coste spagnole, mettendone a capo il fratello Joseph Pallache. Uscì vincitore da un duello con l’ambasciatore di Spagna quando le loro carrozze si incontrarono in una strada dell’Aia, nella corte di Olanda. Morì nel 1616. Maurizio principe d’Orange, scortato dalla nobiltà dell’Aia, accompagnò il suo cadavere al cimitero ebraico di Amsterdam.
Questo paragrafo costituisce il primo riferimento ai fratelli Pallache in una cronaca storica. È tratto dalla Historia Universal Judayca, pubblicata nel 1683 da Miguel de Barrios o Daniel Levi de Barrios, noto autore ebreo, nato in Spagna nel 1625, che visse ad Amsterdam mezzo secolo più tardi di Pallache e fu autore di una vasta produzione in prosa e in versi. Indipendentemente dagli altri suoi meriti, la scarsa affidabilità dell’opera di Barrios è dato ormai assodato, ma ciò non ha impedito che venisse e venga tuttora ampiamente utilizzata come fonte storica. Barrios dipinge Samuel come un illustre membro della comunità ebraica di Amsterdam, presentandoci Samuel e Joseph tra le guide della comunità nell’anno 1597 (anno 5357 del calendario ebraico) e aggiungendo che nella casa di Samuel la comunità ebraica si riuniva in preghiera. La notizia ritorna anche nel Triumpho del govierno popular Judayco dello stesso Barrios, che fornisce un elenco di sedici persone tra cui «Semuel Payache», «con el mérito de frecuentar su casa para las oraciones». Non sono però dati attendibili, come hanno dimostrato Pieterse e Zwarts, visto che i Pallache non arrivarono ad Amsterdam prima del 1608 ed è improbabile che fossero mai stati tra i rappresentanti della comunità ebraica.
Il breve paragrafo contiene tutti gli ingredienti per un ritratto romantico e leggendario. Samuel Pallache viene inviato come ambasciatore in Olanda dal sultano marocchino Muley Zidan con una missione che sta particolarmente a cuore a quest’ultimo: recuperare i libri della propria biblioteca personale che gli spagnoli avevano sequestrato mentre venivano trasportati per mare e che non volevano più restituire (soprattutto dopo avere visto quanto la cosa importasse al sultano). Samuel, con il fratello Joseph e con l’appoggio degli Stati Generali, l’organo di governo della repubblica olandese, arma navi per attaccare le coste spagnole. Quando le rispettive carrozze si trovano fronte a fronte nelle strade dell’Aia, Pallache sfida e umilia l’ambasciatore spagnolo. Vicino e apprezzato tanto da Maurizio di Nassau quanto da Muley Zidan, questo nobile personaggio sarebbe stato sepolto con ogni onore, accompagnato nel suo ultimo viaggio dal fior fiore della nobiltà olandese nel cimitero ebraico di Ouderkerk aan de Amstel, il bellissimo cimitero barocco immortalato da Jacob van Ruisdael, che ne conserva ancora oggi la tomba.
Il ritratto eroico di Barrios è diventato leggenda su cui continuano a ricamare anche autori moderni, dipingendo un personaggio di consistente statura politica, molto vicino al potere sia in Marocco sia nei Paesi Bassi, dove avrebbe rappresentato un riferimento religioso importante per la propria comunità. Un ebreo nobile, devoto e distinto, che mai chinò la testa di fronte agli spagnoli, armando navi da guerra per attaccare le coste iberiche e conquistandosi il diritto di precedenza di fronte al loro ambasciatore in una strada dell’Aia.
La sua carriera anzi sarebbe stata guidata principalmente da sentimenti anti-spagnoli che avvicinavano olandesi e marocchini e dal rancore tipico di quanti discendevano da una famiglia espulsa dalla Spagna, il paese dell’Inquisizione. La leggenda attorno a Pallache è andata crescendo tanto nella bibliografia secondaria, che alla fine ci si stupisce sempre a pensare che la fonte principale continui ad essere quel breve paragrafo di Barrios, in funzione del quale, chiaramente, ognuno è andato poi selezionando e aggiungendo le evidenze documentarie più adatte. L’episodio dei libri di Muley Zidan, che secondo Barrios fu la causa per cui Pallache sarebbe stato inviato ambasciatore in Olanda (episodio che prenderemo in esame nel terzo capitolo del libro) è in realtà molto più tardo, e vi prese parte il nipote Moisés, non Samuel Pallache.
Non è un fenomeno strano se pensiamo che, tra il XVI e il XVII secolo, la nuova comunità ebraica di Amsterdam ha conosciuto una sorta di rifiuto di ogni memoria, anche collettiva, legata al periodo iberico, ambiguo e traumatico, e soprattutto all’origine «marrana» della comunità. Questo rifiuto di memoria, una sorta di «amnesia collettiva», si è manifestata nella negazione non solo di qualunque forma di conversione ma anche del mero concetto di «ritorno» all’ebraismo: mai si parla di conversione o di ritorno, neanche quando questo permetterebbe di esaltare le vittime dell’Inquisizione che fecero parte della propria famiglia. La cronaca familiare di Isaac Pinto (oltre a quella già citata di Daniel Barrios), ottimo esempio di memoria genealogica, dimostra fino a che punto gli ebrei di Amsterdam cancellarono gli aspetti del loro passato iberico che più li turbavano: l’idea di un’ascendenza ebraica e di un successivo ritorno alla religione che i loro nonni erano stati costretti ad abbandonare, non è mai evocata. E neppure è possibile concepire la conversione al cristianesimo di quanti fossero nati ed educati nell’ebraismo. Ci troviamo di fronte a una zona emotiva, a un’area di ipersensibilità che è restata tale, alimentata da fattori diversi, anche nella storiografia contemporanea. Diversi autori recenti, che hanno lavorato in archivi spagnoli, hanno incontrato riferimenti a Pallache. Jonathan Israel, nella sua opera sulla Spagna e i sefarditi olandesi, lo ha descritto come un uomo che, dopo avere servito la Corona spagnola, era passato tra le fila del gruppo più agguerrito di ebrei olandesi, in aperto contrasto con altri che invece rifiutarono il giudaismo, mantendosi ai margini della comunità e furono disposti, per denaro, a passare agli spagnoli informazioni sulle attività degli ebrei al di fuori della penisola iberica e dei conversos che vi erano rimasti.
A noi è sembrato tutto un po’ più complicato, meno facilmente classificabile. Ma iniziamo dall’inizio, dal primo documento che attesta la carriera di Pallache. E poi cercheremo di ricostruire l’origine della sua famiglia e la sua vita in Marocco.
L’arrivo a Madrid
I primi riferimenti ai Pallache che abbiamo incontrato nella documentazione spagnola indicano che arrivarono a Madrid nel 1603. Un anno prima, nel gennaio 1602, lo sharif Ahmad al-Mansur, intenzionato a comprare alcune pietre prezione a Lisbona, ottenne il permesso da Filippo III di poter inviare due suoi servitori. Chiedeva inoltre di poter esportare in Spagna tra gli ottocento e i mille quintali di cera per poter così pagare le pietre. Nell’autunno 1602 il duca di Medina Sidonia sollecitava un passaporto per due ebrei marocchini che si trovavano a Ceuta, in attesa di poter passare in Spagna ad acquistare gioielli per lo sharif. I due affermavano di poter dare informazioni sul Marocco e su «una questione di grande importanza». Il duca riteneva, e in questi termini ne parlò al sovrano, che non si perdesse nulla ad ascoltarli. Filippo III accettò di buon grado l’opinione del duca, ordinò che fosse dato loro un lasciapassare per farli entrare in ...